«La più grande tra
le distinzioni è il servizio agli altri.» re Giorgio VI di Gran Bretagna;
In
questo mondo, le apparenze hanno spesso avuto il vizio di trarre in inganno. Capita
infatti con una certa facilità di trovarsi di fronte ad una persona e
affrettare nella nostra mente un giudizio superficiale, mosso da un’ analisi di
pochi elementi. Non è raro che una persona venga reputata strana per un
determinato atteggiamento o un’ idea, di cui si ignorano le ragioni precise, o
magari dissoluta perché contesta un principio generalmente accettato come
corretto, piuttosto che debole e inadeguata per via di una condotta introversa
e appartata. La gente comune ha l’ abitudine piuttosto scorretta di formulare
facili giudizi che conducono puntualmente in errore, e che si tramutano
rapidamente in convinzioni che con il tempo si fanno sempre più difficili da
contrastare. Il più delle volte, i punti di vista, le opinioni e le illusioni
riescono a divenire più potenti dei fatti reali, ma per fortuna ci troviamo sovente
di fronte ad individui molto speciali che, inizialmente incompresi e sottovalutati,
riescono a superare e vincere con onore i vari pregiudizi nei loro confronti, manifestando
all’ occorrenza grandi doti di forza e coraggio con le quali riescono a stupire
ampiamente l’ ambiente circostante.
Tutto
questo fu senz’ altro vero nel caso di re Giorgio VI di Gran Bretagna, figlio
secondogenito di Giorgio V, un uomo che nella prima parte della sua vita venne
giudicato in modo piuttosto ingiusto, essendo visto come uno scialbo ometto privo
della personalità adatta ad un membro di uno dei più prestigiosi e rispettati
casati della storia, e che con la rinuncia al trono da parte del fratello
maggiore, Edoardo VIII, evento sconvolgente che ebbe luogo proprio nel periodo
in cui il Bolscevismo e il Nazismo allungavano i loro malevoli tentacoli sull’ Occidente
per poi affacciarsi al mondo, ponendo i monarchi europei sull’ orlo del
precipizio, venne chiamato a guidare l’ Impero britannico nell’ ora più buia
della sua storia. Lui stesso non aveva molta stima di sé, non si sentiva
portato per essere un sovrano: soffriva di una fortissima balbuzie, era timido e
viveva un costante conflitto con il mondo che lo circondava, non era molto
forte fisicamente, e si sentiva privo del talento e della sicurezza che invece
aveva sempre molto ammirato nel fratello. Eppure, nei suoi quindici anni di
regno fu capace di un vero e proprio miracolo: se al tempo della sua
incoronazione la Corona era instabile a causa di determinati movimenti antimonarchici
che sfruttavano abilmente le vicende personali dell’ abdicatario Edoardo, che
aveva pensato di poter agire al di sopra delle regole e per sé stesso proprio mentre
la nazione era alle prese con un nemico mortale che avrebbe persino osato un’
invasione, lui si mise personalmente al servizio della nazione, concependo la regalità
come un dovere, fortemente convinto dell’ imparzialità del suo ruolo nei
confronti della politica e della netta distinzione tra sfera pubblica ed istituzionale
e quella privata, in cui comunque sentiva di dover dare il buon esempio al
popolo. Conscio del forte valore simbolico del proprio ruolo di fronte all’
intera nazione, senza distinzioni sociali, divenne una vera icona per genti e
generazioni distanti e differenti tra loro, superando insperatamente scandali e
guerre. Quest’ uomo così pacato e comune, divenuto re controvoglia, vinse sia la
propria intensa battaglia personale quanto quella a beneficio del Paese, che guidò
con grande onore, precisione e costanza, passando alla storia come un uomo
forte e coraggioso, un vero eroe che ancora oggi riceve grande apprezzamento e
stima da tutto il mondo.
Bertie in giovane età; |
Albert
Frederick Arthur George nacque il 14 dicembre 1895 a Sandringham House, amata
residenza di campagna della famiglia reale britannica nella contea di Norfolk, figlio
del duca Giorgio di York, il secondo e il maggiore dei figli sopravvissuti del
principe Edoardo di Galles, l’ erede al trono, e della principessa Maria di
Teck, appartenente al casato germanico dei Von Teck. Alla sua nascita era il
quarto nella linea di successione al trono, venendo dopo il nonno, il padre e il
principe David, suo fratello maggiore, di appena un anno più vecchio, mentre il
trono britannico era occupato dalla bisnonna paterna, la celebre e rispettata Vittoria,
l’ ultima sovrana di Casa Hannover, a sua volta di provenienza tedesca.
Essendo
nato il 14 dicembre, anniversario della morte del suo bisnonno paterno, Alberto
di Sassonia-Coburgo-Gotha, l’ amatissimo principe consorte di Vittoria, altro
esponente della nobiltà germanica, venne chiamato Albert: la nonna materna, la
principessa Maria Adelaide di Cambridge, non disapprovò mai questo particolare
nome, scrivendo che si augurava che avrebbe utilizzato l’ ultimo, Giorgio.
Bertie, a sinistra, con la madre Maria e David; |
Come
comunemente avveniva nelle famiglie più altolocate del tempo, soprattutto se
appartenenti alla nobiltà, i suoi genitori furono spesso lontani da lui e dai
fratelli, non potendo assisterli nella loro crescita in quanto tenuti a viaggiare
molto sia per la Gran Bretagna che per l’ Impero al fine di confermare con le
proprie apparizioni la simpatia della sudditanza nei riguardi della Corona. Le bambinaie
e i precettori svolsero quindi nei suoi riguardi le principali funzioni
genitoriali ed educative fin dalla più tenera età.
Fin
dai suoi primi anni, Albert, chiamato informalmente «Bertie» in famiglia, venne
abitualmente descritto come timoroso e incerto nelle sue azioni. Soffrì di problemi
cronici di stomaco e di una leggera deformazione alle ginocchia che il padre corresse
imbrigliandolo in dolorose steccature correttive da portare giorno e notte. Nato
mancino, venne forzato a scrivere con la mano destra. Soprattutto, soffriva di
una spiccata balbuzie, che molto influì sui suoi tormenti interiori e sulle sue
relazioni personali: si sentiva inadeguato, un debole e un incapace. Timido e
impacciato, eppure capace di scoppi d’ ira estremamente violenti come tutte le
persone pacate, venne scambiato per indeciso e stupido. Giorgio non fu mai
tenero o affettuoso con lui, anzi, lo trattò sempre con grande severità, come
faceva con il figlio maggiore, David. Noto come genitore assai rigido, tanto
che i suoi figli erano terrorizzati da lui, pare che un giorno abbia confidato
a Edward Stanley, XVII conte di Derby: «Mio padre era terrorizzato da sua
madre, io sono stato terrorizzato da mio padre, e sono dannatamente desideroso
di vedere che i miei figli siano terrorizzati da me.». In realtà non vi è alcuna
fonte diretta di questa citazione, ma si tende a pensare che il principe ereditario
semplicemente seguisse l’ allora abituale stile di educazione da impartire ai
suoi figli.
Il padre, re Giorgio V; |
Alla
morte della regina Vittoria, avvenuta il 22 gennaio 1901, suo nonno salì al
trono come re Edoardo VII, mentre il padre divenne il secondo nella linea di
successione al trono. Dal 1909 frequentò il Royal Naval College di Osborne come
cadetto della Royal Navy. Si dimostrò poco propenso agli studi, che comunque, ligio
a i suoi doveri, affrontò con perseveranza. Il 6 maggio 1910, dopo appena dieci
anni di regno, re Edoardo morì e il figlio gli succedette come Giorgio V. Il
principe Albert divenne quindi il secondo in linea di successione. Arrivato ultimo
della classe nell’ esame finale, si qualificò al Royal Naval College di
Dartmouth nel 1911. Entrò in servizio il successivo 15 settembre 1913, e un
anno dopo prese parte alla Grande Guerra, con il nome in codice di Mister
Johnson, seguendo le azioni militari dalla torretta di avvistamento della HMS
Collingwood, mentre la nave da guerra era impegnata in guerra contro la flotta tedesca
nella battaglia dello Jutland, azione inizialmente indecisa che poi si rivelò una
vittoria strategica per la Gran Bretagna. Tuttavia, in seguito il principe non
poté seguire molte altre azioni del conflitto mondiale in quanto si ammalò di
ulcera duodenale.
Nominato
ufficiale in carico nella Royal Naval Air Service a Cranwell nel febbraio del
1918, con la fondazione della Royal Air Force due mesi dopo passò in questo
nuovo corpo d’ arma, venendo nominato comandante del quarto squadrone a
Cranwell, in cui rimase fino all’ agosto del 1918, prestando servizio durante
le ultime settimane di guerra nel gruppo dirigenziale della Independent Air
Force, che aveva il suo quartier generale in Francia, a Nancy. A seguito dello
scioglimento della Independent Air Force nel novembre del 1918, tornò alla
Royal Air Force.
David, il fratello maggiore; |
Nel
1919, ad un anno dal termine del conflitto, che la nazione aveva vinto con
onore, frequentò il Trinity College di Cambridge, studiando storia, economia e
diritto civile per un anno. Nel 1920 fu nominato dal padre duca di York e conte
di Inverness, e da quel momento iniziò ad occuparsi degli affari di corte,
rappresentando re Giorgio nella visita di alcune miniere di carbone, fabbriche
e cantieri ferroviari, ottenendo il soprannome di «Principe Industriale».
Era
profondamente legato al fratello David, con cui faceva fronte comune contro i
genitori. Lo ammirava sinceramente, e forse lo invidiava perché era bravissimo
nello stare con la gente e nel comunicare in pubblico, mentre lui era contento
di restarsene defilato, in disparte. Si volevano bene e si rispettavano. David era
estremamente popolare, un vero fenomeno mediatico. Era bello, distinto,
elegante, ricco di stile. Curato nei minimi dettagli, eccentrico ma sempre
rispettoso e adeguato ai compiti che doveva assolvere e agli ambienti frequentati,
sapeva parlare in modo eccezionale, e riusciva a stare molto bene davanti ai
microfoni. Analogamente a lui, fin da ragazzo Bertie fu un accanito fumatore, arrivando
presto a fumare quotidianamente decine di sigarette anche nella convinzione,
avallata dai medici, che l’ atto di inspirare fumo rilassasse la laringe stimolando
la fiducia in sé stesso.
Bertie e Elizabeth Bowes-Lyon; |
Nel
1920, Bertie fu invitato ad un ballo da Elizabeth Bowes-Lyon, appartenente ad
un’ elegante famiglia scozzese, nona dei dieci figli di Claude Bowes-Lyon, XIV
conte di Strathmore e Kinghorne, e Cecilia Cavendish-Bentinck, che discendeva dal
Primo ministro William Henry Cavendish-Bentinck, III duca di Portland, e dal
Governatore generale dell’ India Richard Wellesley, a sua volta fratello minore
di un altro Primo ministro, Arthur Wellesley, I duca di Wellington e celebre vincitore
di Napoleone a Waterloo nel 1815. Ne rimase profondamente colpito, al punto da volerla
sposare. Si propose per la prima volta un anno dopo tramite un intermediario,
come si soleva allora, ma lei rifiutò ritenendo di essere inadatta al ruolo di
duchessa. Peraltro, pur trovandolo simpatico, era incerta per la sua balbuzie.
Nel 1922, lei partecipò come damigella d’ onore al matrimonio della principessa
Mary, sorella di lui, che un mese dopo domandò nuovamente la sua mano, ma lei
rifiutò nuovamente: «Mai... ho paura di non poter essere libera di pensare,
parlare e agire come vorrei davvero.». Determinato più che mai a sposarla, Albert
decise di fare da solo, chiedendole personalmente di sposarlo e dicendo che non
avrebbe maritato nessun’ altra: lei finalmente acconsentì, malgrado le sue
perplessità sulla restrittiva vita di corte. Subito dopo, la regina Maria la andò
a trovare, essendo curiosa di vedere con i propri occhi la ragazza che aveva
rubato il cuore del figlio, e pur rifiutandosi di interferire nella loro
relazione si convinse che fosse la donna ideale per lui. Il fidanzamento venne
ufficialmente annunciato nel gennaio del 1923, e la coppia si sposò il
successivo 26 aprile nell’ abbazia di Westminster. Il matrimonio ebbe grande
risalto sui giornali, e venne interpretato come un grande segnale di rinnovamento
e modernità. Era infatti la prima volta da secoli che un principe britannico
sposava una nobildonna di rango non elevato, non appartenente ad un casato
reale: i principi reali, infatti, si sposavano con altre principesse europee di
sangue reale. Peraltro, contravvenendo alle tradizioni ma con un gesto che
venne molto apprezzato, la sposa lasciò il bouquet sulla tomba del Milite Ignoto,
dove si trova tuttora, e che tutti i cortei evitano con cura di calpestare.
I duchi di York e le figlie; |
I
duchi di York rifiutarono cordialmente la sistemazione che il sovrano aveva
trovato per loro a Richmond Park, in una residenza gradevole ma antiquata, e preferirono
andare a vivere al 145 di Piccadilly, una delle vie più famose e trafficate di
Londra, in un palazzo di quattro piani da cui si vedevano le mura del parco di
Buckingham Palace, con il retro del palazzo sullo sfondo. In esso vivevano un
po’ più stretti, ma in modo soddisfacente. La loro servitù comprendeva un accompagnatore,
una governante, la cameriera personale della duchessa, il valletto del duca,
due lacchè, tre cameriere, un cuoco e due aiutanti di cucina, una bambinaia e
la sua assistente, un fattorino e un guardiano notturno: nulla di straordinario
per i livelli dell’ epoca, dal momento che per i nobili, i banchieri e gli
uomini d’ affari di alto livello questo personale era considerato il minimo
indispensabile.
Elizabeth
ebbe un ruolo molto importante nella vita di Bertie. Era una donna sempre allegra
e molto forte, perfettamente adatta ad un ruolo pubblico. I due facevano
squadra, con lui che si appoggiava costantemente a lei e alla sua forza e
sicurezza. Sembrava tenera, dolce e mite, ma era aveva un gran carattere. Lo
sosteneva con convinzione, sebbene la cosa le risultasse spesso difficile. Ogni
volta che lui balbettava in pubblico, lui incrociava lo sguardo di lei, che lo
guardava con la speranza che quel momento passasse il più velocemente possibile.
Pur consapevole che la sua timidezza e la laconicità lo facevano apparire molto
meno impositivo in confronto a David, come figlio minore del regnante si
sentiva tranquillo al pensiero di non dovergli succedere sul trono, evitando in
tal modo tutte le pesanti e continue responsabilità che ne comportavano, limitandosi
ai suoi piccoli doveri reali, che non erano eventi pubblici di grande peso,
come l’ andare in visita alle fiere, alle fabbriche e ai campi per ragazzi. Amava
tenersi in forma con sport come il tennis, e quando parlava in pubblico lo si
vedeva concentrarsi e cercare di calmarsi, con pause che sembravano eterne
davanti a folle vaste che pendevano dalle sue labbra. Soprattutto, quando
parlava, aveva grossi problemi con i suoni articolati nella parte posteriore
del cavo orale, e in modo particolare gli era quasi impossibile articolare la
parola king, ossia «re», e non solo per problemi meccanici: tale termine
gli faceva venire in mente il padre e l’ incredibile mole di doveri e responsabilità
a cui forse nessun uomo di sua conoscenza si sarebbe mai offerto volontariamente.
Tuttavia, su richiesta di re Giorgio, il 31 ottobre 1925 dovette tenere il
discorso di chiusura alla British Empire Exhibition, presso lo stadio di
Wembley, di fronte ai rappresentanti e agli sportivi dei cinquantotto domini e
colonie britannici, il risultato fu straziante: totalmente terrificato, non
riuscì praticamente a parlare, creando imbarazzo nella platea.
Lionel Logue; |
Oltre
ad essere la sua consigliera e assistente, aiutandolo nella composizione dei
suoi documenti ufficiali, Elizabeth fu fondamentale anche sullo spinoso fronte
del rimedio alla balbuzie. Dopo che lui si era rivolto a moltissimi specialisti
di elevato prestigio e formazione, nessuno dei quali aveva saputo risolvere il problema,
la duchessa nel 1926 fece qualche ricerca e venne inaspettatamente a sapere di uno
scienziato e logopedista australiano, Lionel Logue, che aveva uno studio per il
trattamento delle disfunzioni del linguaggio al numero 146 di Harley Street.
Nato a Adelaide, capitale dell’ Australia Meridionale, e trasferitosi con la
famiglia a Londra nel 1924, Logue era un personaggio del tutto fuori del
comune: mosso dalla passione per la lingua di William Shakespeare, era un attore
non professionista fallito, e in conseguenza di ciò aveva iniziato ad esercitare
come insegnante di dizione. Non era medico, e neppure vantava un’ istruzione particolare,
ma aveva accumulato una notevole esperienza nel campo della logoterapia
lavorando con i reduci australiani della Grande Guerra, che al ritorno dal fronte
europeo erano traumatizzati, soffrivano di spasmi, paralisi isteriche alle
gambe e altri disturbi come psicosi traumatiche e impedimenti di linguaggio.
Logue imparò moltissimo lavorando con loro, divenendo un pioniere dell’
approccio psicoterapeutico, che allora era poco considerato, e addirittura
visto con un certo scetticismo: in quel tempo si pensava che la balbuzie fosse
dovuta semplicemente a idee confuse, e che limitandosi ad un approccio
meccanico le parole sarebbero certamente uscite. Conosceva l’ anatomia, la
terapia muscolare, la respirazione e vari esercizi come il rotolarsi per terra,
il tirare pugni in aria, fare movimenti particolari e ripetere vocali. Sapeva che
il problema dei balbuzienti non era solo fisico, ma soprattutto psicologico,
quindi riportandoli al momento del trauma e facendoglielo esprimere li avrebbe
aiutati efficacemente.
Bertie
e Logue, un rigido membro di Casa Windsor e un suddito alla buona che non si
intendeva di etichetta, strinsero un legame molto speciale, un rapporto di vera
e propria amicizia tutt’ altro che scontato per varie ragioni. Prima di tutto, in
quel tempo l’ Australia era un luogo sconosciuto alla maggior parte del popolo
britannico, che nei suoi riguardi esprimeva un atteggiamento piuttosto
imperialistico, guardando gli australiani come persone strane. In secondo
luogo, in Gran Bretagna la monarchia era, ed è tuttora, un’ istituzione solenne
e rispettata, quindi i membri della famiglia reale erano tutti trattati con
estremo riguardo, secondo una precisa e particolareggiata etichetta da rispettare
con la massima diligenza. In quanto australiano, Logue non aveva mai incontrato
barriere sociali del genere nel corso della sua vita, quindi raggiungere Londra
e trovarsi davanti alla barriera sociale più solida di tutte fu un’ esperienza
davvero insolita per lui. Uomo sfaccettato e pragmatico, non fu indifferente al
prestigio del suo nuovo cliente: ne era in soggezione, ma non al punto da
lasciarsi condizionare, e non sentì mai il dovere di doverlo trattare come un
membro della famiglia reale, volendo privilegiare un rapporto paritario e
sincera amicizia, nella convinzione che la chiave fosse nel fargli capire che
un amico lo avrebbe ascoltato e accompagnato nel lungo sentiero atto a
ritrovare la sua voce. Evitò persino di chiamarlo «Altezza Reale» o «Sir», volendo
usare il nome Bertie, ignorando altre forme protocollari come il sedersi ad una
certa distanza, nel desiderio di abbattere ogni barriera. Bertie venne quindi
salvato dall’ amicizia e dalla sicurezza in sé stesso, più che dalle cure e dalle
rivelazioni scientifiche. La sua amicizia con Logue, che pretendeva di essere
chiamato Lionel, fu un rapporto davvero avvincente. L’ australiano, guaritore
di natura, proveniente da un clima di apertura e semplicità, capiva la
psicologia delle persone e sapeva infondere sicurezza in ogni paziente, aiutandolo
a migliorare l’ oratoria e anche a sviluppare un rapporto di amicizia con un’
altra persona. Era molto premuroso, affezionato ed appassionato, e seppe
rendere tutto più facile a coloro che prendeva in carico, soprattutto Bertie,
abituato com’ era alle pressioni tipiche della propria famiglia e a corte, animate
com’ erano da un’ imponente tradizione millenaria. Il loro rapporto, che per
ragioni di rango non avrebbe mai avuto luogo in condizioni normali, era forse
alimentato proprio dalla sua unicità. Sebbene molto probabilmente Logue non riuscì
mai ad abbattere del tutto la barriera dell’ etichetta reale, si pensa che nessuno
da allora sia più riuscito ad arrivare fin dove poté spingersi lui.
Grazie
agli esercizi quotidiani, in breve tempo Bertie migliorò moltissimo il proprio
eloquio, superando ampiamente i problemi originari, potendosi persino mettere alla
prova nel 1927 con il tradizionale discorso di apertura del Parlamento
australiano, che fu un vero successo in quanto poté parlare solo con una
piccola esitazione emotiva.
Giorgio V tiene via radio il discorso natalizio nel 1934; |
Albert
ed Elizabeth ebbero due figlie, Elisabetta, detta Lilibet, nel 1926, e
Margaret, nel 1930. Pur essendo spesso assente per i suoi doveri reali, Bertie
amava moltissimo la vita famigliare, dimostrandosi assai premuroso e
divertente. Non aveva un grande senso dell’ umorismo, ma vantava uno spiccato
senso del divertimento, condiviso dalla moglie. Insegnò alle bambine ad andare
a cavallo nei parchi presso il castello di Windsor e a Sandringham House,
giocava con loro a carte e risolveva sciarade. Elizabeth in particolare gli
lasciò una serie di toccanti lettere recanti una serie di suggerimenti da
seguire se fosse morta all’ improvviso. In una di esse consigliava come comportarsi
con le figliolette: «Non ridicolizzare mai le bambine o ridere di loro. Quando
dicono cose buffe sono sempre del tutto innocenti. Devi sempre rivolgerti e
parlare pacatamente ai bambini. Ricordati di come tuo padre, gridandoti addosso
e facendoti sentire a disagio, ha perduto il tuo affetto. Nessuno dei suoi
figli gli è amico.». Molti storici pensano che la famiglia reale britannica abbia
generato i peggiori padri di tutti i casati regnanti, tuttavia Bertie seppe
essere uno splendido genitore, in parte per volersi distinguere dal proprio
padre e in parte grazie alla moglie. Si riferiva sempre alla propria famiglia
come a «noi quattro», un gruppo fortemente unito e solidale.
Sandringhram House; |
Quando
il 20 gennaio 1936 re Giorgio morì e il principe David salì al trono come
Edoardo VIII, il clima nella famiglia reale mutò improvvisamente. Tutti erano
nervosi, in quanto si percepiva qualcosa che non andava come avrebbe dovuto. In
Europa, i regimi totalitari sovietico, fascista e nazionalsocialista si
rafforzavano e si espandevano complicando i già precari equilibri interni del Vecchio
Mondo, tuttora sconquassati dal terremoto politico, diplomatico e militare
della Grande Guerra. Peggio ancora, il nuovo re non si preoccupava minimamente
di nascondere la propria ammirazione per Hitler, e da anni era al centro di un
animato dibattito vista la sua tendenza a frequentare donne sposate, suscitando
le critiche della società tradizionalista in quanto come sovrano sarebbe stato
anche Governatore Supremo della Chiesa anglicana, secondo una tradizione
risalente al 1534, durante il regno di Enrico VIII, e aggravò ulteriormente la
situazione annunciando che sarebbe salito al trono accompagnato dall’ attuale
compagna, Wallis Simpson, una donna statunitense moglie dell’ uomo d’ affari Ernest
Aldrich Simpson, e che in precedenza era già stata sposata con il pilota della
US Navy Earl Winfield Spencer Junior, da cui aveva divorziato nel 1927. Sua
amante dal 1934, la Simpson aveva fama di essere una persona molto venale e un’
arrampicatrice sociale, e Edoardo manifestò la ferma intenzione di sposarla
ufficialmente. A causa dei pregiudizi radicati sul conto degli statunitensi
risalenti all’ indipendenza del 1776, dell’ origine non aristocratica e del
burrascoso passato matrimoniale di lei, la relazione fu fortemente ostacolata da
tutti, soprattutto dalla famiglia reale, dal governo e dal Parlamento: la
Simpson era sposata di fronte a Dio con il suo primo marito, mentre Edoardo ne era
l’ amante-concubino, e tale sarebbe rimasto anche a seguito del matrimonio. Si aprì
quindi una grave crisi costituzionale che preannunciava serie difficoltà per la
Corona. Sir Winston Churchill reputava disastrosa l’ idea che un’ «imperatrice della
notte» divenisse regina consorte della Gran Bretagna, e sottolineava spesso il
fatto che quando sarebbe scoppiata la guerra con la Germania sarebbe servito un
regnate saldo e ineccepibile dietro al quale la nazione potesse schierarsi. Il
16 novembre 1936, il sovrano convocò a Buckingham Palace il Primo ministro,
Stanley Baldwin, comunicandogli la propria intenzione di sposare la divorziata
statunitense, ma il capo di governo gli fece nuovamente presente che il popolo
non avrebbe approvato il matrimonio, rifiutando l’ idea di avere la Simpson come
regina: qualora avesse deciso di procedere con i suoi propositi, il governo si
sarebbe dimesso in massa. Stanley Bruce, High Commissioner australiano a Londra,
fece a sua volta sapere che la sudditanza avrebbe provato orrore nell’ apprendere
chi sarebbe stata la nuova sovrana, mentre John Buchan, Governatore generale
del Canada, andò oltre affermando che nonostante il grande affetto che nutriva
per il re, i canadesi si sarebbero sentiti insultati dal fatto che questi sposasse
una donna divorziata, con due ex mariti ancora viventi. Di fronte a tanta
opposizione, Edoardo rispose che non avrebbe rinunciato a sposare la sua
compagna, e che se questo avesse comportato dimissioni e disordini sarebbe
stato pronto ad andarsene al posto di tutti gli altri.
Alla
fine, il 5 dicembre 1936, il re richiese di rivolgersi al popolo via radio, annunciando
che avrebbe abdicato e sposato Wallis. Appena cinque giorni dopo, a Fort
Belvedere, firmò l’ atto ufficiale alla presenza dei fratelli Albert, Henry e
George, e il giorno seguente parlò nuovamente alla radio chiarendo ancora una
volta i motivi che lo avevano portato alla sua scelta, affermando che non
avrebbe potuto ottemperare ai suoi doveri di re senza il supporto della donna
che amava.
L’ ex re Edoardo VIII e Wallis Simpson il giorno delle nozze; |
Sovrano
per quasi undici mesi, Edoardo VIII lasciò il mondo a bocca aperta con la
propria rinuncia al trono. Fu il solo monarca britannico ad aver abdicato in
mille anni di storia, peraltro per ragioni sentimentali. Per la nazione fu un colpo
durissimo, mentre per la nobiltà e le corti reali di tutta Europa fu un fulmine
a ciel sereno. Se in tutto il mondo equivalse ad un evento drammatico e seguito
per ragioni ugualmente distribuite tra la politica e il pettegolezzo, per
Bertie fu un fardello estremamente pesante da accettare: come figlio
secondogenito era sempre stato sotto gli occhi di tutti, obbligato a tenere
discorsi e presenziare a certi eventi, ma se aveva vissuto tutto questo come un
tormento, essendo privo della sicurezza del fratello, ora lo aspettava un
cimento infinitamente peggiore. Edoardo agì senza pensa minimamente alle
conseguenze che la sua abdicazione avrebbe avuto sul fratello minore: per lui
era solo una scelta personale, una cosa giusta per sé, un modo per coronare il
proprio sogno d’ amore. Gettò il fratello impedito in prima linea proprio ora
che la guerra era alle porte, addossandogli l’ ultima cosa che avrebbe mai
desiderato. Il loro rapporto si incrinò per sempre. Peraltro, prima di uscire
di scena e lasciare la Gran Bretagna, cercò molto opportunamente di ottenere
tutto quello che poteva da lui, come ad esempio un titolo per Wallis. Non esitò
a mettere il fratello sotto pressione, abusando del loro rapporto. Da allora i
rapporti tra loro si fecero insanabili. La Regina Madre, Maria, pur sensibile
al bene di Edoardo, non comprese mai perché avesse preferito mettere i propri
sentimenti personali davanti al suo dovere reale, e non lo perdonò mai per questa
diserzione, al punto da non desiderane più il ritorno in Gran Bretagna.
Giorgio VI e la famiglia reale il giorno dell’ incoronazione; |
La
vita di Bertie mutò radicalmente. La sera del 10 dicembre 1936 tornò a casa,
con la moglie Elizabeth a letto, travolta dalle emozioni della giornata. Le due
bambine, che lo aspettavano, gli fecero il curtsy, l’ inchino dovuto ai sovrani
che avevano imparato a fare ai nonni e allo zio: lui le abbracciò piangendo,
comprendendo solo in quel momento lo straordinario, inatteso e indesiderato cambiamento
che aveva influito per sempre sulla sua vita e quella della famiglia. Salì al
trono assumendo il nome di Giorgio VI, per enfatizzare la continuità nominale
con suo padre e incoraggiare i sudditi a recuperare la fiducia perduta nella
monarchia a seguito dello scandalo. Elizabeth, nuova regina consorte, definì
quello a Buckingham Palace il peggiore trasloco della sua vita: in quel tempo
il palazzo era decrepito, con i cavi elettrici penzolanti nelle sale, gli interminabili
corridoi, le stanze fredde e piene di topi. Valletti e domestici andavano e
venivano in continuazione, ma l’ uomo che la impressionò di più fu l’ addetto
alla disinfestazione, che incontrava spesso carico di trappole e dispositivi
micidiali per topi, scarafaggi e insetti.
Obbligato
a titolare il fratello abdicatario, Giorgio gli confermò il titolo di «Altezza Reale»,
nominandolo poi duca di Windsor. Edoardo partì alla volta della Francia e sposò
la Simpson sei mesi dopo, il 3 giugno 1937. Il monarca vietò all’ intera famiglia
di partecipare al matrimonio.
Re
Giorgio si erse a massima autorità dell’ Impero britannico nella sua ora più buia.
La costituzione non gli riconosceva molte funzioni: non poteva imporre una
tassa, dichiarare una guerra e neppure scegliere il Primo ministro. Il suo impegno
era parlare, e quando lo faceva la nazione credeva che lo facesse a suo nome. Il
valore della sua esistenza e della sua attività era proprio questo. Soprattutto,
da poco più di un decennio la radio si stava diffondendo come mezzo di
comunicazione di massa, quindi come monarca se ne sarebbe dovuto servire per
rivolgersi a milioni di persone sparse in oltre un quarto del pianeta. Suo
padre era stato il primo re britannico a parlare in diretta via radio. I futuri
monarchi avrebbero avuto la comodità e il vantaggio di registrazioni editate
tramite nastro, ma allora lui avrebbe dovuto parlare dal vivo a tutto l’ Impero,
e per quanti progressi avesse compiuto, la sua balbuzie era ancora leggermente
presente, ragion per cui temeva una ricaduta che l’ avrebbe reso inutile e indegno
di fiducia e rispetto. Nella nazione serpeggiava il timore che non sarebbe
stato all’ altezza del suo compito, tanto che un giornale dell’ epoca sostenne
apertamente che i sudditi dubitavano che potesse farcela, e che molti erano
certi che sarebbe stato così fuori luogo da abdicare a sua volta. La monarchia
era instabile, l’ abdicazione di Edoardo l’ aveva scossa profondamente dando
forza ai vari movimenti politici antimonarchici, che quasi le inchiodarono il
coperchio della bara insistendo sulle scomode faccende familiari appena accadute.
Ma Giorgio si impegnò a fondo per salvare la Corona, applicando tutto sé stesso
nella convinzione che un re sia al servizio del popolo, per nessuna ragione
autorizzato ad agire al di sopra delle regole.
Incoronato
il 12 maggio 1937, data inizialmente prevista per Edoardo, si misurò con un’
esperienza dal forte coinvolgimento emotivo. La British Broadcasting Corporation
aveva infatti organizzato la trasmissione in diretta del discorso del re, preparato
con largo anticipo e registrato anche su un disco, per ogni evenienza, in tutto
il Regno Unito e nell’ Impero. Per Giorgio fu un impegno logorante, ma di
grande successo: «E’ con tutto il cuore che vi parlo questa sera. Mai prima d’
ora un re appena incoronato ha potuto parlare a tutto il suo popolo nelle sue case
nel giorno dell’ incoronazione. La regina e io auguriamo salute e felicità a
tutti voi. Non trovo le parole per ringraziarvi dell’ affetto e della lealtà
alla regina e alla mia persona. Vi dico solo che, se negli anni futuri potrò
darvi prova della mia gratitudine nel servirvi, sarà questo il modo che più d’
ogni altro sceglierò. La regina e io serberemo sempre nei nostri cuori l’ ispirazione
che viene da questo giorno. Che possiamo essere sempre degni della benevolenza
che con orgoglio credo ci circondi dall’ inizio del mio regno. Vi ringrazio di
cuore, e che Dio vi benedica.».
In
Gran Bretagna, ormai, si percepiva sempre più vicina la guerra contro la
Germania nazista. Il re era costituzionalmente affidato alle parole del nuovo Primo
ministro, Neville Chamberlain, succeduto a Baldwin, dimessosi ad un giorno dall’
incoronazione di Giorgio VI in quanto incolpato di eccessiva docilità nei
confronti dell’ Italia fascista e della stessa Germania. Dopo gli accordi di
Monaco del 1938, Giorgio ed Elizabeth si servirono del capo di governo anche
come figura di riferimento per la popolazione, favorendo un’ interazione
sociale e pubblica tra la Corona e i politici, dal momento che la classica
apparizione al balcone di Buckingham Palace era riservata unicamente ai membri
della famiglia reale.
Allo
scoppio della guerra, il 1° settembre 1939, il re e la regina consorte divennero
veri e propri simboli viventi della resistenza nazionale. Contrariamente al
parere del governo, fecero testamento e scelsero di rimanere in terra britannica
anziché cercare la salvezza in Canada, mandando le figlie al sicuro presso il
castello di Windsor. Ufficialmente rimanevano stabilmente a Buckingham Palace,
sebbene trascorressero le notti prevalentemente al castello di Windsor per
ragioni di sicurezza dopo i primi bombardamenti, di cui vissero in prima
persona il dramma con lo scoppio di una bomba proprio all’ interno della reggia.
Nel
1940, dopo l’ invasione nazista della Norvegia, Chamberlain si dimise dalla
carica di Primo ministro, ritenendo necessario un governo di larghe intese, e consapevole
che nessuno tra i liberali e i laburisti avrebbero appoggiato un esecutivo
guidato da lui. Venne succeduto da Sir Winston Churchill. Durante la guerra il sovrano
fu costantemente in prima linea, prodigandosi intensamente e senza sosta al
fine di tenere alto il morale della popolazione: si dice che la moglie del Presidente
degli Stati Uniti, Eleanor Roosevelt, apprezzando sinceramente il gesto, si sia
adoperata in prima persona nell’ organizzare spedizioni di cibo alla reggia
britannica. Re Giorgio si rivolse spesso via radio, e finalmente con una
parlata dignitosa e raffinata, ai sudditi in terra britannica e in tutto l’
Impero al fine di esaltarli al patriottismo davanti a un minaccioso nemico, senza
tuttavia mai scagliarsi contro di esso, invitando il popolo all’ unità e al
sacrificio per difendere i valori tradizionali su cui il Paese poggiava:
responsabilità, coraggio, abnegazione e decoro, virtù che, come disse, erano
indispensabili non solo per governare, ma per sopravvivere. Lionel Logue gli fu
accanto in tutti i discorsi, guidandolo come un direttore d’ orchestra. Tramite
le sue trasmissioni, Giorgio poté finalmente smentire gli ingiusti giudizi che
gli erano sempre stati mossi contro, dimostrando di essere una guida esemplare,
un uomo di grande forza, di animo assai rigoroso e devoto al dovere. Il monarca
giusto al momento giusto. Fu anche grazie alla moglie se seppe essere un buon
sovrano, non soltanto un buon padre, tanto che si dice che Hitler l’ abbia
definita «la donna più pericolosa d’ Europa».
Nel
1944, nominò Logue Comandante dell’ Ordine Reale Vittoriano: questo alto onore da
parte di un re riconoscente rese il logoterapista australiano parte del solo
ordine di cavalleria che premia specificatamente atti di servigi personali al
monarca.
La
Seconda Guerra Mondiale si concluse dopo sei lunghi anni, nel 1945, con la
vittoria britannica e statunitense a danno della Germania. L’ 8 maggio 1945, Giorgio,
idolatrato dalla sudditanza per il ruolo che aveva svolto, invitò Churchill ad
apparire con lui e la famiglia reale sulla balconata di Buckingham Palace: fu
il momento più importante del suo regno e il culmine della sua popolarità.
Ora
che il devastante conflitto era finalmente cessato, il sovrano fu tra i
principali promotori della ripresa economica e sociale della Gran Bretagna,
sebbene proprio in quel momento l’ Impero si avviò sulla via della decadenza, dopo
aver già dato i primi segni di cedimento nel 1926, dopo la Dichiarazione di
Balfour, quando i vari domini britannici iniziarono ad essere conosciuti con il
nome di Commonwealth delle Nazioni, nuova grande entità formalizzatasi con gli
Statuti di Westminster del 1931. Il tramonto della potenza coloniale britannica
subì un duro colpo nel 1947 con l’ indipendenza dell’ India e della secessione
del Pakistan, fatto che rese re Giorgio l’ ultimo imperatore d’ India, nonché l’
ultimo monarca europeo che potesse vantare il titolo imperiale. L’ Irlanda, che
nel 1937 aveva ottenuto la piena indipendenza, nel 1949 divenne una Repubblica
indipendente, lasciando addirittura il Commonwealth. Tuttavia, al sovrano venne
riconosciuto il titolo di capo dell’ organizzazione intergovernativa, che
ancora oggi spetta ai suoi successori.
Tra
la fine della guerra e gli inizi degli Anni Cinquanta, la precaria salute di
Giorgio si aggravò notevolmente, soprattutto di fronte alle intense e costanti responsabilità
del trono, alla tensione procurata dalla guerra e alla sua forte attitudine di fumatore.
Nel settembre del 1951 gli fu diagnosticato un tumore maligno, che peraltro gli
portò una forma di arteriosclerosi, tuttavia volle continuare ad esercitare al
meglio le proprie funzioni reali.
Malgrado
il suggerimento dei medici, il successivo 31 gennaio 1952 volle recarsi all’ aeroporto
per salutare la figlia Elisabetta, in partenza insieme al consorte Filippo per
un viaggio in Australia con tappa in Kenya: era stato operato a un polmone, il
suo cuore era debole e nelle ultime settimane il suo volto era diventato grigio
e scavato, con gli occhi infossati che spesso guardavano nel vuoto. Subito dopo
si trasferì all’ amata Sandringham House, dove le sue condizioni migliorarono
sensibilmente. Il 5 febbraio andò a caccia con Elizabeth e la figlia Margareth,
e al ritorno scherzò con loro. Cenò e si ritirò a letto, con il solito bicchiere
di liquore al cioccolato sul comodino. Alle 7:30 del mattino dopo, il suo cameriere
personale, in servizio da vent’ anni, andò a svegliarlo, ma non ricevette
risposta: il re era morto nel sonno. Una telefonata partì immediatamente dalla
residenza: «Hyde Park corner. Avvisate il governo.». Ogni prevedibile evento che
riguardasse il sovrano e i membri della famiglia reale avevano un nome in
codice, e «Hyde Park corner» annunciava la morte del monarca. Un assistente del
segretario del sovrano si recò immediatamente a Londra, al 10 Dowing Street, la
residenza del Primo ministro, e svegliò Churchill, ancora in camera da letto,
annunciando la morte di re Giorgio: la notizia sconvolse profondamente lo statista,
che pianse amaramente la morte del regnante appena cinquantaseienne, così
fragile e coraggioso, che aveva vinto con lui la guerra contro il Führer.
La
preparazione dei funerali del re e della successione al trono iniziarono
immediatamente. Elisabetta, ora regina con il nome di Elisabetta II, rientrò il
giorno 7, incontrandosi dapprima con la nonna, la regina Mary, per poi recarsi
a Sandringham House. Il successivo 11 febbraio un treno speciale portò la salma
del re a Londra, per essere sposta al Westminster Hall, per l’ omaggio della
sudditanza. Il settimanale statunitense Time scrisse: «Sotto il regno di
Giorgio VI, i britannici si sono messi in coda per il cibo, il divertimento, i
vestiti, le necessità e le ricompense della vita. Ora sono nuovamente in coda,
per lo stesso re.». In appena tre giorni, trecentomila persone sfilarono davanti
alla bara, e il 15 febbraio si tenne finalmente il funerale. Alle 9:30 il
corteo si mosse mentre la campana del vicino Big Ben suonava cinquantasei rintocchi,
come gli anni del defunto. A Hyde Park e alla Torre di Londra i cannoni
spararono cinquantasei salve. La sfilata, lunga quasi due chilometri, attraversò
lentamente il Mall, Piccadilly, Marble Arch, Edgware Road. Dietro alla bara del
sovrano vi erano per la prima volta tre regine contemporaneamente: la madre
Mary, la moglie Elizabeth e la figlia Elisabetta II, tutte e tre austere e
impressionanti nel loro lutto, vestite di nero, con un velo che copriva il loro
volto. Dietro di loro, vi erano il principe Filippo e gli altri parenti,
incluso l’ ex re Edoardo, in alta uniforme della Royal Navy, il solo partecipante
reputato fuori posto, additato come un disertore amico dei nazisti.
Alla
stazione di Paddington, la bara fu caricata sul treno che l’ avrebbe condotta a
Windsor, per essere seppellita nella St George’ s Chapel accanto a quelle del
padre Giorgio V, del nonno Edoardo VII e degli avi Enrico VIII e Carlo I. Tra
le corone di fiori, vi era quella di garofani bianchi inviata dal governo, la
cui scritta sul nastro, dettata da Churchill, diceva semplicemente: «Al valore».
Quello
di Bertie fu senza dubbio un grande viaggio soprattutto come persona, non soltanto
come re. Fu la dimostrazione più evidente delle infinite capacità di una persona
di crescere e superare i propri problemi, anche i più gravi. Per anni, il duca
di York era stato affranto e vulnerabile, costantemente alle prese con un debilitante
e frustrante impedimento che gli impediva di controllare la sua voce come avrebbe
voluto, specialmente in pubblico, mentre in privato andava molto meglio.
Generalmente considerato scialbo e debole, affrontò un grande viaggio personale
giungendo splendidamente ad una grande meta impegnandosi duramente, meritandosi
finalmente il controllo e sviluppando una sicurezza che non avrebbe mai neppure
sospettato di raggiungere, divenendo uno dei migliori monarchi europei di cui si
abbia tuttora il ricordo. La straordinaria vita e il regno di Giorgio VI,
asceso al trono nel momento peggiore della storia della monarchia britannica, salvandola
insperatamente dagli scandali e guidandola molto attivamente durante guerre e
ricostruzioni, fu la conferma della straordinaria forza dell’ animo umano, una
potenza che si annida spesso ignota in profondità, qualcosa che non può essere
ingabbiato ma che si può gestire fino a cogliere risultati straordinari.
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