«Loch Ness Monster», dipinto di Hugo Josef Heikenwaelder; |
«I paesi che non
hanno leggende sono destinati a morire di freddo.» Patrice
de La Tour du Pin;
Fin
dall’ alba dei tempi, uomini e donne sono sempre stati affascinati dal mito e
dalla leggenda, specchi di valori e aspirazioni in cui la comunità si riconosce
costantemente, tanto che David Bidussa, scrittore, giornalista, saggista e
storico italiano sostiene che essi si perpetuano perché la storia abbia un
qualche senso. Allo stesso tempo, al mondo esistono luoghi la cui bellezza non
può essere espressa con le parole, per quanto ad esse venga solitamente
riservato il compito di descrivere e incantare, di far vibrare i sentimenti,
giungendo direttamente al cuore colpendo l’ immaginario e stimolando la
fantasia.
Il
lago Ness, meglio noto come Loch Ness, il più largo specchio d’ acqua del Glen
Albyn, nelle Highlands scozzesi, è senz’ altro un luogo il cui fascino impossibile da racchiudere in una comune descrizione non
poteva astenersi dal generare un mito a cui legarsi strettamente: povero di
vegetazione, composto di acque molto scure e profonde, popolate da pochi pesci
e posto sotto un cielo spesso tinto di grigio, esso finisce inevitabilmente con l’ avvolgere
i suoi visitatori in un’ atmosfera di mistero, portandoli a sentirsi circondati
da strane presenze. Peraltro, sulla sua riva orientale, quella meno frequentata
dai numerosi turisti che ogni giorno giungono fin qui, sorge Boleskine House, una
vecchia villa, composta di un solo piano ma molto grande, la cui cupa e tetra
storia si confonde con la leggenda essendo stata l’ abitazione fino al 1920 di
Aleister Crowley, noto occultista, mago, simbolista e scrittore. Da molti anni
essa è un luogo di culto e pellegrinaggio per i thelèmiti e per i satanisti
laveyani, la cui frequentazione ha alimentato voci su presunti sacrifici e
rituali che Crowley avrebbe officiato entro le sue mura, oltre che su presunti
passaggi segreti e sotterranei con il vicino cimitero e sulla vicenda di un
maggiordomo di casa che, impazzito, avrebbe tentato di uccidere tutta la sua
famiglia. Ma questo affascinante e imperscrutabile bacino lacustre è passato
alla storia per un’ altra leggenda, tra le più note e discusse al mondo: quella
di Nessie, l’ enorme e singolare creatura che da molti secoli ne popolerebbe le
acque.
Veduta di Loch Ness e delle rovine del castello di Urquhart; |
Fin
da bambino ricordo di aver spesso sentito parlare di questo celebre mito,
rimanendone affascinato e, detto tra noi, benevolmente divertito, soprattutto
perché è stato dimostrato che alcune tra le foto più conosciute che lo
ritrarrebbero sono false, mentre altre sono ritenute non influenti in ambito
scientifico. In seconda media trattai la vicenda durante le ore di inglese, più
o meno nel periodo in cui affrontavamo la storia del Titanic, e tra i miei
esercizi di traduzione tra i compiti delle vacanze scelsi due libretti, uno sul
celeberrimo transatlantico affondato nel 1912 e l’ altro proprio sul mostro di
Loch Ness, di cui per la prima volta appresi molte cose interessanti. Fu
proprio allora che compresi il grande impatto della leggenda e del mito sull’
immaginario collettivo e quanto la fama di un luogo non sempre derivi da epici
fatti storici, essendo spesso determinata da storie stimolanti e leggendarie
indipendentemente dalla loro veridicità o meno, che stimolano l’ industria
locale del turismo e del divertimento: che cosa sarebbero, ad esempio, Roswell
e i Monti Berwyn senza i misteriosi incidenti ufologici di cui pare che siano
stati protagonisti? O la Transilvania priva del tetro racconto di Dracula? O il
triangolo delle Bermude senza quello delle inspiegabili sparizioni?
Boleskine House, sulle rive di Loch Ness; |
La
leggenda di Nessie incomincia nell’ anno 565, quando il monaco irlandese San
Colombano, giunto in Scozia per diffondere il Vangelo, arrivò nei pressi del
fiume Ness, che nasce dal lago e sfocia nel mare, in prossimità di Inverness, si
imbatté in un gruppo di pitti che stavano seppellendo un uomo massacrato dalla
creatura, e lo riportò in vita. In seguito, raggiunto Loch Ness, il missionario
mandò uno dei suoi compagni sull’ altra sponda, affinché recuperasse una barca
per tutti: quando l’ uomo giunse a metà del percorso il mostro lo agguantò, ma
San Colombano stese la mano e ordinò alla bestia di sparire, e di non comparire
mai più.
Nei
secoli successivi, quasi a conferma del santo potere del missionario irlandese,
non avvennero altri avvistamenti, ma nel 1871 il dottor Mackenzie riferì di
aver visto qualcosa contorcersi agitando l’ acqua del lago. Il mito di Nessie ebbe
inizio il 22 settembre 1933, quando l’ Inverness Courier riferì che nel Loch
Ness era stato avvistato uno strano animale: i coniugi MacKay, proprietari di
un albergo a Drumnadrochit, nei pressi del lago, avevano scorto due strane
gobbe emergere dall’ acqua, e due mesi dopo Hugh Gray ne scattò la prima
fotografia, in cui era ritratto un lungo soggetto serpeggiante e nuotante in
superficie che faceva ribollire l’ acqua circostante. La foto venne però
definita un falso, con il labrador retriever dello stesso Gray come soggetto, intento
a nuotare verso la fotocamera con un bastone in bocca.
Da
allora, come effetto domino, le testimonianze riguardanti gli avvistamenti
della creatura si moltiplicarono enormemente, insieme a racconti piuttosto
fantasiosi. L’ episodio più eclatante fu quello del medico Robert Kenneth
Wilson, che diede al Daily Mail il permesso di pubblicare una foto di Nessie
che aveva scattato il 19 aprile 1934 con l’ aiuto di un amico, Maurice Chambers:
essa divenne rapidamente famosa anche all’ estero, e fu chiamata «foto del
chirurgo» in quanto l’ autore aveva voluto restare anonimo, ma sessant’ anni
dopo, nel 1994, questa fu smascherata dal Centro di Loch Ness e definita falsa,
in quanto mostrava un modellino creato aggiungendo a un sottomarino giocattolo
una testa e una coda.
La foto di Hugh Gray, scattata nel 1933; |
Negli
anni seguirono molti altre dichiarazioni di avvistamento. Il 5 gennaio 1934, ad
esempio, Arthur Grant, studente di veterinaria, riferì di aver quasi investito
con la propria motocicletta una strana creatura mentre si avvicina ad
Abriachan, intorno all’ 1:00 del mattino. Disse di aver visto una piccola testa
collegata ad un lungo collo mentre attraversava la strada e faceva ritorno nel
lago, descrivendola come un ibrido tra una foca e un plesiosauro, e che, una
volta in acqua, vide solo qualche increspatura. Stando alla sua dichiarazione,
l’ essere si spostava con movimenti laterali di un paio di pinne posteriori e
membranose, il collo era serpentiforme, e gli occhi larghi incassati nel capo.
Il giovane ne eseguì un disegno, che venne analizzato dallo zoologo Maurice
Burton, secondo cui l’ aspetto e il comportamento corrispondevano a quelli di
una lontra, a differenza delle dimensioni per via delle cattive condizioni di
luce. Il paleontologo Darren Naish, invece, suggerì che Grant potrebbe aver
visto una lontra o una foca, esagerando nel tempo la descrizione dell’ avvistamento.
Nel
1936 fu la volta della signora Marjory Moir, che disse di aver visto affiorare
durante una leggera pioggia una creatura color grigio scuro, in netto contrasto
con lo sfondo più chiaro dell’ acqua e del cielo, e che stette immobile in
superficie: lunga quasi dieci metri, aveva tre gobbe, la più grande delle quali
era nel mezzo, un collo lungo e snello, una testa piccola e priva di tratti
visibili. Ad un tratto prese ad immergersi spesso in acqua. Più tardi, nel
1951, il boscaiolo Lachlan Stuart scattò una fotografia in cui apparivano tre
gobbe emergenti dall’ acqua, mentre nel 1955, Peter MacNab dichiarò di essersi
fermato nei pressi del castello di Urquhart, che domina il lago, per scattare
una foto quando ad un tratto sentì un rumore nell’ acqua: ebbe appena il tempo
di sostituire l’ obiettivo mentre un enorme animale emergeva in superficie. MacNab
lo fotografò, e il suo scatto rimane tuttora uno dei più suggestivi in quanto
ritrae sia il mostro che il castello, ma secondo alcuni la foto mostrerebbe ben
due esemplari distinti: esaminandola attentamente si può infatti notare che le
due gobbe non sono esattamente l’ una sul prolungamento dell’ altra. Siccome la
seconda è più piccola della prima, si è pensato che si trattasse di un maschio
accompagnato dalla femmina, o di un giovane che seguiva la madre. Effettivamente,
in varie occasioni i testimoni dichiararono di avere visto più animali insieme,
come il guardiacoste Alexander Campbell, che riferì di aver visto il dorso di
tre mostri apparire alla superficie lacustre, e due allievi dell’ abbazia di
Fort August, che nel giugno del 1937 dissero di aver visto tre piccoli mostri,
lunghi appena un metro, che fuggirono via quando essi cercarono di
acchiapparli.
La foto di Robert Kenneth Wilson, scattata nel 1934; |
Con
il miglioramento delle tecniche fotografiche e filmiche, istituzioni e
personalità scientifiche tentarono di documentare con chiarezza le presunte
apparizioni della creatura. Nel 1960, Tim Dinsdale, ingegnere aeronautico,
filmò una gobba che attraversava l’ acqua in una scia potente, e la JARIC, il Centro
di analisi delle immagini e di intelligence britannico, conosciuto come MI4,
dichiarò che l’ oggetto era probabilmente animato. Nel 1993, Discovery
Communications realizzò un documentario intitolato «Loch Ness Discovered», che
si avvalse di un miglioramento digitale del film di Dinsdale: un esperto di
computer che aveva migliorato il film notò un’ ombra nel negativo che non era
molto evidente nel positivo, e attraverso il rafforzamento e la sovrapposizione
dei fotogrammi trovò quello che pareva il corpo posteriore, le pinne posteriori
e una o due gobbe aggiuntive del corpo simile a un plesiosauro, affermando che prima
di vedere il film aveva pensato che il mostro fosse solo un mucchio di
sciocchezze, ma dopo aver fatto la valorizzazione aveva cambiato opinione.
Le
foto più nitide, invece, risalgono al 21 maggio del 1977 e furono scattate da
Tony Shiels, celebre scrittore, artista, e illusionista che mentre osservava il
lago da sotto il castello vide affiorare il lungo collo: scattò le foto e
descrisse il mostro, di un colore tra il verde e il marrone, con la pancia di
una sfumatura più chiara, e la pelle liscia e lucida. Rappresentò l’ animale
come un «elefante calamaro», sostenendo che il collo lungo nella foto fosse in
realtà la proboscide della creatura e che la piccola macchia bianca alla base
del collo fosse l’ occhio. A causa della mancanza di increspature, le sue due
foto vennero ritenute false e soprannominate «Loch Ness Muppet», per quanto
Shiels ne sostenne sempre l’ autenticità.
Illustrazione dell’ avvistamento di Arthur Grant; |
I
mezzi di comunicazione di massa si occupano del caso Nessie soltanto a partire
dagli Anni Ottanta, mentre gli ultimi avvistamenti risalgono al 26 maggio 2007,
ad opera di Gordon Holmes, tecnico di laboratorio che filmò una sagoma nuotare
nel lago, e alla fine di agosto del 2009, da parte di Jason Cooke, guardia di
sicurezza che fotografò l’ essere con Google Earth, mentre il 19 aprile 2014 si
disse che su un’ immagine satellitare delle mappe Apple appariva una grande
creatura appena al di sotto della superficie del lago, probabilmente lunga trenta
metri. Alcuni dissero che si trattava del celebre mostro, altri invece che fosse
semplicemente la scia di una barca.
Tony Shiels in una foto del 2015; |
Molta
gente si è a lungo interrogata su questo insolito caso, e sulla possibilità che
una creatura millenaria e sfuggente possa effettivamente vivere sul fondo del
Loch Ness, o se piuttosto non sia uno dei tanti miti del mondo moderno. Alcuni
addirittura si chiedono con quale forma di vita si avrebbe eventualmente a che
fare. La comunità scientifica degli zoologi afferma che il mostro non esiste, dal
momento che non è
stato mai documentato alcun ritrovamento di tracce o resti animali al di sopra
di ogni ragionevole dubbio, e anche perché la piramide alimentare di un lago
relativamente piccolo come il Loch Ness non potrebbe sostenere la vita di una
famiglia di predatori dalle dimensioni fornite dai testimoni. Peraltro, se
effettivamente esistesse una popolazione di simili creature in grado di
perpetuarsi, non si spiegherebbe il fatto che non vi siano prove più
convincenti di quelle portate dai sostenitori, la maggior parte dei quali
ritiene che si tratti di uno o più esemplari di plesiosauro o di elasmosauro in
qualche modo sopravvissuti agli eventi che sessantacinque milioni di anni orsono
condussero all’ estinzione dei dinosauri, benché i rettili marini dell’ era
mesozoica fossero solo vagamente imparentati con i dinosauri. Gli stessi
sostenitori hanno avanzato l’ ipotesi di un canale segreto che collegherebbe il
lago al Mare del Nord: esso consentirebbe alla creatura di nutrirsi
adeguatamente, e spiegherebbe l’ assenza di ossa e resti di altra natura sul
fondale del lago.
Fino
ad ora non sono state rinvenute prove a supporto dell’ esistenza di canali che conducano
al mare.
Steve Feltham, il «cacciatore di Nessie»; |
La
millenaria vicenda di Nessie dimostra quanto siamo tuttora affascinati dal mito
e dalla leggenda. L’ uomo ha sempre sentito il bisogno di credere in qualcosa e
di avere qualcuno a cui ispirarsi e prendere esempio, per migliorarsi. Il mondo
antico era colmo di miti e gloriosi eroi che venivano imitati e adorati, ma che
con lo scorrere dei secoli e dei millenni abbiamo tralasciato uno dopo l’ altro,
eppure la nostra necessità di ricorrere ad un esempio epico e di mantenere un
contatto con vicende straordinarie è rimasto praticamente lo stesso. Per mezzo dell’
epos, i miti antichi si articolarono
sempre di più magnificando e ampliando, talvolta persino esagerando, il fatto
narrato così da farlo apparire come qualcosa di unico, speciale, assolutamente
inconsueto. Il pensiero mitico e leggendario è strettamente allacciato al
genere umano, contribuendone all’ evoluzione, eppure il mondo di oggi è
piuttosto povero di eroi degni di essere mitizzati. Risulta quindi molto più
semplice ricavare una leggenda da eventi misteriosi, come nel caso di Loch
Ness, che nell’ era dei mezzi di comunicazione di massa vengono rapidamente
diffusi in
tutto il mondo e arricchiti con l’ introduzione di sempre nuovi elementi.
Se
ogni mito e leggenda nasce con un significato ben preciso, penso che la storia
di Nessie germogli dal fascino dell’ uomo nei confronti dell’ ignoto, che da
sempre cerca di indagare con un misto di paura e curiosità, nonché dalla sua
attrazione verso le forze della natura, capaci di manifestarsi in modo
ciclopico e alle volte sfuggente. E come ogni grande mito che si rispetti, il
mostro di Loch Ness ha avuto il suo eroe: Steve Feltham, il più longevo
cacciatore della creatura, che per venticinque anni ha organizzato la propria
vita, addirittura rinunciando ad un’ esistenza normale e ad una famiglia,
accampandosi stabilmente in una roulotte sulle rive del lago, guadagnandosi
negli anni un’ aura quasi epica, nel desiderio di arrivare finalmente al misterioso
essere, divenendo lui stesso un’ attrazione turistica, conosciuto da tutti,
locali o visitatori che fossero, finché, nel 2015, a cinquantadue anni, rinunciò
al proprio proposito essendosi sempre imbattuto in pesci gatto gallesi,
introdotti nel lago in epoca vittoriana per favorire la pesca dei vacanzieri e in
grado di vivere a lungo e crescere fino a dimensioni notevoli, arrivando
persino a quattro metri di lunghezza e quattrocento chili di peso. Rimasti
sconosciuti nella zona per molto tempo, secondo lui essi sarebbero sempre stati
i veri protagonisti degli avvistamenti, venendo scambiati per creature
minacciose e ignote a causa della distanza o della suggestione. Una conclusione
banale e addirittura beffarda dopo una caccia instancabile e osservazioni maniacali
con binocoli sempre più sofisticati, talora persino telescopi, durate un quarto
di secolo. Ma il Times, che si occupò del suo caso in un articolo dettagliato,
non gli negò l’ onore delle armi a dispetto della sua eccentricità e bizzarria:
«Devo essere onesto: non credo più che Nessie sia un mostro preistorico, ma il
mistero del mostro resisterà per sempre e continuerà ad attrarre persone
quassù. Io certamente non ho rimpianti per questi venticinque anni.».
Ma
Loch Ness non è il solo lago scozzese ritenuto abitato da un mostro marino: nella
Scozia nordoccidentale, nel distretto di Lochaber, sorge il lago più profondo
della Gran Bretagna, il Loch Morar, il cui guardiano dichiarò di aver incontrato
due persone in automobile, sconvolte, da cui apprese che mentre stavano
pescando era apparsa un’ ombra enorme sotto livello dell’ acqua. In un secondo
momento il mostro sarebbe stato perfino fotografato dalla figlia dello stesso custode.
Che la Scozia abbia un debole per il mito dei mostri acquatici?
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