Il naufragio in un dipinto d’ epoca di Willy Stöwer; |
«Una vetta è inaccessibile finché qualcuno non la scala, una nave è inaffondabile finché non si inabissa.» Robert Crawley, VII conte di Grantham, leggendo la notizia del naufragio del Titanic sul giornale nell’ episodio pilota di ‘Downton Abbey’;
Nel
1898, lo scrittore e inventore statunitense Morgan Robertson pubblicò un
romanzo, «Il naufragio del Titan», in cui narrò la
storia del più grande transatlantico costruito fino ad allora, il Titan, che
sebbene fosse considerato inaffondabile nel mese di aprile finì in rotta di
collisione con un enorme blocco di ghiaccio galleggiante nell’ Atlantico
settentrionale, naufragando in poche ore. Quattordici anni dopo, il 15 aprile
1912, ebbe luogo la tragedia dell’ RMS Titanic, e molti dettagli della sua
vicenda apparvero incredibilmente simili a quella immaginata da Robertson: entrambe
le navi, dotate di tripla elica e due alberi, erano ritenute inaffondabili; partite
ad aprile, percorrevano la rotta che congiunge la Gran Bretagna con New York
quando colpirono un blocco di ghiaccio sul lato di dritta; dotate di dimensioni
simili, avanzavano a velocità analoghe, naufragando a circa quattrocento miglia
da Terranova, in Canada, provocando la morte migliaia di persone anche per il
numero clamorosamente scarso di lance di salvataggio; i loro nomi, peraltro, erano
molto somiglianti. In molti indicarono il libro di Robertson come un romanzo profezia,
alimentando le voci secondo cui il Titanic era stato maledetto, gettando le
basi di quella che sarebbe divenuta una grandiosa e romantica leggenda tuttora
capace di incuriosire e commuovere il pubblico.
Quello
del Titanic, ormai, è un nome familiare a tutti. La notizia del suo disastro
venne rapidamente diffusa in tutto il mondo dai principali mezzi di
comunicazione, e per lungo tempo venne dibattuta dando origine ad un mito che ispirò
articoli e editoriali sui giornali, storie e narrazioni più o meno fantasiose
con cui non ha mai cessato di suscitare commozione e interrogativi.
Oggigiorno
non vi è nessuno che non abbia mai sentito menzionare almeno una volta nella
propria vita questa grandiosa nave e che ne ignori le vicende pur non rammentandone
i singoli dettagli, o che non abbia mai visto nessuno dei numerosi film, sceneggiati
televisivi o documentari ad essa dedicati. Io stesso ricordo tuttora come e
quando mi interessai per la prima volta a questo straordinario avvenimento: nel
1998, a quattordici anni, quando ero studente di seconda media, la mia
insegnante di inglese ne propose la vicenda tra gli esercizi di traduzione alla
nostra classe, dal momento che rientrava nel contesto della storia britannica.
Ovviamente, in passato ne avevo già vagamente sentito parlare, ma in quell’
occasione me ne interessai con una certa partecipazione, e il testo che ci era
stato indicato era ricco di particolari stimolanti. Un passaggio in particolare
rimase impresso nella mia mente: «L’ inaffondabile Titanic era
affondato.». Appena un anno prima, nel 1997, era uscito al cinema il film «Titanic»
con Kate Winslet e Leonardo DiCaprio, e in previsione dei miei compiti delle
vacanze di inglese per l’ estate scelsi un libretto breve da tradurre in
italiano, incentrato proprio sulla storia del Titanic, che a settembre mi valse
una valutazione molto positiva da parte della professoressa, che scrisse: «Hai
lavorato con buona volontà.».
Il Titanic; |
Negli
anni il mio personale interesse per questo particolare disastro navale non
venne mai meno, un po’ come avvenuto per il misterioso incidente di Roswell, di
cui sentì parlare per la prima volta quando avevo dieci anni e che tuttora
stuzzica la mia curiosità, e per lungo tempo riflettei sul corso dei suoi
eventi, in modo particolare sul motivo per cui dopo oltre cento anni susciti ancora
tanto interesse e partecipazione: il grande clamore nato attorno a tale
tragedia è dovuto non soltanto alle crudeli ragioni del destino, ma anche e
soprattutto all’ insieme di gravi manchevolezze in ambito della sicurezza, dettate
dalla grande fretta di rendere operativo l’ incrociatore il prima possibile per
ragioni di lucro e concorrenza, ma anche per motivi estetici, in quanto molti
dettagli erano stati trascurati per dare alla nave grazia ed eleganza.
Il Titanic in costruzione nei cantieri navali di Belfast; |
Nel
1906, la Cunard Line, ricca e potente compagnia di navigazione britannica, inaugurò
i transatlantici gemelli RMS Lusitania e RMS Mauretania, le navi più lussuose,
veloci e imponenti tra quelle impegnate sulle rotte transatlantiche, con l’
intento di effettuare trasporti civili sulle stesse rotte del gruppo concorrente
White Star Line, una delle più famose e considerevoli aziende navali
britanniche, che in breve tempo decise di rispondere con il progetto «Olympic
Class», consistente in tre transatlantici gemelli di dimensioni immani che
avrebbero garantito ai passeggeri lusso e sicurezza, ossia l’ Olympic, il
Titanic e il Gigantic.
Il commodoro Smith; |
Nel
1909, durante una cena presso la sua casa nel raffinato quartiere londinese di
Belgrave, Lord William James Pirrie, presidente
della società di costruzioni navali Harland & Wolff di Belfast, concepì la nascita
del Titanic insieme a Joseph Bruce Ismay, amministratore delegato della White
Star Line. Il progetto riscosse l’ immediato entusiasmo dell’ armatore
statunitense John Pierpont Morgan, che lo finanziò, e venne affidato all’ ingegner
Thomas Andrews Jr., amministratore delegato e capo del reparto di architettura dei
cantieri Harland & Wolff, nonché nipote di Lord Pirrie. Il Titanic fu
pensato come massima espressione della tecnologia navale di quei tempi, nonché
come il più grande e lussuoso transatlantico al mondo, addetto al collegamento
settimanale di linea con la Costa Orientale statunitense. Poiché avrebbe
svolto anche il servizio postale, gli fu assegnato il prefisso RMS, acronimo di
Royal Mail Ship, e SS, ossia Steam Ship.
I
lavori di costruzione iniziarono il 31 marzo 1909, presso i cantieri di Belfast
della Harland & Wolff. Costruito accanto all’ Olympic, che era stato
iniziato qualche mese addietro rispetto all’ incrociatore gemello, venendo
varato il 20 ottobre 1910, il Titanic era lungo duecentosessantanove metri,
largo ventotto e alto cinquantatré. Aveva una capienza di
quarantaseimilatrecentoventotto tonnellate, e l’ altezza del ponte sulla linea
di galleggiamento era di diciotto metri. Per quanto avesse la stessa lunghezza
dell’ Olympic, aveva un tonnellaggio lordo superiore grazie al maggiore spazio
interno, dovuto soprattutto alla chiusura di parte della passeggiata sul ponte
A con finestre parzialmente apribili. Essendo un piroscafo, aveva una
propulsione a vapore, con quattro cilindri contrapposti invertibili a triplice
espansione più una turbina Parson a bassa pressione: le macchine alternative
del Titanic e dell’ Olympic rimangono tuttora le più grandi mai costruite,
occupando quattro piani in altezza e sviluppando quasi trentotto megawatt di
potenza, muovendo le due eliche laterali. La turbina muoveva la sola elica
centrale. Le ventinove caldaie, dal diametro di cinque metri ciascuna, erano in
grado di bruciare circa settecentoventotto tonnellate di carbone al giorno. La
velocità massima era di ventitré nodi, inferiore di tre rispetto a quella sull’
RMS Mauretania. Solamente tre dei quattro fumaioli erano in funzione, il quarto
aveva solo la funzione di presa d’ aria e venne inserito per rendere più
grandiosa la figura della nave.
L’
allestimento di bordo comprendeva una piscina coperta di nove metri per quattro
sul ponte D, una palestra, un bagno turco e un campo di squash. La prima classe
fu realizzata con la massima sfarzosità, tanto da essere la più elegante di qualsiasi
altro transatlantico: vi erano trentaquattro suite, ognuna dotata di soggiorno,
sala di lettura e sala da fumo e arredata in stile diverso. Erano presenti saloni
di svago, bar e salotti. Per essa erano disponibili tre ascensori, e, per la
prima volta, ne venne preparato uno anche per la seconda classe. La terza
classe, nel cui ristorante era collocato un pianoforte, era paragonabile alla
seconda delle altre navi, decorata con legno di pino verniciato di bianco,
pareti smaltate e sedie di teak. Insieme a quella dell’ Olympic, la sua
stazione radio era considerata la più moderna e potente mai installata su di un
bastimento, in quanto la sua portata raggiungeva una distanza di seicentocinquanta
chilometri e le antenne erano collocate sui due alberi maestri, ad un’ altezza
di sessanta metri e distanti tra loro centottanta. Il ponte lance era dotato
delle nuovissime gru Welin, in grado di sostenere complessivamente trentadue
lance di salvataggio e ammainarne sessantaquattro, ma alla fine ne furono
montate soltanto sedici. La chiglia della nave aveva un doppio fondo cellulare
e lo scafo era suddiviso in sedici compartimenti stagni, le cui porte a
ghigliottina si chiudevano automaticamente dal ponte di comando. Tali
compartimenti, comunque, non attraversavano tutta l’ altezza dello scafo,
fermandosi al ponte E, circa a metà dello scafo, per dare più spazio alla
disposizione delle sale. Il Titanic avrebbe potuto galleggiare anche con due
dei compartimenti intermedi oppure con tutti i primi quattro compartimenti di
prua allagati.
Dotato
di una capacità utile di tremilacinquecentoquarantasette persone, tra
passeggeri ed equipaggio, fu completato il 31 marzo 1912, mentre il suo scafo
era stato varato esattamente un anno prima.
La partenza del Titanic; |
Dopo
una serie di rivolte operaie, scatenatesi perché la Harland & Wolff
assumeva solo operai protestanti e non cattolici, il transatlantico fu varato
il 31 maggio 1911 e completato il 31 marzo 1912, dopo soltanto dieci mesi: un vero
e proprio primato per l’ epoca. Alla data di consegna, esso costò circa sette
milioni e mezzo di dollari. Il biglietto di prima classe di sola andata per New
York costava tremilacento dollari; un appartamento di prima classe ne costava quattromilatrecentocinquanta,
mentre una cabina arrivava a centocinquanta; una cabina di seconda classe ne
valeva sessanta; un biglietto di terza classe si aggirava tra i trentadue e i
quaranta. Inviare un telegramma privato di dieci parole dal servizio
telegrafico di bordo costava dodici scellini e sei pence, e nove pence per ogni
parola aggiuntiva. Una partita a squash cinquanta centesimi, ed una seduta al
bagno turco un dollaro.
Il
mito del Titanic iniziò persino prima del suo viaggio inaugurale: fu salutato
come un gioiello della tecnologia e definito come la nave più sicura del mondo,
praticamente inaffondabile; i giornali ne parlavano in maniera eccellente,
descrivendolo con articoli colmi di entusiasmo. In realtà non aveva sufficienti
scialuppe di salvataggio, era privo di adeguati compartimenti stagni, e il
personale non era addestrato per gestire le eventuali emergenze. Peraltro,
mancava un sistema di altoparlanti interni e segnalazioni d’ allarme per
avvisare i passeggeri in caso di pericolo. In quel tempo era sufficiente che
una nave avesse scialuppe di salvataggio solo per un terzo dei passeggeri, ma
sul neonato incrociatore ne vennero introdotte appena sedici, anziché
sessantaquattro come previsto, con risparmio notevole di costi e tempi di
allestimento, nella convinzione peraltro che avrebbero letteralmente imbruttito l’ aspetto di una nave elegante e praticamente impossibile da inabissare, che non a caso portava un nome che si rifaceva alle potentissime divinità della mitologia
greca. Analogamente all’ Orient Express, essa simboleggiava il predominio
incontrastato della meccanica e della scienza, capaci secondo la generale convinzione di risolvere tutti i
problemi degli uomini, e persino di sconfiggere la morte.
Il blocco che colpì il Titanic nella sola fotografia che lo ritrae; |
Come
comandante venne scelto il commodoro Edward John Smith, al suo ultimo comando
dopo una carriera durata oltre quarant’ anni, che in una sua celebre
dichiarazione affermò di non riuscire a immaginare alcun genere di incidente
che potesse avvenire a questi nuovi transatlantici, in quanto la tecnica di
costruzione che li aveva realizzati andava ben oltre gli incidenti allora immaginabili. Decorato nel
1903 da re Edoardo VII per il suo servizio navale nella Seconda guerra boera e
ufficiale al servizio della White Star Line dal 1904, era reputato uno dei
comandanti navali più esperti al mondo, e gli venivano regolarmente affidate
le più grandiose e innovative navi dell’ epoca. Soprannominato «Comandante dei
milionari», era costantemente richiesto dagli aristocratici al comando delle
navi su cui viaggiavano, eppure la sua carriera non era stata esente da
incidenti: il 27 gennaio 1889, l’ SS Republic, nave di cui era comandante, si era incagliata al largo di Sandy Hook, rimanendo immobile per cinque ore, e una volta
libera aveva subito un’ esplosione alle caldaie che aveva ucciso tre uomini dell’ equipaggio,
mentre nel dicembre 1890 aveva affrontato un nuovo arresto a bordo dell’ SS Coptic al
largo di Rio de Janeiro. Nel 1901 era al comando dell’ RMS Majestic, a bordo del
quale aveva avuto luogo un incendio il 7 agosto, al largo del porto di New York. Anche
sull’ RMS Baltic, sua altra nave, era avvenuto un incendio nel bacino di
Liverpool, mentre alla guida dell’ RMS Adriatic era stato protagonista di un altro
incagliamento di cinque ore nel novembre del 1909. Il 20 settembre 1911, al
comando dell’ RMS Olympic, era invece stato coinvolto in uno scontro con una nave
da guerra, l’ HMS Hawke, che aveva provocato l’ allagamento di due compartimenti dell’ Olympic, riuscito ugualmente a raggiungere
Southampton. La Royal Navy non aveva imputato l’ incidente all’ Olympic, dichiarando
piuttosto che la sua massa imponente aveva generato un risucchio che aveva spinto
contro la sua fiancata l’ Hawke. Tutti questi avvenimenti non avevano inciso
minimamente sulla reputazione di Smith, considerato un ottimo ufficiale da
tutti gli esperti di navigazione e dai vari comandanti.
Il
commodoro pretese un comandante in seconda più esperto di quello che gli era
stato assegnato, e all’ ultimo momento chiese alla White Star Line di
trasferire Henry Tingle Wilde Jr. al Titanic anche solo per il viaggio
inaugurale. Wilde subentrò pertanto a William Murdoch, retrocesso al rango di primo
ufficiale, al posto di Charles Lightoller, che divenne secondo ufficiale,
posizione assegnata al marinaio David Blair, che venne trasferito: andandosene,
egli portò con sé i binocoli, suoi personali, ignorando che la nave ne fosse del
tutto sprovvista poiché erano stati dimenticati.
Lo scalone di prima classe del transatlantico; |
Dopo
la sua ultimazione, il Titanic partì da Belfast il 2 aprile 1912 per giungere
due giorni dopo a Southampton, città della contea dell’ Hampshire, nel sudest
della Gran Bretagna, dotata di uno dei maggiori porti della costa meridionale. Dopo
aver accolto vari passeggeri dirottati da altre navi che subivano gli effetti di
uno sciopero nelle forniture di carbone, il transatlantico imbarcò un totale di
duemiladuecentoventitré passeggeri, tra aristocratici, imprenditori,
professionisti, borghesi e semplici migranti alla ricerca di fortuna nel Nuovo
Mondo, molti dei quali irlandesi, e partì per il suo primo viaggio alle 12:00 del
10 aprile 1912, alla volta di New York. Data la fretta che gli armatori avevano
di battere la concorrenza, la nave non aveva completato le prove in mare, e il commodoro
Smith ordinò di spingere le macchine al massimo, così da attraversare l’ oceano
in tempi da primato.
In
prima classe erano imbarcati alcuni degli uomini più in vista del tempo, come i
vertici della
White Star Line, Ismay ed Andrews, che in particolare desiderava valutare con i
propri occhi gli eventuali problemi del primo viaggio; il milionario John Jacob
Astor IV, proprietario di alcuni preziosi immobili tra cui il noto Waldorf-Astoria
Hotel; l’ industriale Benjamin Guggenheim, il cui fratello era proprietario
dell’ omonima fondazione d’ arte; Isidor Straus, detentore del centro
commerciale Macy, e la moglie Ida; Washington Roebling, figlio del costruttore
del ponte di Brooklyn; Archibald Butt, Consigliere presidenziale statunitense, al
ritorno da una missione diplomatica in Vaticano insieme al pittore Francis
Millet; Arthur Ryerson, magnate statunitense dell’ acciaio; la contessa di
Rothes; gli scrittori Helen Churchill Candee e Jacques Futrelle; Henry e Irene
Harris, produttori di Broadway; l’ attrice cinematografica Dorothy Gibson e la
milionaria Margaret Brown. Tra i grandi assenti che avevano rinunciato al
viaggio vi erano Lord Pirrie, costretto a restare a terra a causa di un’ influenza,
e l’ ambasciatore degli Stati Uniti in Francia.
Il Café Parisien; |
Durante
i primi quattro giorni, la navigazione fu regolare e particolarmente veloce per
l’ epoca, ma domenica 14 aprile 1912 la stazione radio di bordo ricevette
numerose segnalazioni che riferivano la presenza di montagne di ghiaccio
vaganti lungo la rotta, assai frequentata da navi passeggeri e da trasporto. In
serata la traversata procedeva agevolata dal mare calmo, e sebbene mancasse la
luna la visibilità era ottima per via del cielo limpido e stellato, ma alle ore
23:40 le vedette, sprovviste di cannocchiali, avvistarono a occhio nudo, e
quindi in ritardo, un enorme blocco di ghiaccio dritto di prora e lanciarono l’
allarme. L’ ufficiale di guardia William Murdoch ordinò l’ indietro tutta e una
virata, ma la nave avanzava troppo velocemente e l’ ostacolo era a poco meno di
cinquecento metri di distanza: si pensò quindi di passare a sinistra della
montagna di ghiaccio, sfiorandola con il fianco destro, ma il Titanic la urtò
subendo uno squarcio lungo il fianco per una novantina di metri, su una
lunghezza complessiva di circa duecentosettanta metri.
Mentre
l’ acqua cominciava a invadere i compartimenti, le porte stagne vennero
immediatamente chiuse e il commodoro Smith ordinò di scandagliare la nave, che
sarebbe potuta rimanere a galla anche con quattro compartimenti allagati in
successione, ma non con cinque, dal momento che le sei fessure aperte dall’
impatto interessarono i primi cinque compartimenti prodieri. Inoltre, le
paratie stagne non superavano il ponte E, posto circa a metà dell’ altezza
della nave.
La
situazione si rivelò fin da subito drammatica: i quattro compartimenti di
carico situati alla prua della nave imbarcarono in appena dieci minuti più di quattro
metri d’ acqua, causando un primo abbassamento della carena viva di due gradi,
che facilitò l’ ingresso dell’ acqua all’ interno degli altri compartimenti e
del primo dei compartimenti caldaie già colpito dal blocco di ghiaccio. In un
primo momento la chiusura istantanea delle paratie non permise di rallentare il
flusso d’ acqua nei compartimenti stagni di prua, destinati ad essere allagati
completamente.
Il ponte lance; |
I
calcoli effettuati da Thomas Andrews rivelarono che il transatlantico sarebbe affondato
in un’ ora e mezza, al massimo due. Fu dato quindi l’ ordine di abbandonare la
nave: i passeggeri furono chiamati a raccolta, e le lance vennero preparate
mentre veniva predisposta la lista delle assegnazioni per ognuna di esse. Per
quanto la situazione continuasse a sembrare sicura, bisognava assolutamente
evitare di diffondere il panico. Il vapore che fuoriusciva dalle valvole dei
fumaioli, onde impedire lo scoppio delle caldaie, sibilava paurosamente, tanto
che si avevano difficoltà a sentire le trasmissioni radio.
Il
Titanic era dotato di tremilacinquecentosessanta salvagenti individuali, ma di
sole venti lance quattro delle quali pieghevoli, per una capacità totale di millecentosettantotto
posti, non bastanti per i passeggeri e l’ equipaggio. Le operazioni di carico
si svolsero rispettando l’ ordine del commodoro, che aveva indicato di far
salire prima le donne e i bambini, eppure l’ equipaggio equivocò tale disposizione
impedendo agli uomini di salire sulle lance, quando in realtà Smith intendeva
dire che gli uomini sarebbero potuti salire successivamente se fosse rimasto
spazio disponibile. La prima lancia fu calata alle 00:40 dal lato destro con
sole ventotto persone a bordo, e poco dopo ne fu calata un’ altra con appena dodici
persone, sebbene la capacità di ogni scialuppa fosse di ben sessantacinque
passeggeri: sciupando ben tre quinti dei posti disponibili, molte delle lance
vennero calate in mare praticamente mezze vuote. I passeggeri di prima e
seconda classe ebbero facile accesso al ponte lance, tramite le scale che
conducevano al ponte, mentre quelli di terza ebbero notevoli difficoltà a
trovare il percorso: di essi se ne salvò solamente un terzo, cosa che fece
pensare che vennero intenzionalmente trascurati.
Peraltro,
in un primo momento i passeggeri considerarono la faccenda un banale scherzo:
se qualcuno aveva il salvagente veniva preso in giro, altri mostravano
blocchetti di ghiaccio come souvenir mentre l’ orchestra si stabilì addirittura
nel salone di prima classe ove iniziò a suonare, spostandosi poi all’ ingresso
dello scalone sul ponte lance. A più di un’ ora dalla collisione, quasi nessuno
era consapevole della gravità della situazione, in parte perché l’ equipaggio fu
estremamente cauto nel diffondere le informazione ma anche perché i passeggeri
furono chiamati nel ponte superiore esterno a molto tempo dalla collisione.
Poco
dopo la mezzanotte vennero avvistate le luci di una nave, il Californian, a
circa dieci miglia di distanza e Smith ordinò di sparare gli otto razzi di
segnalazione, uno ogni cinque minuti, ma senza risultati. Poco dopo, il
comandante si recò in sala radio a consegnare una richiesta di aiuto ai due
marconisti, che, dopo aver usato il CQD, a partire dalle 00:45 cominciarono a
inviare l’ SOS, il nuovo segnale di soccorso che aveva sostituito ufficialmente
dal 1908 il precedente CQD. I marconisti si servivano raramente del nuovo segnale,
che cominciò a essere utilizzato universalmente dopo che venne usato a bordo
del Titanic. In quel tempo, peraltro, non tutte le navi erano dotate di mezzi
radiofonici. Diversi bastimenti risposero, tra cui l’ Olympic, ma erano tutti
troppo lontani per intervenire in tempo.
La
nave più vicina era l’ RMS Carpathia, distante cinquantotto miglia: il
marconista Cottam restò allibito quando ricevette un messaggio di soccorso dal
celebre transatlantico al viaggio inaugurale, e svegliò immediatamente il
comandante Arthur Rostron, che diede subito l’ ordine di invertire la rotta a
tutto vapore, ma sarebbero state necessarie ben quattro ore per giungere sul
posto. A due ore dall’ impatto con il blocco di ghiaccio, il Titanic aveva
imbarcato oltre venticinque milioni di litri di acqua, pari a circa venticinquemila
tonnellate, e la situazione continuava a precipitare: il ponte di prua si
inondava e tutte le lance tranne due si erano già allontanate. A bordo erano
rimaste più di millecinquecento persone, alcune delle quali tentarono di
assaltare le ultime lance, tanto che l’ ufficiale Lowe si vide costretto a
sparare alcuni colpi di pistola in aria per allontanare la folla in panico.
Anche il Commissario di bordo sparò due colpi di pistola in aria, mentre l’
ufficiale Murdoch sventava un assalto alla barca numero 15. L’ orchestra di
bordo continuò a suonare almeno fino all’ 1:40 circa. L’ ultimo brano suonato
fu un inno cristiano.
Verso
l’ 1:30 la prua della nave era completamente sommersa, con la poppa fuori dall’
acqua, e prima di ritirarsi in plancia il comandante Smith invitò i passeggeri
a essere galantuomini: «Siate britannici!», mentre in un secondo momento diramò
l’ ordine: «Si salvi chi può!»,
e liberò l’ equipaggio dal suo lavoro. Non è chiaro come morì. Secondo alcuni
sopravvissuti era in acqua con il salvagente, mentre altri dissero di
averlo visto su un ponte mentre si allagava. Altri ancora sostennero che Smith
accompagnò un bambino ad una scialuppa per poi allontanarsi dicendo: «Addio
gente, seguirò la mia nave!». Il progettista Andrews, che aveva trascorso le
ultime ore cercando di rassicurare passeggeri e camerieri incitandoli a
indossare i salvagente, fu visto dal cameriere John Stewart, in piedi, nel
salone fumatori, con lo sguardo fisso su un quadro, «Il porto di Plymouth», del
pittore Norman Wilkinson. Stewart, che riuscì a salvarsi, gli chiese se volesse
fare almeno un tentativo, ma l’ imprenditore rimase al proprio posto come
inebetito. Benjamin Guggenheim, invece, rifiutò il salvagente indossando l’ abito
da sera insieme al proprio segretario: «Ci siamo messi gli abiti migliori, e
affonderemo come gentiluomini.». Tali parole passarono alla storia, sebbene non
sia chiaro a chi fossero rivolte. Il milionario J.J. Astor, che si era visto
rifiutare un posto nella lancia numero 4 accanto alla moglie, rimase sul ponte
lance fino alla morte, e mise in testa a un ragazzino un cappello da bambina
dicendo: «Ecco, adesso puoi andare.».
Poco
dopo le 2:00 si tentò di calare in mare il battello pieghevole B, ma senza
successo, mentre il pieghevole A venne portato via dal risucchio, galleggiando
capovolto. Il D fu invece calato in mare con quarantaquattro persone a bordo,
benché potesse imbarcarne quarantasette, e i marinai lo difesero dall’ assalto
dei passeggeri tenendosi per le mani formando una catena umana mentre una folla
immensa e ormai incontrollabile proveniente dai ponti inferiori invadeva tutto
il ponte lance: erano passeggeri di terza classe fino a quel momento rimasti
sottocoperta, alla ricerca di un posto su quelle che in pratica erano le ultime
lance rimaste a disposizione. Circa un centinaio di persone ormai rassegnate si
radunò intorno a due sacerdoti, e iniziarono a recitare il rosario. Ad essi si
unirono i macchinisti, che avevano lavorato alle pompe ritardando il più
possibile l’ inabissamento e assicurando la luce elettrica fino quasi alla fine.
Verso
le 2:10 la poppa si sollevò al punto da stagliarsi contro il cielo stellato, e
la spaventosa forza generata dall’ emersione dello scafo provocò il lento
schiacciamento della chiglia e la dilatazione delle sovrastrutture, che
portarono lo scafo quasi al punto di rottura: in quel preciso momento sul
Titanic agì una pressione di tre tonnellate per centimetro quadrato, il
fumaiolo di proravia si staccò e l’ acqua ruppe i vetri della cupola inondando
lo scalone e riversandosi nella nave. Si vedevano mucchi dei passeggeri rimasti
a bordo che si ammassavano come sciami d’ api, per poi ricadere a gruppi, a
coppie, da soli, mentre circa ottanta metri di scafo si alzavano formando con
la superficie un angolo di circa settanta gradi. Poi, la nave sembrò fermarsi,
e gradualmente il ponte si volse, come per nascondere il tremendo spettacolo
alla vista dei superstiti sulle lance. Improvvisamente, tutta la struttura del transatlantico
si ruppe in due sulla parte anteriore, e prima che il ponte fosse completamente
sommerso, si innalzò verticalmente per tutta la sua lunghezza e per pochi
minuti, almeno centocinquanta piedi della nave si elevarono sopra il livello del
mare, verso il cielo. Infine, alle 2:20, il Titanic precipitò obliquamente e
affondò.
Scialuppe del Titanic fotografate a bordo del Carpathia; |
Per
quanto il numero preciso del disastro non sia certo, poiché la lista esatta dei
passeggeri e dell’ equipaggio andò perduta, secondo i dati forniti dall’
inchiesta statunitense il disastro uccise millecinquecentodiciotto persone. I
superstiti furono solo settecentocinque, ossia coloro che avevano preso posto
sulle lance, una sessantina tra chi si trovava ancora a bordo del Titanic durante l’ affondamento e soltanto sei tra le innumerevoli persone finite nelle gelide
acque dell’ oceano, che fecero morire gran parte dei naufraghi per assideramento anziché
per annegamento, dato che quasi tutti indossavano il giubbotto salvagente.
Nessuno fu vittima degli squali, presenti anche a quelle latitudini. Finalmente,
verso le 8:00 di mattina, il Carpathia giunse sul posto e recuperò i naufraghi,
alcuni dei quali morirono subito dopo essere portati a bordo dell’
incrociatore, mentre le salme di quattro vittime decedute sulle lance furono
sepolte in mare dal piroscafo. A bordo del Carpathia si tenne una cerimonia
religiosa per i dispersi, e alle 8:50 la nave partì per New York, dove arrivò
il 18 aprile.
Il disastro narrato sui giornali italiani; |
Il
naufragio del Titanic suscitò un’ enorme impressione sull’ opinione pubblica, e
portò alla convocazione della prima conferenza sulla sicurezza della vita umana
in mare.
Una
volta stabilito il numero di vittime, la White Star Line inviò la nave posacavi
Mackay-Bennett a recuperare i resti. Partito il 17 aprile 1912, il piroscafo
recuperò trecentosei salme, duecentouno delle quali vennero portate ad Halifax, nel
Canada orientale. Le altre tre navi inviate alla ricerca dei corpi, la Minia,
la Montmagny e l’ Algerine, tra il 6 e il 15 maggio recuperarono ventidue
corpi. Le salme non reclamate furono sepolte nel cimitero di Halifax, e la
White Star Line si assunse il compito di mantenere il decoro di queste tombe
fino al 1927, quando si fuse con la concorrente Cunard Line, che tuttora onora
questo impegno. Nei mesi successivi al disastro, alcune navi trovarono
casualmente altre salme: l’ RMS Oceanic si imbatté nel relitto della pieghevole
A, con tre corpi a bordo, mentre l’ Ottawa e l’ Ilford recuperarono ognuno una
salma dal mare, rispettivamente il 6 e l’ 8 giugno 1912.
In
tutto vennero recuperati trentanove cadaveri di passeggeri di prima classe, trentadue
di seconda, settantacinque di terza e duecentotredici appartenenti a membri
dell’ equipaggio, oltre a quattordici che non vennero mai identificati. Centodiciannove
di essi furono sepolti in mare, mentre cinquantanove vennero riconsegnati alle
famiglie.
Stele commemorativa del Titanic a Southampton; |
In
virtù dell’ elevato ammontare delle vittime, vennero aperte due inchieste, una
negli Stati Uniti e l’ altra in Gran Bretagna, atte a definire l’ eventuale
negligenza dell’ equipaggio e della società proprietaria del transatlantico, quindi
il possibile diritto al risarcimento dei sopravvissuti e delle famiglie delle
vittime. Entrambe le indagini raccolsero le testimonianze dei passeggeri e
degli equipaggi sia del Titanic che del Californian, oltre che il parere di
vari esperti. In conseguenza del mancato funzionamento della radio sul
Californian durante la notte, ventinove nazioni ratificarono il Radio Act, che
regolamentava l’ uso delle comunicazioni radiofoniche. Il disastro portò alla
riunione della Prima convenzione internazionale sulla sicurezza della vita in
mare, che si aprì a Londra il 12 novembre 1913, portando a siglare il 20
gennaio 1915 un trattato che stabilì il finanziamento internazionale dell’ International
Ice Patrol, agenzia della guardia costiera statunitense che ancora oggi
controlla e segnala la presenza di blocchi di ghiaccio vaganti al fine di
tutelare la navigazione nell’ Atlantico settentrionale. Si stabilì inoltre che
le lance di salvataggio dovessero essere sufficienti per tutte le persone a
bordo, che venissero svolte le opportune esercitazioni di addestramento per le
emergenze, che le comunicazioni radio dovessero essere operative ventiquattro
ore al giorno e dovessero avere un generatore di emergenza con autonomia di un
giorno. Inoltre, ci si accordò sul fatto che lo sparo di un razzo di
segnalazione rosso da una nave dovesse essere interpretato come richiesta di
soccorso.
Il
Titanic naufragò in acque internazionali, era condotto da equipaggio britannico
e navigava sotto la bandiera della Gran Bretagna, ma apparteneva ad una società
armatoriale statunitense. In base al diritto di proprietà, quindi, il Congresso
statunitense avviò un’ indagine con il diritto di citare ad apparire testimoni
anche di nazionalità non statunitense, e infatti a nessun superstite fu
permesso di lasciare New York fino a conclusione dell’ inchiesta. L’ intera
commissione, composta di sette senatori, era però priva di competenza tecnica
circa i fatti in discussione, e non si intendeva di costruzioni navali, diritto
della navigazione, doveri degli ufficiali e dell’ equipaggio, pertanto non è
tuttora escluso il sospetto che l’ intera inchiesta avesse il proposito di
condannare ad ogni costo la proprietà del transatlantico. In totale vennero
ascoltati ottantadue testimoni, ventinove statunitensi e cinquantatré
britannici, e il comportamento del defunto commodoro Smith venne condannato per
non aver prestato ascolto ai messaggi di avviso sul pericolo dei blocchi di
ghiaccio, quindi non riducendo la velocità di crociera della nave, non modificando
la rotta, tardando di oltre venti minuti nell’ ordinare l’ abbandono della
nave, non coordinandone peraltro le fasi. La White Star Line
venne a sua volta condannata al risarcimento dei superstiti e delle famiglie
dei deceduti per aver oltremodo rimandato l’ annuncio della perdita della nave.
In
base al fatto che, pur appartenendo ad una società armatoriale statunitense, il
Titanic era una nave immatricolata sul suolo britannico e costruita secondo le
norme locali, peraltro navigante con un equipaggio britannico, il 30 aprile
1912 la Wreck Commissioner’ s Court britannica aprì una propria inchiesta su
formale richiesta del Lord cancelliere, Robert Threshie Reid, I conte Loreburn.
La commissione britannica era tecnicamente competente, e si avvaleva anche
della consultazione dei progetti di costruzione del Titanic, delle mappe con le
rotte nell’ Atlantico settentrionale e di un modellino in scala della nave. Al
loro rientro da New York, vennero interrogate novantasette persone, tutte
britanniche, che furono obbligate a rimanere a Londra per gli interrogatori: tale
inchiesta biasimò il mancato soccorso da parte del Californian e criticò il commodoro
Smith per gli identici motivi espressi dalla commissione statunitense. L’ equipaggio
venne criticato soltanto per aver calato in mare la prima lancia con poche
persone a bordo.
Il relitto del Titanic in fondo all’ oceano; |
Ancora
oggi, esattamente a centosei anni di distanza, il nome del Titanic non rievoca
semplicemente un grave incidente marittimo, bensì la fine di un’ era, in quanto il suo drammatico destino frantumò duramente il sogno della Belle Époque, fungendo da richiamo all’ inconsistenza
di una fede granitica nello sviluppo materiale e alla vulnerabilità umana: in
quella fatidica notte erano sprofondati nell’ abisso senza alcuna distinzione
ricchi, borghesi e poveri. Altri aggiunsero che in quell’ occasione furono
rigorosamente applicate per l’ ultima volta le regole di una cavalleria un po’
romantica che costituiva il punto di arrivo della civiltà occidentale: vennero
salvate per primi donne e bambini, mentre gli uomini, tra cui svettavano
dignitari e notabili ricchi e famosi, si rassegnavano a perire con signorile
dignità. Era tramontato il mito dell’ indistruttibilità di un prodotto della tecnologia
moderna, di un mondo ritenuto sicuro e inviolabile soprattutto a beneficio dei
ricchi, e appena due anni dopo l’ Europa avrebbe vissuto un mostruoso conflitto il cui esito ridefinì radicalmente il suo panorama sociale e politico.
Ma
forse non tutti furono colti di sorpresa. La vanità allora largamente diffusa
aveva risparmiato determinate persone avvedute come Morgan Robertson, appassionato
ed esperto di marineria: alla fine dell’ Ottocento si continuava a costruire navi
sempre più grandi, e il pericolo dei blocchi di ghiaccio vaganti qua e là per
le traversate atlantiche era noto ormai da tempo, pertanto c’ era chi affermava
che viaggiare con poche lance di salvataggio fosse rischioso. Per lui fu quindi
abbastanza semplice immaginare la storia del naufragio di una grande nave già
nel 1898, nelle pagine di un romanzo come «Il naufragio del Titan». Se il libro
fosse stato letto con più attenzione dalle persone competenti sarebbero stati compresi
tanti dettagli che quasi certamente avrebbero prevenuto la morte di oltre
millecinquecento persone. Altro che maledizioni e profezie!
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