«La fede comincia
là dove la ragione finisce.»
Soren Kierkegaard;
Parlare
di religione non è mai una cosa semplice e scontata, tanto per la vastità dell’
argomento quanto per l’ atteggiamento con cui questo viene normalmente affrontato,
sia da parte dei suoi sostenitori che dei suoi oppositori, i quali da sempre si
sfidano in dibattiti arguti e appassionati eppure raramente oggettivi. Si
potrebbe affermare che è proprio questo il motivo per cui il più delle volte
viene fraintesa da entrambe le parti, e dunque malamente affrontata generando da
un tempo infinito una serie di «guerre sante» che, con un minimo di saggezza,
l’ umanità saprebbe benissimo evitare dedicandosi con maggiore impegno e
concentrazione alla soluzione degli effettivi problemi che da sempre complicano
la vita dei singoli individui.
Da
migliaia di anni, la religione è senza dubbio un elemento molto importante
nella vita della maggior parte delle persone, essendo stata concepita come
consolazione in occasione dei momenti difficili della vita, nel cui corso ogni
cosa che nasce contiene in sé la condizione del mutamento e della dissoluzione,
ma anche come direzione morale in quanto causa ed effetto sono tutt’ uno e la
positività generata da una condotta positiva si estende al mondo per poi ricadere
su chi l’ ha generata in un continuo scambio, e soluzione dei vari eventi
normalmente inspiegabili e dunque destinati a creare turbamento nell’ animo
delle persone: si dice infatti che tanto il punto di partenza quanto la meta
finale sfuggano alla comprensione umana, dunque sarebbe assurdo pretendere di
conoscerli in assenza di una religione priva di dogmi. L’ umanità teme da
sempre quello che non conosce e dunque non riesce a spiegare, pertanto sente la
particolare esigenza di imporsi una disciplina, e conseguentemente i dogmi non
esistono di per sé: tutte quante le religioni di cui abbiamo sentito parlare
sono una precisa creazione dell’ uomo, tesa ad intendere l’ infinito, e non a
caso riflettono con una certa chiarezza la mentalità della civiltà e del tempo
in cui sono maturate. Come disse il filosofo e poeta statunitense Ralph Waldo
Emerson: «Noi nasciamo credendo. Un uomo produce credi come un albero le mele.».
Durante
la Preistoria, i primi uomini intelligenti cominciarono a porsi una serie di
domande di grande interesse: «Noi chi siamo? Da dove veniamo? Dove andremo dopo
la morte?». Svolgendo le loro attività quotidiane, peraltro, si accorsero che
quello che facevano non dipendeva del tutto da loro: qualcosa di misterioso e
potente che non conoscevano sfuggiva sempre al loro controllo, e ad un certo
punto vollero dare un volto a questo mistero e stabilire un contatto positivo
con esso: la religione nacque esattamente in quel momento. Dapprima sorse un
insieme di forme di culto semplici, l’ animismo, che attribuiva qualità divine
o sovrannaturali a oggetti, luoghi o esseri viventi. Questi culti non consideravano
le divinità come esseri trascendenti, ma attribuivano poteri spirituali a
determinate realtà fisiche e si basavano su un certo grado di identificazione
tra principio spirituale e divino, l’ anima, e l’ aspetto materiale di esseri
ed entità quali demoni o altre forme. Nel corso dei secoli queste credenze si
svilupparono in forma deista, comprendendo la credenza in varie divinità, esseri
supremi, creatori e regolatori delle leggi dell’ universo, da propiziare per
mantenerne l’ ordine, l’ armonia e la regolarità.
Gli
antichi consideravano divino tutto ciò che, soprattutto nel contesto della natura,
non riuscivano a spiegare e che potevano provocare problemi nella loro vita
quotidiana: la pioggia, il vento, il cielo, il mare e così via. Per questo le
prime grandi civiltà della storia divennero politeiste, credenti cioè nell’ esistenza
di tante divinità quanti erano gli aspetti magici del mondo intorno a loro. Gli
dei erano molto potenti e gli antichi ne avevano paura, quindi per accattivarsi
le potenze soprannaturali si formò una liturgia scandita da preghiere, rituali,
offerte e sacrifici che non escludevano nemmeno quelli umani.
Ogni
fede ha la propria versione a proposito di quali e quanti volti abbia il mistero
da cui tutte traggono origine, e infatti nel mondo si contano attualmente più
di trentamila credenze, suddivise in un vasto e articolato panorama di religioni,
filosofie e persino culti tribali. Secondo il CESNUR, il Centro Studi sulle
Nuove religioni, nella sola Italia ne vengono praticate ben ottocentocinquantaquattro
diverse. Il Cristianesimo e l’ Islam sono tra le più diffuse. Eppure,
nonostante le differenze, tutte le religioni si somigliano tra loro nei
principi di base. E’ peraltro interessante notare quanto ognuno dei rispettivi
maestri fondatori sia accomunato agli altri da una vita leggendaria, basata su
particolari indispensabili quali una nascita miracolosa, l’ abbandono dell’
esistenza mondana, il raggiungimento di un elevato livello spirituale e infine
la trasmissione degli insegnamenti, turbata dallo scontro con le consuetudini
saldamente radicate nella terra di origine. Appare evidente quanto i racconti
tradizionali delle loro vite siano stati modellati secondo precisi propositi
religiosi e filosofici: vennero ammantate di leggenda e tramandate allo scopo
di sottolineare la grandezza delle loro persone, quindi la levatura del
sentiero spirituale da loro tracciato, ispirando i seguaci a seguirlo fino in
fondo.
Si
può pertanto affermare che nel momento in cui si decide volontariamente di
aderire ad un culto religioso non ha davvero alcun senso odiare chi ha invece
una fede diversa, e in particolare il XIV Dalai Lama del Tibet ritiene assai
preferibile che esista una varietà di religioni e filosofie anziché una
soltanto, in modo da rispondere alle differenti predisposizioni mentali di ogni
singolo individuo, in quanto ogni religione prevede proprie idee e tecniche, il
cui apprendimento non può che arricchire la fede di tutti. Al tempo stesso,
però, occorre sempre ricordare il pericolo della fede cieca in qualsivoglia
filosofia e religione, in quanto il messaggio supera il messaggero, e non
bisogna mai e poi mia pendere dalle labbra di nessuno, nemmeno nel caso di un
maestro di comprovata saggezza, o più semplicemente carismatico. Come dice lo
stesso Gesù nel Vangelo di Matteo: «Guardate che nessuno vi seduca. Poiché
molti verranno sotto il mio nome, e sedurranno molti. Ma tutto questo non sarà
che il principio di dolori.».
Quello
degli imbroglioni dalle menti oscure e delle false informazioni, pregevolmente
infiorettate, è un tema molto più antico di quanto si pensi, che non sfiora
soltanto i tempi in cui noi viviamo. Da sempre esistono individui mossi da una
motivazione malevola che influiscono sull’ opinione pubblica per ragioni di
potere, minacciando il benessere della collettività a proprio esclusivo
vantaggio. Le cosiddette bufale sono notizie lontane dalla realtà dei fatti che
si diffondono senza controllo, sfruttando la credulità e a volte lo stato di
crisi delle persone, modificandone il pensiero. Uomini e donne devono sempre
affidarsi alla propria coscienza per distinguere una notizia vera da una falsa,
avendo ben chiari i pericoli e i danni che le false credenze possono
prosaicamente provocare così da smontarne i meccanismi, spiegando perché siamo
indotti a crederci e capire come difenderci è sempre la scelta più utile ed
efficace.
Attualmente,
occorre riconoscere senza mezze misure che anche la religione figura tra le
principali e più tortuose fonti di false informazioni, influendo facilmente e
in modo spesso negativo sulla mente di un’ infinità di persone. Tanto per
cominciare è un errore ritenere che una qualunque religione sia una verità
rivelata: da tempo, infatti, gli storici e gli antropologi fanno notare che pur
essendo un evidente riflesso della mentalità e della cultura in cui si sviluppa
nessuna religione presenta nulla di nuovo rispetto alle precedenti, in quanto
svariati concetti dottrinari fondamentali, festività e aneddoti vengono presi
in prestito dalle tradizioni più antiche, venendo poi adattati. Ciò si spiega
con i vari contatti diplomatici, commerciali, culturali, sociali e migratori
tra gli antichi popoli della Terra, che per quanto mutevoli favorirono sempre e
comunque un certo scambio reciproco. Peraltro, alcune religioni come il
Buddhismo, il Giainismo e il Sikhismo in India, piuttosto che il Cristianesimo
nella Giudea romana, nacquero come scuole di pensiero minoritarie locali in
opposizione al rigido e oppressivo sistema religioso e sacerdotale allora in
vigore, e perdendo progressivamente terreno nella terra originaria si diffusero
in altri Paesi subendone la locale influenza culturale e quindi dottrinaria,
trasformando profondamente l’ insegnamento originario, di cui rimase molto
poco.
Ebraismo
e Cristianesimo, quindi l’ Islam, non sfuggono a questo particolare principio:
sono religioni antiche nate in precisi contesti storici, politici e culturali
unici e irripetibili, e l’ adesione ad una qualunque di queste fedi dovrebbe
essere compiuta a seguito di un’ attenta conoscenza delle rispettive dottrine e
della loro evoluzione nel corso della storia. L’ adesione in sé non va
criticata, se avviene in piena coscienza e consapevolezza.
Si
ritiene che l’ Ebraismo ebbe inizio con Mosè, il rav per antonomasia vissuto
tra il XIII e il XII secolo prima di Cristo, sebbene generalmente la si
attribuisca in forma retroattiva ad Abramo, patriarca di tutte e tre le
religioni semitiche, che da lui prendono il nome, vissuto intorno al 2000 prima
di Cristo. Occorre innanzitutto notare che non esiste alcuna testimonianza oltre
a quanto riferito nella Genesi sull’ esistenza di Abramo, quindi non è
possibile confermare la sua veridicità, anche perché, come è risaputo, il
contenuto di un testo religioso risulta sempre comprensibilmente di parte:
sembra che la trascrizione delle pagine che parlano di lui siano opera di un autore
sacerdotale vissuto ai tempi della deportazione degli ebrei nell’ Impero
babilonese, quindi come generalmente accade per i testi riguardanti i
patriarchi, non si tratterebbe di una biografia o un racconto storico nel senso
comune del termine, ma della trascrizione di una tradizione orale, con enfatizzazioni
e contraddizioni. Peraltro, buona parte degli studiosi afferma che il
Pentateuco, ossia i primi cinque libri della Bibbia attribuiti a Mosè, sia
stato composto nel periodo persiano, tra il 520 e il 320 prima di Cristo come
risultato delle tensioni tra i possidenti terrieri ebrei, che erano rimasti nel
Regno di Giuda durante la cattività babilonese e affermavano Abramo come loro
padre spirituale tramite il quale facevano risalire il proprio diritto alla
terra, e i reduci esuli sacerdotali, che basavano la propria rivendicazione
sulla preminenza di Mosè e la tradizione dell’ Esodo. Anche la figura di Mosè e
gli eventi narrati dall’ Esodo presentano forti problemi di storicità, ampiamente
dibattuti in ambito scientifico: a chi in passato difese la storicità del
personaggio si contrappongono quanti oggi vedono in Mosè una figura dai soli
contorni mitici e leggendari, e tra queste posizioni si collocano alcuni
studiosi come Israel Finkelstein, che pur negando la verità storica della
relativa narrazione biblica la considerano la mitizzazione di un confronto
attinente ai fatti relativi al VII secolo prima di Cristo, ossia lo scontro tra
il re Giosia e il faraone Necao II, ritenendo quindi che i suoi protagonisti
non siano che un risultato scaturito da una pia tradizione.
Secondo
molti esperti, l’ evoluzione dell’ Ebraismo deve moltissimo ai contatti con la
cultura persiana e babilonese, dunque allo Zoroastrismo, antichissima religione
monoteista, preceduta dall’ Atonismo egizio. Nel 597 di Cristo, infatti,
durante il regno di Nabucodonosor II, il Regno di Giuda venne attaccato e
invaso dai babilonesi, che deportarono gli ebrei nei confini del loro Impero
dando luogo a quello che oggi viene ricordato come Esilio babilonese. In seguito, nel 538 prima di Cristo, dopo la presa
di Babilonia da parte dei persiani, Ciro il Grande concesse agli ebrei il
permesso di ritornare nella loro terra di origine e di ricostruire il Tempio di
Gerusalemme, distrutto dai babilonesi. Durante la dominazione babilonese e la
deportazione ebraica nelle varie regioni dell’ Impero venne trascritta la
versione definitiva dell’ Antico Testamento, e poiché gli ebrei erano in
contatto diretto con una grande cultura molto diversa dalla loro dovettero reinterpretare
la propria identità e religione subendo l’ influenza dello Zoroastrismo, che
dominava quasi tutta l’ Asia centrale: alcuni studiosi evidenziano che i
concetti principali dell’ escatologia e della demonologia zoroastriana e
probabilmente anche il concetto di risurrezione, influenzarono la religione attribuita
a Mosè. Lo Zoroastrismo stesso, del resto, aveva ereditato idee da altri credi,
e come altre religioni integrava in certa misura il sincretismo.
Secondo
la tradizione, lo Zoroastrismo, o Mazdeismo, nacque con la parola di Zoroastro,
nella Persia di circa ottomila anni fa, sebbene determinate analisi storiche
situino la vita di Zarathustra fra il 1500 e il 1000 prima di Cristo. In esso
si adora Aura Mazda, il «Saggio Signore», creatore
del mondo e dell’ umanità, di cui sarà giudice alla fine dei tempi. Egli agisce
tramite Spenta Mainyu, ossia «Spirito Santo» in avestico, di cui è padre, i sei Ameša Spenta, «santi immortali», sorta di arcangeli, e gli Yavata, «venerabili»,
analoghi agli angeli minori, di cui Mitra è il più importante. Il nemico di
Aura Mazda è Angora Mainyu, spirito del male, della menzogna, delle tenebre e
dell’ impurità e origine delle malattie, che agisce circondato dai sei demoni
chiamati daēva, ribellatosi ad Aura Mazda tremila anni dopo la creazione del mondo.
Nello
Zoroastrismo i due Mainyu, Spenta e Angora, che si rivolgono rispettivamente al
bene e al male, così come gli Ameša spenta, gli Yavata e i daēva, sono spiriti
nati nel mondo creato da Mazda, e acquisiscono spesso carattere di principi
astratti, concetti etici, il cui confronto avviene a livello di coscienza
individuale. Il libro sacro dello Zoroastrismo è l’ Avestā, che include le
parole originarie di Zarathustra, raccolte nei cinque inni detti gāthā. Secondo
lo Zoroastrismo, il mondo, che venne sommerso da un diluvio da Aura Mazda per
essere liberato dal male, salvando gli animali in un palazzo su di un monte
altissimo, deve attraversare tre ere: la creazione, il mondo presente in cui il
Bene e il Male si mescolano e si fronteggiano, e l’ era finale, in cui essi
saranno separati e il Bene vincerà sul Male, grazie all’ intervento di un Saoshyant,
ossia «Salvatore», nato da una vergine della genia del profeta Zoroastro, che
risorgerà dalla morte per essere giudice nel Giudizio Finale, che coinciderà
con la resurrezione dei morti, chiamati a rispondere delle proprie azioni,
buone e cattive.
Appare
quindi evidente quanto l’ Ebraismo debba larga parte della propria dottrina a
quest’ altra tradizione religiosa, che largo seguito ebbe nei tempi antichi
nella regione mediorientale ove sopravvive ancora oggi praticata da una
ristretta minoranza di fedeli. Non fu una realtà rivelata da Dio, ma una delle
tante religioni antiche concepite da un determinato popolo per rispondere ai
propri enigmi esistenziali, confezionandola a propria misura e ricavando una
nozione fondamentale come quella di popolo eletto, e che nel corso dei secoli
si evolse profondamente adeguandosi ai tempi e differenziandosi in svariate
scuole di pensiero come quella dei farisei, dei sadducei, dei samaritani, degli
esseni e così via nel corso dei secoli. YHWH, «Io sono Colui che E’», non è che
una divinità concepita secondo precisi concetti ebraici.
Lo
stesso Cristianesimo non sfugge al principio di influenza di religioni
precedenti o ad esso contemporanee, principalmente per via di San Paolo, il
principale diffusore del Vangelo, «buona notizia» in greco, tra i greci e romani. Nato a Tarso,
capitale della Cilicia, in Asia minore, dove erano molto diffusi la cultura
greca e il Mitraismo, inizialmente si rivolse a discepoli ebrei, ma poi si recò
nell’ attuale Giordania, in Grecia e Asia minore, dove ebbe un grandissimo
seguito, scontrandosi dapprincipio con San Pietro e San Giacomo, contrari alla
diffusione presso i non ebrei, e in seguito con molti cristiani ebrei che
volevano imporre agli stranieri convertiti l’ osservanza di tutta la legge
religiosa mosaica, uscendo tuttavia vittorioso a seguito di una serie di
appassionati e intensi dibattiti teologici.
Per
meglio diffondere il Cristianesimo presso popoli diversi da quello ebraico,
agli occhi di San Paolo era fondamentale staccarlo dall’ originaria cultura
ebraica e avvicinarlo alle rispettive culture e mentalità, facendo di Gesù non
più il Messia mandato da Dio al solo popolo eletto ma a tutto il mondo, in
quanto popolato dai discendenti di Adamo ed Eva secondo il mito biblico. La
divinità di Gesù era dichiarata già nei primi testi cristiani, probabilmente su
ispirazione diretta di San Paolo e degli apostoli, tuttavia nei primi tre
secoli dopo la sua morte esistevano molte correnti che ritenevano il Nazareno
un semplice profeta mortale. Il ritratto di un Gesù divino, conforme all’
ortodossia, giunge dai quattro Vangeli, che ispirarono i concetti e lo stile
del Nuovo Testamento. Essi, però, furono composti a settant’ anni dal giorno della
Crocifissione, cosa che ha indotto gli storici a soppesarne con attenzione la
credibilità storica poiché, analogamente ad altri documenti umani, nella loro
esistenza conobbero una lunga fase di trascrizioni, interpretazioni e aggiunte.
Peraltro, gli esperti affermano con una certa sicurezza che gli autori non
fossero realmente Marco, Matteo, Luca e Giovanni, ma seguaci delle scuole di
pensiero sorte attorno ad essi e al loro insegnamento. Si racconta persino che
San Pietro, San Giovanni e Giacomo, uno dei quattro fratelli di Gesù, ebbero
un’ aspra disputa con San Paolo, giungendo ad una rottura da cui sarebbero
sorti numerosi Vangeli che però furono subito esclusi dalla teologia ufficiale.
Nel corso dei secoli numerosi di questi scritti andarono persi, finendo con l’
essere soltanto nominati in opere successive, ma alcuni vennero fortunatamente
riscoperti nel corso di ritrovamenti archeologici avvenuti tra il XIX secolo e
i giorni nostri. La Chiesa ne riconobbe solamente quattro, che vennero chiamati
Canonici, mentre quelli rigettati in quanto ritenuti portatori di tradizioni
misteriose o esoteriche furono detti Apocrifi, ossia «nascosti», «riservati a
pochi».
L’
influenza di San Paolo nella formulazione della teologia cristiana fu imparagonabile:
mentre i Vangeli narrano parole e opere di Gesù, le lettere paoline alle varie
comunità cristiane da lui fondate definiscono i fondamenti dottrinali del valore
salvifico della sua venuta nel mondo, nonché della sua morte e risurrezione,
concetti tuttora alla base del pensiero cristiano. Per questo alcuni studiosi
contemporanei lo identificano come il vero fondatore del Cristianesimo, colui
che prese in prestito elementi del Mitraismo e, seppur in misura minore, della
mitologia greca. In primo luogo, analizzando con attenzione i testi evangelici
e le lettere di San Paolo, è possibile riscontrare alcune fondamentali
differenze dottrinarie che evidenziano l’ evoluzione della teologia cristiana
da San Paolo in avanti: Gesù, fondatore del Cristianesimo, in nessun brano dice
mai di voler fondare una nuova religione e neppure di essere chiamato a morire
per sanare il peccato originale, ristabilendo l’ alleanza tra Dio e l’ umanità.
Non afferma mai di essere nato da una vergine che lo ha concepito per
intervento divino e nemmeno di essere unica e indistinta sostanza con Dio. Non
riconosce mai particolare risalto allo Spirito Santo e neppure al battesimo, di
cui nessun vangelo riporta una trasmissione a nessun fedele, quindi tace su
precetti, norme, cariche, vestimenti, ordini di successione, liturgie e
formule. Sempre secondo i testi riconosciuti dalla Chiesa non pensò mai di
creare uno sconfinato panorama di santi e non richiese che venissero scritte le
sue parole, né lo fece lui stesso. Sappiamo che Gesù ebbe quattro fratelli e
varie sorelle, e che quasi sicuramente era sposato con figli, poiché tra gli
ebrei del tempo il celibato era largamente disapprovato, analogamente a un
matrimonio senza o con pochi figli. L’ ipotesi della Linea di sangue di Gesù,
la sua figliolanza, fu già considerata addirittura nel XIII secolo. Ma nulla di
ciò sopravvisse, poiché oggi, ovunque si volga lo sguardo, si scorge un essere
mistico ascetico, distaccato, un figlio unico che riconobbe come fratelli,
sorelle e madre soltanto chi compisse la volontà di Dio. Appare evidente che il
Cristianesimo, così come Gesù l’ aveva insegnato originariamente, fosse
semplicemente una scuola di pensiero dell’ Ebraismo, inizialmente seguita da
una minoranza di ebrei, una via di fuga dal rigido insegnamento tradizionale,
rivolto soprattutto agli umili, ai semplici e agli emarginati.
Negli
anni vari studiosi hanno evidenziato certe somiglianze tra Cristianesimo e
Mitraismo. Il culto di Mitra ha origini molto antiche, risalenti al 1400 prima
di Cristo circa, ma occorre ricordare che esisteva una forma indopersiana, l’
originaria, e una romana, differenziatasi nel momento in cui il culto giunse a
Roma con il ritorno delle legioni dall’ Oriente nel I secolo prima di Cristo: come
dio delle armi e campione degli eroi, Mitra attrasse infatti i soldati romani,
che in seguito portarono il suo culto in Iberia, Britannia e Dacia.
Ambedue
le religioni utilizzano il battesimo come rito di purificazione e ammissione nella
comunità, sebbene il cerimoniale fosse distante a seconda della tradizione: il
battesimo mitraico romano si esprimeva nel rituale della tauroctonia,
consistente nel disporre il fedele in una cavità sotterranea, chiusa in alto da
una grata, sulla quale era condotto e sgozzato un toro, coprendo il fedele dal
sangue ancora caldo dell’ animale, mentre nell’ antico rito cristiano avveniva
per immersione in una vasca di acqua, senza alcun sacrificio animale e senza
sangue come diretta derivazione dalle usanze essene di cui al monastero di
Qumran si sono ritrovate ampie tracce. Sebbene il battesimo cristiano preveda
solamente l’ acqua, nel corso del tempo essa si è imposta come simbolo
rappresentare del sangue di Cristo che purifica il fedele. San Giovanni
Battista, colui al quale viene attribuita l’ introduzione del battesimo, disse
infatti che dopo di lui sarebbe venuto qualcuno che avrebbe battezzato con il
fuoco.
La
nascita di Mitra e Gesù sono entrambe avvolte nella leggenda: l’ iconografia
romana rappresenta Mitra che nasce già fanciullo da una roccia, la petra
genetrix, ritenuta un simbolo della materia cosmica primordiale, e affiancato da
Cautes e Cautopates, i suoi vicari mitologici in abiti da pastore tipici della
Frigia. Gesù, invece, come riferito nel Vangelo di Luca, è un neonato e
visitato dai pastori poco dopo la sua nascita. Secondo una leggenda iranica,
Mitra sarebbe nato da una dea vergine, e in alcune culture il calendario
cominciava originariamente nella costellazione della Vergine, pertanto il Sole
sarebbe nato da una vergine. Peraltro, Mitra viene indicato come yazata, una divinità minore o un angelo,
nato per combattere il male, per il dominio definitivo sul mondo, creato
originariamente da Aura Mazda, di cui era il rappresentante nel mondo mortale con l’
incarico di proteggere i giusti dalle forze demoniache di Angora Mainyu. Era
quindi una entità di verità e giustizia, un nemico degli spiriti del male e
delle tenebre che proteggeva le anime e le accompagnava in paradiso, concetto e
parola di origine persiana, tanto che nell’ Avestā si pone in luce come «Giudice delle Anime». Tutti questi concetti, in
seguito, vennero notoriamente ripresi per definire il personaggio di Gesù.
Tanto
il Mitraismo quanto il Cristianesimo considerano la domenica, il «giorno del
sole», come giorno santo della settimana, per quanto in ambito cristiano la
ricorrenza tragga origine dal fatto che Gesù sarebbe risorto «il primo giorno dopo il sabato»,
in riferimento al giorno di Pasqua. Originariamente, i giorni della settimana
erano chiamati in base ai sette corpi celesti conosciuti, i primi cinque
mostrano chiaramente l’ origine dell’ attuale denominazione dei giorni della
settimana in italiano e nelle altre lingue: è interessante che molte lingue
nordeuropee, come l’ inglese, domenica sia tuttora sunday, il «giorno del sole».
L’
epoca e l’ intervento di Costantino rappresentarono una tappa fondamentale
nella storia e nell’ evoluzione del Cristianesimo, quindi della Chiesa, poiché
questo imperatore ne fece un strumento di potere di efficacia imparagonabile.
Tale operazione fu successivamente completata da Teodosio, al termine del IV
secolo, quando l’ insegnamento di Cristo divenne definitivamente la religione
di Stato. Nei primi tre secoli dopo la venuta di Gesù, il Cristianesimo si
diffuse ampiamente in tutto l’ Impero romano, pur divenendo un fenomeno vasto e
frammentato che a dispetto di ciò si richiamava all’ autorità del papa, guida
della comunità di Roma. A partire dal 324, quando era uscito vittorioso da una
violenta guerra civile, l’ imperatore Costantino restaurò il sistema classico
della guida politica unica, venuto a mancare con il modello della Tetrarchia
imposto da Diocleziano, in cui il potere imperiale era stato suddiviso tra due
Augusti e due Cesari, sparsi tra Occidente e Oriente. Ma l’ unità politica,
purtroppo, ancora non bastava a garantire pace e stabilità. Per tradizione, l’
imperatore di Roma era anche pontefice massimo, massima autorità di tutte le
religioni ammesse sul suolo imperiale, e in quel tempo il Cristianesimo
rappresentava una corrente potente, perfettamente inserita sia nelle sfere più
alte dell’ aristocrazia e della politica che tra la gente comune, sebbene mancasse
di unità dottrinaria: ogni città aveva una comunità cristiana con un suo
vescovo, e ciascuna aveva una propria filosofia, con un relativo insieme di scritture
e dogmi. Dopo l’ editto di Milano del 313, Costantino convocò nel 325 il
Concilio di Nicea, allo scopo di fare del Cristianesimo una religione con un’
ortodossia chiara e solida: insieme ai vescovi discusse e votò in tema di scritture,
sacramenti, festività, e, soprattutto, valutò con grande cura la divinità di
Gesù, sostenendo con autorità il principio della consustanzialità del Padre e
del Figlio, e dando fermo impulso a quella legata all’ incarnazione, morte e
resurrezione di Cristo, oltre che a quella della nascita virginale di Gesù, già
affermata nel Vangelo di Matteo. Da quel preciso momento Gesù passò
definitivamente alla storia come entità divina, e chiunque ancora lo
considerasse solo umano sarebbe stato accusato di eresia. L’ imperatore divenne
il rappresentante di Dio sulla Terra, dando al potere temporale di cui era
investito un carattere di sacralità e inviolabilità in quanto concesso
direttamente da Dio: con un Gesù generato direttamente dal Signore, in grado di
compiere miracoli, Costantino fu il primo dei sovrani europei la cui autorità
derivava da un diritto divino, concetto che perdurò lungo tutto il Medioevo,
gettando le basi dell’ Assolutismo. Il «Credo», tuttora recitato a messa la
domenica, si basa sui geniali concetti avvalorati da Costantino: «Generato e
non creato della stessa sostanza del Padre.».
Alla
luce di questa analisi è evidente che analogamente a qualunque altra religione
apparsa nella storia dell’ umanità, il Cristianesimo è un prodotto umano, e non
una realtà rivelata da una divinità effettivamente esistente. E’ un insieme di
credenze, riti e preghiere sorti per dare risposte e soluzioni tramite un contesto
mitologico e leggendario, che con l’ andare del tempo si è evoluto assumendo
più forme e suddividendosi in numerose scuole di pensiero, ognuna delle quali
molto diversa da quanto Gesù insegnò in terra israelitica quasi ventuno secoli
fa. Scienza e archeologia ne hanno gradualmente smontato i vari dogmi
fondamentali, dall’ origine divina del mondo in appena sei giorni al flagello
del Diluvio universale, per non parlare di altri concetti quali la natura
piatta della Terra o la sua posizione centrale rispetto al sole, oltre che la
presenza di un popolo eletto piuttosto che i poteri miracolosi e segreti o di
autorità morali trasmessi dal Messia ai discepoli, dunque alle future
generazioni sacerdotali. Non è neppure un caso che la Chiesa abbia sempre avuto
rapporti piuttosto ostili con gli scienziati, perpetrando una vasta e intensa
opera di persecuzione nei loro riguardi lunga un millennio, sostenendo che la
scienza fosse una maledizione e un’ eresia in quanto la fede non ha mai avuto
alcun bisogno di conferme da parte di individui sciocchi e vanesi sotto le
spoglie di persone illuminate dalla sapienza.
Esiste
un’ evidente ed insanabile competizione tra religione e ragione: entrambe le
discipline promettono all’ umanità la soluzione dei suoi problemi quotidiani
come la salute, i trasporti, i rapporti con il potere, la sconfitta dei nemici
e via dicendo. La scelta tra queste vie riguarda il modo in cui si vogliono
affrontare i problemi, in quanto la prima sostiene che si debba chinare il
capo, pregare e sperare che qualcuno ascolti, mentre l’ altra dice che ci si
deve rimboccare le maniche e darsi da fare. Ma l’ esempio degli studiosi ha
sempre evidenziato la necessità di dimostrare empiricamente ogni cosa, che si
può arrivare alla consapevolezza tramite l’ esperienza diretta di tutte le
cose, con l’ osservazione e l’ intuizione, e non con un atto di fede. Ad
esempio, credere nell’ esistenza della balena e in quella di Dio non è affatto
lo stesso: chi crede nella balena lo fa perché la sua esistenza fisica è stata
materialmente accertata e documentata, e può essere riscontrata da chiunque lo desideri,
viaggiando per mare o visitando acquari o musei di storia naturale.
Diversamente, chi crede in Dio non lo fa perché la sua esistenza sia stata riscontrata
da qualcuno: essa è stata e viene tuttora supposta per fornire la
giustificazione dell’ esistenza dell’ universo. Vi è semplicemente la parola
dei mistici, priva di una qualunque prova inconfutabile, dunque destinata a far
presa su quelle menti disposte già in partenza a credere. Non è la religione
che ha creato l’ idea del puro e dell’ impuro, del sacro e del profano, del
lecito e del proibito, ma la pratica sociale da cui si è riflesso il mondo dei
riti e dei miti.
Il
fatto stesso che il fondamento della religione sia la fede in un Dio la cui
esistenza non è mai stata dimostrata in quanto non supportata dal minimo
indizio logico evidenzia che la religione porta con sé tre pericoli
fondamentali: la fede, il settarismo e la teodipendenza. La fede impone di
credere a principi indubitabili, comunemente chiamati dogmi, che non possono e
non devono mai essere messi in discussione, neanche quando urtano con la nostra
coscienza. Il settarismo, conseguente al principio della fede, porta il
credente a sentirsi orgoglioso di vivere e praticare la sola realtà ammissibile
di questo mondo, e a ritenere gli altri una massa di infedeli: la sua religione
gli pare la sola vera, tutte le altre sono false. La teodipendenza, invece,
porta il devoto ad affidarsi totalmente alla sua entità spirituale di
riferimento, invocandola per ricevere aiuto e protezione, domandandosi che cosa
essa possa fare per lui anziché credere in sé stesso e nelle proprie capacità
interiori.
Inizialmente
la religione rispondeva alle curiosità della gente sprovviste di mezzi con cui
rispondere, aveva un nobile intento che tuttavia venne meno nel corso dei
secoli lasciando spazio a persone avide di potere che misero in piedi severi
sistemi di potere, tanto che oggi addentrarsi nel mondo della religione significa
spingersi in un mondo in cui manca il fondamentale diritto al libero arbitrio
che la natura ha fornito all’ umanità. Già nei tempi antichi l’ ordine
sacerdotale forniva al sovrano un apparato prezioso per il governo dello Stato:
sotto il velo del mito e sempre più staccata dalla realtà, la religione assunse
una particolare valenza nel contesto della preservazione dell’ ordine
costituito, giustificando l’ esigenza di precisi rapporti di sudditanza tra gli
uomini, assicurando un sistema basato sul controllo di pochi.
Peraltro,
occorre ricordare che ancora oggi in Italia, benché siano ormai trascorsi
quarant’ anni dalle prime conquiste della società civile come divorzio e autodeterminazione
della donna in materia di aborto, e nonostante gli articoli 7 e 8 della carta
costituzionale, quello della laicità rappresenta un interrogativo dalle
risposte tutt’ altro che scontate. Uno Stato può essere definito laico quando
non adotta alcuna morale religiosa, contrapponendosi ad uno Stato clericale in
cui i precetti della fede sono seguiti dallo stesso Stato e diventano
vincolanti per tutti i cittadini. Quello della laicità, pur non essendo citato
espressamente, è uno dei principi fondanti della nostra Costituzione, ma non è
debitamente osservato in termini pratici: ne sono un esempio il Crocifisso
cristiano esposto nei luoghi pubblici, soggetti all’ autorità e alle funzioni
dello Stato, le indicazioni di voto fornite dalla Chiesa cattolica ai
parlamentari, piuttosto che l’ introduzione da parte del governo di Roma nel progetto
di legge sul testamento biologico le definizioni volute dalla gerarchia vaticana,
secondo la quale la vita non è un bene disponibile.
I
rapporti con la Chiesa cattolica sono regolati da un Concordato del 1929,
modificato nel 1984 e menzionato all’ interno della Costituzione. Le altre
confessioni religiose possono richiedere un’ Intesa con lo Stato: finora l’
hanno ottenuta undici di esse, eccezion fatta per i musulmani e i testimoni di
Geova, due minoranze assai diffuse. La Chiesa cattolica dispone di cappellani
nelle strutture obbliganti e di insegnanti di religione nelle scuole pubbliche,
scelti dai vescovi ma pagati dai contribuenti, mentre una sentenza della Corte
Europea di Strasburgo ha sancito la legittimità della presenza del Crocifisso
nelle scuole, e ancora più controversa è la sua presenza nei seggi elettorali.
L’ aborto è ammesso dalla legge, ma è spesso difficile accedervi a causa delle
dimensioni del fenomeno dell’ obiezione di coscienza. L’ eutanasia è vietata,
il testamento biologico è riconosciuto dalla giurisprudenza, l’ accesso
fecondazione artificiale è pesantemente limitato dalla legge. Per le coppie di
fatto, anche omosessuali, esiste un riconoscimento di legge a partire dal 2016.
Il divorzio è consentito, ma i tempi per ottenerlo sono tuttavia lunghi quando
vi sono beni e figli in comune. Il vilipendio è considerato un reato.
L’
Italia non è mai stata un Paese laico, in quanto i Patti Lateranensi hanno introdotto
principi di gerarchia teocratica nell’ ordinamento politico che oggi consente ad
una particolare religione di avere privilegi che altre non hanno, come le ore
di insegnamento nelle scuole, che sono un indottrinamento non solo per chiunque
professi una religione, ma anche per chi è ateo. In tutta evidenza non è corretto
che la Chiesa pretenda di intervenire nella vita pubblica. Nel Belpaese è
tuttora radicata un’ intensa cultura di accettazione silenziosa della autorità sacerdotale,
che interferisce in continuazione, a differenza di quanto accade in altri Paesi
cattolici come Francia e Spagna, come dimostrato dalla questione dell’ otto per
mille. Ma non è una questione legata soltanto alla religione: il fatto è che i
protagonisti della politica devono essere i singoli cittadini, non le comunità
religiose. Finché la politica sarà retta da una maggioranza di persone educate
secondo i principi cattolici su cui il papato potrà fare leva come guida
spirituale, non si potrà mai avere un’ Italia laica, e considerando la forte
tendenza populista impostasi recentemente in Italia nessuno farà mai nulla per
la laicità, perché si sfocerebbe nella perdita del consenso elettorale. E tutto
presso l’ altare di un Dio creato dall’ uomo a propria immagine.
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