Gangchen Rinpoche; |
«Visto che va
tanto di moda il pettegolezzo, io vi porto un pettegolezzo di pace. Il nostro
corpo e la nostra rinascita non sono indipendenti dalle condizioni ambientali e
la cultura violenta di oggi influisce su di noi. Bisogna trovare valori comuni
e la base può essere la pace, un valore che ognuno dovrebbe coltivare dentro di
sé. La pace è la giusta medicina che fa bene alla salute mentale e anche il
messaggio autentico per le future generazioni.» Gangchen Rinpoche;
Secondo
la tradizione, e così come viene riferito nel canone pāli, la più antica raccolta
di testi buddhisti pervenuta integralmente fino ad oggi, nel 530 prima di
Cristo, il principe Siddhattha Gotama, che a seguito di un’ intensa ascesi
spirituale scandita da faticosi autocontrolli fisici e intense meditazioni aveva da
poco raggiunto il Risveglio ai piedi di un albero di pippal nei pressi di Bodh
Gaya, nell’ India settentrionale, giunse a Benares, a circa dieci chilometri a
nord di Varanasi, la città sacra degli induisti, meta costante di pellegrinaggi
votivi, ove tenne il Dhammacakkappavattanasutta, ossia il
Discorso di Benares, il suo primo insegnamento, rivolto ai a cinque discepoli
di famiglia brahmanica con cui precedentemente aveva condiviso alcune severe
pratiche ascetiche volte alla realizzazione della buddhità, ma senza successo.
In tale discorso, sutta in lingua pāli,
spiegò i principi delle Quattro Nobili Verità, secondo le quali la sofferenza
esiste, trae la sua origine nel desiderio egoistico e cessa eliminando l’ ego attraverso
il Nobile Ottuplice Sentiero, una via di addestramento spirituale basata su di
un’ esistenza virtuosa orientata alla rettitudine: retta comprensione, retto
pensiero, retta parola, retta azione, retta condotta di vita, retto sforzo, retta
consapevolezza, retta concentrazione.
Nei
duemilacinquecento anni dalla venuta del Buddha Śākyamuni, come Siddhattha venne
ricordato a seguito di questo originario sermone, il suo insegnamento, detto Buddhadharma
oppure Buddhismo, si è suddiviso in numerose scuole di pensiero ciascuna contraddistinta
da specifiche tecniche meditative e visioni mistiche, tuttavia accomunate dalla
stessa filosofia di base, nonché dalla dottrina del Nobile Ottuplice Sentiero,
che ha preservato per intero il proprio valore tanto per i maestri e i monaci
quanto per i praticanti laici. A onor del vero, appare evidente quanto non sia
necessario aderire ad una religione o ad una filosofia in particolare per
comprendere che un’ esistenza lontana dagli eccessi tanto del piacere quanto
dell’ ascetismo sia la migliore se si vuole trascorrere una vita serena, priva
di dolore inutile: dalla culla alla tomba si affronta già abbastanza sofferenza,
senza bisogno di cercarne altra con una condotta inadeguata o eccessiva. Saggezza, moralità e disciplina mentale sono pertanto
valori universali che ogni persona, credente o no, può e deve sviluppare per
essere felice e possibilmente contribuire al bene di chi la circonda. Chi
invece sceglie di aderire ad una particolare religione dovrebbe seguirne diligentemente
i principi, e i maestri che la tramandano alle nuove generazioni dovrebbero
dare per primi l’ esempio praticando tutto ciò che insegnano. E’ un dato di
fatto che le guide spirituali godono di enorme potere, in quanto possono
influenzare assai facilmente il pensiero di moltissime persone presentandosi
abbigliati in un determinato modo, esponendo idee filosofiche esotiche e
complesse, promettendo miracoli tramite poteri maturati durante intensi ritiri
spirituali nel cui corso hanno padroneggiato tecniche meditative articolate e misteriose
trasmesse in segreto da maestro a discepolo.
Durante il Novecento, tutte le scuole
buddhiste hanno suscitato un profondo interesse in Occidente, incuriosendo studiosi
e gente comune e riscuotendo generali consensi tra la popolazione,
prevalentemente di tradizione cristiana, quale modo di vivere pacifico in armonia
con tutte le cose viventi, animato in modo particolare dal principio della
reincarnazione, secondo il quale ogni essere che muore rinasce in eterno assumendo
forme e sesso differenti fino al compimento della buddhità, la piena
maturazione spirituale sull’ esempio del Buddha Śākyamuni che apre le porte del
Nirvana, stato di perfetta beatitudine che porta alla cessazione della
sofferenza e quindi del ciclo di nascita, morte e rinascita alla base dell’
esistenza. Il Buddhismo tibetano è oggi una delle scuole più note e seguite a
livello mondiale, complice l’ invasione del Tibet tra il 1950 e il 1959 da parte
della Repubblica Popolare Cinese, le cui dure condizioni costrinsero il XIV
Dalai Lama a rifugiarsi in India settentrionale, a Dharamsala, ove, sostenuto
dal governo di Nuova Delhi, lavora costantemente per promuovere la causa del suo Paese pur
senza scagliare l’ opinione pubblica mondiale contro la Cina comunista. Molto
attivo a vantaggio dei rifugiati tibetani di ogni classe sociale ed età che
ogni anno sfuggono tuttora alla proverbiale rigidità del sistema cinese,
procurando tutto ciò che occorre loro per vivere e integrarsi nella nuova nazione,
l’ Oceano di Saggezza, traduzione letterale del suo titolo nelle lingue occidentali,
sostiene da sempre una lotta basata sulla nonviolenza e la disobbedienza civile
sull’ esempio del Mahatma Gandhi, di cui si definisce tuttora un grandissimo ammiratore,
e negli Anni Settanta visitò per la prima volta l’ Occidente, impegnandosi nella
divulgazione a livello internazionale del dramma del suo popolo e condividendo insieme
ad altri lama e monaci i principi della tradizione buddhista tibetana, contribuendo
alla fondazione di monasteri e centri spirituali che da allora sono aumentati
per numero e importanza. I più noti di questi luoghi di trasmissione e pratica
sono i centri legati alla Fondazione per la Preservazione della Tradizione Mahayana,
quelli del movimento Rigpa nonché quelli del Buddhismo della Via di Diamante, ispirati
a tutte e quattro le scuole di pensiero sorte durante i secoli in Tibet.
In Italia in particolare è presente l’ Unione
buddhista italiana, un’ associazione formata da centri e associazioni confessionali
che operano sul territorio, il cui impegno portò nel 2012, dopo un lungo
percorso, all’ approvazione da parte dello Stato di un’ intesa nella quale il
Buddhismo venne riconosciuto ufficialmente tra le religioni praticate dal
popolo italiano e non più soltanto dalle minoranze di provenienza asiatica,
cosa che consentì di devolvere l’ Otto per mille a favore dei centri e al sostentamento
dei monaci e dei maestri di ogni tradizione.
Gangchen Rinpoche in ricche vesti; |
Nel variegato panorama buddhista italiano
spicca l’ attività di un particolare lama tibetano, Gangchen Rinpoche, nominato
Messaggero di pace dalle Nazioni Unite e molto impegnato come guaritore, famoso
per la sua amicizia con vari volti noti dello spettacolo, soprattutto Marco
Columbro, a capo di un movimento dalla consistente e articolata struttura
organizzativa. Una figura purtroppo assai controversa all’ interno del mondo
tibetano, che essendo stato retto per secoli da una teocrazia risulta
ovviamente soggetto a dinamiche politiche, sociali e spirituali ben più
complesse e meno ovvie di quanto la propaganda solitamente lasci intendere. Da molti
anni è in dissidio con il Dalai Lama a causa di una forte controversia
spirituale dalle dinamiche tutt’ altro che semplici e scontate, che ad un certo
punto lo ha visto stringere intensi legami con le autorità cinesi, contribuendo
ad animare non poco la già penosa questione tibetana e portando ancora una volta
a domandarsi se il fine giustifichi i mezzi…
Nato in una famiglia di contadini di
Dakshu, minuscolo villaggio dello Tsang, regione del Tibet occidentale, all’ età
di tre anni venne riconosciuto come la reincarnazione di Kacen Sapenla, un
famoso lama guaritore appartenente a un antico lignaggio di maestri reincarnati
iniziato con Darikapa, uno degli ottantaquattro maggiori Mahāsiddha venerati in
Tibet, e in cui figurano Zango Tashi, uno degli abati del Monastero di Tashilhunpo,
residenza del Panchen Lama, la seconda figura più importante in Tibet dopo il
Dalai Lama, e molti lama che in vita ebbero rapporti stretti con i vari Panchen
Lama.
A cinque anni entrò come novizio di scuola
Gelug, la stessa dei Dalai e dei Panchen Lama, nel Monastero Gangchen
Choepeling, distante dodici chilometri dal villaggio natio, ove fu ribattezzato
Thinley Yarpel Lama Shresta, oppure Gangchen Rinpoche, ossia «il Prezioso di
Gangchen», e iniziò la propria educazione religiosa tradizionale sotto la guida
di alcuni grandi lama quali Song Rinpoche e in particolare Trijang Rinpoche, una
personalità molto potente e rispettata in quanto insegnante giovane del XIV
Dalai Lama. Il suo percorso di studi lo portò a ricevere tutte le maggiori
iniziazioni meditative e rituali tipiche della sua scuola, soprattutto quella
del Buddha della Medicina, in conformità alla sua preparazione quale futuro
lama guaritore. Successivamente si trasferì a Tashilhunpo, distante quaranta
chilometri da Dakshu, dove nel corso di un’ antica cerimonia ricevette appena
dodicenne l’ importante titolo di kacen, normalmente conferito dopo circa venti
anni di studi. Fino all’ età di diciotto anni condusse gli studi di filosofia,
meditazione, medicina e astrologia dividendosi tra Tashilhunpo e il Monastero
di Sera, a Lhasa, capitale del Regno delle Montagne.
Con l’ invasione del Tibet da parte della
Repubblica Popolare Cinese, a cavallo degli Anni Cinquanta, Gangchen Rinpoche
venne imprigionato e costretto ai lavori forzati analogamente a molti monaci e
lama, oltre che nobili e gente comune, ma nel 1963 fu in grado di raggiungere l’
India, che dal 1959 dava asilo al Dalai Lama e al governo tibetano in esilio,
dove completò i suoi studi in uno dei molti monasteri riedificati al di fuori
della terra natia al fine di garantire la sopravvivenza del Buddhismo tibetano.
Nel 1970 ricevette il titolo di Ghesce Rigram al Monastero di Sera, e in
seguito lavorò come lama guaritore presso le comunità tibetane in India, Nepal
e soprattutto in Sikkim, dove divenne medico dei Namgyal, la famiglia reale.
Dal 1981 iniziò a viaggiare in tutto il
mondo, Europa soprattutto, insegnando varie pratiche di meditazione e il mantra
del Buddha Śākyamuni, oltre che i concetti legati all’ educazione alla pace
interiore e la cura dell’ ambiente, guarendo e guidando vari pellegrinaggi nei
luoghi sacri più importanti delle diverse religioni del mondo, dedicandosi inoltre
ad un progetto di integrazione fra la medicina tibetana e l’ allopatia. Nel
1983 si stabilì permanentemente in Italia, risiedendo dapprincipio a Gubbio e
poi a Milano, iniziando a dare regolari insegnamenti in grandi centri come l’ Istituto
Lama Tzong Khapa di Santa Luce e il Ghe Pel Ling di Milano, divenendo molto
popolare in Occidente. Negli anni incontrò Giovanni Paolo II e Madre Teresa di
Calcutta, e tra i suoi discepoli figurarono presto molte persone famose, tra
uomini di spettacolo e insegnanti.
Dorje Shugden, controversa entità spirituale tibetana; |
Per comprendere meglio la figura di
Gangchen Rinpoche occorre affrontare la vicenda di Dorje Shugden, entità
spirituale al centro di determinate pratiche devozionali e liturgiche delle
scuole tibetane Gelug e Sakya e che fin dagli Anni Settanta costituisce la
causa di un animato dibattito che ha aspramente diviso i tibetani esuli e i
praticanti occidentali della loro tradizione buddhista.
Il Buddhismo tibetano si distingue per la forte presenza di elementi mistici, consistenti soprattutto nell’ interpretazione dei presagi e dei sogni, nonché nella propiziazione degli spiriti buoni e nell’ esorcizzazione di quelli cattivi e nella consultazione degli
oracoli, ossia sensitivi capaci di entrare in trance ospitando in sé le entità divine mettendole in
contatto diretto con i comuni mortali in occasione di importanti decisioni spirituali
e politiche da prendere, come l’ identificazione della reincarnazione di un
lama defunto tra una cerchia di candidati, piuttosto che la definizione dei dettagli di un accordo politico,
diplomatico o commerciale con l’ estero. Gli oracoli in particolare sono un
elemento molto importante della cultura tibetana, in quanto vengono interrogati
per ottenere protezione e guarigione, e si riconosce loro il compito primario
di aiutare i tibetani a praticare correttamente il Buddhadharma. Un tempo in Tibet
si contavano centinaia di oracoli, molti dei quali oggi sono scomparsi, mentre
quelli più importanti, soprattutto quelli consultati dal governo tibetano in
esilio, continuano ad esistere.
Durante il Seicento, a seguito di numerosi
intrighi e instabili alleanze tra i vari potentati locali alternati a violente incursioni
da parte dei mongoli e dei cinesi, il V Dalai Lama, riverito lama reincarnato di
scuola Gelug, coreggente del Monastero di Drepung, a Lhasa, insieme a Tulku Dragpa
Gyaltsen, altro maestro rinato di grande rispetto, unificò per la prima volta
il Tibet con il sostegno mongolo, assumendone l’ autorità sia politica che religiosa,
e per favorire l’ unità nazionale, e dunque consolidando la propria posizione,
comprese di dover esercitare la guida spirituale senza esclusivismi, aprendosi
a tutte e quattro le scuole tibetane, soprattutto la Nyingma,
la più antica, fondata nell’ VIII secolo dal leggendario maestro indiano Padmasambhava.
In risposta, Tulku Dragpa Gyaltsen appoggiò l’
opposizione dell’ ala conservatrice dei lama e monaci che rigettavano l’ entrata
in politica dei Gelug e il miscuglio delle loro discipline spirituali con lo Dzogchen,
la tecnica meditativa dei Nyingma, nella convinzione
che in tal modo avrebbero contaminato la pura dottrina di lama Tzong Khapa,
il maestro fondatore della loro scuola. Nel 1655, tuttavia, Tulku Dragpa Gyaltsen
venne trovato defunto in circostanze mai chiarite: si parlò di morte naturale a
seguito di una malattia che per qualche tempo lo aveva effettivamente oppresso,
ma anche di assassinio politico ordito dal Reggente del V Dalai Lama per
soffocamento tramite una sciarpa rituale che gli sarebbe stata fatta ingoiare,
in modo tale da rimuovere ogni ostacolo all’ autorità dell’ Oceano di Saggezza.
In ogni caso, secondo la tradizione, lo spirito dello sfortunato insegnante si tramutò
in un’ entità spirituale molto potente, Dorje Shugden, che i suoi discepoli iniziarono
a venerare come dharmapāla, ossia «protettore
del Dharma» in sanscrito, ergendolo a simbolo della purezza della dottrina Gelug
contro qualsivoglia avvicinamento ad altre discipline. Il V Dalai Lama e i suoi
dignitari, invece, lo indicarono come un essere malevolo sorto da preghiere
distorte e tentarono di esorcizzarlo tramite rituali complessi e profondi, ma
senza successo.
Nei successivi due secoli, Dorje Shugden rimase
un protettore di livello minore e marginale, comune nel Tibet meridionale fino alla
fine dell’ Ottocento. Nel 1895, infatti, il XIII Dalai Lama assunse il potere e
si sforzò fin dal primo giorno di restaurare l’ antica importanza politica e
spirituale del proprio lignaggio di reincarnazione, che si era indebolito
profondamente a causa della morte in giovane età dei suoi precessori a partire dall’
VIII. Uomo dal forte carattere e dalle profonde convinzioni, ebbe una lunga vita e seppe sottrarsi all’ influenza dei propri dignitari politici e religiosi, e analogamente al V
Dalai Lama si avvicinò alle pratiche dei Nyingma e tentò
di modernizzare il Tibet sul piano materiale, introducendovi molte recenti
invenzioni occidentali, come l’ elettricità, il telefono e un efficiente
sistema di strade. Molti aristocratici e lama, tuttavia, si opposero fermamente
ai suoi tentativi di apertura e modernizzazione nella convinzione che lo
sviluppo materiale e culturale proveniente dall’ esterno avrebbe messo a
repentaglio la sopravvivenza dell’ insegnamento buddhista, quindi il culto di Dorje
Shugden raggiunse il suo culmine con Pabongka Rinpoche,
il più grande e influente lama Gelug del Novecento: maestro di logica e potente
praticante tantrico, fu un convinto sostenitore del culto dello spirito,
sostenendo che fosse un’ emanazione di Manjuśri, il Buddha della Saggezza,
capace di garantire elevati traguardi sia spirituali che materiali ai
praticanti. Compì un vero e proprio riformismo all’ interno della scuola, ed
essendo il maestro principale di moltissimi lama e monaci trasmise a tutti loro
questa pratica finché il XIII Dalai Lama glielo proibì espressamente, in quanto per sua natura
essa ostacolava qualsivoglia forma di sincretismo ed apertura. Pabongka Rinpoche si attenne alle disposizioni della massima guida spirituale e politica, ma solo pubblicamente: in forma privata, infatti, continuò liberamente a tramandarla a fidati discepoli, specialmente a Trijang Rinpoche,
il suo discepolo prediletto. Nel 1933, alla morte a cinquantotto anni del Grande Tredicesimo, come il Dalai Lama veniva soprannominato, Pabongka
Rinpoche riprese ormai libero da qualsivoglia impedimento a trasmettere l’ iniziazione a ritmi esponenziali
anche ai laici, e ad ogni livello della società tibetana, fino al 1941, quando morì.
Nello stesso anno Trijang Rinpoche, suo erede spirituale, venne scelto come insegnante
giovane del XIV Dalai Lama, nato nel 1935 e riconosciuto ad appena due anni come
reincarnazione del Dalai Lama defunto. Trijang Rinpoche a sua volta trasmise su vasta scala
il culto controverso, iniziando ad esso persino il Dalai Lama, che lo praticò assiduamente
per molto tempo affidandosi in più occasioni al suo oracolo, che in occasione
della fuga in India del 1959 gli indicò la corretta via da seguire per raggiungere
la frontiera senza farsi trovare dai cinesi.
Trijang Rinpoche; |
Durante l’ esilio nel subcontinente
indiano, la comunità tibetana avvertì la particolare esigenza di riunirsi sotto un’ unica
guida come mai prima di allora, quindi i dignitari politici e religiosi
puntarono tutto sul giovane Dalai Lama, che, incoraggiato da Nechung, l’
oracolo di Stato tradizionalmente consultato dai suoi predecessori e dal
governo fin dai tempi del V Dalai Lama, attraverso cui si esprime Pehar, demone
sottomesso da Padmasambhava e convertito in dharmapāla e protettore del governo
tibetano, e su richiesta pare delle più autorevoli guide spirituali delle tre
altre scuole, ossia Nyingma, Kagyu e Sakya, abbandonò definitivamente la
pratica del dharmapāla esclusivo dell’ insegnamento Gelug aprendosi nel contempo agli insegnamenti delle altre tradizioni, simpatizzando particolarmente con le dottrine Nyingma. Nel 1975, tuttavia,
un discepolo di Trijang Rinpoche, Zemey Rinpoche, pubblicò «Il libro giallo»,
in cui descrisse i modi in cui Dorje Shugden in passato aveva castigato i Gelug
che avevano mescolato l’ insegnamento di lama Tzong Khapa con le tecniche Nyingma. Sebbene rigettato da molti tra gli stessi
praticanti di Dorje Shugden, come ghesce Kelsang Gyatso, secondo i quali un essere
illuminato non può fare del male a nessuno, questo testo venne apertamente
condannato dal XIV Dalai Lama, che decise di sconsigliare il culto sia ai
praticanti religiosi che a quelli laici, vietando a chiunque avesse desiderato continuare a praticarlo di partecipare ai suoi insegnamenti e di ricevere da lui iniziazioni, non
volendo intrattenere una relazione disturbata tra maestro e discepolo.
Gangchen Rinpoche e un’ immagine sacra di Dorje Shugden;
|
Alcuni osservatori tibetani sostengono che
sia stato proprio l’ oracolo Nechung a fomentare tale disputa, facendo diventare
Dorje Shugden il capro espiatorio di tutti i mali, e in ogni caso la controversia
non tardò a degenerare in scontri violenti, giungendo alla perquisizione delle
case dei fedeli dello spirito da parte probabilmente degli avversari religiosi,
nonché a numerose aggressioni spesso ricambiate di vari devoti e alla
distruzione di altari e immagini legati al culto. Il governo tibetano in esilio
impose ai monasteri legati alla tradizione di Dorje Shugden una dichiarazione scritta che sancisse una presa di distanza da tale culto, e i
monaci che si rifiutarono di aderire vennero dichiarati traditori. In tale ambiente
di discordia e violenze reciproche, nel febbraio 1997 ghesce Lobsang Gyatso,
amico del XIV Dalai Lama e notoriamente ostile alla tradizione di Dorje Shugden, venne
brutalmente assassinato insieme a due monaci suoi assistenti nella propria abitazione, a poche decine di metri dalla residenza dell’ Oceano di Saggezza. La vicenda
assunse un quadro inquietante non soltanto perché un importante lama era stato ucciso
in modo tanto atroce dopo essersi lungamente scagliato contro i praticanti del
culto, ma anche perché pare che nella vicenda fossero coinvolti alcuni
agenti segreti cinesi che si erano infiltrati con lo scopo di seminare
discordia tra le persone vicine al Dalai Lama, che il governo di Pechino ha
sempre descritto come «un pericoloso reazionario ostile al comunismo e alla
legittima riunificazione del Tibet alla madrepatria cinese».
Il XIV Dalai Lama del Tibet; |
Quando il XIV Dalai Lama espresse l’ invito
ad abbandonare il culto, Gangchen Rinpoche scelse di continuare a praticarlo per
rispetto verso Trijang Rinpoche, l’ insegnante che aveva avuto in comune con la
massima guida politica e spirituale del Tibet, e nel corso del tempo assunse
persino determinati caratteri talmente conservatori che lo portarono ad
avvicinarsi profondamente ai cinesi, coalizzandosi contro il Dalai Lama e il suo governo in
esilio. Le autorità cinesi, infatti, non tardarono a comprendere l’ utilità
strategica delle restrizioni poste dal Dalai Lama al culto di Dorje Shugden, e iniziarono
a sostenere politicamente e finanziariamente tutti quei lama e monaci che
avrebbero scelto di preservarlo in rispetto dei voti ricevuti dai propri
maestri, accusando il Dalai Lama e i suoi dignitari politici e spirituali di
sopprimere la libertà religiosa.
Durante l’ occupazione del Tibet nel corso
degli Anni Cinquanta e dopo la fuga del Dalai Lama in India nel 1959, oltre seimila
monasteri e santuari tibetani vennero distrutti e centinaia di monaci furono brutalmente
uccisi: nel 1978 rimanevano solo otto monasteri e novecentosettanta monaci e
monache. Tuttavia, i cinesi compresero che i sentimenti religiosi tibetani non
si erano mai attenuati, quindi il modo migliore per guadagnarsi il loro favore consisteva
in una graduale liberalizzazione del Buddhismo: i monasteri vennero ricostruiti
e riaperti e l’ educazione dei monaci fu resa più completa, per quanto controllata dalle autorità. Come sostenuto da lama Tseta, che per anni
fu un importante praticante del culto dividendosi tra India e Nepal, la Cina
pagava regolarmente lui e altri lama e monaci affinché coordinassero le
attività all’ estero tramite il comitato del Fronte del Lavoro Unito,
predisposto a dirigere le proteste dei praticanti del culto di Dorje Shugden in
India e in Occidente, in modo tale da accusare il Dalai Lama di falsità, di
opportunismo e di gettare discordia tra i tibetani per motivi politici,
contrariamente ad ogni principio buddhista: i devoti di Dorje Shugden sono tuttora trattati con grande riguardo dalle autorità cinesi, e in occasione di eventi
importanti in Tibet sono ospiti d’ onore e descritti come cittadini patriottici,
«figli devoti della madrepatria socialista a cui il
Tibet è sempre appartenuto».
Gangchen Rinpoche divenne presto il più
influente devoto del culto residente all’ esterno della Cina, come confermato sia
da lama Tseta che da vari studiosi occidentali di Buddismo tibetano, come il
francese Thierry Dodin, che lo definisce la personalità più forte del movimento
e il più impegnato a favore del Partito Comunista e le autorità cinesi: dal
1987, quando riprese a visitare la Regione Autonoma del Tibet, incontra regolarmente
i vertici cinesi sia locali che nazionali, da cui viene grandemente omaggiato
in occasione dei raduni religiosi approvati, nel cui corso viene trattato come
una personalità di grandissimo prestigio, mentre nel 1997 organizzò i primi
incontri tra i maggiori praticanti e i funzionari cinesi in India. Interrotti i propri rapporti con Dharamsala e i lama e i monaci leali al Dalai Lama, fondò una propria organizzazione con oltre cento centri sparsi in Europa, America meridionale e Nepal, dedicandosi all’ iniziazione e all’ insegnamento delle tecniche di guarigione e autoguarigione nonché del culto di Dorje Shugden.
Gangchen Rinpoche e il X Panchen Lama; |
Per anni, Gangchen Rinpoche fu in ottimi e stretti rapporti
con il X Panchen Lama, tra i più celebri seguaci di Dorje Shugden, dal quale
ricevette molte iniziazioni e insegnamenti. Da ormai qualche tempo il Panchen
Lama era una delle più importanti risorse nelle mani dei cinesi, essendo stato
riconosciuto in tenera età dai dignitari della sua precedente incarnazione, sotto
la regia dei funzionari e ufficiali cinesi che già erano stati vicini allo stesso IX Panchen Lama, caduto in disgrazia dopo essere entrato in
contrasto con il governo tibetano per una questione di tasse e privilegi. Il
XIV Dalai Lama e il governo tibetano confermarono il candidato sostenuto dai
cinesi solo in occasione dei negoziati del 1951. Per tutta la sua vita, il X
Panchen Lama fu soggetto ad un’ intensa influenza da parte dei cinesi, che ne
avevano attentamente regolato l’ educazione così da sfruttarne un giorno l’ autorità
per fini politici, ma durante la Grande rivoluzione culturale proletaria denunciò
apertamente le penose condizioni di vita a cui i tibetani erano soggetti a
causa dei cinesi, dunque venne arrestato e lungamente umiliato e brutalizzato
durante i tamzin, le famigerate sessioni pubbliche di accusa. Dopo il suo
rilascio, fu considerato un soggetto «politicamente riabilitato», tanto da
meritare la carica di vice presidente del Congresso Nazionale del Popolo, ma agli
inizi del 1989, subito dopo un discorso pubblico in cui denunciava la condotta
cinese in Tibet, morì ad appena cinquantuno anni in circostanze mai chiarite.
In accordo con le tradizioni tibetane,
poco dopo un gruppo di lama e monaci iniziò le ricerche per individuare la sua
reincarnazione, che venne riconosciuta in un bambino della Contea di Lhari, Gedhun
Choekyi Nyima: quando il XIV Dalai Lama annunciò la notizia al mondo, le
autorità cinesi fecero sparire nel nulla il bambino e la sua famiglia, e
arrestarono la delegazione dei monaci leali al governo tibetano in esilio, colpevoli
di aver condotto «una ricerca illegale per conto del Dalai e della sua cricca
per minare dall’ interno l’ unità della Patria socialista», e li sostituirono
con una serie di lama e monaci leali a Pechino, praticanti di Dorje Shugden ed
oppositori tanto del XIV Dalai Lama quanto del defunto Panchen Lama,
incaricandoli di costituire una nuova commissione di ricerca per individuare
«la vera reincarnazione»: Gangchen Rinpoche fu tra le persone coinvolte nella
nuova ricerca, e vi ricoprì un ruolo determinante. Venne pertanto compilata una
lista di nuovi candidati, tra i quali alla fine venne scelto un bambino cinese,
figlio di una coppia iscritta al Partito Comunista e che venne consacrato l’ 11
novembre 1995, in una fastosa cerimonia a Pechino alla quale Gangchen Rinpoche
presenziò rendendogli pubblicamente omaggio.
Il rito, a cui era peraltro presente Jiang Zemin, Presidente della Repubblica popolare cinese, lanciò un messaggio ben preciso: il Panchen Lama, la seconda autorità religiosa tibetana, coinvolta direttamente nelle ricerche della reincarnazione del Dalai Lama, ora era sotto un controllo assai più stretto da parte della Cina, e la sua educazione era affidata a lama devoti a Dorje Shugden, tutti filocinesi. Da allora i contatti di Gangchen Rinpoche con i cinesi si intensificarono notevolmente.
L’ omaggio al Panchen Lama imposto dalla Cina, a Pechino; |
Il rito, a cui era peraltro presente Jiang Zemin, Presidente della Repubblica popolare cinese, lanciò un messaggio ben preciso: il Panchen Lama, la seconda autorità religiosa tibetana, coinvolta direttamente nelle ricerche della reincarnazione del Dalai Lama, ora era sotto un controllo assai più stretto da parte della Cina, e la sua educazione era affidata a lama devoti a Dorje Shugden, tutti filocinesi. Da allora i contatti di Gangchen Rinpoche con i cinesi si intensificarono notevolmente.
Il saluto ad Hu Jintao, allora Presidente della RPC; |
A Gangchen Rinpoche sono state spesso
domandate spiegazioni sui suoi rapporti con il governo cinese, e lui ha sempre
risposto che i suoi contatti hanno sempre avuto l’ obiettivo di assicurare il
benessere dei sei milioni di tibetani rimasti in Tibet: «Non dobbiamo urtare la
Cina, perché siamo una popolazione ridotta di fronte alla sua grande forza. Non
possiamo vincere, quindi è meglio offrire la nostra amicizia. E’ importante
avere una certa autonomia all’ interno del Tibet, così da salvare la cultura e
le pratiche spirituali finché siamo tempo, altrimenti tutto andrà perduto.».
A proposito del motivo per cui ha
appoggiato il Panchen Lama cinese, sostiene di aver voluto rendere felice il
governo di Pechino in modo da alleggerire la posizione della Regione Autonoma del
Tibet all’ interno della Repubblica Popolare Cinese: «Non intendo mancare di rispetto a Sua Santità
il Dalai Lama e neppure al candidato che Lui sostiene. Non importa se il candidato
appoggiato dalla Cina sia o meno la reincarnazione: se siamo amichevoli nei suoi
confronti, il governo cinese si ammorbidirà e ci sarà speranza per i tibetani
in Tibet. I tibetani fuori dal Tibet sono al sicuro, ma dobbiamo preoccuparci di
quelli rimasti in patria. Essere in buoni rapporti con il Panchen Lama
appoggiato dalla Cina non significa quindi schierarsi contro quello riconosciuto
da Sua Santità il Dalai Lama!». Il lama guaritore sostiene di essere convinto «al
cento percento» della scelta del Dalai Lama, ma che si debba considerare un quadro più
ampio: «Non si tratta della scelta di Dharamsala o di Pechino a proposito del Panchen
Lama, ma semplicemente di rendere più morbida la posizione cinese nei riguardi del Tibet in
modo da consentire un vero dialogo tra il nostro governo in esilio e quello cinese.».
A tutte queste considerazioni aggiunge che
sarebbe meglio che il governo tibetano in esilio, che lo considera un nemico per
le sue convinzioni religiose, farebbe meglio a mettere da parte ogni divergenza
sia con lui che con gli altri devoti al culto di Dorje Shugden: «Dopotutto, in Tibet Dorje Shugden non è mai stato una questione nazionale o politica. Si tratta di una
pratica strettamente religiosa, tanto per i più alti lama quanto per i più
semplici nomadi. Nessuno ha mai praticato Dorje Shugden per trarre guadagno
nell’ arena politica o con il desiderio di danneggiare il Dalai Lama o il Suo
governo. Perché dovrebbe essere così ora? Non è mai stato così, e non lo sarà
mai!».
Non è raro che i tibetani confermino per
motivi più terreni che spirituali l’ appoggio per un candidato piuttosto che un
altro ad una reincarnazione, in quanto storicamente in Tibet si sono verificati
in più occasioni riconoscimenti mossi da scambi di favori, regalie e alleanze: oltre
ad aver appoggiato il Panchen Lama imposto dal governo cinese, Gangchen
Rinpoche sostiene Lobsang Yeshi Jampal Gyatso, a sua volta discepolo di Song
Rinpoche e praticante di Dorje Shugden che si è autoproclamato reincarnazione
del XII Kundeling Rinpoche senza tuttavia ottenere l’ assenso del XIV Dalai
Lama, a cui spettava il diritto di esprimersi in quanto il IX e il X Kundeling
Rinpoche erano stati maestri dell’ XI e del XIII Dalai Lama, mentre l’ VIII e
il X erano stati Reggenti del Tibet. L’ Oceano di Saggezza confermò nel 1993
quale reincarnazione un monaco di dieci anni, Tenzin Chokyi Gyaltsen.
Con Wen Jabao, Primo ministro della RPC; |
Con l’ aggravarsi della controversia legata
a Dorje Shugden e alle interferenze da parte dei cinesi, Gangchen Rinpoche
venne espulso dal Monastero di Sera e gli venne proibito di tornare in India,
provvedimenti a cui rispose semplicemente di sentire di non poter rinunciare ad
una pratica ricevuta dal proprio lama principale per un atto di «pulizia politica», e di
essere convinto che Trijang Rinpoche l’ abbia trasmessa nel sincero e lodevole desiderio di
aiutare i praticanti a superare i loro ostacoli lungo le prove dolorose dell’
esistenza.
Nel 1997 visitò un monastero a Shigatse,
in Tibet, ove istruì i monaci circa l’ adorazione di Dorje Shugden: essi rifiutarono
i suoi insegnamenti, ma in seguito vennero ammoniti da alcuni funzionari
governativi, i quali affermarono che se non avessero accettato le sue istruzioni
sarebbero stati messi sotto accusa per «crimini contro la nazione». In seguito,
nel 2005, Gangchen Rinpoche offrì un finanziamento per la costruzione di un
nuovo dormitorio in un monastero nella provincia del Gansu e fece generose
donazioni ad altri monasteri locali. La sua offerta era tuttavia vincolata al consenso
da parte dei monaci di consacrare un nuovo santuario dedicato a Dorje Shugden nei rispettivi monasteri. I monaci rifiutarono nonostante le pressioni dei funzionari
governativi, e l’ offerta venne pertanto ritirata.
Gangchen Rinpoche officia abitualmente rituali bizzarri; |
Oltre al discorso relativo a Dorje Shugden,
di per sé già piuttosto grave perché in nome del suo legame con questa pratica
spirituale è sceso a patti con i cinesi in un intrigo politico degno dei testi
di Niccolò Machiavelli, occorre riflettere anche sulla sua attività di
guaritore: Gangchen Rinpoche si presenta come un taumaturgo dal grande potere, erede
di un antico lignaggio di insegnamento e di reincarnazioni di grandi lama
guaritori. In tale veste gode del sostegno di vari uomini di spettacolo,
soprattutto Marco Columbro, da anni interessato alle tematiche spirituali e
legato a lui da una stretta amicizia fin dal 1991, tanto da aiutarlo a
diffondere le sue tecniche di guarigione e autoguarigione tramite una serie di
libri e documentari.
Si dice che quando si recò in Nepal alla
ricerca di un luogo ove realizzare un centro di meditazione e guarigione trovò
un’ area spoglia presso cui orinò generando una sorgente di acqua pura che ancora
oggi rifornirebbe l’ intero santuario, in cui ha avviato la produzione di medicine
e pillole energetiche, definite da lui e dai suoi seguaci come particolarmente
adatte a curare i disturbi epidermici e al bilanciamento e all’ armonizzazione
delle energie interne. Da anni diffonde la tradizione dei gioielli di
guarigione, che vengono usati come talismani curativi e canali di potenti
energie positive dopo essere stati benedetti.
Nel 1993, dopo aver consultato Dorje
Shugden attraverso l’ oracolo, secondo il quale la sua iniziativa sarebbe stata
molto utile, iniziò a insegnare l’ autoguarigione tantrica NgalSo, una tecnica
meditativa che avrebbe ricavato dagli insegnamenti originari del Buddha Śākyamuni
«riconfezionandola per riconoscere il nemico
interiore, responsabile delle malattie che affliggono le persone». Negli anni ha costantemente insegnato e scritto vari libri
in proposito, mentre sui suoi siti informatici viene riferito che «molte
persone, in diversi Paesi del mondo, ne testimoniano la straordinaria validità
nel favorire i processi di guarigione fisica e mentale e nell’ ottenere uno
stato di rilassamento, gioia e pace interiore». L’ autoguarigione tantrica NgalSo,
promossa con entusiasmo anche da Marco Columbro, si basa su vari mudrā, «sigillo»
in sanscrito, ossia gesti simbolici di comunicazione con la divinità, nonché sui
movimenti delle braccia come le ali di un uccello in volo, mai adottati nelle
cerimonie induiste o tibetane, schiocchi di dita, gesti di preparazione e poi
di scioglimento di un nodo accompagnati da mantra. La pratica di questa
surreale tecnica meditativa sarebbe capace di combattere impotenza, frigidità,
infezioni, emicranie e molto altro, ma occorre tenere presente che non è mai
stata accettata dalla medicina, in quanto non sottoposta a verifiche condotte in
ambiente scientifico.
Peraltro,
secondo alcuni lama residenti a Dharamsala, Ganchen Rinpoche utilizza una certa
medicina tradizionale della sua terra originaria, effettivamente creduta dotata di poteri di guarigione da diverse malattie, ma il rituale che officia sarebbe solamente una farsa, un astuto espediente attraverso cui fare leva sulla credulità delle persone millantando poteri miracolosi che non possiede affatto.
Un incontro con Marco Columbro; |
Peraltro, di fronte al movimento sviluppatosi intorno alla figura di Gangchen Rinpoche, non si possono non condividere le considerazioni di Frank Usarski: «Si può dire che gli insegnamenti e le iniziative di Gangchen Rinpoche aderiscono ai bisogni ed agli interessi del pubblico occidentale. Un tal atteggiamento è vantaggioso nel ‘mercato religioso’, dal momento che promuove l’ accettazione del Buddhismo tibetano in un contesto occidentale.».
Nella sua dottrina, i temi tipici del Buddhismo
tibetano vengono spesso combinati con elementi tratti da altre tradizioni
occidentali. In un intervento sul tema dell’ educazione non formale, ad
esempio, il lama affermò il proprio approccio sostanzialmente sincretistico: «Oggi è necessario estrarre l’ essenza
delle buone idee relative all’ intelligenza emotiva, ai rapporti
interpersonali, alla cura della pace e dell’ ambiente presenti in tutte le
tradizioni spirituali e offrirle alle nuove generazioni attraverso un’ educazione
non formale.». Inoltre, tanto per citare i fatti più noti, la
collaborazione alla fondazione del Villaggio Globale di Bagni di Lucca e la proposta per l’ istituzione del Forum Spirituale Permanente per la pace
mondiale mostrano effettivamente un atteggiamento aperto alla collaborazione
con altre realtà e uno sforzo di integrazione e adattamento al mondo
occidentale, ma bisogna notare che la promozione di iniziative quali i Forum
mondiali caratterizzano particolarmente i movimenti religiosi nuovi, con origini recenti sebbene radicati in tradizioni antiche, che le mettono in
atto con obiettivi di autosponsorizzazione. Inoltre, i nuovi movimenti religiosi
hanno acquisito una notevole conoscenza tecnica, non sempre nota alle religioni
tradizionali, nell’ uso delle possibilità offerte dalle Nazioni Unite e dalle
Organizzazioni non governative. Questo modo di presentarsi al pubblico occidentale,
di fatto, è in grado di ripagare il movimento di Gangchen Rinpoche in termini di adesioni entusiastiche alla sua dottrina, ma se la questione viene esaminata nei termini
di fedeltà alla tradizione tibetana, le sue aperture rivelano un certo grado di
ambiguità e di problematicità. Peraltro, diverse persone che hanno avuto l’
opportunità di frequentare il suo centro, a Milano, si sono dichiarate deluse
se non addirittura sconvolte, tanto che una donna residente nell’ Italia
settentrionale interruppe i rapporti con lui e la sua comunità dopo che,
come dichiarò lei stessa, tentarono di farla passare per pazza. La maggior parte di essi vollero prendere le distanze da questa guida spirituale proprio per i suoi contrasti con il Dalai Lama.
Promotore del benessere fisico e spirituale dell’ individuo... |
Nel Dhammapada, testo conservato sia nel canone
pāli che in quello cinese e tibetano, formato da una serie di versetti che
riferiscono le parole più significative pronunciate dal Buddha Śākyamuni
in svariate occasioni, si legge: «Affidati al messaggio del maestro, non alla
sua personalità.». Un maestro rappresenta infatti un esempio da seguire non
soltanto in funzione all’ insegnamento religioso, ma ad ogni dettaglio del suo
comportamento: tutto quello che fa rappresenta il suo messaggio. Deve essere un
esempio affidabile innanzitutto come persona, generando pensieri, parole e azioni
corretti, e nel caso di un errore è tenuto a rimediare. Se abusa del proprio
potere o magari assume un atteggiamento scorretto o sleale, al discepolo tocca
manifestare la propria disapprovazione in modo tale da non sfociare nella fede
cieca, che sarebbe dannosa per entrambi.
L’ omaggio alla reincarnazione di Trijang Rinpoche; |
In quanto tibetano e lama educato secondo
le antiche tradizioni del Buddhismo sviluppatosi nella sua terra, pare drammaticamente evidente
quanto Gangchen Rinpoche tenga coscientemente il piede in due scarpe per un puro senso
dell’ opportunità, nascondendosi dietro un legittimo tentativo di superare le
divisioni e ricomporre la profonda ferita non ancora sanata tra tibetani e
cinesi. Un uomo che tradisce il proprio Paese per preservare egoisticamente quei
privilegi garantiti dalla propria posizione non dovrebbe assolutamente predicarne
le usanze e tanto meno insegnare la saggezza, la moralità e la disciplina
mentale contenute nella rettitudine indicata dal Buddha Śākyamuni durante il celebre
Discorso di Benares, con il quale mise in movimento gli eventi che nei secoli
successivi tanta influenza avrebbero avuto sul Tibet e facendo di lui stesso un
lama reincarnato. Come dicono gli stessi tibetani: «La dottrina supera il
maestro.».
Gonsar Tulku Rinpoche, abate del monastero
tibetano Rabten Choeling, presso Mont Pèlerin, sul lago di Ginevra, osservò in
modo critico: «Stiamo attraversando una delle fasi più difficili della nostra
storia, che affligge tutti i tibetani. Ma dobbiamo riconoscere che il Tibet è
un Paese come tutti gli altri, e che anche i tibetani possono sbagliare. In
questo mondo non esistono luoghi paradisiaci. In passato il nostro popolo è
stato quasi sempre solo lodato. Tuttavia, troppe lodi prive di senso critico
non giovano a nessuno. In realtà in Tibet le cose vanno come dalle altre
parti.».
Anche nel Tibet antico, alla corte di
molti Dalai Lama, trovarono ampio spazio funzionari corrotti e monaci infidi.
Nonostante i loro ideali elevati, i tibetani non furono certamente liberi da
ingiustizie, corruzione e abusi. Si verificarono persino alcuni attentati, e
tra gli stessi lama che si presentano in Occidente figurano pericolosi
ciarlatani coinvolti in faccende poco limpide. Occorre pertanto riflettere con
grande cura prima di seguire un sentiero spirituale e rimettersi alla saggezza
di qualcuno di questi individui dalla dubbia rettitudine…
Condivido al 100%.
RispondiEliminaIn merito all'autoguarigione ngalso, cui ho assistito in passato,nella sede del loro centro, il Kunpen, di via Marco Polo, a Milano, non ho mai capito perchè si sia invitati a espellere le nostre negatività(nel corso della pratica)visualizzandole nella forma di serpenti, galline ecc. Mi risulta che siano anche loro esseri senzienti e come tali degni di rispetto, perchè visualizzarli come espressione delle nostre negatività da espellere al di fuori di noi?
Caro amico,
Eliminami scuso se rispondo solo ora al suo gentile commento, di cui la ringrazio. Io stesso ho visitato il centro di Albagnano, ma in quell' occasione si fece una puja tradizionale, con un insegnamento di questo lama che, tutto sommato, si basava su concetti comuni del Buddhismo tibetano. Ho comunque comperato un libro, e leggendolo ho letto concetti che nelle mie ricerche sul Buddhismo non erano mai emersi prima. Lei poi solleva un punto interessante: è vero che serpenti e galline sono esseri senzienti degni di rispetto, quindi è effettivamente strano usarli come simbolo di negatività...
Buongiorno, se desidera approfondire il perchè dei vari passaggi dell'autoguragione tantrica nglso su youtube (in inglese)o su facebook (in Italiano) del sito di albagnano trova i video di Lama Caroline che spiega tutto nel dettaglio ad oggi siamo arrivati a 65 lezioni di più di 2 ore l'una, nel mezzo di questi video si parla anche del quesito che Lei si pone.
EliminaTante grazie, molto gentile.
EliminaHo conosciuto Lama Gangchen nel 2003 . In quel periodo seguivo il sentiero "Shambhala Training " ed ero incuriosito dalla nascita del nuovo centro di Albagnano. Una domenica di luglio , mi sono recato in questa località , ove venivano dati insegnamenti per il pubblico.
RispondiEliminaDurante la pausa, ho avuto la possibilità di conoscere Rimpoche e , dopo uno rapido scambio di parole mi sono praticamente
"innamorato" d questo grande essere. Sono stato veramente toccato nel profondo del cuore e da allora , senza essre un vero praticante ,ho partecipato a diversi suoi insegnamenti. Lama Gangchen mi chiamava "amico" e tale , lo sono tuttora. Posso solo affermare che ho trovato in questo grande essere spirituale infinita capacità di opporsi all'antagonismo . Ha sempre promosso la pace , in tutti i sensi , non ha mai invalidato nessuno, nemmeno coloro che gli erano più ostili . Rimpoche era incapace di provare rabbia e ,al contrario era amore incondizionato . Ha sempre operato per il benessere del suo popolo e , più in generale per tutti coloro che gli stavano vicino . A mio parere , "moralità" e "integrità" , si identificano nella capacità di esimersi dai commenti degradanti e fuorvianti soprattutto, se rivolti ad esseri superiori,incapaci di provare "rabbia".
Aroldo Trivelli
Caro signor Aroldo, la ringrazio molto per aver lasciato questa sentita testimonianza. L' argomento non è semplice, tutt' altro, e penso che anche Gangchen Rinpoche avesse qualche lato positivo. Non credo che esistano persone solo buone o solo cattive. Gli riconosco la libertà di scegliere tra Dorje Shugden e il Dalai Lama, perchè è una questione che lui come tibetano e lama buddhista conosceva meglio di me. Il problema sono stati i legami con la Cina, che ha tutto l' interesse a seminare zizzania tra i tibetani. Sicuramente pensava di fare bene per il Tibet continuando con la pratica del culto di quest' entità, e vedeva nella Cina un' opportunità. Non credo che volesse appositamente fare del male. Rimane comunque il fatto che politica e religione non dovrebbero mai incontrarsi, perchè la storia dimostra che una loro congiunzione provoca effetti molto, molto difficili da gestire. La ringrazio ancora.
EliminaBuongiorno, c'è un detto che in brasile recita: per capire le azioni del prossimo bisogna mettersi nella sue scarpe, il problema sta, nel riuscire a mettersi le scarpe altrui con i piedi altrui e non con i nostri. Ho conosciuto Lama Gangchen nel 2004 e ho visto in lui solo amore e bontà, un controllo totale della propria mente sempre rivolta al benessere del prossimo, non posso che dire personalmente di aver ricevuto e mai dato. Non ho capito come sono finito su questa pagina, non stavo cercando nulla inerente al buddhismo, ma ci sono capitato, forse è proprio vero nulla capita per caso......
RispondiEliminaCaro signore, nulla avviene mai per caso. Che lama Gangchen fosse un corretto praticante ed insegnante pare verosimile anche a me. Nel caso della scelta relativa alla pratica di Dorje Shugden aveva tutto il diritto di proseguirla per rispetto verso i suoi maestri, però in nome di questa scelta non avrebbe dovuto avvicinarsi alla parte opposta, quei cinesi che hanno colto la controversia sollevata dal Dalai Lama per seminare zizzania nella comunità in esilio.
EliminaLa ringrazio molto, il suo commento mi ha fatto molto piacere.
Articolo interessante e che mi chiarisce tante cose. In ogni caso ho potuto conoscere personalmente lama ganchen e lama Michel, e devo dire che soprattutto in quest'ultimo mi sono perso. Condivido l'ideale per cui politica e religione non dovrebbero incontrarsi. Ciononostante la politica come la religione dovrebbero occuparsi del bene di tutti. Per il resto ho studiato e pratico ngalso e devo dire che è una pratica estremamente semplice e correttamente strutturata che mi porta beneficio. Per il resto, sono convinto che lama ganchen abbia sempre agito per limitare i danni della superpotenza cinese cercando il dialogo e la collaborazione, sia per proteggere il popolo tibetano che i principi del buddismo. Fabio Cozzi
RispondiEliminaCaro signor Fabio, anche io credo che lama Gangchen abbia agito in nome di ciò che secondo lui era meglio per il Tibet e il Buddhismo tibetano, ma la convergenza di politica e religione crea più problemi di quanti ne risolva. Il fatto che abbia confermato il candidato cinese al rango di Panchen Lama è per me l' esempio del principio: non è accettando l' interferenza di Pechino negli affari religiosi tradizionali del tuo popolo che puoi sperare di creare un dialogo conveniente per entrambe le parti.
EliminaLa ringrazio vivamente di aver lasciato il suo commento.