Aristotele Onassis, il grande armatore greco; |
«Quando
un uomo afferma che col denaro si può ottenere tutto, puoi esser certo che non
ne ha mai avuto.» Aristotele Onassis;
Nell’
antica Roma, l’ homo novus era un cittadino nella
cui famiglia, patrizia o plebea che fosse, nessuno aveva mai rivestito una
carica pubblica o svolto incarichi per conto dello Stato. Si trattava quindi di
qualcuno che partiva dal niente, facendosi strada da sé fino ad una posizione
di potere, senza attenersi ad una tradizione precedente in quanto nessuno dei
suoi antenati aveva mai intrapreso tale percorso. All’ inizio, gli homines novi
erano molto malvisti dal patriziato e dall’ oligarchia politica che esso stesso
costituiva, al punto da evitare rigorosamente di concedere loro un qualsivoglia
incarico, perfino di fronte ad evidenti meriti. La Roma delle origini era
infatti estremamente rigida e legata alle consuetudini: alla nobiltà romana si
apparteneva esclusivamente per via ereditaria, come suggerito dal termine «patrizio»,
discendente cioè dei cento patres che avevano dato origine al Senato al
tempo di Romolo, mentre alle cariche statali si accedeva solo nel caso in cui
si aveva uno o più avi che le avessero a loro volta ricoperte, così come chi era
soldato non poteva muoversi dalla propria condizione sociale e così avanti.
In
un secondo momento, però, soprattutto grazie all’ influenza della cultura greca
su quella romana, la figura dell’ homo novus, forte di una sempre crescente
ammirazione da parte dei ceti meno fortunati, poté avere libero accesso a tutte
le cariche pubbliche, anche alle più elevate, nella convinzione che la sua
azione avrebbe portato una costante aria di modernità e innovazione. Il
principio alla base di questi soggetti fu uno dei più
importanti di tutta la cultura romana, tanto da sopravvivere ed evolversi costantemente
nel corso dei secoli in tutto l’ Occidente, trovando ampia espressione non più
soltanto nel mondo politico ma anche in quello commerciale e imprenditoriale,
per poi raggiungere in tempi più recenti ogni contesto sociale, soprattutto quello
delle professioni, ispirando il concetto del self-made
man statunitense, che indica quel particolare uomo che, come i padri
pellegrini, partendo dal basso raggiunge da solo per propri meriti il successo,
la ricchezza e la celebrità.
Fin
dagli albori della storia, gli uomini e le donne che si sono fatti da sé partendo
da umili e poco desiderabili natali hanno sempre catturato l’ immaginario collettivo,
suscitando ogni volta un misto di ammirazione, invidia, emulazione e persino ostilità
e concorrenza. Indipendentemente da come le si guardi, si tratta certamente di persone
molto ambiziose e intelligenti, dotate di talento ma anche aiutate dalle
circostanze, desiderose di fare qualcosa di grande con cui essere notate dai contemporanei
e ricordate dai posteri, che vivono vicende uniche e irripetibili, ricche di
colpi di scena, e che finiscono con il divenire veri e propri simboli di trionfo
e riscatto, ma anche nomi ambigui e discutibili a causa di un certo lato oscuro
che, talvolta, le induce a qualche azione poco limpida nel desiderio di seguire
una scorciatoia. La storia ricorda molte persone nate nella modestia ed
elevatesi ai fasti del potere e della gloria: re Davide di Israele, il console
e generale romano Giulio Cesare, il banchiere fiorentino Giovanni di Bicci de’
Medici, papa Alessandro VI, Napoleone Bonaparte e tanti altri che, ciascuno a
modo proprio, seppero emergere in parte sfruttando abilmente le circostanze e in
parte ricorrendo a metodi poco degni, dando in ogni caso un evidente contributo
al mondo in cui vissero e lasciando una certa eredità di cui tuttora noi
godiamo.
Durante
il Novecento, secolo animato da numerosi cambiamenti rivoluzionari, se non veri
e propri sconvolgimenti sia politici che sociali e scientifici, che molto influirono
sulla vita di tutti, un uomo in particolare incarnò il principio dell’ homo
novus, catturando l’ attenzione del mondo e suscitando una serie di sentimenti
sia favorevoli che contrari, esattamente come chi lo aveva preceduto e che sarebbe
venuto dopo di lui all’ apice del potere e della ricchezza: l’ armatore greco Aristotele
Onassis, il principe dei mari e dei cieli, un uomo che, scappato dal natio Impero
ottomano alla volta del Nuovo Mondo, negli anni arrivò a vantare un’ immensa
ricchezza accumulata con il lavoro, spesso favorito da giochi d’ astuzia poco
puliti. Esempio per alcuni e furfante per altri, maestro di grandi raggiri
finanziari e amante di molte donne famose e bellissime, questo abile magnate
levantino ebbe una vita intensa e suggestiva tra affari milionari e donne belle
e famose come Athina Livanou, Maria Callas e Jacqueline Lee Bouvier, sebbene
solo la seconda poté vantare un peso autentico, per quanto rimasta in una lotta
continua per stare al suo fianco. Il suo nome divenne sinonimo di successo, opulenza
e potere sconfinati, ma pur avendo tutto ciò che si potesse desiderare la sorte
non gli risparmiò profonde sofferenze e il dolore di una morte solitaria.
Onassis in una foto del 1932; |
Aristotele
Sokrates Homer Onassis nacque il 15 gennaio 1906 a Smirne, nella Turchia centro-occidentale,
la terza più popolosa del Paese dopo Costantinopoli e Ankara, durante il regno
del sultano Abdul Hamid II, da genitori greci, Socrate e Penelope Dologu. Aveva
una sorella più grande, Artemis. Il padre proveniva dal villaggio di
Moutalasski, nella Turchia centrale.
In
epoca ottomana, la città di Smirne era divenuta un importante scalo
commerciale, snodo fra le piste carovaniere asiatiche e le rotte mediterranee, dalla
popolazione multietnica, poliglotta e multiconfessionale, perfettamente in tono
con il modello della società del Sublime Stato. I turchi stessi la chiamavano gâvur
Izmir, ossia «l’ infedele Smirne», in riferimento all’ alta percentuale di
non musulmani tra levantini, greci, armeni ed ebrei ivi residenti. Secondo il
censimento del 1893, circa la metà della popolazione cittadina era maomettana e
i greci costituivano la più importante minoranza. A seguito della sconfitta
dell’ Impero ottomano al termine della Grande Guerra, a cui aveva partecipato
al fianco dell’ Impero germanico, il trattato di Sèvres del 1920 assegnò l’
amministrazione di Smirne alla Grecia, e Onassis, chiamato affettuosamente Ari
da parenti e amici, frequentò la Evangelical School, ove nel 1922, a sedici
anni, si diplomò. In questa stessa scuola aveva imparato a parlare fluentemente
quattro lingue, ossia il greco, sua lingua madre, il turco, lo spagnolo e l’ inglese.
A
seguito dell’ invasione greca e, specialmente, della Catastrofe dell’ Asia
Minore del 1922, ossia la sconfitta greca presso Dumlupınar che determinò i
confini attuali della Grecia, la città fu riconquistata dai turchi al comando
di Mustafa Kemal, il celebre Atatürk, padre della Repubblica Turca di cui fu il
primo Presidente, e devastata da un rovinoso incendio che distrusse gran parte
della zona vecchia: durante il disastro, tra devastazioni e saccheggi, le
popolazioni cristiane, principalmente quella greca e armena, in parte
massacrate, si imbarcarono sulle navi dell’ Intesa alla fonda nel porto,
trovando poi rifugio in Grecia. Gli Onassis persero le loro varie proprietà
immobiliari, e lo stesso Aristotele, che contò la morte di tre zii, una zia e il
relativo marito insieme alla loro figlia, arsi vivi in una chiesa a Thyatira
dove cinquecento cristiani stavano cercando riparo, venne imprigionato,
torturato e condannato a morte, ma fu in grado di liberarsi e fuggire. Grazie
ad un passaporto Nansen, un documento rilasciato dalla Società delle Nazioni a
beneficio di profughi e rifugiati apolidi, nel 1923 emigrò a Buenos Aires, in
Argentina, con in tasca sessanta dollari, allora cifra più che discreta. I superstiti
della sua famiglia, frattanto, erano tornati in Grecia come rifugiati.
Con la moglie Athina e i figli Alexander e Christina; |
Il
giovane Ari iniziò a lavorare come centralinista per la British United River
Plate Telephone Company. Terra di frontiera ed in rapida espansione economica,
in quel tempo l’ Argentina brulicava di uomini d’ affari di ogni provenienza e
settore, e ascoltando le loro conversazioni telefoniche il ragazzo recepì preziose
informazioni da cui ricavò investimenti estremamente vantaggiosi: si racconta
che un giorno richiese il turno di notte per ascoltare le conversazioni di
azionisti statunitensi, britannici e svizzeri. In un’ occasione apprese della
vendita di una società, di cui volle acquistare le azioni, cosa che gli permise
di guadagnare una prima cospicua somma di denaro. Con i primi ricavi pensò per
la prima volta di mettersi in proprio, diventando imprenditore dedito all’ importazione
di tabacco orientale, e in soli due anni intascò ben centomila dollari. Nel
1928 divenne console generale greco, e in seguito si occupò anche di sigarette
e beni indifferenziati, raggiungendo il suo primo milione nel 1931, mentre l’
anno dopo, durante la Grande Crisi provocata dal crollo di Wall Street del 24
ottobre 1929, fece la prima mossa che lo avviò verso un inarrestabile successo:
mentre vaste schiere di armatori si liberavano delle proprie flotte navali,
Onassis sfruttò la debolezza di un’ azienda canadese in bancarotta acquistando circa
settanta navi, alcune delle quali di uso militare, per soli centoventimila
dollari, e quando il mercato dei noli vide un rialzo iniziò una prospera e
fortunata attività di armatore che non conobbe rallentamenti neanche durante la
Seconda Guerra Mondiale, che anzi gli fu assai propizia in quanto guadagnò
cifre esorbitanti offrendo la propria flotta a beneficio degli Alleati, in
particolare agli Stati Uniti. Con la crescita dei suoi interessi in Occidente
decise di lasciare l’ Argentina per New York, senza tuttavia abbandonarla, in
quanto il suo nascente impero marittimo aveva uffici anche a Buenos Aires, in
cui tornò frequentemente, e ad Atene.
Il figlio Alexander; |
Impenitente
donnaiolo, nella sua vita non si negò mai le donne, di cui fu sempre circondato
grazie al fascino e al potere di cui disponeva in abbondanza, e ogni volta che
ne conquistava una bella e interessante la seduceva e ricopriva di munifici
doni, per poi scaricarla una volta che se ne era stancato: «Se le donne non
esistessero, tutti i soldi del mondo non avrebbero alcun significato.». Non
corrispondeva certamente al consueto esempio di uomo affascinante, essendo
tozzo, di carnagione olivastra, con un naso enorme e un volto poco gradevole
perennemente calato in espressioni acute, peraltro nascosto da grandi occhiali
scuri, e abitualmente impaludato in abiti sformati, tanto che spesso si diceva
di lui: «Sembra molto più alto quando sta in piedi
sopra i suoi soldi.».
Il
28 dicembre 1946 sposò la bellissima Athina Mary Livanos, figlia diciassettenne
del ricco e potente armatore Stavros Livanos, nonostante il suo parere
contrario proprio a causa della notevole differenza di età tra i due, e che alla fine donò loro una nave Liberty dal valore pari cinquecentomila dollari. Grazie a
lei, che era considerata una delle donne più belle al mondo, Ari entrò molto
attivamente a far parte dell’ alta società del Vecchio continente, di cui fece
sempre parte nonostante i vari impegni professionali, e dal loro matrimonio nacquero
due figli, Alexander e Christina, rispettivamente nel 1948 e nel 1950. Tale unione
non tardò a rivelarsi alquanto difficile e sofferta: nella mente di lui, infatti,
essa equivaleva soprattutto ad una mossa con cui avvicinarsi convenientemente
alle risorse dei Livanos, eppure non mancava di picchiarla rabbiosamente per
gelosia e al tempo stesso di ricoprirla di doni quali la casa di moda di Jean
Dessés, il sarto parigino di provenienza greca che lei prediligeva, una residenza
di cinque piani a New York appositamente costruita e una magnifica villa sull’
elegante Ouster Bay, vicino alla stessa Grande mela, senza contare i gioielli e
i preziosi il cui valore raggiungeva i due milioni di sterline.
La figlia Christina; |
Affarista
dalla mente subdola e raffinata, convinto che il segreto negli affari stesse nel
conoscere qualcosa che nessun altro sa, come spesso ripeteva, l’ armatore greco
ricorse ad uno stratagemma particolarmente astuto: issò sulle proprie navi la
bandiera di Panama, ottenendo così una condizione esentasse con la quale rispettò
ugualmente le regole tipiche di uno Stato come quello statunitense. Ciò gli permise di ridurre i costi, erogando salari molto bassi e
riducendo al minimo le altre spese. Successivamente investì molto del denaro
ricavato per costruire e acquistare navi petroliere, arrivando a formare una
delle più grandi flotte mai viste al mondo. Ormai ricchissimo, nel 1953 stabilì
nuovi interessi nel Principato di Monaco, acquistando attraverso compagnie di
facciata operative a Panama molte quote della Société des Bains de Mer, la più
antica società monegasca, da cui dipendono tuttora svariati ristoranti, casinò,
alberghi, bar e night club, SPA, circoli sportivi e sale da spettacoli, assumendone
di fatto il controllo durante l’ estate: la maggioranza di tali quote gli garantì
un immenso potere. L’ ingresso di Onassis fu inizialmente accolto molto bene da
Ranieri III, principe sovrano di Monaco dal 1949, attivamente impegnato
nel ridare l’ antico lustro al piccolo Stato dopo gli scandali provocati dalla
madre, la principessa Charlotte Grimaldi, soprattutto in ambito finanziario, i quali avevano
pesantemente dilapidato le finanze statali, inducendolo ad aprire il Paese agli
investimenti esteri.
In ufficio; |
Un
anno dopo, nel 1954, Ari finì nel mirino dell’ FBI statunitense, allora diretta
da J. Edgar Hoover, da cui fu indagato per frode ai danni del fisco e fatto
condannare ad un risarcimento pari a sette milioni di dollari in quanto aveva
stretto un accordo con Abdulaziz bin Saud, re dell’ Arabia
Saudita, per formare a Gedda, la seconda città più grande e importante del
Regno delle Due Sante Moschee nonché suo cuore finanziario, nota per il suo porto, una
compagnia dedita alla distribuzione del petrolio saudita, la Saudi Arabian
Maritime Tankers Company, registrata in territorio arabo e intestataria di
petroliere dai nomi sauditi e quindi fornite della bandiera nazionale locale.
Tutto questo era entrato in rotta di collisione con gli interessi degli Stati
Uniti, che avevano un monopolio con l’ Arabian-American Oil Co, la quale negli
Anni Trenta aveva scoperto i più grandi giacimenti al mondo, assicurandosi un
accordo di concessione che copriva gran parte del reame degli Al Saud.
Nello
stesso anno, il magnate acquistò per trentaquattromila dollari una nave da
guerra canadese lunga novantanove metri e larga undici, posta in disarmo nel
novembre del 1945, che trasformò in un panfilo estremamente lussuoso. Il
riallestimento, che fece dell’ incrociatore la barca privata più elegante e tecnologica
del suo tempo, gli costò circa quattro milioni di dollari, e a lavori compiuti
lo battezzò Christina O, in onore della figlia.
L’ Olympic Tower di New York; |
Convinto di dover diversificare i propri interessi il più possibile, dopo un periodo trascorso interessandosi anche alla caccia alle balene lungo la costa del Perù tra il 1950 e il 1956, affare rivelatosi un vicolo cieco in cui alla fine cedette il posto ad una delle maggiori compagnie giapponesi del settore, guardò con sempre maggiore interessamento ai trasporti aerei, altro grande ambito destinato a fare di lui un grande nome. Come ebbe a dire in proposito: «Dobbiamo liberarci dalla speranza che il mare esisterà per sempre: dobbiamo imparare a navigare il vento.».
Nel
1956, periodo di forti difficoltà finanziarie, il governo di Atene decise di
privatizzare le compagnie aeree di bandiera, e un anno dopo Onassis fondò la Olympic
Airways, che contando sedici aerei nel primo anno di attività gli garantì il monopolio del settore in Grecia. Sotto la sua direzione, essa arrivò a
trasportare due milioni e mezzo di persone all’ anno e a contare oltre settemilatrecento
dipendenti. Finanziò e seguì da vicino la costruzione dell’ Olympic Tower di New
York, un grattacielo di centottantanove metri di altezza e cinquantuno piani
situato a Manhattan, lungo la Quinta Strada, considerato tuttora uno dei più
lussuosi della città. Disse di lui e della sua nuova e grande passione Paul
Ionnidis, uno dei dirigenti della Olympic Airways: «Era sposato con il mare, ma
la Olympic era la sua amante: avrebbe speso tutto il denaro che guadagnava in
mare con la sua signora nei cieli.».
Il Christina O, leggendario panfilo di Onassis; |
Ormai
uno degli uomini più ricchi e potenti al mondo, Ari vantava partecipazioni in
ben novantacinque società, conti bancari disseminati in duecentodiciassette
istituti bancari in tutto il mondo e svariati investimenti in America meridionale,
soprattutto nell’ estrazione dell’ oro, nell’ industria chimica e nel settore
immobiliare. Il suo potere e la sua influenza crescevano senza sosta, cosa che
gli fu costantemente di aiuto negli affari, e non mancò mai di scherzare sul
fatto che un miliardario spesso non è che un pover’ uomo con tanti soldi, e che
non bisogna correre dietro al denaro ma andargli incontro. In tutto il mondo le
sue attività erano attentamente sorvegliate dalle autorità.
Deteneva
peraltro un saldo potere sull’ economia e le scelte del Principato di Monaco,
ma i suoi rapporti con il principe Ranieri III presero ad incrinarsi: l’ armatore
vedeva nel piccolo regno affacciato alla Costa Azzurra un posto esclusivo, mentre
il principe sovrano voleva farne un’ attrazione turistica aperta anche al
grande pubblico, con un grande albergo. Come paradiso fiscale, Monaco si era
indebolito a causa di alcuni provvedimenti voluti dal governo francese, quindi
Ranieri esortò più volte a investire nella costruzione dell’ albergo il magnate
greco, restio a investire senza una garanzia da parte del monarca che non
avrebbe avallato lo sviluppo di altri alberghi dai quali sarebbe sorta una
concorrenza. Ranieri non diede mai tale garanzia, anzi pose il proprio veto per
cancellare l’ intero progetto alberghiero e durante un’ apparizione televisiva attaccò
duramente la SBM per la sua «malafede», criticando implicitamente Onassis.
L’ isola greca di Skorpios; |
Tra
gli sconfinati possedimenti di Ari, uno gli fu particolarmente caro: l’ isola greca
di Skorpios,
situata nel Mar Ionio, al largo delle coste elleniche e subito ad est dell’
isola di Leucade. Quasi interamente coperta da foreste da nord a sud, offre uno
scenario di alberi di varie specie e colori, e fu la culla dei suoi momenti più
lieti e sereni.
Nel
1957, Onassis incontrò il celebre John Fitzgerald Kennedy, senatore del
Massachusetts, e la moglie Jacqueline Lee Bouvier,
che invitò per una crociera sul Christina O su richiesta del suo caro amico Sir
Winston Churchill, ex Primo ministro britannico, il quale nel 1938 aveva
conosciuto suo padre, Joseph Patrick Kennedy, grande imprenditore e politico,
membro del Partito Democratico, scelto dal Presidente Franklin Delano Roosevelt
per l’ importante carica di ambasciatore degli Stati Uniti nel Regno Unito.
Inizialmente, Churchill aveva provato grande apprezzamento e stima per «papà
Joe», ma poi se ne allontanò drasticamente quando questi manifestò la certezza
che il Terzo Reich nazista avrebbe vinto la guerra e sostenne il non intervento
degli Stati Uniti. Ora era curioso di conoscerne il figlio. Ari fu piuttosto
scortese con i coniugi Kennedy nel momento in cui li accolse sul panfilo: «Sono costretto a chiedervi di andarvene entro le 19:30:
Sir Winston cena alle 20:15 in punto.».
Durante
la serata, il senatore Kennedy non parve particolarmente a proprio agio, a
differenza invece di Jacqueline, e quando i due se ne furono andati Churchill confidò
al magnate greco di reputare il giovane destinato alla presidenza degli Stati
Uniti, mentre l’ armatore sostenne che in sua moglie vi fosse qualcosa di dannatamente
attraente e provocante, un’ anima sensuale.
Nello
stesso anno, nella vita del grande uomo d’ affari entrò quello che sarebbe
stato il grande amore della sua vita, la donna a cui, tra alti e bassi, sarebbe
rimasto legato fino alla morte: Maria Callas, nome d’ arte di Anna Maria Cecilia
Sophia Kalos, il leggendario soprano statunitense di discendenza greca, detta «la
Divina», che conobbe il 3 settembre ad un ricevimento all’ hotel Danieli di
Venezia organizzato da Elsa Maxwell, nota giornalista, e scrittrice, nonché
pianista e grande organizzatrice di serate mondane. Tra i due fu subito un
grandissimo interesse reciproco: lui aveva cinquantatré anni, lei trentatré, e
per tutta la notte conversarono in greco, escludendo tutti gli altri ospiti.
Moglie dal 1949 dell’ imprenditore italiano Giovanni Battista Meneghini, affarista
acuto e intelligente che molto le fu di supporto nei suoi primi anni di carriera
artistica, e dotata di una voce assai particolare, che coniugava un timbro
unico a volume notevole, grande estensione e agilità, la Callas era nota per il
considerevole contributo alla riscoperta del repertorio italiano della prima
metà dell’ Ottocento, la cosiddetta «belcanto renaissance», in particolare le opere di Vincenzo Bellini e Gaetano
Donizetti, di cui seppe dare una lettura personale in chiave drammatica attraverso
la riscoperta della vocalità ottocentesca, definita «canto di bravura», che applicò a tutti
i repertori e per la quale venne coniato il termine «soprano
drammatico d’ agilità». Alta un metro e ottanta e
dal peso pari a novantaquattro chili, si racconta che ne perse ben quarantuno nel
giro di appena due anni anche grazie a una tenia, forse contratta a furia di
mangiare insalata e carne cruda oppure inghiottita appositamente: un giorno,
mentre faceva il bagno, scoprì un pezzetto di verme che sbucava dal suo corpo,
e colta da una crisi isterica chiamò il marito gridando di averla uccisa.
Nel
giugno 1959 Ari organizzò una cena in suo onore al Dorchester Hotel di Londra,
in occasione della prima della «Medea» al Covent Garden, occasione nella quale
si fece platealmente fotografare mentre, al momento dei saluti, cercava di trattenere
a sé la donna, ormai in pelliccia portata via dal marito, mentre il successivo
23 luglio, alle 8:00 del mattino, insieme alla moglie Athina la ospitò per una crociera
di tre settimane sul Christina O, ormai stanchissima per una massacrante
tournée di concerti, con la voce che incominciava a mostrare segni di cedimento
e in uno stato psicologico complesso, dove la dipendenza sempre più forte dalla
mondanità si univa al desiderio di porre fine alla carriera. Tra gli ospiti vi
era ancora una volta Sir Winston Churchill, e il marito e pigmalione Meneghini
la accompagnava diligentemente, ma, soffrendo il mal di mare, passò quasi tutto
il viaggio chiuso in cabina. A bordo di quella nave tanto opulenta, che negli
anni aveva accolto gente dell’ alta società mondiale come Frank Sinatra,
Marilyn Monroe e Greta Garbo, senza dimenticare Elizabeth Taylor e Richard
Burton, che amavano rilassarsi davanti al camino del salone Lapis, la Callas
visse in un’ atmosfera aurea e grandiosa. A bordo, Onassis aveva un appartamento
personale di quattro stanze. Nel bagno spiccava una vasca incassata nel
pavimento circondata di mosaici con un motivo di pesci volanti, mentre in
camera da letto vi erano pareti verde spuma di mare, adorne di specchi veneziani
racchiusi in cornici d’ avorio con decorazioni a forma di conchiglia. Nello
studio si notavano la Madonna con un angelo di El Greco, fiancheggiata da due
sciabole d’ oro massiccio, dono del monarca saudita Abdulaziz, e un Buddha di
giada verde tempestato di rubini. Il magnate greco amava far abbassare a poco a
poco la pista da ballo della barca mentre gli ospiti danzavano e getti d’ acqua
illuminati zampillavano tutt’ intorno. Gli sgabelli del bar erano rivestiti col
prepuzio delle balene uccise dalla sua flotta di baleniere, quindi l’ armatore amava
dire alle donne: «Signora, lei è seduta sul pene più grande del mondo!».
Durante
la crociera, che contribuì enormemente ad avvicinarli, Ari e la Callas passavano
intere notti insonni, durante le quali lui le confidava le sue imprese romantiche
di gioventù, costringendo gli ospiti a stare svegli a turno per salvare le
apparenze. Nel giorno dello scalo a Istanbul, Atenagora di Costantinopoli, il
celebre e riverito arcivescovo ortodosso greco, chiamò davanti a tutti Onassis
e la Divina per benedirli: «La migliore cantante e il più famoso marinaio del
mondo moderno, un odierno Ulisse.». Tale augurio diede l’ impressione di una
cerimonia nuziale, e quella notte i due ebbero il loro primo rapporto sessuale.
Maria Callas, «la Divina»; |
Al
rientro a Monte Carlo del panfilo, la Callas era perdutamente innamorata dell’
amante, e decise di lasciare per sempre il consorte. Rimasta peraltro incinta
da parte del magnate, iniziò a sentendosi goffa e brutta, e temendo che lui la
raggiungesse prima del parto, una volta giunta al nono mese sollecitò il medico
della clinica Dezza di Milano a praticarle un taglio cesareo: il bimbo nacque il
30 marzo 1960 e morì a poche ore dal parto a causa di un’ insufficienza
respiratoria. Avendo scoperto che il marito aveva una relazione con la cantante
lirica, e già al corrente delle svariate storie circa i tradimenti da parte di
lui, che proprio come i suoi popolavano le pagine dei rotocalchi, Athina ottenne
in giugno il divorzio con una sentenza emessa da un tribunale dell’ Alabama,
nonostante i tentativi di rappacificazione compiuti dalla principessa Grace di
Monaco, moglie di Ranieri III e sua amica personale.
I
due amanti ora avevano mano libera, eppure la loro storia fu estremamente
dolorosa e ricca di tormenti, tra anni di passione sfrenata, lusso e sregolatezza.
Già dal 1957 le condizioni vocali della Callas mostravano segni di logoramento
a causa dell’ afonia: la sua voce andava e veniva. Ari, che da anni era soprannominato
«collezionista di donne celebri», avendo avuto amanti famose come Veronica
Lake, Gloria Swanson e Greta Garbo, la fece soffrire spesso e piuttosto crudelmente,
facendone una vera e propria vittima. Non mancava mai di deriderla, arrivando
persino al punto di dirle davanti all’ equipaggio del Christina O: «Sei solo
una che ha un fischietto in gola, e adesso non funziona nemmeno più!». Per
quanto i due fossero uniti da molte cose, per un oscuro istinto autodistruttivo
Onassis faceva di tutto per svalutare e rovinare l’ amore più vero che avesse mai
provato. Merope, la sua sorellastra minore, nata dal secondo matrimonio del
padre Socrate, disse con una punta di cattiveria: «Era talmente grassa che a
stento attraversava la porta, e aveva le gambe coperte di fitti peli neri.». Da
parte sua, il soprano descrisse l’ armatore come un uomo brutto e violento.
Il magnate e il soprano a Venezia nel 1957; |
Nel
1963, nel pieno della sua relazione con la Divina, iniziarono a girare
pettegolezzi secondo i quali Ari si stesse incontrando di nascosto con Caroline
Lee Bouvier, sposa del principe Stanisław Albrecht Radziwiłł, appartenente ad
un noto e rispettato casato di discendenza polacca e lituana, e sorella più
giovane di Jacqueline, moglie di John Kennedy, che
in tono con le previsioni di Churchill era uscito vincitore dalle elezioni
presidenziali del 1960, diventando il trentacinquesimo Presidente degli Stati
Uniti. Si disse che tale frequentazione fosse più che altro una scorciatoia con
cui arrivare alla stessa Jacqueline, traguardo che
in effetti raggiunse a seguito di una serie di eventi drammatici che videro coinvolta
la distinta e affascinante First Lady. Quello fu per lei un vero e proprio annus
horribilis, una lenta e inarrestabile discesa in una spirale di lutti e
sofferenze: in agosto, infatti, perse il figlio appena nato, Patrick, venuto a
mancare a soli due giorni dal parto a causa di una malformazione polmonare.
Volendo aiutarla a combattere la disperazione, la sorella Caroline convinse Onassis
ad invitarla a bordo del Christina O per una crociera nel Mediterraneo, cosa
che venne da subito molto discussa, al punto da suscitare un animato dibattito
politico che non tardò ad approdare perfino al Congresso di Washington, a causa
dei continui e sfaccettati intrighi finanziari e imprenditoriali del magnate
greco. Un articolo del Washington Post domandava addirittura se l’ ambizioso armatore
sperasse di diventare cognato del Presidente, lanciandogli di fatto contro un
siluro in vista del voto del 1964: non solo l’ imprenditore era sotto accusa
per frode al governo, ma risultava divorziato e coinvolto in una relazione ampiamente
pubblicizzata con una stella del canto lirico, a sua volta separata. Robert
Kennedy, fratello minore di John e suo Ministro della Giustizia, disse senza
mezzi termini che Caroline avrebbe fatto meglio ad allontanarsi da Ari, mentre
un membro della Casa Bianca sostenne: «Lo scorso anno abbiamo avuto Castro e la
crisi dei missili di Cuba, ora invece abbiamo Onassis e la crisi del
matrimonio.».
Oliver
Bolton, deputato repubblicano dell’ Ohio, contestò l’ opportunità della crociera
di Jacqueline sul Christina O, ricordando che molte delle navi del magnate
erano state costruite con garanzie ipotecarie fornite dallo Stato e che lui doveva
ancora finire di saldare il suo debito con la Marina, senza dimenticare che nel
1957 aveva realizzato un guadagno pari a venti milioni di dollari quando l’
amministrazione marittima gli aveva permesso di trasferire quattordici unità
dal registro navale a quelli di altri Paesi. L’ armatore aveva già acquistato
varie navi precedentemente di proprietà governativa, poco dopo il 1945, in
condizioni assai favorevoli a patto che sarebbero state sempre impegnate sotto
la sola bandiera a stelle e strisce, cosa che invece non era avvenuta. Kennedy contattò
subito la consorte per invitarla ad interrompere il suo viaggio, ma senza
successo, mentre J. Edgar Hoover si affannava a scavare più a fondo sul conto
dell’ affarista, senza a sua volta ottenere risultati soddisfacenti: il
direttore dell’ FBI lo detestava istintivamente, convinto com’ era che non vi
fosse fumo senza arrosto e che stesse cercando di sedurre la First Lady nel
desiderio di passarla liscia, ma al tempo stesso era ben felice dei guai in cui
si trovava il Presidente, avendo rapporti molto difficili sia con lui che con Robert,
da cui dipendeva gerarchicamente.
La
favolosa crociera fu un periodo molto felice per la bella ospite, e si concluse
con il dono di una collana di diamanti e rubini da parte di Ari, che voleva
lasciarle un bel ricordo. Jacqueline tornò alla Casa
Bianca più bella e in forma che mai, ma appena ebbe riabbracciato il marito il
destino le sferrò un secondo colpo durissimo: il successivo 22 novembre,
durante un viaggio a Dallas, il Presidente venne assassinato.
Onassis,
che si trovava ad Amburgo in occasione del varo della superpetroliera Olympic
Chivalry, telefonò subito a Caroline, che gli chiese di accompagnarla al
funerale del cognato. Lui sostenne che non sarebbe stato saggio tornare tanto
presto negli Stati Uniti e soprattutto farsi vedere al funerale del Presidente
per via della sua sfilza di reati tributari che lo vedeva debitore del governo,
ma la principessa sostenne che la cosa non aveva ormai più alcuna importanza e
il giorno dopo gli fece avere un invito ufficiale dal capo del cerimoniale della
Casa Bianca, anche per trattenersi dopo i funerali. L’ armatore greco, che si
era aspettato un lutto tipicamente mediterraneo, fatto di lacrime e silenzio,
rimase stupito dal clima della veglia funebre irlandese, scandita da alcol,
canti e battute scherzose, durante la quale il defunto venne ricordato non solo
per i suoi successi e i piccoli imbrogli, ma anche per le gesta di donnaiolo
incallito. Il magnate fu fatto oggetto di ogni tipo di motto spiritoso, e venne
stuzzicato anche a proposito del suo panfilo e dell’ aria misteriosa che si
portava sempre dietro. Con notevole abilità e prontezza, lui si calò nella
parte del buffone, ruolo che aveva già svolto per Sir Winston e Greta Garbo,
raccontando svariate storielle e accettando di essere preso in giro, senza mai
lasciare sola Jacqueline, neanche per un momento. Robert Kennedy gli fece
persino firmare un ridicolo documento formale nel quale accettava di destinare metà
del suo leggendario patrimonio ai poveri in America meridionale. Ari lo siglò
in caratteri ellenici: Αριστοτέλης Ωνάσης.
Mentre
la Callas si avviava lungo il tramonto artistico e una profonda crisi psicologica
che si accentuò nel 1964, Onassis iniziò presto a corteggiare Jacqueline, che
dopo aver lasciato la Casa Bianca si era ritirata in un lussuoso appartamento
nella Quinta Strada di New York, alla ricerca di una certa riservatezza, frequentandola
sempre più assiduamente. Frattanto, al Principato di Monaco, la tensione diplomatica
contro di lui si fece sempre più forte, aizzata soprattutto dalla principessa
Grace, sua fiera oppositrice, al punto che nel 1967 venne costretto a cedere a
Casa Grimaldi il pacchetto di maggioranza di cui disponeva presso la Société des
Bains de Mer a seguito di un piano di emissione di seicentomila nuove azioni
della società, definito da Ranieri, che dovevano essere riservate allo Stato:
tale mossa fu considerata legittima dalla Suprema Corte del Principato e il
magnate vendette le quote incassando nove milioni e mezzo di dollari, corrispondenti
ad oltre duecentosettanta milioni attuali.
Onassis e Jacqueline; |
Dopo
l’ attentato di Dallas, Jacqueline si avvicinò molto al cognato Robert, tanto
che si iniziò a parlare di una relazione segreta tra loro. In realtà, ancora
oggi risulta difficile separare la leggenda dal suo fondo di verità, ma è
assolutamente certo che Robert prese molto a cuore i due figli di John, Caroline
e John Junior. Candidato alla presidenza e salutato come l’ erede ideale del
fratello, si rivolse spesso alla cognata, che gli fece da consigliera e partecipò
attivamente a molte occasioni pubbliche, finché il 6 giugno 1968, all’ Ambassador
Hotel di Los Angeles, venne a sua volta assassinato. L’ ex First Lady ripiombò
nella disperazione più cupa, e l’ armatore greco colse al volo l’ occasione per
chiederle di sposarlo, ben sapendo che ricercava un uomo che proteggesse i suoi
bambini dalla «maledizione dei Kennedy» e, al tempo stesso, le garantisse quel
tenore di vita a cui era abituata. Lei accettò e firmò un contratto
prematrimoniale di ventotto pagine caldeggiato dal cognato Ted, ultimo fratello
sopravvissuto di John e Robert, e preparato da un gruppo di valenti avvocati,
che costò ad Ari l’ equivalente di una superpetroliera: in esso fu messo per
iscritto che lei poteva continuare a vivere da sola, organizzare le proprie vacanze,
accedere a qualsivoglia lusso, quanti rapporti sessuali settimanali era tenuta
a concedergli. Erano stabiliti persino i dettagli di una sostanziosa liquidazione
in caso di divorzio e di una rendita altrettanto cospicua in caso di vedovanza.
Parallelamente, lui dovette sborsare ben tre milioni di dollari a beneficio
della promessa sposa perché, con il matrimonio, avrebbe perduto il diritto di
riscuotere il fondo fiduciario del primo marito, e altri due milioni, uno per
Caroline e l’ altro per John Junior.
Il
20 ottobre 1968, con una sfarzosa cerimonia sull’ isola di Skorpios, i due
infine si sposarono. Il matrimonio fu molto discusso ed osteggiato, e a dispetto
della lussuosa celebrazione e delle gioiose fotografie, nelle quali balzavano
all’ occhio il volto triste e lacrimoso di Caroline e la testa bassa di John
Junior, non fu affatto un’ unione felice, anzi. Jacqueline, che voleva lasciarsi
alle spalle le tante tragedie e i conseguenti fiumi di lacrime, fu assai
criticata circa la scelta del suo secondo marito, generalmente ritenuto il
candidato più orrendo al ruolo di patrigno dei piccoli Kennedy: se John era
stato una figura nobile, sorridente e carismatica, un uomo bello e atletico,
fortemente rimpianto come un vero eroe della pace e della diplomazia, Ari era invece
volgare e grossolano, basso e brutto, dall’ espressione equivoca da mercante
levantino. Anche la differenza di età fu da subito oggetto di ampie critiche: sessantadue
anni lui, trentanove lei. Alcuni giornalisti non risparmiarono commenti neppure
sul fatto che il matrimonio si era tenuto in un luogo, Skorpios, il cui nome incuteva
spavento. La notizia degli sponsali fu una vera e propria bomba che colpì il
mondo lasciandolo allibito: la Callas ne fu informata attraverso i giornali, e per
lei fu un colpo impietoso che accentuò la sua dolorosa discesa verso l’ oblio,
tanto da volersi ritirare dal mondo e rifugiarsi a Parigi. Come disse con una punta
di spietatezza sul conto della rivale: «Ha fatto bene a dare un nonno ai suoi
figli.». Della Divina, Onassis disse semplicemente: «Vi era una naturale
curiosità tra di noi. Dopo tutto, eravamo i più celebri greci viventi al mondo…».
John
Junior, che al momento del matrimonio aveva otto anni, era inizialmente intimidito
dalla figura vecchia e sgradevole del patrigno, che fece di tutto per avvicinarsi
a lui e alla sorella Caroline: in realtà, superata la prima impressione, oltre
che un uomo brutto il magnate greco sapeva essere molto affascinante, tanto da
riuscire a conquistare gente assai difficile come Greta Garbo e Sir Winston
Churchill, morto nel 1965, che era stato un uomo tendenzialmente depresso ma
sempre pronto a ridere di gusto ai suoi scherzi volgari e scurrili, soprattutto
quelli al Chez Maxim di Parigi, ove all’ uscita lo vedeva deporre abitualmente
i genitali sul piattino delle mance della guardarobiera. Con il tempo e la
pazienza, l’ armatore si guadagnò il rispetto e la stima di John Junior, che
parlò sempre bene di lui, dicendo peraltro che gli aveva insegnato a vivere in
mare. Per sedurli mise a disposizione tutti i suoi mezzi, dalle barche agli
aerei, senza escludere grandi doni come mini-jeep, jukebox, fuoribordo e pony,
oltre che un palazzo di centosessanta stanze a Skorpios in cui i due ragazzini trascorsero
magnifiche estati sotto la costante protezione di drappelli di guardie del corpo.
Ma
benché Ari si trovasse bene con i figliastri, l’ unione con Jacqueline fu un’ esperienza ben poco felice, e i
rapporti tra loro divennero presto gelidi. I signori Onassis non avevano assolutamente
niente in comune, e raramente vissero insieme più di quanto garantito dal
contratto prematrimoniale: lui tornò al più presto ai suoi molti e redditizi
affari, lei invece si diede ai viaggi, alle pazze spese e alla bella vita. Lui
rimpianse apertamente di non aver sposato la Callas, e disse senza mezzi
termini di reputare Jacqueline vuota, fredda e vanesia, mentre lei lo definiva
rozzo, avaro, sempre pronto a parlare di soldi, dal cattivo gusto e le orrende
maniere a tavola. I figli Alexander e Christina rimasero a loro volta sconvolti
dall’ unione, in quanto avevano sempre sperato che il padre potesse riconciliarsi
con la madre Athina, ipotesi sembrata possibile alla fine della storia la
Callas. Ma così non fu, e Alexander ebbe a dire che al padre piacevano i nomi, mentre
a Jacqueline i quattrini. I giovani Onassis non legarono mai con la matrigna, ma
furono sempre molto amichevoli con Caroline e John Junior, tanto che Alexander,
appassionato di volo, diede a John Junior le prime lezioni di pilotaggio aereo.
Nello stesso mese di ottobre, poco dopo il matrimonio, Onassis annunciò il varo del Progetto
Omega, un grande piano di investimenti pari a quattrocento milioni di dollari sostenuto
dalla banca statunitense First National City e atto a costruire una considerevole
infrastruttura industriale in Grecia, in quel tempo retta dalla Dittatura dei
colonnelli, che dopo il colpo di Stato del 21 aprile 1967 aveva soppresso il
governo democraticamente eletto, effettuando poi continui arresti e
deportazioni degli oppositori, abolendo le libertà politiche e civili, sciogliendo
i partiti e costringendo all’ esilio gli Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg,
la famiglia reale. Il prospetto compreva peraltro una raffineria di petrolio e
una fonderia di alluminio. In precedenza, il magnate aveva stretto un’ intensa
relazione con il Primo ministro greco, il colonnello Geōrgios Papadopoulos, che
corteggiò molto e con costanza, mettendo a sua disposizione la propria villa e donando
abiti per sua moglie. L’ iniziativa fu pesantemente criticata da molte persone,
come la giornalista ateniese Helen Vlachos, e presto venne offuscata da
svariati problemi, tra cui l’ opposizione dei finanziatori statunitensi dell’
armatore, che si stancarono dei termini sfavorevoli da lui imposti, mentre un
altro colonnello, Nikolaos Makarezos, uno dei cervelli della Giunta militare, concordemente
con Ioannis-Orlandos Rodinos, Viceministro del Coordinamento economico, preferì
un accordo offerto da Stavros Niarchos, grande rivale del magnate, cosa che portò
ad una ripartizione del Progetto tra loro due.
All’
inizio degli Anni Settanta ebbe inizio il tramonto della parabola del grande
affarista levantino. Dopo le nozze con Jacqueline i suoi affari cominciarono ad
andare male, tanto che i suoi più stretti collaboratori incominciarono a parlare
della «iella di Jackie». Si ammalò di miastenia gravis, malattia
neuromuscolare degenerativa caratterizzata da debolezza muscolare fluttuante e stanchezza,
ragion per cui si sottopose ad un’ attenta cura, mentre il 23 gennaio 1973 suo
figlio Alexander morì appena ventiquattrenne in seguito ad un incidente aereo nei
pressi dell’ aeroporto di Atene-Ellinikon. Tale tragedia colpì Ari molto
duramente, anche per il rimpianto dei rapporti conflittuali che avevano sempre
avuto: rimase talmente affranto da smettere subito di curarsi e di dedicarsi agli
affari, rimanendo definitivamente a letto nel 1974, mentre la Olympic Airways,
nonostante gli alti indici operosità, entrò in crisi.
Jacqueline
ordinò pertanto il suo trasferimento in Francia, a Neuilly-sur-Seine, dove si rivelò
urgente un intervento a causa di un’ infezione e, soprattutto, ricevette un’
ultima visita da parte dell’ amata Maria Callas, che mai aveva dimenticato: la
perdita della voce di lei e quella del figlio di lui avevano reso più profondo
il loro legame, tanto che lui aveva portato con sé in ospedale la coperta di
cachemire rosso di Hermès che lei gli aveva donato anni addietro, in occasione di un suo compleanno. Il 15 marzo 1975, pochi giorni dopo questo malinconico e nostalgico
incontro, Onassis morì. Aveva sessantanove anni, e al suo capezzale non vi era nessuno al momento della sua
morte. La salma venne trasferita in Grecia e inumata nel cimitero di Skorpios, accanto
alla tomba di Alexander.
Al
momento della sua morte, il patrimonio del grande magnate greco ammontava a ben
cinquecento milioni di dollari, oggi pari a oltre due miliardi. Solo il decesso
del marito evitò a Jacqueline un divorzio già nell’ aria. Come vedova vantava
il diritto di intascare una cospicua eredità, ma la legge greca imponeva un limite
alla somma che un cittadino straniero poteva ereditare, dunque la disputa che
si aprì fra lei e la figliastra Christina finì con il farle accettare dopo due
anni una liquidazione pari a ventisei milioni di dollari. Il quarantacinque percento
dell’ eredità fu destinata alla Fondazione Alexander Onassis, creata da Ari in
memoria del figlio venuto a mancare prima del tempo e dedita a cause benefiche
e sociali. Il restante cinquantacinque percento andò a Christina, che si
ritrovò sola a gestire l’ immenso patrimonio della famiglia: tormentata dal
proprio aspetto fisico, tanto da sottoporsi a soli diciassette anni a un
intervento di rinoplastica, e con alle spalle ben quattro matrimoni, tentò
varie volte di suicidarsi, analogamente alla madre Athina, la quale dopo altri due
matrimoni infelici, uno con John Spencer-Churchill, XI duca di Marlborough e cugino
di terzo grado di Sir Winston, e l’ altro con Stavros Niarchos, vedovo di sua
sorella Eugenia, scomparsa nel 1970, e peggiore nemico dello stesso Onassis,
era morta nel 1974 per cause mai chiarite, forse per un edema, oppure per un’
overdose di droga o addirittura un avvelenamento, senza escludere la possibilità
di un suicidio. Nel 1978 donò il panfilo Christina O al governo greco affinché
ne facesse una barca di rappresentanza, mentre il successivo 19 novembre 1988 morì
mentre si trovava a Buenos Aires, a soli trentasette anni, per edema polmonare:
i medici sostennero che la sua morte fosse dovuta all’ abuso di droghe e medicinali,
in quanto pare che fosse ossessionata dal proprio peso al punto di prendere
molti farmaci per non ingrassare, soprattutto anfetamine. Fu a sua volta sepolta
a Skorpios.
Oggi
l’ eredità degli Onassis appartiene alla giovane Athina Roussel Onassis, figlia
di Christina e Thierry Roussel, noto donnaiolo francese,
nata il 29 gennaio 1985 a Neuilly-sur-Seine e oggi una delle donne più ricche
al mondo.
Come
Ari spiegò a Jacqueline durante la controversa crociera del 1963, c’ erano una
volta gli dèi: «Ne avevamo uno per ogni cosa: un dio per la guerra, uno per l’
amore, uno per i ladri e via dicendo. Prima di scomparire, gli dèi scesero in
terra, si immischiarono nelle faccende umane e generarono una razza di semidei,
con le stesse passioni e la stessa energia, ma non più mortali.».
Oggi
i semidei sono i miliardari, i capi di Stato e le loro donne. Le loro vicende a
forti tinte sarebbero degne delle antiche tragedie, se non fosse che nel nostro
mondo la volgarità frena la grandezza. Onassis poté degnamente fregiarsi del
titolo di semidio, non solo di homo novus e self-made man: nato umile in un
reame antico e un tempo glorioso ormai al crepuscolo, quello dei sultani ottomani,
e poi rifugiato politico nell’ emergente Nuovo Mondo ove morì tra le vette del
potere e della ricchezza terrena rese possibili da una grande ambizione mista
ad altrettanta disinvoltura, condensate nel suo celebre detto: «Meglio essere
infelici sui cuscini di una Rolls Royce che sulle panchette di un tram.». Ebbe
a che fare con principi, presidenti, primi ministri, imprenditori e artisti che
contagiò con la propria visione, come lui stesso disse: «Per aver successo in
affari è necessario fare in modo che gli altri riescano a vedere le cose nel
modo in cui le vedi tu.». Rimase segnato nella storia anche e soprattutto per
la sua controversa vita privata, movimentata da infinite relazioni e sconvolta
dal peggiore di tutti i lutti, e in tono con la concezione degli antichi greci divenne
un vero e proprio immortale, un uomo destinato ad essere ricordato per sempre
dalle future generazioni a causa delle sue particolari azioni.
Poteva
forse un simile personaggio rimanere confinato entro i limiti di questo mondo?
Ovviamente no: i suoi tratti e le sue vicende ispirarono non solo i rotocalchi,
ma anche libri, film e sceneggiati televisivi, soprattutto «Il magnate greco», il cui
protagonista interpretato da Anthony Quinn si ispira chiaramente a lui, senza
dimenticare «Onassis, l’ uomo più ricco del mondo» e
«Callas e Onassis», miniserie coprodotta da Lux Vide, RTI e Pampa Production
con la partecipazione di Telecinco che narra la storia tra lui e la Divina. La
sua ultima apparizione avviene in «I Kennedy - La storia continua», nella quale
è interpretato da Alexander Siddig. Nemmeno la fantascienza ha resistito al suo
fascino, in quanto la figura del principe Xizor, uno dei personaggi più
riusciti ed amati della serie di «Guerre stellari», introdotto nel romanzo «L’ ombra dell’ Impero» di Steve Perry, si richiama a
lui per vari tratti, dalla tragedia familiare in gioventù all’ avvento sociale
e professionale nell’ Impero Galattico come ricco e potente armatore spaziale.
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