Sophie Scholl; |
«Come non posso
vedere un torrente limpido senza bagnarvi perlomeno i piedi, così non posso
pensare davanti a un prato a maggio senza fermarmi. Non c’ è niente che attiri
di più di questa terra profumata, su cui le fioriture del cerfoglio ondeggiano
come una lieve spuma, mentre gli alberi da frutto tendono i loro rami coperti
di fiori come se volessero emergere da questo mare di beatitudine. E io, io
devo per forza lasciare la strada e addentrarmi in questa pienezza multiforme
di vita. Senza più pensare a niente altro, mi arrampico su per la scarpata e mi
trovo immersa fino alla vita nei fili d’ erba rigogliosi e nei fiori.» Sophie Scholl;
Tra
tutti i valori a cui uomini e donne attribuiscono un valore, quello della
libertà rappresenta il più grande in assoluto, superiore persino a quello della
vita stessa: un’ esistenza non libera, soggetta a una qualsivoglia condizione,
rappresenta un peso intollerabile a cui si preferirebbe la morte. La libertà,
quella particolare facoltà di disporre liberamente di sé stessi, pensando,
parlando, agendo e decidendo autonomamente, ha infiniti ambiti di applicazione,
e fin dai tempi dell’ emanazione della Magna Charta Libertatum, nel 1215, essa
è alla base di ogni sistema sociale civile e democratico, ponendo come limite
essenziale il rispetto della libertà altrui: come Martin Luther King con
arguzia ebbe a dire, il nostro diritto ad essere liberi finisce dove comincia quello
degli altri.
Uno
degli aspetti più noti e importanti della libertà è quello relativo alla
facoltà di pensiero e della sua manifestazione. Coltivare e sviluppare appieno
il proprio modo di pensare, scevro dalla volontà altrui e di chi esercita il
potere, sia esso politico, religioso, sociale, o familiare, rappresenta senza
dubbio un elemento fondamentale non solo per il buon funzionamento della
società in cui viviamo, ma addirittura per lo sviluppo della singola persona: la
libera circolazione delle idee da parte di tutti, in spirito di rispetto e
sincerità, senza sopraffazioni e prepotenze, è il fondamento della conoscenza e
della consapevolezza, nonché del retto pensiero, la cui unica fonte sono la
ragione e l’ esperienza, senza dogmi precedentemente prodotti. Eppure, la
libertà di pensiero e parola ha notoriamente sempre avuto un grande ostacolo
rappresentato dalla censura, quel particolare controllo e limitazione della
comunicazione presente in una certa misura anche nei sistemi democratici e
mossa da motivi morali, estetici, o legati alla sicurezza. Nei regimi
dittatoriali e totalitari, invece, tale facoltà viene più ampiamente abolita
nell’ intento di garantire una certa uniformità alla società e alla nazione,
considerando ogni infrazione un atto di alto tradimento da punire severamente
con lunghe condanne detentive o addirittura con la morte. Ma in qualsivoglia regime
non è mai mancato chi ha alzato la propria voce parlando liberamente, rompendo
gli schemi e indicando la verità nei fatti, confutando con chiarezza la
versione ufficiale imposta dagli artefici della censura e della propaganda,
affrontando poi con eroico coraggio una sorte dolorosa divenendo un esempio, un
incoraggiamento alla difesa di questo particolare valore.
Se
occorrono eventi drammatici per scuotere la gente dall’ apatia, se nei tempi di
crisi emergono persone che si consacrano a un ideale diventando simboli
inattaccabili e la loro funesta fine provoca una reazione, tutto questo fu
particolarmente vero nel caso di Sophie Scholl, giovane studentessa tedesca
passata alla storia come attivista antinazista, parte del gruppo di ispirazione
cristiana della Rosa Bianca, oggi ricordata come emblema della ribellione
nonviolenta al Terzo Reich.
Vignetta rappresentativa di Sophie Scholl; |
Sophie
nacque il 9 maggio 1921, quarta di sei figli, a Forchtenberg, cittadina nel
land del Baden-Württemberg. Suo padre, Robert, era un convinto liberale, e fu
peraltro sindaco. La madre, Magdalena, era invece una protestante convinta che
indusse i figli ad avvicinarsi alla religione e a frequentare la chiesa. Di aspetto
semplice ma ben curato, con una corporatura alta e proporzionata, la giovane
denotò fin da bambina un carattere profondamente riflessivo, riservato e
silenzioso, nonché una mente critica ed un giudizio pronto e sereno. Fu educata
sin dall’ infanzia all’ amore per la patria. Sempre piena di idee, amava la
vita nonostante il periodo molto difficile che la Germania viveva dalla
disastrosa sconfitta riportata durante la Grande Guerra.
Nel
1930 gli Scholl si trasferirono a Ludwigsburg, e due anni dopo a Ulma, dove si
stabilirono definitivamente. Il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler divenne
Cancelliere del Reich, provvedendo da subito ad instaurare la dittatura, e come
tutti i giovani, anche i fratelli Scholl furono contagiati dall’ entusiasmo e sostennero
al Nazionalsocialismo, entrando volontariamente nella Hitler Jugend, la
famigerata Gioventù hitleriana, organizzazione atta ad accogliere i giovani a
partire dai dieci anni e a prepararli a servire nelle forze armate divenendo
«buoni cittadini», attraverso un sistema di addestramento militare e
paramilitare. Il padre fu apertamente contrario a tale adesione, ma dopo
quattro anni esso rimasero fortemente delusi dal Nazionalsocialismo, e Sophie
in particolare si avvicinò alla Deutsche Jungenschaft vom 1.11.1929, fondata da
Eberhard Köbel, un gruppo giovanile vietato dal regime che coltivava il mito
dei popoli del grande Nord. Dotata di talento artistico, in particolare per la
pittura, frequentò ambienti letterari e artistici animati da oppositori del
regime.
Gli
studi classici e le sue ricerche la portarono a confrontarsi con i grandi
filosofi e i maestri religiosi di varie epoche, e al centro della sua
attenzione restarono il Vangelo e un Cristianesimo libero da qualsivoglia miscuglio
con il potere politico. Dopo alcune letture sul rinnovamento cattolico francese
si avvicinò alla scuola cattolica.
Il fratello Hans; |
Uno
dei suoi fratelli maggiori, Hans, ebbe sempre su di lei una grande influenza,
tanto che nel 1937 il suo arresto da parte dei nazisti la sconvolse
sentitamente rafforzando la sua avversione per il Nazionalsocialismo e per i
metodi del Terzo Reich. Nella primavera del 1940 ottenne il diploma di maturità
e trovò impiego come insegnante d’ asilo presso il Fröbel Institute a
Ulm-Söflingen: tale scelta fu dettata anche dalla speranza che un simile lavoro
le evitasse il periodo di servizio di lavoro obbligatorio a cui tutti i giovani
erano tenuti, anche per iscriversi all’ università, e non le valse il risultato
auspicato perché, in base alla sua esperienza con i bambini, fu chiamata a
servire come ausiliaria per sei mesi in un istituto statale di Blumberg.
Soltanto nel maggio 1942 poté finalmente iscriversi all’ Università di Monaco, alla
facoltà di filosofia, dove studiava anche Hans. Nello stesso anno il padre
venne arrestato e condannato ad un breve periodo di detenzione per aver pubblicamente
criticato la politica del Führer. A Monaco, Sophie incontrò artisti, scrittori
e filosofi che ebbero influenza nella sua decisione di coltivare e sviluppare
la sua fede: una questione fondamentale per lei era capire quale dovesse essere
il comportamento del buon cristiano da tenere nel corso di un regime
dittatoriale.
Busto commemorativo di Sophie all’ Università di Monaco; |
Durante
le vacanze estive dovette prestare servizio di guerra in un impianto
metallurgico, e, nello stesso periodo divenne membro attivo della Rosa Bianca,
un gruppo di
studenti di fede cristiana che si opponevano in modo nonviolento al regime nazionalsocialista,
dedicandosi alla stampa e alla distribuzione di volantini nell’ ambiente
accademico e intellettuale monacense, in cui si raccontavano gli orrori
perpetrati nei confronti degli ebrei e le disfatte belliche. Il loro
atteggiamento era sostenuto da un fervente intreccio di passione civile e
rabbia. Lei fu la sola donna appartenente a questo gruppo, occupandosi con
grandissimo impegno della preparazione dei volantini e della loro distribuzione.
La
Rosa Bianca formò presto una rete che si diffuse in ampi territori della
Germania sudoccidentale, giungendo poi fino al nord, comprendendo grandi città
come Amburgo, Augusta, Ulm, Stoccarda e Berlino. Le copie dei volantini
venivano stampate una alla volta, notte dopo notte, con una macchina che doveva
essere azionata a mano con una manovella, e per restare svegli e lavorare
durante il giorno i membri della Rosa Bianca prendevano eccitanti dalle
cliniche militari dove alcuni di loro lavoravano come medici.
Il giudice Roland Freisler; |
Sophie
viaggiò molto, spedendo circa ottocento volantini, ma il 18 febbraio 1943, durante
la distribuzione insieme ad Hans di circa milleottocento volantini all’
università di Monaco, che lasciarono davanti alle porte delle aule, sui davanzali
e sulle grandi scale che conducevano all’ entrata principale, i due furono
scoperti dal custode e arrestati. Il suo interrogatorio, durato quattro giorni
da parte della Gestapo, si rivelò da subito un estenuante duello psicologico, e
alla fine venne riconosciuta colpevole di alto tradimento e processata insieme
ad Hans e all’ amico Christoph Probst, nel
frattempo arrestato a sua volta: malgrado le resistenze della ragazza, gli
inquisitori della temuta polizia segreta di Stato seppero a farle confessare la
sua appartenenza alla Rosa Bianca, ma non i nomi degli altri membri dell’ organizzazione
clandestina: così come prevedeva il piano del gruppo in caso di cattura, i
fratelli Scholl sostennero di essere soltanto loro i responsabili delle azioni
della Rosa Bianca, rifiutandosi di firmare ogni ritrattazione in quanto
affermavano di aver agito secondo coscienza e per il vero bene del popolo
tedesco.
La
Gestapo riservò loro un durissimo trattamento, ma Sophie si rivelò straordinariamente
forte, determinata e attiva. Il funzionario che condusse l’ interrogatorio le domandò:
«Non si rammarica, non trova spaventoso e non si sente colpevole di aver
diffuso questi scritti e aiutato la resistenza, mentre i nostri soldati
combattevano a Stalingrado? Non prova dispiacere per questo?». Rispose lei: «No,
al contrario! Credo di aver fatto la miglior cosa per il mio popolo e per tutti
gli uomini. Non mi pento di nulla e mi assumo la pena!».
La tomba di Hans e Sophie al cimitero di Monaco; |
Il
successivo 22 febbraio si tenne il processo a Monaco, e fin dall’ inizio parve
chiaro che sarebbe stato una mera farsa in quanto presieduto dal crudele e
spietato giudice Roland Freisler, Presidente del Tribunale del Popolo, il più
celebre magistrato penale del Terzo Reich, il cui atteggiamento aggressivo e
mortificante nei confronti degli imputati fu un esempio rappresentativo della
stortura del diritto da parte del Nazionalsocialismo e dell’ asservimento della
giustizia al terrore organizzato dal regime. Come giudice, questo individuo si era
reso responsabile di migliaia di condanne a morte a seguito dei dibattimenti da
lui stesso presieduti, e i gli esiti dei processi erano scontati fin dal
principio. Sophie, Hans e Christoph Probst furono condannati a morte lo stesso
giorno, e subito condotti alla prigione Stadelheim, ove avvenivano le
esecuzioni. Sophie in particolare dimostrò grandissima dignità e coraggio,
accettando le conseguenze della sua onestà intellettuale, non versando nemmeno
una lacrima davanti ai suoi carcerieri e inquisitori. I genitori ottennero il
permesso di vedere lei e Hans un’ ultima volta, cosa mai avvenuta durante il regime,
e Sophie disse loro che avevano preso tutto sulle loro spalle per coprire gli
amici, che moriva volentieri e soddisfatta per quel che aveva fatto. Lo stesso
cappellano del carcere la vide poco prima dell’ esecuzione, e disse di averla
trovata calma, senza paura.
I
tre amici furono ghigliottinati nel cortile della prigione, e l’ esecuzione
venne condotta dal dottor Walter Roemer, capo della polizia della corte
distrettuale di Monaco. Le ultime parole di Sophie, appena ventunenne, furono:
«Come
possiamo aspettarci che la giustizia prevalga quando non c’ è quasi nessuno
disposto a dare sé stesso individualmente per una giusta causa? E’ una giornata
di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso
di noi migliaia di persone sono risvegliate e suscitate all’ azione?».
Bell'articolo complimenti
RispondiEliminaTi ringrazio molto, Bruna. In effetti l' argomento mi ha molto colpito, e pensavo che fosse utile contribuire alla discussione di questo particolare personaggio storico. Penso che anche nelle scuole se ne dovrebbe parlare, per far capire che non tutti i tedeschi furono nazisti o semplici simpatizzanti.
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