mercoledì 9 gennaio 2019

Ludwig II, il tormentato e romantico re dei castelli

Ritratto ufficiale di re Ludwig II;


«E’ certamente comprensibile che, a volte, io sia preso da una violenta febbre di rabbia e di odio e con disgusto volti le spalle al mondo circostante, che ha così poco da offrirmi. Forse un giorno sarò in pace con questa terra, quando saranno distrutti tutti gli ideali le cui sacre fiamme mi sono così care. Ma non desideratelo mai! Voglio rimanere un eterno enigma, per me stesso e per gli altri.» Ludwig II di Baviera;

La vita dei re e delle loro famiglie esercita da sempre un grande fascino presso la gente comune, di cui suscitano l’ interesse e l’ ammirazione sebbene quasi tutto ciò che viene trasmesso al pubblico corrisponda soltanto ad una facciata accuratamente studiata, e non ad una spontanea verità. La forte e abituale distanza del sovrano dal suo popolo e l’ alone di mistero da cui viene sempre circondato hanno il potere di stimolare la curiosità e il fascino della sudditanza, conferendogli una vera e propria aura di sacralità e magia. In ogni tempo e nazione, il regnante diviene un vero e proprio oggetto di culto, centro di ogni autorità terrena e morale, oggetto privilegiato delle arti, il suo volto viene riportato sulle monete divenendo sorgente di rispetto, ispirazione e conforto. Dal giorno della sua incoronazione cessa di essere un semplice uomo per divenire un simbolo di enorme importanza per tutti, qualcuno che «fa tutto ciò che fanno le persone comuni, solo che fa tutto meglio». Il popolo contempla i suoi palazzi e le sue residenze per le vacanze con una mescolanza di ammirazione e soggezione, impressionato alla vista di quali abitazioni siano degne della grandezza di colui che regna «per grazia di Dio e volontà della nazione».
Eppure, come è noto, la vita di un monarca e quella dei suoi famigliari non è affatto come nelle favole. E’ scandita da doveri e responsabilità a cui non può sottrarsi per una questione ereditaria, e ai quali viene preparato fin da piccolissimo con un’ educazione e una formalità particolarmente rigidi. E’ un’ esistenza colma di durezza e convenzioni antiche e immutabili e povera di libertà, a cui quasi sicuramente nessuno si offrirebbe mai spontaneamente. Da quando la Rivoluzione francese e i conseguenti moti rivoluzionari ottocenteschi portarono al declino dell’ assolutismo per diritto divino dando impulso alla nascita di un nuovo sistema politico, comunemente chiamato Stato di diritto o liberale, assicurato da una monarchia costituzionale o parlamentare oppure da un regime repubblicano, il re, addetto al ruolo di capo e rappresentante dello Stato nonché garante del suo buon funzionamento e del rispetto della sua costituzione, ha ulteriormente perduto la propria libertà di azione politica: oggi, in quanto simbolo vivente della nazione su cui regna è costantemente soggetto alle sottili e costantemente mutevoli alchimie della ragion di Stato e all’ autorità del suo governo, alle cui esigenze deve attenersi il più diligentemente possibile.
Uno dei sovrani più ammirati e insieme discussi dell’ era moderna è stato senza dubbio Ludwig II, re di Baviera dal 1864 al 1886, appartenente al Casato di Wittelsbach, tra i cui avi si erge persino il grande Carlo Magno. Uomo tormentato e romantico, vissuto e infine morto in circostanze fuori del comune, fu soprannominato der Märchenkönig, «il Re azzurro» in tedesco, sebbene a questo nomignolo nel tempo se ne assunsero altri coloriti e meno cordiali quali «il Re sognatore» e il più noto, «il pazzo re Ludwig». Ricordato come un monarca particolarmente singolare, fu noto come una figura piuttosto eccentrica la cui eredità si intreccia fortemente con la storia dell’ arte e dell’ architettura, avendo commissionato la costruzione di svariati e stravaganti castelli fiabeschi di notevole imponenza, come il Neuschwanstein. Devoto mecenate del magnifico Richard Wagner e benvoluto dal popolo bavarese, che lo venera ancora oggi, visse e patì numerose sofferenze ed inquietudini derivanti dalla sua continua opposizione alle rigide e bigotte convenzioni del suo tempo, pagando duramente con la deposizione dal trono dopo ventidue anni di regno a seguito di un’ ingannevole dichiarazione medica che lo descriveva come un grave malato di mente, preparata da alcuni medici infidi e legati a potenti dignitari a lui ostili, e morendo appena il giorno dopo in circostanze piuttosto sospette a soli quarantuno anni. La sua attitudine a edificare manieri incantevoli, concepiti come consolanti e spensierati rifugi dall’ odiosa corte monacense, ambiente ai suoi occhi mostruoso e di cui non amava gli aridi formalismi, l’ insensibilità, le trame, la corruzione, l’ adulazione e l’ alterigia dei nobili, lasciò al suo regno un’ eredità meravigliosa, che ancora oggi attira ogni anno milioni di turisti provenienti da ogni parte del mondo.
Principe ereditario della Baviera;

Ludwig Otto Friedrich Wilhelm von Wittelsbach nacque il 25 agosto 1845 al castello barocco di Nymphenburg, a Monaco di Baviera, il cui nome significa «Castello delle Ninfe». Figlio primogenito di Maximilian Joseph von Wittelsbach, il principe ereditario della Baviera, e di Marie di Hohenzollern, figlia del principe Federico Guglielmo Carlo e nipote di Federico Guglielmo II, re di Prussia, la sua nascita fu salutata con molto entusiasmo in parte perché la successione al trono era assicurata per un’ altra generazione e in parte perché era avvenuta lo stesso giorno dell’ onomastico del nonno paterno, re Ludwig I, che gli impose il proprio nome. Battezzato ad appena un giorno dalla nascita secondo il rito cattolico, il 20 marzo 1948, ad appena tre anni, divenne il nuovo principe ereditario, dal momento che il sovrano dovette abdicare a causa della rivoluzione animata da forti proteste e dimostrazioni studentesche della classe media contro la sua autorità, essendo reputato un monarca anticostituzionale. Il figlio salì pertanto al trono con il nome di Maximilian II. Il mese dopo, la famiglia reale si ampliò con la nascita di un secondo figlio, il principe Otto.
La cugina Elisabeth, «Sissi»;

Durante l’ infanzia, Ludwig venne assai viziato e gli fu sempre ricordato il suo rango di principe ed erede al trono, ma al tempo stesso fu posto sotto la severa autorità dei precettori, che gli imposero un rigoroso regime di studio ed esercitazioni. Si rivelò un giovane sveglio, attento, intelligente, votato alla cultura, all’ arte e soprattutto alla storia. I grandi monarchi del passato, soprattutto francesi, lo affascinavano enormemente. Ben presto, però, non sopportò più le pesanti restrizioni stabilite dall’ educazione impostagli dal padre, e non perse l’ occasione di reagire in modo aspro, alle volte persino dispotico, ai rimproveri dei severi precettori. Con i coetanei aveva l’ abitudine di dimostrarsi aperto e cordiale, ma non ammetteva che ci si dimenticasse del suo rango, nemmeno per scherzo, come dimostrato dalla sorte del figlio di un importante conte, che era stato allontanato e mai più ammesso a corte proprio per volere di Ludwig dopo che questi lo aveva urtato per sbaglio durante una corsa. Anche il rapporto con i genitori si fece presto conflittuale: del padre non sopportava lo scarso senso della regalità, mentre della madre non tollerava l’ ignoranza.
La sua giovinezza ebbe vari momenti lieti, come le visite con la famiglia a Hohenschwangau, frazione del comune di Schwangau, in Algovia Orientale, e al lago di Starnberg. Da bambino strinse un legame molto stretto con Elisabeth, meglio nota come Sissi, sua cugina di secondo grado e appartenente al ramo ducale dei Wittelsbach, in quanto la madre di lei, la principessa Ludovika, era la zia di Maximilian II, mentre il padre, il duca Maximilian Joseph, detto amichevolmente «duca Max» discendeva da un bisnonno di Ludwig I. Sissi acquisì un’ importanza centrale nella vita del principe ereditario. Tra i due vi erano otto anni di differenza, cosa che certamente non facilitò i loro rapporti durante l’ adolescenza, soprattutto quando lei lasciò Monaco nel 1854, a sedici anni, alla volta di Vienna per unirsi in matrimonio all’ imperatore Francesco Giuseppe I. Ludwig ne aveva appena otto. Entrambi amavano trascorrere del tempo insieme, immersi nella natura e nell’ arte. Lei era una cultrice di Heinrich Heine e, sul suo esempio, chiamava sé stessa nelle proprie poesie «gabbiano» per il suo amore mistico e travolgente per il mare, mentre al cugino riservava l’ epiteto di «aquila», come in uno dei più celebri versi scritti di suo pugno:
«A te, aquila della montagna
Ospite delle nevi eterne
Un pensiero del gabbiano
Re delle onde frementi.».
Da adolescente divenne molto amico del suo aiutante di campo, Paul Maximilian Lamoral von Thurn und Taxis, membro di un’ antica e importante famiglia nobile bavarese, assai facoltosa: i due giovani andavano a cavallo insieme, leggevano poesie e allestivano scene delle opere romantiche del compositore tedesco Wagner, di cui aveva ascoltato per la prima volta la musica durante una rappresentazione del «Lohengrin» a Monaco, quando aveva sedici anni, ma la relazione si infranse quando Paul si interessò di più alle ragazze. Leggendo alcune lettere, infatti, si può intuire che l’ erede al trono avesse tendenze omosessuali che reprimeva pubblicamente a causa del suo intenso sentimento religioso, e che proprio Paul fosse il suo primo amore.
Sovrano in uniforme ufficiale;

Tra le rare feste di corte e le numerose scampagnate nei boschi di Schwangau, dove la famiglia reale possedeva il castello di Hohenschwangau, Ludwig visse la propria adolescenza in completa solitudine, trascorrendo ore e ore in una stanza buia a fissare il vuoto, e a chi gli chiedeva se non si annoiasse rispondeva semplicemente: «Affatto! Immagino cose stupende e mi diverto tantissimo.».
Il 10 marzo 1864, il padre Maximilian, da lungo tempo minato da malattie che lo costringevano a lunghi periodi all’ estero per curarsi adeguatamente, finendo con l’ essere un regnante non molto presente nelle questioni di Stato eppure assolutamente amato per le qualità personali ed intellettuali, morì, e Ludwig gli successe quasi diciottenne sul trono come Ludwig II. La sua prima apparizione ufficiale come re fu proprio ai funerali di Stato del padre, tenutisi il 14 marzo, e a corte già serpeggiavano sdegno e maldicenze a proposito del fatto che nel corso delle ultime settimane di vita del padre, il principe avesse concesso alcune udienze al tenore tedesco Albert Niemann, particolare gesto considerato poco rispettoso verso il morente sovrano a cui sarebbe succeduto. Fu un periodo molto intenso per il nuovo re di Baviera, perché oltre alla perdita del genitore, che lo segnò sentitamente malgrado il rapporto conflittuale, conobbe personalmente una delle persone che maggiormente segnarono la sua vita, ossia Richard Wagner, il suo idolo. Nella sua musica soave e nelle sue storie di cavalleria e di eroi senza macchia aveva trovato la migliore risposta alle proprie irrequietezze romantiche, peraltro animate dalla lettura di libri e racconti fiabeschi. Il monarca vide in lui l’ artista per eccellenza, nonché il dono più prezioso da fare tanto ai propri sudditi quanto a sé stesso. Si incontrarono conobbero il 4 maggio del 1864, e rimasero amici per il resto della loro vita. Ludwig divenne il suo generoso mecenate, praticamente salvandolo dal dissesto economico. Wagner era infatti scappato in Svizzera per evitare l’ arresto per indebitamento, e i suoi parenti più stretti, volendo calmare i creditori, vendettero il mobilio e gli altri beni mobili della sua casa di Vienna, lasciandolo improvvisamente sprovvisto di alloggio. Di passaggio a Monaco mentre si recava urgentemente a Stoccarda per convincere il direttore d’ orchestra Eckert a rappresentargli il «Tristano e Isotta», il suo capolavoro, osservò in un ritratto il volto del monarca bavarese, il cui segretario personale si presentò la sera del 3 maggio domandando di parlare con lui: credendosi ricercato dalla polizia, il compositore fece rispondere di non essere in casa, ma l’ indomani mattina il dignitario raggiunse il musicista in albergo, dove gli consegnò un anello e una foto del re: Ludwig II, follemente devoto, lo voleva presso di sé a Monaco.
Riconoscente per aver accettato il suo invito, il giovane regnante gli corse incontro garantendogli una generosa protezione, consistente in una pensione di ottomila fiorini, una grande casa a Monaco e una serie di generosissimi contratti. Il 5 ottobre 1864 avvenne la prima assoluta di «Huldigungsmarsch» al Teatro Cuvilliés di Monaco, un grande successo, e durante l’ estate di quello stesso anno, dal 18 giugno al 15 luglio, re Ludwig si concesse qualche giorno di riposo a Bad Kissingen, ove per sua felicità rincontrò Sissi, ora imperatrice d’ Austria. Il loro legame, dovuto ad affinità elettive, alla complicità di carattere, al fatto di non amare i galatei e le cerimonie imposti dalla vita di corte, all’ animo sensibile, alla predilezione per le lunghe passeggiate a cavallo e la natura a dispetto di una vita fatta di sterili convenevoli a cui rifiutavano fermamente di sottostare, non era mai venuto meno e spesso venne apertamente definito alquanto sconveniente. Nelle stanze reali vigevano regole particolari quali protocollo, etichetta, tattica, diplomazia, calcolo e persino intrighi per i quali entrambi non erano assolutamente portati. Come dissero molte malelingue, sia lei che lui cercavano di scappare, o almeno di fare «qualche scappata a cavallo». Un anno dopo, nel 1865, grazie ad un generoso patrocinio reale ebbe finalmente luogo la rappresentazione del «Tristano e Isotta» e de «I maestri cantori di Norimberga», la sola commedia composta da Wagner, in cui viene esaltato il significato della nuova arte tedesca. Alla fine della prima del «Tristano e Isotta», Ludwig uscì dal teatro e salì sul suo treno per tornare al palazzo, ma lo fece fermare in aperta campagna e in preda ad una fortissima emozione, cavalcò da solo nei boschi per tutta la notte, rientrando alle prime luci dell’ alba. L’ avventura bavarese del musicista tedesco ebbe tuttavia vita breve, in quanto il 10 dicembre del 1865 venne costretto ad andarsene perché il sovrano, spinto dalle implacabili pressioni del suo governo, indignato e preoccupato dalle ingenti spese che stava elargendo al suo artista preferito, gli ordinò di abbandonare il Regno. Vedendosi contro la corte e perfino il popolo, Wagner si stabilì in Svizzera, presso il lago di Lucerna, dove portò a termine il lavoro della tetralogia de «L’ anello del Nibelungo» e conobbe il filosofo Friedrich Nietzsche. Certa propaganda equivoca sostiene che Ludwig decise di arricciarsi i capelli in occasione del primo incontro con Wagner, ma in realtà aveva preso questa decisione molti anni prima, quando era ancora principe ereditario, volendo nascondere le orecchie a sventola, un difetto fisico che non sopportava.
Il compositore tedesco Richard Wagner;

Intimamente sconvolto e convinto di aver perduto il rispetto che gli era dovuto come monarca al pensiero di essersi dovuto piegare alle inflessibili insistenze del governo allontanando da sé un caro amico, Ludwig decise di ritirarsi in un luogo lontano, estraniandosi dalle meschine faccende del mondo, dando inavvertitamente agli infidi e ingannevoli ministri e dignitari la possibilità di muoversi più agevolmente, considerando una grande fortuna il fatto di avere a che fare con un re che sceglieva di non governare. L’ Isola delle Rose, sul lago di Starnberg, abbastanza lontano dai cortigiani monacensi perché il loro inquinamento morale non lo raggiungesse, fu il suo rifugio più felice. Il regnante non riceveva più i propri funzionari e dignitari, e smise di prendere decisioni: stava solo sulla sua isola con una cerchia di servitori rigorosamente scelti, e di notte faceva sparare stupendi fuochi d’ artificio che coloravano le buie acque del lago.
Eppure, la sua tanto desiderata solitudine venne bruscamente interrotta nell’ estate del 1866, allo scoppio della guerra tra Austria e Prussia, animata dal principe Otto von Bismarck, cancelliere di Prussia, votato all’ unificazione germanica. Per una serie di circostanze sia politiche che parentali, la Baviera era schierata con l’ Impero austroungarico. Ludwig era contrario alla guerra, ma fu costretto a firmare la mobilitazione dell’ esercito, pur rifiutandosi categoricamente di leggere i dispacci che gli arrivavano dal fronte: «Io non ho voluto la guerra. Dite ai generali che il re non sa che c’ è la guerra!». Il conflitto si risolse con la vittoria della Prussia, e il popolo bavarese, sconfitto e umiliato, reclamava il proprio re, che voleva veder sfilare per le città e a cui chiedeva di rappresentarlo durante i lunghi trattati di pace che avrebbero preteso dalla Baviera un pagamento di ben cinquantaquattro milioni di marchi, accompagnati da oro e alcuni territori. Ludwig II accettò e intraprese il solo viaggio ufficiale della propria carriera di re, accettando peraltro un trattato di mutua difesa con la Prussia.
Il castello di Neuschwanstein;

Al suo ritorno, deciso a mettere ordine nella propria vita, annunciò alla corte di volersi fidanzare con la principessa Sophie, sorella della tanto amata cugina Sissi: poiché da tempo si mormorava che fosse insensibile al fascino femminile, tale notizia suscitò grande esultanza da parte di tutti, nella certezza che le chiacchiere sarebbero finalmente terminate. Il rapporto di Ludwig con il sesso femminile non era mai stato particolarmente appassionato, nemmeno quando appena salito al trono le giovani dame dell’ aristocrazia bavarese gli si scioglievano di fronte tra complimenti e sguardi invitanti: pareva chiaro piuttosto che «il più bel re d’ Europa», come era soprannominato, fosse attratto da più elevati ideali, votato al raggiungimento dell’ appagamento morale piuttosto che da quello carnale. Il 22 gennaio 1867 i due si fidanzarono, e fissarono il matrimonio per il successivo 25 agosto, data che però venne rimandata al 12 ottobre: tuttavia, il 10 ottobre, il re decise clamorosamente di interrompere il fidanzamento, senza dare alcuna spiegazione, e la sconsolata principessa venne congedata con una lettera e un mazzo di fiori, suscitando un enorme scandalo a cui lui rispose semplicemente visitando l’ Esposizione Universale di Parigi, occasione in cui incontrò Napoleone III, Imperatore dei francesi.
Il castello di Linderhof;

Nel 1870, in base ai termini del trattato con la Prussia, la Baviera scese in campo contro la Francia nella Guerra franco-prussiana, e nel mese di dicembre, su richiesta di Bismarck, re Ludwig sollecitò una lettera che chiedeva la creazione di un Impero tedesco, di cui suo zio, Guglielmo I di Hohenzollern, sarebbe stato il primo Kaiser. In cambio del suo appoggio ricevette alcune concessioni, ma l’ era dell’ indipendenza bavarese era di fatto terminata. Pregare lo zio, ai suoi occhi un soldato ignorante, di accettare la sua Baviera in dono fu un duro colpo per il giovane Ludwig: gli costò un grande sforzo, proprio non sopportava il veder ridurre la propria dignità reale, ragion per cui sfociò nuovamente nella rabbia e nell’  indignazione, scappando e isolandosi.
Il Castello di Herrenchiemsee;

Sempre più in crisi, il re non pensava ad altro che a correre via, più veloce e lontano di prima, magari in un castello dalle spesse mura, in un punto alto e inaccessibile dove non potessero giungere le odiose maldicenze che da Monaco lo inseguivano senza sosta, assecondando in tal modo un desiderio di solitudine che ormai sconfinava nella misantropia. Volendo emulare il suo grande mito, il leggendario re Luigi XIV di Francia, iniziò una serie di dispendiose costruzioni di regge, palazzi e castelli fiabeschi, maestosi ed imponenti, attraverso i quali avrebbe dato alla Baviera prestigio e sfarzo: nel 1869 avviò i lavori di Neuschwanstein, concepito come favoloso maniero medievale, destinato a diventare il simbolo stesso del suo reame, conosciuto in tutto il mondo come il «Castello delle favole»; nel 1874 fu la volta di Linderhof, glorioso monumento al barocco francese, che deve il proprio nome al tiglio, in tedesco linde, che si trova nel relativo giardino e venne costruito come villa reale: tra le sue dimore divenne la sua preferita, nella quale trascorse più tempo; nel 1874 volle invece quello di Herrenchiemsee, magnifica riproduzione degli splendori di Versailles, al punto da essere soprannominato la «Versailles bavarese», posto su di un’ isola del lago di Chiemsee, raggiungibile solo con un traghetto. In questi luoghi, finalmente, avrebbe potuto sperare nell’ isolamento e nella pace, curando il suo benefico amore per la cultura. Per onorare il proprio legame con Wagner, mai venuto meno nonostante la sua assenza fisica, il 22 maggio del 1872 inaugurò la costruzione del Teatro di Bayreuth, all’ interno del quale dovevano tenersi solo le esibizioni delle sue opere, soprattutto il «Parsifal», ineguagliabile successo senza tempo. Eppure, tutte queste costruzioni, che percepiva come la propria gloria, soddisfazione e restauro morale, non fecero altro che svuotare le casse reali, esasperando le antiche ostilità con i ministri del governo, i suoi più stretti dignitari e i livelli più alti della nobiltà. Ma il sovrano non badava affatto a simili cose, che definiva apertamente «superflua burocrazia».
Quando venne a sapere che il figlio stava dilapidando sia le finanze dello Stato che quelle della famiglia reale a causa di simili progetti edili, la regina madre Marie, ormai ritiratasi dalla vita pubblica dalla morte del marito Maximilian, mise immediatamente a disposizione il proprio intero patrimonio terreno, ma la generosa offerta venne prontamente respinta. I rapporti tra lei e il figlio erano stati sempre formali e con il tempo sempre più freddi perché, come avveniva in quasi tutte le corti europee, i principi non venivano cresciuti e nemmeno educati dai genitori, costantemente occupati nello svolgimento delle proprie mansioni di Stato. Addirittura, Ludwig si riferiva a lei semplicemente come «la vedova del mio predecessore».
Tra il castello di Neuschwanstein e il ritiro di Linderhof, il monarca viveva sempre più isolato. Se un attore seguito a teatro gli piaceva lo chiamava a sé, in modo che recitasse solo per lui. Quando invece si sentiva attratto da un cameriere di bell’ aspetto lo riempiva di doni, e pur pranzando da solo pretendeva che la tavola fosse sempre apparecchiata per due, perché riteneva possibile che la regina Maria Antonietta di Francia decidesse di fermarsi a cena. Le opere di Wagner, portate a temine tra scandali, liti, rappacificazioni, delusioni e munifici esborsi, venivano rappresentate unicamente per lui. Non riceveva mai nessuno, passando ore in completa solitudine tra i monti che incorniciavano Neuschwanstein o nei fiabeschi chioschi del parco di Linderhof. Intanto, la snella figura del giovane «principe di cuori» si trasformava in quella appesantita di uomo di mezza età, mentre lo sguardo distaccato e fiero di un tempo diventava sempre più carico di follia, reso opaco dai vizi del fumo e dell’ alcol.
Ludwig II ritratto a cavallo;

Il 13 febbraio 1883 il grande Wagner morì a Venezia, lasciando nell’ animo di Ludwig un vuoto imparagonabile. Oramai, il re era completamente solo di fronte a svariati avversari, sempre pronti a cospirare alle sue spalle. I suoi debiti erano vertiginosamente lievitati, mentre le voci sulle sue eccentricità avevano ormai invaso le corti europee gettando fango non soltanto sui Wittelsbach, ma anche sul governo monacense, che non riusciva più a tenerlo a freno. Un gruppo di ministri e dignitari decisero pertanto di passare all’ attacco: coinvolgendo i servitori e i collaboratori della cerchia più ristretta testimoniarono contro il sovrano di fronte ad una commissione medica volendo farlo passare per malato di mente. L’ 8 giugno 1886, il professor Bernhard von Gudden, che presiedeva la commissione, redasse una perizia secondo la quale il monarca non era più in grado di regnare poiché affetto da seri problemi psichici pur  non avendolo mai visitato, basandosi soltanto su quanto gli era stato riferito e sul materiale da lui stesso realizzato, ritenuto molto più che sufficiente per lo scopo: da tale relazione emergeva un soggetto instabile e affetto da paranoia, particolare disturbo mentale sviluppatosi nel corso degli anni, quindi ormai inguaribile e destinato a peggiorare. Dichiarato inidoneo all’ attività politica, venne sostituito dal principe Luitpold, suo zio, fratello minore del padre Maximilian, che il 10 giugno assunse la reggenza. Per ragioni di sicurezza, la presa in custodia del popolare regnante fu fatta in segreto, ma l’ evento fu inusuale come la sua stessa vita: un’ eccentrica ma leale baronessa arrivò ai cancelli della residenza agitando l’ ombrello e redarguendo gli uomini mandati a prenderlo. Un folto gruppo di agguerriti contadini si affollò a Hohenschwangau per proteggerlo, volendo scortarlo fino alla frontiera, ma Ludwig rifiutò. Un battaglione di soldati di stanza nella vicina cittadina di Kempten era stato richiamato a Neuschwanstein dal sovrano, ma fu trattenuto dal governo, quindi il regnante tentò di rendere pubblico un proclama: «Il principe Luitpold intende salire al potere come Reggente della Nazione senza la mia volontà. I miei attuali ministri hanno falsificato le informazioni sul mio stato di salute e stanno preparando atti di alto tradimento nei confronti del mio amato popolo... Chiedo a ogni fedele bavarese di aiutare i miei seguaci nell’ ostruzione di questo tradimento pianificato del re e della patria.». Questo appello venne stampato da un quotidiano di Bamberga l’ 11 giugno 1886, un venerdì, ma le copie vennero tutte sequestrate dal governo per evitarne la diffusione. Peraltro, molti dei suoi telegrammi ai giornali e ai suoi amici furono intercettati. Ludwig ricevette anche un messaggio da Bismarck, che lo invitava ad andare a Monaco e di mostrarsi al popolo, ma rifiutò di lasciare Neuschwanstein.
Il mistero della morte di Ludwig;

La mattina del 12, una seconda commissione si recò al castello. Il re venne arrestato alle 4:00 e trasferito al castello di Berg, ove venne tenuto sotto un’ attenta sorveglianza. Il giorno dopo, domenica 13 giugno, Pentecoste, Ludwig ottenne il permesso di uscire per una piccola escursione, accompagnato dal professor Von Gudden, che non volle nessuno al seguito. Quando i due non furono visti tornare, iniziò un’ attenta ricerca che si concluse alle 23:00 di quella sera, con il ritrovamento del re e del dottore ormai morti nelle acque del lago di Starnberg. Il decesso del re deposto è avvolto nel mistero, in quanto era un buon nuotatore e l’ acqua di quel lago gli arrivava alla cintola. Le autorità stabilirono che si trattò di un suicidio per annegamento, nonostante il fatto che dall’ autopsia emerse chiaramente che nei suoi polmoni non vi fosse acqua. Benché non siano emerse valide prove di violenza, si parlò molto presto di un assassinio politico compiuto sia per risolvere una per tutte i problemi derivanti dal comportamento bizzarro di un sovrano sempre più lontano dalla realtà e dal suo ruolo che la vergogna della sua omosessualità in un’ epoca di esasperato moralismo e bigottismo, piuttosto che di un tentativo di fuga finito in tragedia. Altre ipotesi sostennero che morì per cause naturali come un infarto o un ictus durante la fuga, mentre secondo determinate leggende sarebbe stato sbranato da un licantropo e che il professore fosse il suo amante. Ancora oggi, comunque, in Baviera viene cantata la Canzone di Ludwig: «E assassini misteriosi, il cui nome non si sa, lo gettarono nel lago, assalendolo alle spalle.».
La salma di Ludwig II nella bara;

La morte di Ludwig II, così tragica e controversa, commosse profondamente l’ intera Baviera. In molti dissero apertamente che era perfettamente sano, ma vittima di un intrigo. La stessa imperatrice Sissi sostenne: «Il re non era matto; era solo un eccentrico che viveva in un mondo di sogni. Avrebbero potuto trattarlo più gentilmente, e risparmiargli con ciò una fine così terribile.».
Il sovrano venne sepolto nella Chiesa di Saint Michael, nell’ odiata Monaco, nel corso di un solenne funerale di Stato. Nella bara, accanto a numerosi fiori, teneva tra le mani un mazzo di gelsomini, ultimo regalo dell’ amata cugina Sissi.
Sul trono gli successe il fratello minore, Otto I, che tuttavia non governò mai effettivamente a causa di determinati problemi mentali che non vennero resi noti e per i quali fu dichiarato insano appena un anno dopo, cosa che gli valse l’ allontanamento nel castello di Fürstenried, sotto supervisione medica, per il resto della sua vita, sebbene non venne mai sollevato dal titolo regale. Lo zio Luitpold, già Reggente in occasione della deposizione di Ludwig, conservò le redini effettive del governo sino alla propria morte, nel 1912. Un anno dopo morì anche Otto, quindi il trono bavarese passò al figlio maggiore di Luitpold, Ludovico III, che regnò fino al 7 novembre 1918, alla fine della Grande Guerra, quando in tutta la Germania, uscita sconfitta dall’ immane conflitto, scoppiò una rivoluzione antimonarchica che lo costrinse a lasciare il Paese, facendo di lui il primo dei monarchi tedeschi ad essere ufficialmente destituito.
La tomba di re Ludwig;

Una persona curiosa, di animo gentile e raffinato e al tempo stesso eccentrico ed enigmatico, sempre desideroso di sapere cose nuove, amante dell’ arte, soprattutto quella medievale e barocca, grande intenditore di musica, un visionario che seppe modellare con i suoi castelli l’ anima stessa della Baviera, insofferente alle ritualità e ai doveri di corte: Ludwig II fu tutte queste cose insieme. Benché accusato di diserzione ai suoi doveri di re e di aver sperperato quasi del tutto le finanze reali, seppe dare al suo reame un periodo di pace e sviluppo culturale davvero notevole. La sua eredità si intreccia indelebilmente con la storia dell’ arte e dell’ architettura: i vari castelli fiabeschi e sfarzosi che commissionò conformemente alla sua indomita volontà di proteggere le sue innate passioni artistiche, musicali e storiche trasmisero una grandiosa eredità alla Baviera. Ironicamente, la loro costruzione rischiò la bancarotta del regno dei Wittelsbach, mentre oggi assicurano enormi profitti al Länder della Baviera, venendo apprezzati quali attrazioni turistiche ineguagliabili che attirano ogni anno milioni di visitatori da tutto il mondo. Quello di Neuschwanstein in particolare colpì l’ immaginazione del cineasta e produttore statunitense Walt Disney, che lo usò come ispirazione per le sue opere fiabesche, soprattutto «Biancaneve e i sette nani», «Cenerentola» e «La bella addormentata nel bosco».
La popolarità di Ludwig tra la sudditanza era dovuta a varie ragioni: prima di tutto cercò di evitare per quanto possibile i conflitti armati, assicurando alla Baviera un periodo di pace, sebbene si discuta tuttora sul fatto se questo comportamento fosse dovuto ad un movente pacifista o più semplicemente alle sue distanze dal potere politico. Il suo atteggiamento anticonformista ebbe il suo peso agli occhi del popolo. Benché odiasse le folle, amava viaggiare in incognito tra la sua gente e chiunque si fosse dimostrato ospitale con lui, senza sapere di avere a che fare niente meno che con il sovrano, veniva ricompensato con cospicui doni. I bavaresi lo ricordano tuttora con l’ affettuoso titolo di unser Kini, «il nostro re» in dialetto locale, e come uno dei regnanti più belli mai vissuti: la sua altezza era di un metro e novantuno, e i suoi occhi erano di un azzurro intenso, che folgoravano tutti con uno sguardo magnetico.
Busto di Ludwig;

Profondamente segnato negli ultimi centotrent’ anni dai giudizi negativi e dalle descrizioni disdicevoli fomentate da molti cortigiani malevoli, re Ludwig rappresenta meglio di tanti altri personaggi storici un richiamo all’ inesattezza del semplicistico concetto di «normalità» ed «eccentricità». Tuttora legato nel ricordo collettivo ad insensate immagini di follia, il Re azzurro fu peggio che calunniato: non fu compreso. Tutta la sua esistenza fu enigmatica e complessa, travagliata da dispiaceri e fraintendimenti derivanti dal costante confronto con una società rigida e bigotta in cui l’ apparenza rappresentava l’ unico valore veramente importante. La vita di un erede al trono viene programmata nei dettagli fin dalla nascita, ma lui tentò sempre e comunque di allontanarsi dagli schemi e da ciò che veniva considerato conveniente e normale per un uomo del suo rango. Appare evidente quanto questo comportamento fuori dalle convenzioni e tale ricerca di libertà siano la base su cui germogliò la sua leggenda nera. Apparentemente banale e scontato, il concetto di normalità e soprattutto quello di eccentricità non rispondono mai ad una descrizione precisa, e neppure vantano una connotazione univoca, positiva o negativa che sia. L’ eccentricità è prevalentemente associata all’ anticonformismo e alla bizzarria, ma in mancanza di un modello psicologico adeguato equivale alla deviazione dagli schemi convenzionali. Ma fin dove si spinge, tale deviazione? Per molti sconfina in forme minori di follia, per qualcun altro si avvicina invece alla schizofrenia, ma in realtà nelle analisi psicologiche l’ eccentricità costituisce un mistero tuttora da svelare.
Il re di Baviera fu senz’ altro una persona nettamente discorde dalla maggioranza delle persone, uno spirito libero, un autonomo pensatore, molto lontano dalla figura tradizionale dell’ aristocratico rigidamente inamidato e ligio all’ etichetta eppure fatalmente intrappolato dall’ impietosa eredità dinastica derivante dalla sua primogenitura, ma di sicuro non fu mai un pazzo o uno squilibrato se non nelle dichiarazioni scritte e firmate da alcuni medici al soldo di oscuri dignitari coinvolti in una congiura dai cupi contorni.

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