Al Capone, il signore della malavita; |
«Faccio i soldi
soddisfacendo la richiesta del pubblico. Se io violo una legge, i miei clienti,
che sono centinaia tra la migliore gente di Chicago, sono colpevoli anch’ essi:
l’ unica differenza tra noi è che io vendo e loro comprano. Tutti dicono che
sono un uomo della malavita, io invece mi definisco un uomo d’ affari. Quando
vendo liquore è contrabbando, ma quando chi sta sopra di me lo serve su un
vassoio d’ argento in Lakeshore Drive è ospitalità…» Al Capone;
Attualmente, la criminalità rappresenta
uno dei fenomeni sociali più delicati e discussi in assoluto, e dalle implicazioni
tutt’ altro che scontate. Affrontarne il tema non è mai una cosa semplice,
soprattutto senza lasciarsi andare alla supponenza legata al semplicistico
concetto di giusto o sbagliato. Nata come banditismo, risulta presente fin
dalla nostra storia più antica, interessando quasi tutte le forme sociali umane,
portando i governi a mettere in pratica metodi sempre nuovi in ambito punitivo
e repressivo, e talvolta persino preventivo.
Sulla
malavita si possono fare le considerazioni più diverse tra loro, ma se un
calcolo va fatto appare evidente che il suo vasto e sfaccettato evento nasce
dai limiti e dai fallimenti della società civile in cui noi tutti viviamo. Fin
dall’ inizio della sua storia, infatti, l’ umanità ha sentito il bisogno di
unirsi in gruppi, dal nucleo famigliare al clan, da questo alla tribù fino alla
città-Stato e, in seguito, alla nazione più estesa, accettando una serie di precetti,
le leggi, atti a determinare il comportamento dei singoli individui in modo
tale da garantire una vita ordinata e il più possibile libera da problemi.
Nonostante l’ evoluzione dei sistemi sociali in forme sempre più complesse e
articolate, molti problemi della collettività non hanno trovato un’ adeguata
soluzione, e spesso la struttura di base è sfociata in strutture problematiche,
rette da amministratori inadeguati oppure avidi e litigiosi, lontani dalle
esigenze collettive, e regolate da un groviglio di leggi intricate e non funzionali,
nelle quali presto o tardi gli interessi politici ed economici hanno acquisito la
precedenza su tutto aprendo le porte ad una corruzione dilagante, conducendo
alla paralisi e ai ricatti di gruppi di pressione che hanno reso le stanze del
potere luoghi in cui si dibatte all’ infinito senza mai giungere a nulla di
utile e concreto, e mutato le corti giudiziarie in organismi soggetti ad
interessi di parte e bisognosi di un tempo infinito per emettere una sentenza.
Insomma, nei secoli la politica è divenuta una condizione che esiste solo per sé
stessa, tralasciando l’ originario scopo legato alla gestione della comunità e
dei suoi importanti bisogni, molto ben descritta dall’ aristocratico palermitano
Giuseppe Tomasi di Lampedusa in «Il Gattopardo», pregevole romanzo in cui espose
il noto principio paradossale ma tristemente vero: «Se vogliamo che tutto
rimanga com’ è, bisogna che tutto cambi.».
In
presenza di un governo lontano o addirittura assente, oppure che con il suo
funzionamento fondamentale opprime quella società che è chiamato a guidare,
soprattutto le classi più povere che conseguentemente imparano ad adattarsi e a
cavarsela da sole, non è infrequente assistere ad un’ ondata di diffidenza e ostilità
nei riguardi dell’ ordine costituito e a tutti i principi che questo rappresenta:
la criminalità è ovviamente destinata a farsi strada ovunque come la nebbia, e
per quanti danni evidenti sia in grado di compiere viene spesso vista con occhi
meno severi dalla gente, secondo cui i malviventi hanno semplicemente il
coraggio di fare a volto scoperto ciò che i dignitari politici e talvolta anche
quelli religiosi fanno di nascosto. Tra le tante organizzazioni criminali
apparse nella storia, Cosa Nostra, la ’ndrangheta e la Camorra italiane sono
quelle che hanno saputo cavalcare molto meglio le manchevolezze della pubblica
amministrazione e il malcontento popolare infiltrandosi come piovre nei rispettivi
territori, costruendosi una solida rete di interessi commerciali sia illegali
che legittimi, trasformandosi in organizzazioni particolarmente potenti e
difficili da contrastare, che regnano con ricatti, mazzette, uccisioni e una ricca
imprenditoria che assicura loro contatti importanti con le autorità della
società civile, che corrompono con denaro oppure offrendo qualcosa di utile e
necessario ai loro bisogni. Peggio ancora, i clan mafiosi hanno saputo destreggiarsi
con grande abilità tra la povertà, le mancanze e i limiti della società assumendo
le sembianze di protettori e riparatori di torti.
Non
vi è quindi nulla di sorprendente al pensiero che un criminale di professione,
che trae profitto proprio dalla trasgressione delle leggi di quello Stato
lontano e non amico, spesso riesca a passare per una sorta di Robin Hood, una simpatica
canaglia che ebbe il coraggio di opporsi ad un sistema corrotto ed oppressivo
dividendo quello che aveva con i più deboli e gli indifesi: in un’ ottica del
genere l’ inquietante figura di Al Capone, il celebre mafioso italoamericano
che negli Anni Venti regnò sulla turbolenta Chicago, riesce ad essere spiegata
con una certa semplicità.
Non
amava i sigari ma si faceva quasi sempre fotografare con uno enorme di produzione
cubana in bocca, viaggiava su una limousine piombata che pesava oltre sette
tonnellate, presso la sua scrivania si accomodava su di una sedia il cui
schienale era rinforzato da alcune lamine di acciaio, guadagnò centinaia di
milioni di dollari ma dalle dichiarazioni al fisco figurava come un povero
nullatenente, e la sua strada era ricoperta di cadaveri per i quali non fu mai
condannato: nella storia non è apparso un altro criminale che abbia potuto
eguagliarne il potere, la fama e il fascino leggendario. In pochi anni divenne la
personificazione stessa della malavita e ottenne un grandissimo impatto sulla
cultura popolare, definendo con precisione quei canoni di vita delinquenziale poi
ripresi addirittura in svariati romanzi e film. Se non fosse stato per Capone,
forse molti cattivi del cinema non fumerebbero il sigaro e non vivrebbero
sprofondati in un lusso quasi ridicolo circondati da guardie del corpo dall’
aspetto colorito. Ancora oggi in molti ristoranti di Chicago si trova esposta
una sua fotografia con sigaro, cappello e sogghigno, e l’ organizzazione che
impose alla sua cosca rendendola in grado di gestire su vasta scala varie operazioni
di contrabbando, sfruttamento della prostituzione e gioco d’ azzardo viene reputata
tra le più astute e meglio condotte, tanto da essere studiata persino all’ Università
di Harvard. Fu responsabile di circa duecento omicidi, a danno non solo di nemici
e rivali in affari, ma anche di testimoni scomodi, e ognuna di queste eliminazioni
fu condotta talmente bene da non lasciare alcun indizio a suo carico.
Sarebbe
un errore pensare che un semplice bullo e buttafuori della periferia newyorkese
divenne appena trentenne l’ immortale emblema della delinquenza all’ interno di
una società ideale e correttamente funzionante come potrebbe sostenere una
certa propaganda equivoca: il suo indubbio talento criminale emerse
progressivamente in una particolare nazione, gli Stati Uniti, che la storia
ricorda come la culla del capitalismo moderno e spesso alle prese con
incresciosi episodi di corruzione e leggi piegate in nome di obiettivi spesso poco
limpidi, nella convinzione tipicamente mercantile secondo cui il fine giustifica
i mezzi.
Alphonse
Gabriel Capone nacque a New York il 17 gennaio 1899, quarto di nove figli di
Gabriele Caponi e Teresa Raiola, un barbiere ed una sarta originari di Angri,
in provincia di Salerno, migrati nel Nuovo Mondo nel febbraio 1893. A causa di
un errore di pronuncia, il loro cognome era stato modificato in Capone dall’ anagrafe statunitense, e a qualche
tempo dal loro sbarco si erano bene integrati nel difficile ambiente di Little
Italy, il famoso quartiere italiano, peraltro acquistando un piccolo locale in
Park Avenue, che Gabriele aveva adibito a salone da barbiere.
Contrariamente
al desiderio del padre, il giovane Alphonse, chiamato semplicemente Al, non
dimostrò mai interesse per il mestiere del barbiere, preferendo gli ambienti
più liberi e malsani del porto. Crescendo, dimostrò di possedere un’ intelligenza
media, arrivando ad un quoziente pari a 95, e denotò una notevole propensione
al comando e all’ organizzazione. A quattordici anni venne bocciato in
grammatica e matematica, a causa delle troppe assenze, e aggredì una sua
insegnante che aveva osato rimproverarlo: venne frustato dal preside ed espulso.
Crebbe in un ambiente povero e degradato, in cui fece numerosi lavoretti come
il commesso in un negozio di dolciumi, l’ inserviente in un bowling e il
tagliatore di carta e stoffa in una legatoria. Alcuni di questi mestieri durarono
solo qualche giorno, e spesso il giovane poté liberamente bighellonare con
altri teppistelli come lui, entrando in contatto con piccole bande minorile
insieme ai fratelli Vincenzo, Ralph e Frank. Al porto, esattamente alla
banchina 326, Al trovò il primo impiego presso la Fratellanza, una delle
coperture della criminalità organizzata italiana, che fungeva da gruppo
portuale che raccoglieva i lavoratori di provenienza campana da destinare al
caporalato durante una serie di passaggi, e fin dal suo primo giorno di lavoro esibì
la propria aggressività contro un esponente dell’ Unione Siciliana,
associazione dedita agli emigranti siculi negli Stati Uniti, a sua volta facciata
legittima della delinquenza costituita dagli originari di quella regione, a cui
colpì duramente la mascella.
Dopo
un periodo trascorso tra i South Brooklyn Rippers, i Forty Thieves Juniors e i Five
Point Juniors, si unì alla banda dei Five Points Gang, operante al quartiere
dei Five Points, luogo assai povero e degradato che sull’ isola di Manhattan, e
guidata dall’ emigrante napoletano Giovanni Torrio, detto Johnny, in cui
conobbe il calabrese Francesco Ioele, meglio noto come Frankie Yale, e Salvatore
Lucania, alias Lucky Luciano. Circa ventenne, Capone incominciò a lavorare per Yale
in un locale di Coney Island, arrotondando la paga proteggendo alcune prostituta
e rivendendo merce rubata: una sera, mentre era di servizio come buttafuori, litigò
con un certo Frank Galluccio per il possesso di una prostituta, e durante la
discussione fece pesanti commenti sulla sorella di lui che, armato di coltello,
lo sfregiò sulla parte sinistra della faccia. Da quel giorno giustificò la cicatrice
come residuo di una ferita di guerra e tentò sempre di nasconderla ogni volta
che veniva fotografato, venendo soprannominato Scarface, ossia «sfregiato» in inglese.
Johnny
Torrio, uomo di piccola statura e aria mite, era un individuo particolarmente
intelligente, tanto che Elmer Irey, ufficiale del Dipartimento del Tesoro degli
Stati Uniti, lo definì il più astuto e il migliore in talento di tutti i delinquenti.
A Chicago aveva uno zio acquisito, Giacomo Colosimo, uomo collerico, scattante
e impulsivo, di provenienza cosentina e marito di sua zia Victoria Moresco, che
iniziando a lavorare di notte come spazzino aveva fatto amicizia con un gruppo
di prostitute di cui poi era divenuto protettore e sfruttatore offrendo loro
una comoda sistemazione in una grande casa, divenuta presto uno dei bordelli
più frequentati della città, che nonostante la forte campagna antiprostituzione
in atto a livello sia locale che nazionale lo aveva arricchito tanto da consentirgli
di aprire una serie di ristoranti con cui ripuliva i ricavi e in cui nascose
anche alcune bische. Il suo giro d’ affari era divenuto talmente solido che determinati
rivali in affari pretesero una percentuale in cambio dell’ incolumità delle sue
lucciole, e lui rispose uccidendo i tre esattori. Resosi conto però che da solo
non poteva più farcela, chiamò a sé Torrio.
Johnny Torrio, mentore di Al Capone; |
Improvvisamente,
il 30 giugno del 1919 venne introdotto il Volstead Act, la legge che proibiva
la produzione, il possesso, il commercio e l’ uso di alcolici, fortemente
voluta dal senatore Andrew Volstead per avviare una sorta di crociata
moralizzatrice, che invece suscitò fin da subito un animato dibattito politico
e sociale. Persino il Presidente, Thomas Woodrow Wilson, espresse un parere
fortemente scettico circa la sua efficacia, ma dovette piegarsi al voto del
Congresso. Il Proibizionismo avviato dal nuovo provvedimento si rivelò un completo
disastro: milioni di statunitensi di ogni classe sociale, dalla più alta alla più
bassa, tanto in centro quanto in periferia, vollero continuare a bere, accettando
di pagare gli esorbitanti prezzi imposti dal mercato nero, superiori fino a dieci
volte l’ importo d’ acquisto nei Paesi dove era ancora legale. Commercianti e
delinquenti sparsi in ogni angolo della nazione studiarono fin da subito piani
accurati per arricchirsi contrabbando alcolici, mettendo in piedi vaste e
intricate reti di acquisto, produzione e vendita di whisky, birra e affini che
non tardarono a fruttare denaro a palate. Sorsero anche numerosi laboratori
clandestini, anche domestici, dediti soprattutto alla produzione di birra, i
cui prodotti procurarono in numerosi consumatori gravi danni alla salute per
via del materiale scadente e nocivo da cui erano stati ricavati.
Torrio
provò a convincere Colosimo a entrare nel giro del contrabbando, ma senza
successo, quindi decise di assassinarlo con l’ approvazione dei fratelli Genna,
una potente famiglia mafiosa proveniente da Marsala e temuta per il
temperamento piuttosto violento, operante nel West Side chicagoans. Torrio fece
venire Frankie Yale da Brooklyn per occuparsi dell’ ormai scomodo zio, che l’ 11
maggio 1920 fu colpito a morte nell’ atrio principale del suo locale, il Colosimo
Cafè, ritenuto il più elegante di tutta Chicago. Il suo assassinio rimase
insoluto, e consentì finalmente a Torrio di impadronirsi del suo impero
criminale, controllando numerosi bordelli e bische e, soprattutto, divenendo uno
dei pionieri del nascente contrabbando di liquori, per il quale convertì
rapidamente la maggior parte delle forze disponibili. Corruppe a dovere le forze
dell’ ordine e le autorità cittadine, assunse validi avvocati e predispose una
rete di camion carichi di whisky che giravano per Chicago indisturbati, essendo
camuffati da rifornimenti di latte, e diede vita ad un vero e proprio esercito
di delinquenti chiamati a dirigere e difendere il traffico, che volle affidare
al comando del Capone, che, rimasto a New York, si era fatto una certa
reputazione. Sposatosi nel 1918 con una donna irlandese di nome Mae Coughlin,
nonostante i rapporti tradizionalmente tesi tra italoamericani e
irlandoamericani, da cui pochi mesi dopo aveva avuto un figlio, Albert Francis,
Scarface era già stato arrestato per reati contravvenzionali e aveva accumulato
varie accuse di violenza sessuale e l’ omicidio di due uomini, di cui però non
fu mai accusato in ottemperanza da parte dei testimoni ai valori dell’ omertà e
alle sue personali protezioni. Dopo essere stato ferito da un esponente
importante di un gruppo rivale, ottenne da Frankie Yale il permesso di trasferirsi
da Torrio in modo tale da permettere alle acque di calmarsi.
Una
volta raggiunta la Città del Vento, il giovane Capone
divenne titolare di un negozio di mobili usati in Wabash Avenue, ovviamente un’
attività di copertura per le sue mansioni di braccio destro di Torrio, che
consistevano nella difesa di circa settemila punti di vendita di alcolici e di
un giro di scommesse clandestine di cui lo stesso Torrio auspicava l’ aumento sottraendone
altri tra i circa tremila in mano alla concorrenza. Scarface assunse la guida
di alcuni bordelli, e in breve fu messo a capo del Four Deuces, il locale che
faceva da quartier generale per le operazioni di Torrio: si diceva che nei suoi
scantinati lui e i suoi uomini torturassero i membri delle altre organizzazioni
criminali, mentre al piano di sopra politici e criminali venivano intrattenuti
insieme con musica e prostitute.
La casa di Capone a Chicago, 7244 di Prairie Avenue; |
Sotto
la guida di Torrio e Capone, la vecchia organizzazione di Colosimo assunse il
nome di Chicago Outfit, e venne impostata come una specie di sindacato che reclutava
delinquenti italoamericani, italiani ed ebrei. I due reggenti corruppero molte
persone tra politici, poliziotti e giornalisti, garantendosi una solida
protezione mentre allargavano la propria rete di contrabbando, che si occupava
di alcol, sigari e cibo, arrivando fino al Canada.
Chicago
pareva destinata a diventare il campo di battaglia tra le cosche italoamericane
e quelle irlandesi, in perenne lotta tra loro per il controllo definitivo del
territorio e le attività illegali, tanto che le forze dell’ ordine, che contavano
numerosi agenti assassinati, presto preferirono far finta di non vedere, accettando
una conveniente bustarella da parte di una o più parti e frequentare in pace i
banchi di alcolici, praticamente frequentati da tutti. La città era sotto il
tacco di ben tre organizzazioni pronte in qualunque momento a battersi all’
ultimo sangue tra sparatorie e bombe a mano: la Chicago Outfit, la North Side
Gang di Charles Dion O’ Banion, un irlandoamericano che possedeva un negozio di
fiori e girava armato di tre pistole, e quella di Myles O’ Donnell, altro
irlandoamericano tra le voci più potenti nel panorama del contrabbando di
alcolici. Torrio, tuttavia, godeva di un certo vantaggio: i suoi rivali avevano
il grilletto facile, cosa che ovviamente ai poliziotti non piaceva, e lui era tendenzialmente
riflessivo e non portato agli eccessi di violenza in quanto li riteneva inadatti
agli affari.
L’
obiettivo fondamentale di Torrio e Capone fu l’ espansione a Cicero, una
cittadina alle porte di Chicago il cui valore strategico era in forte crescita,
eppure già sotto il controllo degli O’ Donnell. Capone, in una delle sue rare
aperture diplomatiche, propose un’ alleanza ad O’ Banion per eliminare altre
parti fastidiose. Pur non fidandosi degli italoamericani, essendo peraltro
bersaglio dei Genna, che volevano ucciderlo perché si impossessava dei loro
camion carichi di alcolici, O’ Banion accettò ed ebbe inizio la penetrazione a
Cicero, alla quale in un primo momento O’ Donnell non reagì. I Genna
domandarono a Mike Merlo, nuovo presidente dell’ Unione Siciliana, il permesso
di uccidere O’ Banion, ma questi rifiutò non volendo provocare una guerra. Le
cose però peggiorarono drammaticamente in vista delle elezioni del 4 novembre
1924 quando i cittadini di Chicago e di tutto l’ Illinois furono chiamati a scegliere
i propri rappresentanti. Tutte le cosche sostennero attivamente quei candidati
che avrebbero meglio protetto i propri interessi, e in città si scatenò prontamente
il finimondo, un inferno di inarrestabile violenza in cui ogni giorno qualcuno cadeva
ucciso: si contarono decine di morti, tra i quali spiccava Frank, fratello di Scarface,
abbattuto durante uno scontro a fuoco con la polizia. In quei momenti turbolenti
l’ alleanza tra Torrio e O’ Banion, già piuttosto fragile, venne meno, e i Genna
riuscirono a conquistarsi una posizione di potere, imponendo un giro d’ affari
di tutto riguardo grazie anche al continuo arrivo di parenti e compaesani dall’
Italia, una presenza numerica notevole che li fece presto diventare i
rappresentanti più importanti della Little Italy di Chicago. Tra una mazzetta e
l’ altra riuscirono anche a farsi strada nel mondo politico della città, tanto
da vincere l’ appalto per la produzione industriale di alcol per l’ intero
Illinois, una vera miniera d’ oro per chi contrabbandava alcolici: i distillati,
infatti, secondo la legge potevano essere prescritti come medicinali con un
limite di una pinta ogni dieci giorni. A differenza di tutte le altre
organizzazioni mafiose, i fratelli Genna producevano alcolici non in grossi
capannoni, ma in minuscoli impianti tenuti in casa dai vari affiliati, tattica
che rese difficile contromosse da parte degli avversari.
Mae e Albert Francis, moglie e figlio di Capone; |
I
Genna e la Chicago Outfit capirono che insieme avrebbero potuto sbarazzarsi
degli O’ Donnel, ma al tempo stesso erano coscienti che l’ alleanza sarebbe venuta
meno il giorno in cui sarebbero rimasti soli. Nel giro di qualche mese la banda
degli O’ Donnell venne sgominata e costretta ad abbandonare Cicero. Ebbero luogo
sei omicidi di cui la polizia non trovò prove contro la Chicago Outfit e neppure
contro i Genna.
La
caduta degli O’ Donnell favorì un momento di insperata quiete in città, ma il
10 novembre del 1924 Dion O’ Banion venne ucciso con cinque colpi di pistola
nel suo negozio di fiori da ignoti, qualcuno che molto probabilmente considerava
amico. Al suo funerale parteciparono quasi trentamila persone, e l’ opinione
pubblica si scagliò contro la Chicago Outfit e i Genna, in quanto poco tempo
prima con uno stratagemma aveva mandato Torrio in prigione. Sebbene le responsabilità
e il movente di questo nuovo omicidio non vennero mai accertate, il semplice
sospetto bastò a far riesplodere la guerra tra bande: Hymie Weiss, un immigrato
polacco alle dipendenze di O’ Banion, assunse il comando dell’ organizzazione e
si scatenò contro tutti, mentre il successivo 12 gennaio 1925, Capone sfuggì
per miracolo ad un attentato, a differenza di un suo autista che venne ferito
mortalmente e un altro che fu torturato. Scarface aumentò la consistenza della
propria scorta e ordinò una nuova automobile completamente piombata, un mezzo
che pesava oltre sette tonnellate. Cercò anche di stipulare un’ assicurazione
sulla vita, ma non trovò mai nessuno disposto a concedergliela, e il successivo
24 gennaio lo stesso Torrio, mentre tornava in automobile al suo appartamento
al 7106 sulla South Clyde Avenue dagli acquisti con la moglie Anna Jacob, di
provenienza ebraica, subì un grave attentato nel quale fu colpito da una
raffica di colpi che lo ferirono alla mascella, al petto, all’ inguine, alle
gambe e all’ addome. Uno dei sicari tentò di sferrargli il colpo di grazia,
sparandogli alla testa, ma rimase senza pallottole. Giunto in ospedale in
condizioni disperate, riuscì incredibilmente a sopravvivere: nel mese di
maggio, non appena si ristabilì, fu condannato ad un anno con la condizionale per
un reato minore, e scosso dal rischio di morte si convinse a ritirarsi cedendo
il comando a Capone, trasferendosi poi in Italia con sua moglie e sua madre,
dove non ebbe mai più contatti diretti col crimine organizzato.
Capone e la madre, Teresa; |
Ormai al comando di un vasto e saldo impero criminale, Scarface, che dal 1923 viveva sotto l’ attenta sorveglianza dei suoi sgherri in una bella casa al 7244 Prairie Avenue, acquistata per cinquemila dollari e in cui risiedeva con la moglie e il figlio, la madre e altri parenti, si trovò presto in una posizione estremamente precaria, che fronteggiò con scaltrezza e brutalità. Fu vittima di una dozzina di tentativi di assassinio da parte di Weiss, che, convinto di aver già dato un colpo di grazia alla Chicago Outfit, rivolse la propria attenzione ai Genna, che decimò.Capone ne approfittò per consolidare la propria posizione, compiendo alcuni delitti particolarmente cruenti che gli valsero una certa notorietà: a dicembre uccise un delinquente di nome Richard Lonergan e due suoi uomini, che erano entrati in un centro di Frankie Yale a Brooklyn e lo avevano pesantemente insultato mentre si trovava lì come ospite, mentre nell’ aprile 1926 il procuratore William H. McSwiggin, giovanissimo procuratore che aveva la fama di duro e incorruttibile, desideroso di porre fine a quella sorta di vuoto di legalità in cui la città era caduta e che in passato lo aveva accusato di omicidio, venne assassinato in un bar di Cicero mentre era in compagnia di Klondike O’ Donnell, acerrimo nemico di Scarface, che però riuscì a salvarsi. L’ assassinio di un funzionario della giustizia ovviamente provocò un putiferio infernale, e il capomafia italoamericano fu costretto a fuggire a Lansing, in Michigan, per poi rientrare a Chicago in luglio per affrontare svariate accuse di omicidio, che decaddero in quanto le autorità non avevano prove sufficienti, e complice una campagna di maldicenze a danno dello stesso McSwiggin, additato come amico d’ infanzia di un noto sicario e ucciso mentre era in compagnia di un malvivente. Il successivo 20 settembre uscì illeso da un nuovo agguato compiuto da un gruppo di fuoco di Weiss presso il suo quartier generale all’ Hawthorne Hotel di Cicero, e propose una tregua alla North Side Gang, che Weiss rifiutò: l’ 11 ottobre 1926 la faida si chiuse con la sua uccisione insieme a quattro dei suoi uomini, massacrati da un commando di sicari armati di mitragliatrici.
L’ automobile di Capone; |
Rimasto
senza rivali, Scarface si impegnò a diversificare le attività della sua cosca, anticipando
il momento in cui, prevedibilmente, il Proibizionismo sarebbe stato revocato facendo
tornare legale i prodotti alcolici, potenziando i molti bordelli e le bische, nonché
gli interessi legati all’ usura, alla ricettazione, alle estorsioni e al
controllo dei sindacati. Creò un clima di terrore tra i bar cittadini, i quali
venivano fatti furiosamente esplodere se avessero rifiutato di rifornirsi dei
suoi carici di alcol. Quando gli scontri tra bande ripresero con una certa violenza,
scelse per prudenza di spostare le attività a Cicero, zona difficile da
raggiungere per i suoi nemici, i quali però continuarono a progettare attentati
contro di lui e i suoi scagnozzi.
Da
quando Angelo Genna, presidente dell’ Unione Siciliana di Chicago, era stato
ucciso il 26 maggio 1925 da un commando di tre uomini di cui faceva parte l’
ormai defunto Weiss, Capone pensava di mettere a capo dell’ organizzazione un
suo uomo, Tony Lombardo. Tutto sembrava a posto, ma il giorno delle elezioni
qualcuno cambiò le carte in tavola, portando all’ elezione di Sam Amatuna, che venne
ucciso dopo una breve presidenza a colpi di mazza mentre si trovava dal barbiere,
seguito da Eddie Zion e a Bummy Goldstein, i principali artefici della sua
ascesa. Ovviamente, a qual punto la presidenza spettò a Lombardo. Chicago
sembrava giunta a una sorta di equilibrio, e il capomafia investì parte dei
ricavati delle attività illecite in altre del tutto legali, separando con
grande attenzione le gestioni contabili arrivando presto a contare su introiti
di copertura pari a quelli illegali.
Capone e il figlio, circondati dalla scorta, a una partita di baseball; |
Nel
1927, Capone trovò finalmente un importante alleato politico: dopo quattro anni
durante i quali il sindaco William E. Dever, aderente al Partito Democratico,
aveva perseguito con una certa durezza la criminalità, l’ ex sindaco William
Hale Thompson, membro del Partito Repubblicano, si ricandidò facendo intendere
che sarebbe stato più morbido con determinate attività illegali. Il mafioso gli
fece una donazione di duecentocinquantamila dollari e contribuì alla sua
stretta vittoria su Dever alle elezioni. Un anno dopo, i repubblicani tennero
le primarie per il Senato e per il candidato a governatore dell’ Illinois: da
un giorno all’ altro si verificò una lunga serie di attentati politici i cui
dettagli fecero facilmente comprendere le alleanze e i clientelismi dei vari
uomini politici locali, nonché i loro rapporti con le principali cosche. Il
giorno delle elezioni, la Chicago Outfit mise numerose bombe nei seggi dove
erano favoriti i candidati in opposizione a quelli sostenuti dal sindaco
Thompson, causando la morte di quindici persone, e compì un attentato in cui
cadde un candidato popolare soprattutto tra gli afroamericani. James Belcastro,
il principale sicario che aveva compiuto gli attentati per Capone, fu accusato
insieme ad alcuni poliziotti corrotti, ma nessuno di loro fu processato perché
i testimoni più importanti ritrattarono le loro deposizioni. La situazione a
Chicago era talmente grave che Thompson consigliò a Capone di lasciare la città,
da ormai troppo tempo sotto i riflettori per il tasso notevole di criminalità e
per l’ impudenza ormai leggendaria delle cosche, e sebbene a suo carico non
pendessero accuse ufficiali, Scarface era unanimemente considerato il principale
responsabile di questo clima malsano, ordinando innumerevoli uccisioni, spesso
di semplici testimoni scomodi, per le quali non poteva essere incriminato in
quanto aveva ideato una tecnica specialistica consistente nel prendere in locazione
un appartamento di fronte alla casa della vittima per poi colpirla con fucili
di precisione da tiratori altamente qualificati.
All’
interno dell’ Unione Siciliana, costantemente alle prese con le rivalità tra
una cosca mafiosa e l’ altra e l’ immenso afflusso di denaro ad esse connesse,
tornarono presto a farsi sentire, e Joe Aiello, uomo manovrato dal presidente
della sezione newyorchese, Frankie Yale, prese a muoversi contro Capone. Yale
da qualche tempo rapinava i camion del capomafia di Chicago prima che questi
lasciassero New York, e arrivò ad organizzare una spedizione di quattro sicari incaricati
di ucciderlo, ma lui, avvisato dalla sua rete informativa, fece ritrovare i loro
cadaveri in un fossato la mattina seguente il loro arrivo, invitando poi Yale a
cambiare alleanze a Chicago. Per meglio seguire le mosse del suo vecchio
compagno di crimine inviò a New York un proprio uomo di fiducia, James De
Amato, che nemmeno un mese dopo venne ucciso da una bomba a mano che era stato
costretto ad ingoiare. Qualche giorno dopo, Yale ricevette un biglietto: «Per
De Amato avrai presto una risposta.».
Il
pomeriggio del 1 luglio 1928, mentre passeggiava per strada, Yale venne investito
da un’ automobile da cui scesero quattro uomini che lo crivellarono di colpi di
mitragliatrice. Sul luogo del delitto, Scarface fece beffardamente trovare un’
arma che aveva acquistato una settimana prima e di cui aveva denunciato la
scomparsa il giorno stesso. I newyorchesi non perdonarono questo assassinio, e
il successivo 7 settembre uccisero Tony Lombardo, il cui posto di presidente
dell’ Unione Siciliana a Chicago fu preso da Pasquale Lolordo, che qualche mese
dopo venne a sua volta ucciso da alcuni visitatori che lo andarono a trovare a
casa. Stessa sorte toccò anche ad Aiello, mentre Phil D’ Andrea, uomo di
Capone, ebbe maggiore fortuna reggendo a lungo la carica e morendo molto tempo
dopo per cause naturali.
L’ Hotel Lexington; |
Tra
il 1927 e il 1928, Scarface diede luogo a due grandi trasferimenti: spostò il
suo quartier generale all’ Hotel Lexington, e iniziò a progettare la vita da
pensionato in Florida, dove si fece costruire una villa principesca a Palm
Island. Guardato dalla gente comune con un misto di invidia e ammirata soggezione,
impressionata dalla sua vista quale abitazione adatta ad un signore ricco e
potente, il Lexington divenne il cuore di un’ organizzazione pressoché perfetta,
che faceva guadagnare a Capone oltre cento milioni di dollari annui soltanto
con le attività legate alla protezione. Sempre più potente e temuto, il mafioso
era ormai una figura leggendaria dal vanitoso comportamento mondano, circondato
da un torvo cordone di scherani e astuti avvocati, trincerato in una salda e
intricata rete di influenze e omertà. Il suo stile di vita era estremamente
lussuoso e spudoratamente esibito. Tra le tante voci che si mormoravano, si
racconta che in occasione di un suo compleanno fece rapire il grande pianista
jazz Fats Waller, che fece suonare per tre giorni consecutivi al termine dei
quali lo congedò su un’ auto ormai ubriaco e pieno di soldi. Quando andava alle
partite di baseball o all’ opera, di cui era grande amante, comprava decine di
biglietti facendosi accompagnare dai suoi scagnozzi. Dall’ altra parte, però, quest’
uomo sanguinario dall’ indole rabbiosa coltivò svariate attività filantropiche
che i detrattori definirono puramente demagogiche, sebbene pare che fossero mosse
da un animo sincero: la drammatica Grande depressione del 1929 gettò nella povertà
milioni di statunitensi, provocandone letteralmente la fame, e Scarface ordinò
alle sue aziende lecite della ristorazione e dell’ abbigliamento di distribuire
gratuitamente ogni giorno vitto e vestiario ai bisognosi.
Secondo
la leggenda, questo turpe individuo amava ripetere: «Si ottiene di più con una
parola gentile e una pistola in mano che solo con una parola gentile.». In realtà,
tale affermazione è del celebre comico Irwin Corey, che nel 1953, durante un
monologo disse: «La mia filosofia è che si può
ottenere di più con una parola gentile e una pistola che solo con una parola
gentile.». In seguito, nel luglio 1969, l’ aforisma
fu pubblicato su Parade Magazine in una raccolta di frasi umoristiche dell’
artista, che lo indicò come una citazione di Capone probabilmente solo per
aumentare l’ effetto comico, e nel 1987 ottenne grande fama con il film «The
Untouchables - Gli intoccabili» in cui il mafioso, interpretato da Robert De
Niro, afferma tali parole durante un’ intervista.
La strage di San Valentino; |
L’
anno 1929 si aprì con uno dei fatti di sangue più famigerati di tutto il
Novecento: la strage di San Valentino, con cui Capone si sbarazzò una volta per
tutte dei nemici irlandesi. La mattina del 14 febbraio, alcuni uomini della
Chicago Outfit, travestiti da poliziotti, fecero irruzione in un magazzino
della banda di Bugs Moran, facendo allineare contro un muro sette uomini e uccidendoli
a sangue freddo con i mitragliatori. L’ unico sopravvissuto alla strage fu proprio
Moran, in quanto assomigliava moltissimo ad Al Weishank, che molto probabilmente
fu ucciso al posto suo: fuggì da Chicago il giorno stesso e non vi tornò mai
più. La vecchia cricca di Dean O’ Banion ora non esisteva più, e ogni cadavere
venne trovato in una copiosa pozza di sangue colpito da almeno cinquanta
proiettili, come monito contro chiunque in futuro avesse osato pensare di
sgarrare contro Scarface, che per qualche venne ritenuto estraneo alla strage,
in parte perché quello stesso giorno si trovava a Miami, convocato da un
giudice federale che voleva vederci chiaro sui suoi introiti, ma anche perché
alcuni testimoni oculari avevano visto aggirarsi attorno al garage, sia prima
che dopo l’ esecuzione, una pattuglia della polizia: per anni la tesi secondo
cui alcuni esponenti delle forze dell’ ordine avessero deciso di chiudere la bocca
di gente che sapeva troppo sugli affari legati al contrabbando di alcol ebbe
moltissimi sostenitori, e solo nel 1969, un vecchio malvivente di nome Alphonse
Karpis, avrebbe confermato che la paternità dell’ azione era di Capone. Tuttavia,
per il mafioso italoamericano i regolamenti di conti non erano ancora finiti,
perché alcuni mesi dopo, il 7 maggio, i cadaveri di tre suoi luogotenenti siciliani
vennero trovati in mezzo alla campagna. Capone infatti sospettava che qualcuno
stesse complottando contro di lui in modo di formare un fronte di siciliani, e
secondo le voci fu lui stesso ad ucciderli con una mazza da baseball durante
una cena a cui partecipò il consiglio superiore della sua organizzazione.
Capone e i suoi due avvocati; |
Dopo
un breve arresto per porto abusivo di arma da fuoco, la sua carriera
ma
si avviò inesorabilmente verso un rapido tramonto. I suoi metodi sbrigativi e
sanguinari non piacevano a molti, e così i vertici di Cosa Nostra statunitense
decisero di tenere un incontro ad Atlantic City con lo scopo ufficiale di adottare
un nuovo atteggiamento, cercando di contenere il compare di Chicago: tra il 13
e il 17 maggio i più alti esponenti del crimine organizzato di tutta la Costa
Orientale si incontrò all’ Hotel President in una riunione che dopo le parole e
i convenevoli di rito sancì una spaccatura di metodi tra Scarface e gli altri,
la cui opposizione si coagulò attorno al capo più potente del momento, Joe Masseria.
Alla Città del Vento, frattanto, le cose iniziarono a prendere una brutta piega
a causa di un’ inchiesta voluta dall’ FBI e dal Dipartimento del tesoro al fine
di trovare un modo di incriminarlo, e dalla presenza in continuo aumento nella
sua organizzazione di italiani di provenienza newyorkese. Fino ad allora,
Capone non era stato visto con troppa ostilità dai chicagoans: praticamente
tutti volevano bere alcolici, e potevano farlo grazie a lui, che veniva visto
come un novello Robin Hood anche per le frequenti donazioni in beneficenza. La gente
lo adorava come una celebrità, tanto che quando andava in luoghi pubblici come
lo stadio veniva accolto da applausi e acclamazioni. Lui stesso affermava di essere
più un benefattore che un criminale, e che gli omicidi e i regolamenti di conti
erano semplicemente parte dei suoi affari. Riceveva la gente in un opulento studio
in stile rinascimentale, fumando le sigarette al mentolo che tanto amava. Nella
biblioteca attigua, sui ripiani della quale si allineavano collezioni di libri
erotici antichi, trattati commerciali, volumi di enologia, di strategia navale
e gran numero di opere su Napoleone, personaggio che ammirava al punto da
affermare spesso che se si fossero conosciuti si sarebbero compresi al volo. Ma
con l’ aumento costante della violenza le cose erano ormai più difficili, ed
erano precipitate con le drammatiche primarie del 1928 e il massacro di San
Valentino: il sostegno da parte della città era drasticamente diminuito, anche
a causa dello sbandieramento della sua vita opulenta nei giorni del crollo di
Wall Street, che aveva sconvolto l’ economia mondiale impoverendo la classe
media. Il mafioso ora rappresentava un peso per tutti, un problema da risolvere
con una certa urgenza: nel 1930, venne inserito nella lista dei maggiori
ricercati dell’ FBI e dichiarato «Nemico pubblico numero uno» della città di
Chicago, una denominazione attribuita a criminali ritenuti un grave pericolo per
la società in un periodo in cui la criminalità era ammantata da un alone di
leggenda e romanticismo.
A
Washington, il nuovo Presidente degli Stati Uniti, Herbert Clark Hoover, affidò
al Segretario al Tesoro, Andrew Mellon, il difficile compito di arrestare Scarface,
che si decise di attaccare su due fronti: una prima indagine avrebbe stabilito
se ci fosse stato il modo di incastrarlo per reati fiscali, mentre una seconda
squadra interna al Bureau of Prohibition avrebbe indebolito la Chicago Outfit
con continue incursioni e sequestri, anche per dimostrare agli elettori che il
governo federale si era seriamente impegnato a risolvere il problema. L’
obiettivo principale consisteva nel privare Capone dei ricavi necessari a
pagare l’ organizzazione e la protezione e influenza di cui godeva in polizia,
nella municipalità chicagoans e nei sindacati. Il Dipartimento del Tesoro
predispose una squadra di cui affidò il comando ad Eliot Ness, che presto
vennero soprannominati «Intoccabili» per aver rifiutato la proposta del capomafia
presentata tramite un aldermanno corrotto.
La villa di Capone a Miami; |
Colpire
Scarface fu prevedibilmente molto arduo a causa della sua capacità nel non
lasciare prove o indizi sulla scena delle uccisioni e del contrabbando, e della
difesa omertosa che gli procurava sempre un valido alibi. In ambito politico,
pertanto, si dibatté sull’ opportunità di tassare i redditi provenienti da
attività illegali, complice una sentenza della Corte Suprema che sebbene avesse
stabilito che il Quinto Emendamento, che garantisce il diritto di non dichiararsi
colpevoli per i propri reati, non permetteva di evadere le tasse sui propri
ricavi: i soldi sporchi guadagnati dovevano comunque essere dichiarati al fisco,
anche se questo in pratica equivaleva a denunciarsi. Il decreto apriva un
utilissimo spiraglio per incriminare il mafioso per reati fiscali, dato che i
suoi enormi guadagni illegali non venivano dichiarati al governo. Gli
investigatori, guidati da Frank Wilson, verificarono che Capone non firmava mai
di persona gli assegni per le attività illegali, ma poterono ricostruire una
lunga serie di acquisti di lusso e spese stravaganti incompatibili con il suo
reddito dichiarato. Non era tuttavia sufficiente per formulare un’ accusa, in
quanto occorreva dimostrare che vantava un reddito superiore a quello
dichiarato. Ness e gli Intoccabili si misero alle costole di Scarface
analizzando ogni minimo movimento finanziario sospetto, ma il mafioso agiva
sempre attentamente tramite prestanome e la contabilità era gestita tramite cifrari,
cosa che gli permetteva una certa tranquillità, almeno finché non venne casualmente
rinvenuto un foglietto su cui si citava il suo nome: fu la chiave di volta dell’
intera operazione, un errore che venne sfruttato per collegare fra loro moltissime
prove già raccolte ed allestire un piano accusatorio molto vasto, che portò il
malavitoso ad un rinvio a giudizio per evasione fiscale, con ben ventitré capi
d’ accusa.
Nel
1930, dopo lunghi mesi di indagini, un avvocato di Capone contattò il Dipartimento
del Tesoro per chiedere di negoziare il suo debito verso il fisco. Wilson
interrogò l’ imputato, che negò di avere un reddito sostanzioso, e uscendo domandò:
«Come sta sua moglie, Wilson? Si assicuri di prendersene cura». Il funzionario
ovviamente non si fece intimidire dalle minacce e continuò le indagini: qualche
mese dopo l’ avvocato gli consegnò una lettera in cui Scarface ammetteva di non
aver dichiarato redditi fino a centomila dollari tra il 1928 e il 1929, sperando
di trovare un accordo e patteggiare una piccola pena, ma a sorpresa il giudice
James Wilkerson, che seguiva il caso, decise di portare tutto in tribunale. Un
informatore della squadra del magistrato, uno dei pochissimi che si era fatto
avanti per parlare, avvertì che il mafioso stava sfruttando la propria
influenza nell’ amministrazione di Chicago per corrompere la giuria del processo,
che non era ancora stata ufficializzata. Quando gli fu consegnata la lista,
Wilkerson si accorse che i nomi corrispondevano a quelli fatti dall’ informatore:
il giorno del processo, entrò quindi in aula e richiese uno scambio di giurie,
potendo quindi stabilire anche che la lettera presentata dal difensore di
Capone, in cui l’ imputato ammetteva di non aver dichiarato decine di migliaia
di dollari, era ammissibile come confessione di colpevolezza, sebbene i
dettagli contenuti non potevano essere considerati come prove dai giurati. La
difesa espose una presunta dipendenza di Scarface dal gioco d’ azzardo, la
stessa che gli aveva fatto perdere decine di migliaia di dollari che pertanto
non aveva dichiarato, ma non funzionò: il 18 ottobre 1931 Al Capone fu condannato
per evasione fiscale ad undici anni di carcere. Fu la più lunga condanna mai emessa
per tale infrazione.
La prigione di Alcatraz; |
La
condanna del signore della malavita fu la fine di un’ epoca. Fu mandato al
penitenziario di Atlanta, in Georgia, la più dura delle carceri statunitensi di
allora, ma in essa disponeva di lussi e privilegi e continuava liberamente a gestire
i suoi interessi. Nell’ agosto 1934 fu pertanto trasferito alla cella 85 del
nuovo carcere di Alcatraz, isola al largo della baia di San Francisco, ove venivano
mandati i detenuti peggiori delle altre prigioni: ivi, il detenuto ricevette un
trattamento severo, e tutti i suoi contatti con l’ esterno vennero interrotti, non
lasciandogli altra speranza se non quella dei benefici per la buona condotta.
Divenne pertanto un detenuto modello, evitando di farsi coinvolgere in rivolte
ed isolandosi dagli altri prigionieri.
Dopo
nove anni di reclusione nella leggendaria galera, con il numero di matricola
40886, la sua salute crollò rapidamente a causa della sifilide, contratta
durante un rapporto sessuale con una delle sue prostitute, dalla demenza da
essa provocata e dalla gonorrea. Dopo un periodo trascorso nell’ ospedale della
prigione, nel gennaio 1939 fu trasferito in un carcere di bassa sicurezza a Los
Angeles, e qualche mese dopo venne rilasciato. Si trasferì a Palm Beach, nella
proprietà dove aveva passato gran parte della sua vita quando non era a
Chicago: ormai la malattia mentale lo aveva reso quasi totalmente incapace di
intendere e di volere. In Illinois, frattanto, la Chicago Outfit aveva continuato
le attività pur mantenendo un profilo più basso e riducendo la violenza. Gli affari
legati alla prostituzione e al gioco erano continuati senza scossoni anche dopo
la revoca del Proibizionismo, il 5 dicembre 1933, voluta dal Presidente
Roosevelt.
Capone
visse i suoi ultimi anni circondato dalla famiglia e dai suoi scagnozzi più
fedeli, rigorosamente tenuto isolato affinché non si corresse il rischio che a
causa della demenza si lasciasse scappare qualche rivelazione compromettente in
presenza di estranei. Ormai non faceva più paura a nessuno, era un uomo ignorato
da tutti, invecchiato dalla prigione e indebolito dalla malattia, che molti ritennero
aggravata dal dispiacere per la sconfitta subita e dunque da una degenerazione
mentale. Il 25 gennaio 1947 ebbe un colpo apoplettico, e dopo una breve agonia
morì di arresto cardiaco nella villa in Florida, ad appena quarantotto anni:
sepolto al Mount Carmel Cemetery di Hillside, poco fuori Chicago, sulla sua
tomba si può trovare un sigaro fresco lasciato da un ignoto visitatore.
La tomba di Al Capone; |
Esprimere
quel che Al Capone incarnò con la propria ascesa, le azioni e il declino significa
soprattutto descrivere il terreno in cui maturò. Questo signore del crimine dai
modi beffardi, plateali e crudeli fu il frutto di una società spietata ed un’ epoca
molto difficile, gli Stati Uniti del primo Novecento. In quel tempo, il Nuovo
Mondo era sinonimo di speranza, di una forte fiducia secondo cui attraverso il
duro lavoro, il coraggio e la determinazione fosse possibile raggiungere un
migliore tenore di vita e addirittura la prosperità economica. Il celebre «sogno
americano» attirò vaste folle di migranti poverissimi eppure virtuosi da ogni
dove, soprattutto Europa, Asia, America latina e Oceania, e che purtroppo videro
quasi tutti sfumare le proprie speranze, venendo costretti ad accettare lavori spiacevoli
per una retribuzione assai più bassa in confronto a quella che spettava alla
cittadinanza statunitense. I migranti divennero veri e propri fuoricasta,
soggetti indesiderabili e non assimilabili nella terra promessa che avevano raggiunto
dopo un viaggio lungo e scomodo reso possibile da vari e intensi sacrifici spesso
compiuti dalle famiglie estese. Solo pochi di loro ebbero l’ opportunità di una
vita migliore, mentre altri, come Capone, videro nel crimine l’ occasione di un
facile guadagno nel mondo pericoloso della strada, che non dava scampo.
Con
tutte le sue turpitudini, le sue uccisioni, i guadagni sporchi, Scarface divenne
il simbolo di una nazione corrotta e spregiudicata, disposta a tutto pur di
conseguire un risultato. Fu l’ emblema di una società in cui il denaro non
basta mai, e che dunque sprona costantemente l’ individuo ad escogitare nuovi
metodi pur di garantirne l’ afflusso. Come drammaticamente sostenne il famoso
filosofo Laughton Lewis Burdock: «Ammettiamolo: se fosse vero che il crimine
non paga, in giro ci sarebbero pochissimi criminali.».
Nessun commento:
Posta un commento