Un momento della presentazione a Biella; |
Ieri
sera alle ore 18:00 il professor Alessandro Barbero ha tenuto una piacevole presentazione
alla Biblioteca Civica di Biella del suo nuovo libro «All’ arme! All’ arme! I
priori fanno carne!», pubblicato con Editori Laterza. La visita a Biella di un
personaggio famoso della qualità di questo docente di Storia medievale al
Dipartimento di Studi Umanistici dell’ Università degli Studi del Piemonte
Orientale Amedeo Avogadro e saggista è sempre una bella e graditissima
opportunità per il nostro Biellese. Da anni, infatti, e con l’ aiuto dei mezzi
di comunicazione, la Rete innanzitutto, il professor Barbero si rivolge ad un
vasto pubblico parlando di storia e cultura in modo semplice e diretto, e sempre
sulla base di solide fonti e ragionamenti logici, diffondendo conoscenza e,
soprattutto, comprensione e quindi consapevolezza in un atteggiamento di
riflessione personale e attenta al dettaglio, dimostrando che un uso corretto e
positivo dei mezzi di comunicazione è effettivamente possibile, soprattutto se
chi li usa lo fa con atteggiamento equanime e consapevole di ciò che esprime.
E’ una cosa molto importante da tenere a mente oggi che, nell’ epoca delle
informazioni e dei mezzi di comunicazione, la maggioranza di noi, tra cronisti
e pubblico, tende curiosamente a promuovere informazioni false oppure di parte
e a recepire tutto ciò che sente e legge senza mai pensare solo perché «così è
detto, e così è scritto», in un’ inquietante operazione di intossicazione dei
cervelli. Dopo lo scandalo dei giorni scorsi relativo al lucro sulla
beneficenza per mezzo di pubblicità ingannevole con una nota azienda dolciaria
di cui è stata protagonista l’ imprenditrice e diarista in rete Chiara
Ferragni, che da quanto sta emergendo già aveva alle spalle una truffa analoga su
cui ora chi di dovere sta cercando di vederci chiaro, mai come in questi ultimi
tempi si è riflettuto sull’ importanza della comunicazione e l’ influenza che
ha sul pensiero collettivo: il ragionamento in realtà ha origini molto antiche
nel tempo, se pensiamo che già nel 528 prima di Cristo, in India settentrionale,
il Buddha Śākyamuni, appena giunto al Risveglio per mezzo di un profondo stato
meditazione, nel Discorso di Benares ai primi discepoli parlò di «retta parola»,
cioè l’ assunzione della responsabilità delle nostre parole, scegliendole con
cura in modo da favorire la chiarezza anziché il fraintendimento, la verità
piuttosto che l’ inganno, la gentilezza al posto della maldicenza, e
limitandoci a parlare di ciò che abbiamo rettamente compreso. La parola,
infatti, ha il potere di gettare luce e aprire nuovi orizzonti alla mente
quando è sincera, così come quello di alimentare il velo della nebulosità
quando è falsa.
Il nuovo libro del professore; |
Il
professor Barbero crede fermamente che uno storico, custode del nostro passato,
debba coltivare un atteggiamento di retta parola e lui stesso incarna
splendidamente il concetto: «Non è un mestiere facile, direi proprio il
contrario, anche perché le false notizie sono sempre esistite. In principio non
furono altro che ‘leggende’ architettate ad arte, modificate a piacimento,
oppure orientate a seconda degli interessi dell’ una o dell’ altra parte. Inventare
un episodio o modificarlo a seconda dei propri interessi o della parte di popolo
che si voleva convincere era una pratica molto diffusa ed efficace già nella
Roma imperiale. Certe volte noi non sappiamo affatto come sia andata la storia,
perché di un evento spesso ci giungono più versioni, mentre le fonti vere e
proprie possono scarseggiare o addirittura mancare. La storia è diversa dalla
memoria: la storia è ricostruire i fatti all’ interno del loro contesto, a
volte è l’ interpretazione dei fatti se sono acclarati. La memoria è soggettiva
e non può essere condivisa ma pacificata, è una trappola. Non esiste una storia
oggettiva, proprio perché l’ orientamento personale rischia di offuscare il
giudizio. Detto ciò, si può raccontare la storia in forma lieve e senza essere
troppo ponderosi, rispettando tuttavia le fonti e la verità storica. Oggi ci si
è accorti che nel raccontare la storia essere rigorosi ed essere divertenti non
è conflittuale.». Un pensiero molto positivo, che ha portato avanti anche con
il libro di cui ha parlato ieri sera, incentrato sulle insurrezioni del
Trecento. Esse giunsero completamente inaspettate e durarono pochissimo,
talvolta solo qualche settimana, per poi venire represse. Ma in quel poco tempo
accaddero cose tali da rimanere per sempre incise nella memoria collettiva. La
storia, almeno negli ultimi mille anni, è costellata di momenti critici in cui
una massa di persone stabilisce che il futuro così come lo vede non è
accettabile, e tenta di cambiarlo. Il Medioevo non fu un’ eccezione, tutt’
altro: fu ricco di movimenti insurrezionali che nel loro sviluppo iniziale non paiono
molto diverse dalle più travolgenti rivoluzioni moderne. Nella seconda metà del
Trecento ne ebbero luogo così tanti da costituire un’ anomalia, e questo grande
uomo di scienza e comunicazione ne racconta proprio le più spettacolari. Per
molto tempo gli storici hanno visto nel loro fallimento non solo la prova che i
rivoltosi non avevano nessuna possibilità di riuscire, ma che non perseguivano
neppure un obiettivo consapevole: nulla di più falso, dato che i rivoltosi
sapevano quello che stavano facendo, avevano rivendicazioni precise e si
battevano consapevolmente per realizzarle.