venerdì 9 novembre 2018

Al Capone, l’ emblema della delinquenza e della crisi della legalità


Al Capone, il signore della malavita;

«Faccio i soldi soddisfacendo la richiesta del pubblico. Se io violo una legge, i miei clienti, che sono centinaia tra la migliore gente di Chicago, sono colpevoli anch’ essi: l’ unica differenza tra noi è che io vendo e loro comprano. Tutti dicono che sono un uomo della malavita, io invece mi definisco un uomo d’ affari. Quando vendo liquore è contrabbando, ma quando chi sta sopra di me lo serve su un vassoio d’ argento in Lakeshore Drive è ospitalità…» Al Capone;

Attualmente, la criminalità rappresenta uno dei fenomeni sociali più delicati e discussi in assoluto, e dalle implicazioni tutt’ altro che scontate. Affrontarne il tema non è mai una cosa semplice, soprattutto senza lasciarsi andare alla supponenza legata al semplicistico concetto di giusto o sbagliato. Nata come banditismo, risulta presente fin dalla nostra storia più antica, interessando quasi tutte le forme sociali umane, portando i governi a mettere in pratica metodi sempre nuovi in ambito punitivo e repressivo, e talvolta persino preventivo.
Sulla malavita si possono fare le considerazioni più diverse tra loro, ma se un calcolo va fatto appare evidente che il suo vasto e sfaccettato evento nasce dai limiti e dai fallimenti della società civile in cui noi tutti viviamo. Fin dall’ inizio della sua storia, infatti, l’ umanità ha sentito il bisogno di unirsi in gruppi, dal nucleo famigliare al clan, da questo alla tribù fino alla città-Stato e, in seguito, alla nazione più estesa, accettando una serie di precetti, le leggi, atti a determinare il comportamento dei singoli individui in modo tale da garantire una vita ordinata e il più possibile libera da problemi. Nonostante l’ evoluzione dei sistemi sociali in forme sempre più complesse e articolate, molti problemi della collettività non hanno trovato un’ adeguata soluzione, e spesso la struttura di base è sfociata in strutture problematiche, rette da amministratori inadeguati oppure avidi e litigiosi, lontani dalle esigenze collettive, e regolate da un groviglio di leggi intricate e non funzionali, nelle quali presto o tardi gli interessi politici ed economici hanno acquisito la precedenza su tutto aprendo le porte ad una corruzione dilagante, conducendo alla paralisi e ai ricatti di gruppi di pressione che hanno reso le stanze del potere luoghi in cui si dibatte all’ infinito senza mai giungere a nulla di utile e concreto, e mutato le corti giudiziarie in organismi soggetti ad interessi di parte e bisognosi di un tempo infinito per emettere una sentenza. Insomma, nei secoli la politica è divenuta una condizione che esiste solo per sé stessa, tralasciando l’ originario scopo legato alla gestione della comunità e dei suoi importanti bisogni, molto ben descritta dall’ aristocratico palermitano Giuseppe Tomasi di Lampedusa in «Il Gattopardo», pregevole romanzo in cui espose il noto principio paradossale ma tristemente vero: «Se vogliamo che tutto rimanga com’ è, bisogna che tutto cambi.».
In presenza di un governo lontano o addirittura assente, oppure che con il suo funzionamento fondamentale opprime quella società che è chiamato a guidare, soprattutto le classi più povere che conseguentemente imparano ad adattarsi e a cavarsela da sole, non è infrequente assistere ad un’ ondata di diffidenza e ostilità nei riguardi dell’ ordine costituito e a tutti i principi che questo rappresenta: la criminalità è ovviamente destinata a farsi strada ovunque come la nebbia, e per quanti danni evidenti sia in grado di compiere viene spesso vista con occhi meno severi dalla gente, secondo cui i malviventi hanno semplicemente il coraggio di fare a volto scoperto ciò che i dignitari politici e talvolta anche quelli religiosi fanno di nascosto. Tra le tante organizzazioni criminali apparse nella storia, Cosa Nostra, la ’ndrangheta e la Camorra italiane sono quelle che hanno saputo cavalcare molto meglio le manchevolezze della pubblica amministrazione e il malcontento popolare infiltrandosi come piovre nei rispettivi territori, costruendosi una solida rete di interessi commerciali sia illegali che legittimi, trasformandosi in organizzazioni particolarmente potenti e difficili da contrastare, che regnano con ricatti, mazzette, uccisioni e una ricca imprenditoria che assicura loro contatti importanti con le autorità della società civile, che corrompono con denaro oppure offrendo qualcosa di utile e necessario ai loro bisogni. Peggio ancora, i clan mafiosi hanno saputo destreggiarsi con grande abilità tra la povertà, le mancanze e i limiti della società assumendo le sembianze di protettori e riparatori di torti.

Non vi è quindi nulla di sorprendente al pensiero che un criminale di professione, che trae profitto proprio dalla trasgressione delle leggi di quello Stato lontano e non amico, spesso riesca a passare per una sorta di Robin Hood, una simpatica canaglia che ebbe il coraggio di opporsi ad un sistema corrotto ed oppressivo dividendo quello che aveva con i più deboli e gli indifesi: in un’ ottica del genere l’ inquietante figura di Al Capone, il celebre mafioso italoamericano che negli Anni Venti regnò sulla turbolenta Chicago, riesce ad essere spiegata con una certa semplicità.
Non amava i sigari ma si faceva quasi sempre fotografare con uno enorme di produzione cubana in bocca, viaggiava su una limousine piombata che pesava oltre sette tonnellate, presso la sua scrivania si accomodava su di una sedia il cui schienale era rinforzato da alcune lamine di acciaio, guadagnò centinaia di milioni di dollari ma dalle dichiarazioni al fisco figurava come un povero nullatenente, e la sua strada era ricoperta di cadaveri per i quali non fu mai condannato: nella storia non è apparso un altro criminale che abbia potuto eguagliarne il potere, la fama e il fascino leggendario. In pochi anni divenne la personificazione stessa della malavita e ottenne un grandissimo impatto sulla cultura popolare, definendo con precisione quei canoni di vita delinquenziale poi ripresi addirittura in svariati romanzi e film. Se non fosse stato per Capone, forse molti cattivi del cinema non fumerebbero il sigaro e non vivrebbero sprofondati in un lusso quasi ridicolo circondati da guardie del corpo dall’ aspetto colorito. Ancora oggi in molti ristoranti di Chicago si trova esposta una sua fotografia con sigaro, cappello e sogghigno, e l’ organizzazione che impose alla sua cosca rendendola in grado di gestire su vasta scala varie operazioni di contrabbando, sfruttamento della prostituzione e gioco d’ azzardo viene reputata tra le più astute e meglio condotte, tanto da essere studiata persino all’ Università di Harvard. Fu responsabile di circa duecento omicidi, a danno non solo di nemici e rivali in affari, ma anche di testimoni scomodi, e ognuna di queste eliminazioni fu condotta talmente bene da non lasciare alcun indizio a suo carico.
Sarebbe un errore pensare che un semplice bullo e buttafuori della periferia newyorkese divenne appena trentenne l’ immortale emblema della delinquenza all’ interno di una società ideale e correttamente funzionante come potrebbe sostenere una certa propaganda equivoca: il suo indubbio talento criminale emerse progressivamente in una particolare nazione, gli Stati Uniti, che la storia ricorda come la culla del capitalismo moderno e spesso alle prese con incresciosi episodi di corruzione e leggi piegate in nome di obiettivi spesso poco limpidi, nella convinzione tipicamente mercantile secondo cui il fine giustifica i mezzi.

Alphonse Gabriel Capone nacque a New York il 17 gennaio 1899, quarto di nove figli di Gabriele Caponi e Teresa Raiola, un barbiere ed una sarta originari di Angri, in provincia di Salerno, migrati nel Nuovo Mondo nel febbraio 1893. A causa di un errore di pronuncia, il loro cognome era stato modificato in Capone dall’ anagrafe statunitense, e a qualche tempo dal loro sbarco si erano bene integrati nel difficile ambiente di Little Italy, il famoso quartiere italiano, peraltro acquistando un piccolo locale in Park Avenue, che Gabriele aveva adibito a salone da barbiere.
Contrariamente al desiderio del padre, il giovane Alphonse, chiamato semplicemente Al, non dimostrò mai interesse per il mestiere del barbiere, preferendo gli ambienti più liberi e malsani del porto. Crescendo, dimostrò di possedere un’ intelligenza media, arrivando ad un quoziente pari a 95, e denotò una notevole propensione al comando e all’ organizzazione. A quattordici anni venne bocciato in grammatica e matematica, a causa delle troppe assenze, e aggredì una sua insegnante che aveva osato rimproverarlo: venne frustato dal preside ed espulso. Crebbe in un ambiente povero e degradato, in cui fece numerosi lavoretti come il commesso in un negozio di dolciumi, l’ inserviente in un bowling e il tagliatore di carta e stoffa in una legatoria. Alcuni di questi mestieri durarono solo qualche giorno, e spesso il giovane poté liberamente bighellonare con altri teppistelli come lui, entrando in contatto con piccole bande minorile insieme ai fratelli Vincenzo, Ralph e Frank. Al porto, esattamente alla banchina 326, Al trovò il primo impiego presso la Fratellanza, una delle coperture della criminalità organizzata italiana, che fungeva da gruppo portuale che raccoglieva i lavoratori di provenienza campana da destinare al caporalato durante una serie di passaggi, e fin dal suo primo giorno di lavoro esibì la propria aggressività contro un esponente dell’ Unione Siciliana, associazione dedita agli emigranti siculi negli Stati Uniti, a sua volta facciata legittima della delinquenza costituita dagli originari di quella regione, a cui colpì duramente la mascella.
Dopo un periodo trascorso tra i South Brooklyn Rippers, i Forty Thieves Juniors e i Five Point Juniors, si unì alla banda dei Five Points Gang, operante al quartiere dei Five Points, luogo assai povero e degradato che sull’ isola di Manhattan, e guidata dall’ emigrante napoletano Giovanni Torrio, detto Johnny, in cui conobbe il calabrese Francesco Ioele, meglio noto come Frankie Yale, e Salvatore Lucania, alias Lucky Luciano. Circa ventenne, Capone incominciò a lavorare per Yale in un locale di Coney Island, arrotondando la paga proteggendo alcune prostituta e rivendendo merce rubata: una sera, mentre era di servizio come buttafuori, litigò con un certo Frank Galluccio per il possesso di una prostituta, e durante la discussione fece pesanti commenti sulla sorella di lui che, armato di coltello, lo sfregiò sulla parte sinistra della faccia. Da quel giorno giustificò la cicatrice come residuo di una ferita di guerra e tentò sempre di nasconderla ogni volta che veniva fotografato, venendo soprannominato Scarface, ossia «sfregiato» in inglese.
Johnny Torrio, uomo di piccola statura e aria mite, era un individuo particolarmente intelligente, tanto che Elmer Irey, ufficiale del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, lo definì il più astuto e il migliore in talento di tutti i delinquenti. A Chicago aveva uno zio acquisito, Giacomo Colosimo, uomo collerico, scattante e impulsivo, di provenienza cosentina e marito di sua zia Victoria Moresco, che iniziando a lavorare di notte come spazzino aveva fatto amicizia con un gruppo di prostitute di cui poi era divenuto protettore e sfruttatore offrendo loro una comoda sistemazione in una grande casa, divenuta presto uno dei bordelli più frequentati della città, che nonostante la forte campagna antiprostituzione in atto a livello sia locale che nazionale lo aveva arricchito tanto da consentirgli di aprire una serie di ristoranti con cui ripuliva i ricavi e in cui nascose anche alcune bische. Il suo giro d’ affari era divenuto talmente solido che determinati rivali in affari pretesero una percentuale in cambio dell’ incolumità delle sue lucciole, e lui rispose uccidendo i tre esattori. Resosi conto però che da solo non poteva più farcela, chiamò a sé Torrio.
Johnny Torrio, mentore di Al Capone;

Improvvisamente, il 30 giugno del 1919 venne introdotto il Volstead Act, la legge che proibiva la produzione, il possesso, il commercio e l’ uso di alcolici, fortemente voluta dal senatore Andrew Volstead per avviare una sorta di crociata moralizzatrice, che invece suscitò fin da subito un animato dibattito politico e sociale. Persino il Presidente, Thomas Woodrow Wilson, espresse un parere fortemente scettico circa la sua efficacia, ma dovette piegarsi al voto del Congresso. Il Proibizionismo avviato dal nuovo provvedimento si rivelò un completo disastro: milioni di statunitensi di ogni classe sociale, dalla più alta alla più bassa, tanto in centro quanto in periferia, vollero continuare a bere, accettando di pagare gli esorbitanti prezzi imposti dal mercato nero, superiori fino a dieci volte l’ importo d’ acquisto nei Paesi dove era ancora legale. Commercianti e delinquenti sparsi in ogni angolo della nazione studiarono fin da subito piani accurati per arricchirsi contrabbando alcolici, mettendo in piedi vaste e intricate reti di acquisto, produzione e vendita di whisky, birra e affini che non tardarono a fruttare denaro a palate. Sorsero anche numerosi laboratori clandestini, anche domestici, dediti soprattutto alla produzione di birra, i cui prodotti procurarono in numerosi consumatori gravi danni alla salute per via del materiale scadente e nocivo da cui erano stati ricavati.
Torrio provò a convincere Colosimo a entrare nel giro del contrabbando, ma senza successo, quindi decise di assassinarlo con l’ approvazione dei fratelli Genna, una potente famiglia mafiosa proveniente da Marsala e temuta per il temperamento piuttosto violento, operante nel West Side chicagoans. Torrio fece venire Frankie Yale da Brooklyn per occuparsi dell’ ormai scomodo zio, che l’ 11 maggio 1920 fu colpito a morte nell’ atrio principale del suo locale, il Colosimo Cafè, ritenuto il più elegante di tutta Chicago. Il suo assassinio rimase insoluto, e consentì finalmente a Torrio di impadronirsi del suo impero criminale, controllando numerosi bordelli e bische e, soprattutto, divenendo uno dei pionieri del nascente contrabbando di liquori, per il quale convertì rapidamente la maggior parte delle forze disponibili. Corruppe a dovere le forze dell’ ordine e le autorità cittadine, assunse validi avvocati e predispose una rete di camion carichi di whisky che giravano per Chicago indisturbati, essendo camuffati da rifornimenti di latte, e diede vita ad un vero e proprio esercito di delinquenti chiamati a dirigere e difendere il traffico, che volle affidare al comando del Capone, che, rimasto a New York, si era fatto una certa reputazione. Sposatosi nel 1918 con una donna irlandese di nome Mae Coughlin, nonostante i rapporti tradizionalmente tesi tra italoamericani e irlandoamericani, da cui pochi mesi dopo aveva avuto un figlio, Albert Francis, Scarface era già stato arrestato per reati contravvenzionali e aveva accumulato varie accuse di violenza sessuale e l’ omicidio di due uomini, di cui però non fu mai accusato in ottemperanza da parte dei testimoni ai valori dell’ omertà e alle sue personali protezioni. Dopo essere stato ferito da un esponente importante di un gruppo rivale, ottenne da Frankie Yale il permesso di trasferirsi da Torrio in modo tale da permettere alle acque di calmarsi.
Una volta raggiunta la Città del Vento, il giovane Capone divenne titolare di un negozio di mobili usati in Wabash Avenue, ovviamente un’ attività di copertura per le sue mansioni di braccio destro di Torrio, che consistevano nella difesa di circa settemila punti di vendita di alcolici e di un giro di scommesse clandestine di cui lo stesso Torrio auspicava l’ aumento sottraendone altri tra i circa tremila in mano alla concorrenza. Scarface assunse la guida di alcuni bordelli, e in breve fu messo a capo del Four Deuces, il locale che faceva da quartier generale per le operazioni di Torrio: si diceva che nei suoi scantinati lui e i suoi uomini torturassero i membri delle altre organizzazioni criminali, mentre al piano di sopra politici e criminali venivano intrattenuti insieme con musica e prostitute.
La casa di Capone a Chicago, 7244 di Prairie Avenue;

Sotto la guida di Torrio e Capone, la vecchia organizzazione di Colosimo assunse il nome di Chicago Outfit, e venne impostata come una specie di sindacato che reclutava delinquenti italoamericani, italiani ed ebrei. I due reggenti corruppero molte persone tra politici, poliziotti e giornalisti, garantendosi una solida protezione mentre allargavano la propria rete di contrabbando, che si occupava di alcol, sigari e cibo, arrivando fino al Canada.
Chicago pareva destinata a diventare il campo di battaglia tra le cosche italoamericane e quelle irlandesi, in perenne lotta tra loro per il controllo definitivo del territorio e le attività illegali, tanto che le forze dell’ ordine, che contavano numerosi agenti assassinati, presto preferirono far finta di non vedere, accettando una conveniente bustarella da parte di una o più parti e frequentare in pace i banchi di alcolici, praticamente frequentati da tutti. La città era sotto il tacco di ben tre organizzazioni pronte in qualunque momento a battersi all’ ultimo sangue tra sparatorie e bombe a mano: la Chicago Outfit, la North Side Gang di Charles Dion O’ Banion, un irlandoamericano che possedeva un negozio di fiori e girava armato di tre pistole, e quella di Myles O’ Donnell, altro irlandoamericano tra le voci più potenti nel panorama del contrabbando di alcolici. Torrio, tuttavia, godeva di un certo vantaggio: i suoi rivali avevano il grilletto facile, cosa che ovviamente ai poliziotti non piaceva, e lui era tendenzialmente riflessivo e non portato agli eccessi di violenza in quanto li riteneva inadatti agli affari.
L’ obiettivo fondamentale di Torrio e Capone fu l’ espansione a Cicero, una cittadina alle porte di Chicago il cui valore strategico era in forte crescita, eppure già sotto il controllo degli O’ Donnell. Capone, in una delle sue rare aperture diplomatiche, propose un’ alleanza ad O’ Banion per eliminare altre parti fastidiose. Pur non fidandosi degli italoamericani, essendo peraltro bersaglio dei Genna, che volevano ucciderlo perché si impossessava dei loro camion carichi di alcolici, O’ Banion accettò ed ebbe inizio la penetrazione a Cicero, alla quale in un primo momento O’ Donnell non reagì. I Genna domandarono a Mike Merlo, nuovo presidente dell’ Unione Siciliana, il permesso di uccidere O’ Banion, ma questi rifiutò non volendo provocare una guerra. Le cose però peggiorarono drammaticamente in vista delle elezioni del 4 novembre 1924 quando i cittadini di Chicago e di tutto l’ Illinois furono chiamati a scegliere i propri rappresentanti. Tutte le cosche sostennero attivamente quei candidati che avrebbero meglio protetto i propri interessi, e in città si scatenò prontamente il finimondo, un inferno di inarrestabile violenza in cui ogni giorno qualcuno cadeva ucciso: si contarono decine di morti, tra i quali spiccava Frank, fratello di Scarface, abbattuto durante uno scontro a fuoco con la polizia. In quei momenti turbolenti l’ alleanza tra Torrio e O’ Banion, già piuttosto fragile, venne meno, e i Genna riuscirono a conquistarsi una posizione di potere, imponendo un giro d’ affari di tutto riguardo grazie anche al continuo arrivo di parenti e compaesani dall’ Italia, una presenza numerica notevole che li fece presto diventare i rappresentanti più importanti della Little Italy di Chicago. Tra una mazzetta e l’ altra riuscirono anche a farsi strada nel mondo politico della città, tanto da vincere l’ appalto per la produzione industriale di alcol per l’ intero Illinois, una vera miniera d’ oro per chi contrabbandava alcolici: i distillati, infatti, secondo la legge potevano essere prescritti come medicinali con un limite di una pinta ogni dieci giorni. A differenza di tutte le altre organizzazioni mafiose, i fratelli Genna producevano alcolici non in grossi capannoni, ma in minuscoli impianti tenuti in casa dai vari affiliati, tattica che rese difficile contromosse da parte degli avversari.
Mae e Albert Francis, moglie e figlio di Capone;

I Genna e la Chicago Outfit capirono che insieme avrebbero potuto sbarazzarsi degli O’ Donnel, ma al tempo stesso erano coscienti che l’ alleanza sarebbe venuta meno il giorno in cui sarebbero rimasti soli. Nel giro di qualche mese la banda degli O’ Donnell venne sgominata e costretta ad abbandonare Cicero. Ebbero luogo sei omicidi di cui la polizia non trovò prove contro la Chicago Outfit e neppure contro i Genna.
La caduta degli O’ Donnell favorì un momento di insperata quiete in città, ma il 10 novembre del 1924 Dion O’ Banion venne ucciso con cinque colpi di pistola nel suo negozio di fiori da ignoti, qualcuno che molto probabilmente considerava amico. Al suo funerale parteciparono quasi trentamila persone, e l’ opinione pubblica si scagliò contro la Chicago Outfit e i Genna, in quanto poco tempo prima con uno stratagemma aveva mandato Torrio in prigione. Sebbene le responsabilità e il movente di questo nuovo omicidio non vennero mai accertate, il semplice sospetto bastò a far riesplodere la guerra tra bande: Hymie Weiss, un immigrato polacco alle dipendenze di O’ Banion, assunse il comando dell’ organizzazione e si scatenò contro tutti, mentre il successivo 12 gennaio 1925, Capone sfuggì per miracolo ad un attentato, a differenza di un suo autista che venne ferito mortalmente e un altro che fu torturato. Scarface aumentò la consistenza della propria scorta e ordinò una nuova automobile completamente piombata, un mezzo che pesava oltre sette tonnellate. Cercò anche di stipulare un’ assicurazione sulla vita, ma non trovò mai nessuno disposto a concedergliela, e il successivo 24 gennaio lo stesso Torrio, mentre tornava in automobile al suo appartamento al 7106 sulla South Clyde Avenue dagli acquisti con la moglie Anna Jacob, di provenienza ebraica, subì un grave attentato nel quale fu colpito da una raffica di colpi che lo ferirono alla mascella, al petto, all’ inguine, alle gambe e all’ addome. Uno dei sicari tentò di sferrargli il colpo di grazia, sparandogli alla testa, ma rimase senza pallottole. Giunto in ospedale in condizioni disperate, riuscì incredibilmente a sopravvivere: nel mese di maggio, non appena si ristabilì, fu condannato ad un anno con la condizionale per un reato minore, e scosso dal rischio di morte si convinse a ritirarsi cedendo il comando a Capone, trasferendosi poi in Italia con sua moglie e sua madre, dove non ebbe mai più contatti diretti col crimine organizzato.
Capone e la madre, Teresa;


Ormai al comando di un vasto e saldo impero criminale, Scarface, che dal 1923 viveva sotto l’ attenta sorveglianza dei suoi sgherri in una bella casa al 7244 Prairie Avenue, acquistata per cinquemila dollari e in cui risiedeva con la moglie e il figlio, la madre e altri parenti, si trovò presto in una posizione estremamente precaria, che fronteggiò con scaltrezza e brutalità. Fu vittima di una dozzina di tentativi di assassinio da parte di Weiss, che, convinto di aver già dato un colpo di grazia alla Chicago Outfit, rivolse la propria attenzione ai Genna, che decimò.Capone ne approfittò per consolidare la propria posizione, compiendo alcuni delitti particolarmente cruenti che gli valsero una certa notorietà: a dicembre uccise un delinquente di nome Richard Lonergan e due suoi uomini, che erano entrati in un centro di Frankie Yale a Brooklyn e lo avevano pesantemente insultato mentre si trovava lì come ospite, mentre nell’ aprile 1926 il procuratore William H. McSwiggin, giovanissimo procuratore che aveva la fama di duro e incorruttibile, desideroso di porre fine a quella sorta di vuoto di legalità in cui la città era caduta e che in passato lo aveva accusato di omicidio, venne assassinato in un bar di Cicero mentre era in compagnia di Klondike O’ Donnell, acerrimo nemico di Scarface, che però riuscì a salvarsi. L’ assassinio di un funzionario della giustizia ovviamente provocò un putiferio infernale, e il capomafia italoamericano fu costretto a fuggire a Lansing, in Michigan, per poi rientrare a Chicago in luglio per affrontare svariate accuse di omicidio, che decaddero in quanto le autorità non avevano prove sufficienti, e complice una campagna di maldicenze a danno dello stesso McSwiggin, additato come amico d’ infanzia di un noto sicario e ucciso mentre era in compagnia di un malvivente. Il successivo 20 settembre uscì illeso da un nuovo agguato compiuto da un gruppo di fuoco di Weiss presso il suo quartier generale all’ Hawthorne Hotel di Cicero, e propose una tregua alla North Side Gang, che Weiss rifiutò: l’ 11 ottobre 1926 la faida si chiuse con la sua uccisione insieme a quattro dei suoi uomini, massacrati da un commando di sicari armati di mitragliatrici.
L’ automobile di Capone;


Rimasto senza rivali, Scarface si impegnò a diversificare le attività della sua cosca, anticipando il momento in cui, prevedibilmente, il Proibizionismo sarebbe stato revocato facendo tornare legale i prodotti alcolici, potenziando i molti bordelli e le bische, nonché gli interessi legati all’ usura, alla ricettazione, alle estorsioni e al controllo dei sindacati. Creò un clima di terrore tra i bar cittadini, i quali venivano fatti furiosamente esplodere se avessero rifiutato di rifornirsi dei suoi carici di alcol. Quando gli scontri tra bande ripresero con una certa violenza, scelse per prudenza di spostare le attività a Cicero, zona difficile da raggiungere per i suoi nemici, i quali però continuarono a progettare attentati contro di lui e i suoi scagnozzi.
Da quando Angelo Genna, presidente dell’ Unione Siciliana di Chicago, era stato ucciso il 26 maggio 1925 da un commando di tre uomini di cui faceva parte l’ ormai defunto Weiss, Capone pensava di mettere a capo dell’ organizzazione un suo uomo, Tony Lombardo. Tutto sembrava a posto, ma il giorno delle elezioni qualcuno cambiò le carte in tavola, portando all’ elezione di Sam Amatuna, che venne ucciso dopo una breve presidenza a colpi di mazza mentre si trovava dal barbiere, seguito da Eddie Zion e a Bummy Goldstein, i principali artefici della sua ascesa. Ovviamente, a qual punto la presidenza spettò a Lombardo. Chicago sembrava giunta a una sorta di equilibrio, e il capomafia investì parte dei ricavati delle attività illecite in altre del tutto legali, separando con grande attenzione le gestioni contabili arrivando presto a contare su introiti di copertura pari a quelli illegali.
Capone e il figlio, circondati dalla scorta, a una partita di baseball;

Nel 1927, Capone trovò finalmente un importante alleato politico: dopo quattro anni durante i quali il sindaco William E. Dever, aderente al Partito Democratico, aveva perseguito con una certa durezza la criminalità, l’ ex sindaco William Hale Thompson, membro del Partito Repubblicano, si ricandidò facendo intendere che sarebbe stato più morbido con determinate attività illegali. Il mafioso gli fece una donazione di duecentocinquantamila dollari e contribuì alla sua stretta vittoria su Dever alle elezioni. Un anno dopo, i repubblicani tennero le primarie per il Senato e per il candidato a governatore dell’ Illinois: da un giorno all’ altro si verificò una lunga serie di attentati politici i cui dettagli fecero facilmente comprendere le alleanze e i clientelismi dei vari uomini politici locali, nonché i loro rapporti con le principali cosche. Il giorno delle elezioni, la Chicago Outfit mise numerose bombe nei seggi dove erano favoriti i candidati in opposizione a quelli sostenuti dal sindaco Thompson, causando la morte di quindici persone, e compì un attentato in cui cadde un candidato popolare soprattutto tra gli afroamericani. James Belcastro, il principale sicario che aveva compiuto gli attentati per Capone, fu accusato insieme ad alcuni poliziotti corrotti, ma nessuno di loro fu processato perché i testimoni più importanti ritrattarono le loro deposizioni. La situazione a Chicago era talmente grave che Thompson consigliò a Capone di lasciare la città, da ormai troppo tempo sotto i riflettori per il tasso notevole di criminalità e per l’ impudenza ormai leggendaria delle cosche, e sebbene a suo carico non pendessero accuse ufficiali, Scarface era unanimemente considerato il principale responsabile di questo clima malsano, ordinando innumerevoli uccisioni, spesso di semplici testimoni scomodi, per le quali non poteva essere incriminato in quanto aveva ideato una tecnica specialistica consistente nel prendere in locazione un appartamento di fronte alla casa della vittima per poi colpirla con fucili di precisione da tiratori altamente qualificati.
All’ interno dell’ Unione Siciliana, costantemente alle prese con le rivalità tra una cosca mafiosa e l’ altra e l’ immenso afflusso di denaro ad esse connesse, tornarono presto a farsi sentire, e Joe Aiello, uomo manovrato dal presidente della sezione newyorchese, Frankie Yale, prese a muoversi contro Capone. Yale da qualche tempo rapinava i camion del capomafia di Chicago prima che questi lasciassero New York, e arrivò ad organizzare una spedizione di quattro sicari incaricati di ucciderlo, ma lui, avvisato dalla sua rete informativa, fece ritrovare i loro cadaveri in un fossato la mattina seguente il loro arrivo, invitando poi Yale a cambiare alleanze a Chicago. Per meglio seguire le mosse del suo vecchio compagno di crimine inviò a New York un proprio uomo di fiducia, James De Amato, che nemmeno un mese dopo venne ucciso da una bomba a mano che era stato costretto ad ingoiare. Qualche giorno dopo, Yale ricevette un biglietto: «Per De Amato avrai presto una risposta.».
Il pomeriggio del 1 luglio 1928, mentre passeggiava per strada, Yale venne investito da un’ automobile da cui scesero quattro uomini che lo crivellarono di colpi di mitragliatrice. Sul luogo del delitto, Scarface fece beffardamente trovare un’ arma che aveva acquistato una settimana prima e di cui aveva denunciato la scomparsa il giorno stesso. I newyorchesi non perdonarono questo assassinio, e il successivo 7 settembre uccisero Tony Lombardo, il cui posto di presidente dell’ Unione Siciliana a Chicago fu preso da Pasquale Lolordo, che qualche mese dopo venne a sua volta ucciso da alcuni visitatori che lo andarono a trovare a casa. Stessa sorte toccò anche ad Aiello, mentre Phil D’ Andrea, uomo di Capone, ebbe maggiore fortuna reggendo a lungo la carica e morendo molto tempo dopo per cause naturali.
L’ Hotel Lexington;

Tra il 1927 e il 1928, Scarface diede luogo a due grandi trasferimenti: spostò il suo quartier generale all’ Hotel Lexington, e iniziò a progettare la vita da pensionato in Florida, dove si fece costruire una villa principesca a Palm Island. Guardato dalla gente comune con un misto di invidia e ammirata soggezione, impressionata dalla sua vista quale abitazione adatta ad un signore ricco e potente, il Lexington divenne il cuore di un’ organizzazione pressoché perfetta, che faceva guadagnare a Capone oltre cento milioni di dollari annui soltanto con le attività legate alla protezione. Sempre più potente e temuto, il mafioso era ormai una figura leggendaria dal vanitoso comportamento mondano, circondato da un torvo cordone di scherani e astuti avvocati, trincerato in una salda e intricata rete di influenze e omertà. Il suo stile di vita era estremamente lussuoso e spudoratamente esibito. Tra le tante voci che si mormoravano, si racconta che in occasione di un suo compleanno fece rapire il grande pianista jazz Fats Waller, che fece suonare per tre giorni consecutivi al termine dei quali lo congedò su un’ auto ormai ubriaco e pieno di soldi. Quando andava alle partite di baseball o all’ opera, di cui era grande amante, comprava decine di biglietti facendosi accompagnare dai suoi scagnozzi. Dall’ altra parte, però, quest’ uomo sanguinario dall’ indole rabbiosa coltivò svariate attività filantropiche che i detrattori definirono puramente demagogiche, sebbene pare che fossero mosse da un animo sincero: la drammatica Grande depressione del 1929 gettò nella povertà milioni di statunitensi, provocandone letteralmente la fame, e Scarface ordinò alle sue aziende lecite della ristorazione e dell’ abbigliamento di distribuire gratuitamente ogni giorno vitto e vestiario ai bisognosi.
Secondo la leggenda, questo turpe individuo amava ripetere: «Si ottiene di più con una parola gentile e una pistola in mano che solo con una parola gentile.». In realtà, tale affermazione è del celebre comico Irwin Corey, che nel 1953, durante un monologo disse: «La mia filosofia è che si può ottenere di più con una parola gentile e una pistola che solo con una parola gentile.». In seguito, nel luglio 1969, l’ aforisma fu pubblicato su Parade Magazine in una raccolta di frasi umoristiche dell’ artista, che lo indicò come una citazione di Capone probabilmente solo per aumentare l’ effetto comico, e nel 1987 ottenne grande fama con il film «The Untouchables - Gli intoccabili» in cui il mafioso, interpretato da Robert De Niro, afferma tali parole durante un’ intervista.
La strage di San Valentino;

L’ anno 1929 si aprì con uno dei fatti di sangue più famigerati di tutto il Novecento: la strage di San Valentino, con cui Capone si sbarazzò una volta per tutte dei nemici irlandesi. La mattina del 14 febbraio, alcuni uomini della Chicago Outfit, travestiti da poliziotti, fecero irruzione in un magazzino della banda di Bugs Moran, facendo allineare contro un muro sette uomini e uccidendoli a sangue freddo con i mitragliatori. L’ unico sopravvissuto alla strage fu proprio Moran, in quanto assomigliava moltissimo ad Al Weishank, che molto probabilmente fu ucciso al posto suo: fuggì da Chicago il giorno stesso e non vi tornò mai più. La vecchia cricca di Dean O’ Banion ora non esisteva più, e ogni cadavere venne trovato in una copiosa pozza di sangue colpito da almeno cinquanta proiettili, come monito contro chiunque in futuro avesse osato pensare di sgarrare contro Scarface, che per qualche venne ritenuto estraneo alla strage, in parte perché quello stesso giorno si trovava a Miami, convocato da un giudice federale che voleva vederci chiaro sui suoi introiti, ma anche perché alcuni testimoni oculari avevano visto aggirarsi attorno al garage, sia prima che dopo l’ esecuzione, una pattuglia della polizia: per anni la tesi secondo cui alcuni esponenti delle forze dell’ ordine avessero deciso di chiudere la bocca di gente che sapeva troppo sugli affari legati al contrabbando di alcol ebbe moltissimi sostenitori, e solo nel 1969, un vecchio malvivente di nome Alphonse Karpis, avrebbe confermato che la paternità dell’ azione era di Capone. Tuttavia, per il mafioso italoamericano i regolamenti di conti non erano ancora finiti, perché alcuni mesi dopo, il 7 maggio, i cadaveri di tre suoi luogotenenti siciliani vennero trovati in mezzo alla campagna. Capone infatti sospettava che qualcuno stesse complottando contro di lui in modo di formare un fronte di siciliani, e secondo le voci fu lui stesso ad ucciderli con una mazza da baseball durante una cena a cui partecipò il consiglio superiore della sua organizzazione.
Capone e i suoi due avvocati;

Dopo un breve arresto per porto abusivo di arma da fuoco, la sua carriera
ma si avviò inesorabilmente verso un rapido tramonto. I suoi metodi sbrigativi e sanguinari non piacevano a molti, e così i vertici di Cosa Nostra statunitense decisero di tenere un incontro ad Atlantic City con lo scopo ufficiale di adottare un nuovo atteggiamento, cercando di contenere il compare di Chicago: tra il 13 e il 17 maggio i più alti esponenti del crimine organizzato di tutta la Costa Orientale si incontrò all’ Hotel President in una riunione che dopo le parole e i convenevoli di rito sancì una spaccatura di metodi tra Scarface e gli altri, la cui opposizione si coagulò attorno al capo più potente del momento, Joe Masseria. Alla Città del Vento, frattanto, le cose iniziarono a prendere una brutta piega a causa di un’ inchiesta voluta dall’ FBI e dal Dipartimento del tesoro al fine di trovare un modo di incriminarlo, e dalla presenza in continuo aumento nella sua organizzazione di italiani di provenienza newyorkese. Fino ad allora, Capone non era stato visto con troppa ostilità dai chicagoans: praticamente tutti volevano bere alcolici, e potevano farlo grazie a lui, che veniva visto come un novello Robin Hood anche per le frequenti donazioni in beneficenza. La gente lo adorava come una celebrità, tanto che quando andava in luoghi pubblici come lo stadio veniva accolto da applausi e acclamazioni. Lui stesso affermava di essere più un benefattore che un criminale, e che gli omicidi e i regolamenti di conti erano semplicemente parte dei suoi affari. Riceveva la gente in un opulento studio in stile rinascimentale, fumando le sigarette al mentolo che tanto amava. Nella biblioteca attigua, sui ripiani della quale si allineavano collezioni di libri erotici antichi, trattati commerciali, volumi di enologia, di strategia navale e gran numero di opere su Napoleone, personaggio che ammirava al punto da affermare spesso che se si fossero conosciuti si sarebbero compresi al volo. Ma con l’ aumento costante della violenza le cose erano ormai più difficili, ed erano precipitate con le drammatiche primarie del 1928 e il massacro di San Valentino: il sostegno da parte della città era drasticamente diminuito, anche a causa dello sbandieramento della sua vita opulenta nei giorni del crollo di Wall Street, che aveva sconvolto l’ economia mondiale impoverendo la classe media. Il mafioso ora rappresentava un peso per tutti, un problema da risolvere con una certa urgenza: nel 1930, venne inserito nella lista dei maggiori ricercati dell’ FBI e dichiarato «Nemico pubblico numero uno» della città di Chicago, una denominazione attribuita a criminali ritenuti un grave pericolo per la società in un periodo in cui la criminalità era ammantata da un alone di leggenda e romanticismo.
A Washington, il nuovo Presidente degli Stati Uniti, Herbert Clark Hoover, affidò al Segretario al Tesoro, Andrew Mellon, il difficile compito di arrestare Scarface, che si decise di attaccare su due fronti: una prima indagine avrebbe stabilito se ci fosse stato il modo di incastrarlo per reati fiscali, mentre una seconda squadra interna al Bureau of Prohibition avrebbe indebolito la Chicago Outfit con continue incursioni e sequestri, anche per dimostrare agli elettori che il governo federale si era seriamente impegnato a risolvere il problema. L’ obiettivo principale consisteva nel privare Capone dei ricavi necessari a pagare l’ organizzazione e la protezione e influenza di cui godeva in polizia, nella municipalità chicagoans e nei sindacati. Il Dipartimento del Tesoro predispose una squadra di cui affidò il comando ad Eliot Ness, che presto vennero soprannominati «Intoccabili» per aver rifiutato la proposta del capomafia presentata tramite un aldermanno corrotto.
La villa di Capone a Miami;

Colpire Scarface fu prevedibilmente molto arduo a causa della sua capacità nel non lasciare prove o indizi sulla scena delle uccisioni e del contrabbando, e della difesa omertosa che gli procurava sempre un valido alibi. In ambito politico, pertanto, si dibatté sull’ opportunità di tassare i redditi provenienti da attività illegali, complice una sentenza della Corte Suprema che sebbene avesse stabilito che il Quinto Emendamento, che garantisce il diritto di non dichiararsi colpevoli per i propri reati, non permetteva di evadere le tasse sui propri ricavi: i soldi sporchi guadagnati dovevano comunque essere dichiarati al fisco, anche se questo in pratica equivaleva a denunciarsi. Il decreto apriva un utilissimo spiraglio per incriminare il mafioso per reati fiscali, dato che i suoi enormi guadagni illegali non venivano dichiarati al governo. Gli investigatori, guidati da Frank Wilson, verificarono che Capone non firmava mai di persona gli assegni per le attività illegali, ma poterono ricostruire una lunga serie di acquisti di lusso e spese stravaganti incompatibili con il suo reddito dichiarato. Non era tuttavia sufficiente per formulare un’ accusa, in quanto occorreva dimostrare che vantava un reddito superiore a quello dichiarato. Ness e gli Intoccabili si misero alle costole di Scarface analizzando ogni minimo movimento finanziario sospetto, ma il mafioso agiva sempre attentamente tramite prestanome e la contabilità era gestita tramite cifrari, cosa che gli permetteva una certa tranquillità, almeno finché non venne casualmente rinvenuto un foglietto su cui si citava il suo nome: fu la chiave di volta dell’ intera operazione, un errore che venne sfruttato per collegare fra loro moltissime prove già raccolte ed allestire un piano accusatorio molto vasto, che portò il malavitoso ad un rinvio a giudizio per evasione fiscale, con ben ventitré capi d’ accusa.
Nel 1930, dopo lunghi mesi di indagini, un avvocato di Capone contattò il Dipartimento del Tesoro per chiedere di negoziare il suo debito verso il fisco. Wilson interrogò l’ imputato, che negò di avere un reddito sostanzioso, e uscendo domandò: «Come sta sua moglie, Wilson? Si assicuri di prendersene cura». Il funzionario ovviamente non si fece intimidire dalle minacce e continuò le indagini: qualche mese dopo l’ avvocato gli consegnò una lettera in cui Scarface ammetteva di non aver dichiarato redditi fino a centomila dollari tra il 1928 e il 1929, sperando di trovare un accordo e patteggiare una piccola pena, ma a sorpresa il giudice James Wilkerson, che seguiva il caso, decise di portare tutto in tribunale. Un informatore della squadra del magistrato, uno dei pochissimi che si era fatto avanti per parlare, avvertì che il mafioso stava sfruttando la propria influenza nell’ amministrazione di Chicago per corrompere la giuria del processo, che non era ancora stata ufficializzata. Quando gli fu consegnata la lista, Wilkerson si accorse che i nomi corrispondevano a quelli fatti dall’ informatore: il giorno del processo, entrò quindi in aula e richiese uno scambio di giurie, potendo quindi stabilire anche che la lettera presentata dal difensore di Capone, in cui l’ imputato ammetteva di non aver dichiarato decine di migliaia di dollari, era ammissibile come confessione di colpevolezza, sebbene i dettagli contenuti non potevano essere considerati come prove dai giurati. La difesa espose una presunta dipendenza di Scarface dal gioco d’ azzardo, la stessa che gli aveva fatto perdere decine di migliaia di dollari che pertanto non aveva dichiarato, ma non funzionò: il 18 ottobre 1931 Al Capone fu condannato per evasione fiscale ad undici anni di carcere. Fu la più lunga condanna mai emessa per tale infrazione.
La prigione di Alcatraz;

La condanna del signore della malavita fu la fine di un’ epoca. Fu mandato al penitenziario di Atlanta, in Georgia, la più dura delle carceri statunitensi di allora, ma in essa disponeva di lussi e privilegi e continuava liberamente a gestire i suoi interessi. Nell’ agosto 1934 fu pertanto trasferito alla cella 85 del nuovo carcere di Alcatraz, isola al largo della baia di San Francisco, ove venivano mandati i detenuti peggiori delle altre prigioni: ivi, il detenuto ricevette un trattamento severo, e tutti i suoi contatti con l’ esterno vennero interrotti, non lasciandogli altra speranza se non quella dei benefici per la buona condotta. Divenne pertanto un detenuto modello, evitando di farsi coinvolgere in rivolte ed isolandosi dagli altri prigionieri.
Dopo nove anni di reclusione nella leggendaria galera, con il numero di matricola 40886, la sua salute crollò rapidamente a causa della sifilide, contratta durante un rapporto sessuale con una delle sue prostitute, dalla demenza da essa provocata e dalla gonorrea. Dopo un periodo trascorso nell’ ospedale della prigione, nel gennaio 1939 fu trasferito in un carcere di bassa sicurezza a Los Angeles, e qualche mese dopo venne rilasciato. Si trasferì a Palm Beach, nella proprietà dove aveva passato gran parte della sua vita quando non era a Chicago: ormai la malattia mentale lo aveva reso quasi totalmente incapace di intendere e di volere. In Illinois, frattanto, la Chicago Outfit aveva continuato le attività pur mantenendo un profilo più basso e riducendo la violenza. Gli affari legati alla prostituzione e al gioco erano continuati senza scossoni anche dopo la revoca del Proibizionismo, il 5 dicembre 1933, voluta dal Presidente Roosevelt.
Capone visse i suoi ultimi anni circondato dalla famiglia e dai suoi scagnozzi più fedeli, rigorosamente tenuto isolato affinché non si corresse il rischio che a causa della demenza si lasciasse scappare qualche rivelazione compromettente in presenza di estranei. Ormai non faceva più paura a nessuno, era un uomo ignorato da tutti, invecchiato dalla prigione e indebolito dalla malattia, che molti ritennero aggravata dal dispiacere per la sconfitta subita e dunque da una degenerazione mentale. Il 25 gennaio 1947 ebbe un colpo apoplettico, e dopo una breve agonia morì di arresto cardiaco nella villa in Florida, ad appena quarantotto anni: sepolto al Mount Carmel Cemetery di Hillside, poco fuori Chicago, sulla sua tomba si può trovare un sigaro fresco lasciato da un ignoto visitatore.
La tomba di Al Capone;

Esprimere quel che Al Capone incarnò con la propria ascesa, le azioni e il declino significa soprattutto descrivere il terreno in cui maturò. Questo signore del crimine dai modi beffardi, plateali e crudeli fu il frutto di una società spietata ed un’ epoca molto difficile, gli Stati Uniti del primo Novecento. In quel tempo, il Nuovo Mondo era sinonimo di speranza, di una forte fiducia secondo cui attraverso il duro lavoro, il coraggio e la determinazione fosse possibile raggiungere un migliore tenore di vita e addirittura la prosperità economica. Il celebre «sogno americano» attirò vaste folle di migranti poverissimi eppure virtuosi da ogni dove, soprattutto Europa, Asia, America latina e Oceania, e che purtroppo videro quasi tutti sfumare le proprie speranze, venendo costretti ad accettare lavori spiacevoli per una retribuzione assai più bassa in confronto a quella che spettava alla cittadinanza statunitense. I migranti divennero veri e propri fuoricasta, soggetti indesiderabili e non assimilabili nella terra promessa che avevano raggiunto dopo un viaggio lungo e scomodo reso possibile da vari e intensi sacrifici spesso compiuti dalle famiglie estese. Solo pochi di loro ebbero l’ opportunità di una vita migliore, mentre altri, come Capone, videro nel crimine l’ occasione di un facile guadagno nel mondo pericoloso della strada, che non dava scampo.
Con tutte le sue turpitudini, le sue uccisioni, i guadagni sporchi, Scarface divenne il simbolo di una nazione corrotta e spregiudicata, disposta a tutto pur di conseguire un risultato. Fu l’ emblema di una società in cui il denaro non basta mai, e che dunque sprona costantemente l’ individuo ad escogitare nuovi metodi pur di garantirne l’ afflusso. Come drammaticamente sostenne il famoso filosofo Laughton Lewis Burdock: «Ammettiamolo: se fosse vero che il crimine non paga, in giro ci sarebbero pochissimi criminali.».

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