lunedì 2 dicembre 2019

La spiritualità oltre la religione



«La spiritualità è riconoscere la luce divina che è dentro di noi. Non appartiene a nessuna religione in particolare, ma a tutti.» Muhammad Ali;
La parola come timone con cui orientare le masse;

Un antico proverbio zen dice: «Una buona parola tiene inchiodato un asino a un palo per cento anni.». Devo ammettere che quest’ affermazione mi ha molto colpito, e che mi ha fatto ricordare un concetto che fin da bambino ho spesso sentito dire dalla mia vecchia maestra elementare di italiano e, in seguito, da altre persone intelligenti che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente: le parole hanno ciascuna un preciso significato, con il quale possono ampiamente influenzare il nostro modo di pensare e percepire la realtà, modellando le nostre convinzioni in un modo piuttosto che in un altro. Se usate con una motivazione e in un certo modo hanno il potere di elevarci a superiori livelli di consapevolezza oppure di allontanarcene nettamente, come dimostrato purtroppo dalle tecniche propagandistiche. Al tempo stesso, come tutte le cose del contesto umano il linguaggio ha i suoi limiti e non sempre è in grado di aiutarci a comprendere appieno i concetti, finendo spesso con l’ indurci a coltivare opinioni inesatte. Occorre quindi fare un uso molto attento delle parole, scegliendo quelle giuste quando occorrono e limitandoci al silenzio se invece non servono proprio: prima di parlare dovremmo infatti sempre domandarci se ciò che diremo corrisponde al vero, se non provoca male a nessuno, se è utile e, soprattutto, se valga davvero la pena turbare il silenzio per ciò che abbiamo da dire.
Il condizionamento e la metodicità della religione;

Uno dei contesti in cui le parole vengono utilizzate in maniera sconveniente e addirittura oppressiva è quello delicato della religione, un contesto molto antico e tutt’ altro che scontato. Da sempre, infatti, ogni dottrina poggia su concetti enigmatici e mai dimostrati in pratica, e i relativi chierici e maestri, impaludati in suggestivi abiti talari, trascorrono tutta la vita a studiarli e a insegnarli alla comunità spirituale, i cui membri pendono dalle loro labbra ammirando la bravura e la dimestichezza che denotano dalla santa cattedra. Non a caso, infatti, uno dei termini più ricorrenti nel mondo religioso è quello relativo ai pastori, intesi come vere e proprie guide autorevoli incaricate di indirizzare la massa: la comunità spirituale deve mettere da parte pensieri, dubbi e riflessioni e affidarsi alla conoscenza e all’ esperienza del suo pastore, che ha ricevuto l’ insegnamento, comprendendolo e divenendo poi in grado di trasmetterlo agli altri, sul preciso esempio delle pecore, che senza pensare seguono tutte insieme il loro allevatore mentre le conduce dalla stalla ai pascoli e viceversa.
In questo contesto, uno degli errori fondamentali che noi tutti comunemente facciamo in partenza è il confondere la religione con la spiritualità. Da migliaia di anni, infatti, questi due elementi sono molto presenti nella vita delle persone, e sono strettamente intrecciate fra loro, eppure ad un’ attenta considerazione si può capire quanto siano diverse e addirittura sappiano esistere l’ una senza l’ altra. Generalmente, siamo portati a credere che la religione sia l’ apice della spiritualità, ma in realtà non è così: essa è infatti un semplice prodotto umano. Fin dall’ origine dei tempi, infatti, ogni popolo ha avuto la propria religione, con le sue divinità buone e cattive, i propri dogmi, rituali e preghiere. Per certi aspetti, tutti i culti hanno molti aspetti in comune e altri punti di diversità, e per quanto si siano sempre presentati come una verità rivelata, non si può non notare quanto ognuno di essi sia il riflesso di una determinata mentalità in vigore una determinata epoca storica e regione geografica. Ogni confessione religiosa sorse in un’ era in cui uomini e donne si interrogavano sulle origini della vita, ma ancora non vi era la scienza con cui rispondere adeguatamente. Dalla religiosità sorge la ritualità, elemento tipico della psiche umana al punto da essere parte delle nostre attività quotidiane più familiari, e da questa sorgono la metodicità e, soprattutto, la convinzione, che il più delle volte sfocia nel pregiudizio divenendo un limite e addirittura un ostacolo al raggiungimento della comprensione della verità, in quanto una volta che siamo certi di qualcosa ci attacchiamo alle nostre convinzioni e abitudini adeguando ad esse la nostra mentalità ed esistenza divenendone praticamente prigionieri.
La libertà della personale ricerca spirituale;

In realtà, il culmine a cui noi tutti più o meno consapevolmente puntiamo è la spiritualità: è questo il nostro vero traguardo, peraltro slegato da tutti quei vincoli, limiti e dogmi tipici della religione. Ognuno di noi possiede uno spirito, indipendentemente dalla fede religiosa, e tende ad essere felice e ad evitare la sofferenza. La spiritualità parte proprio da qui, e consiste nella cura di questo nostro spirito: è il sentiero che ci conduce al benessere, indipendentemente da tutto ciò che ha a che fare con la religione. Persino molti atei affermano di praticare una qualche forma di spiritualità, sentendosi pervasi da una grande energia e senso di completezza semplicemente immergendosi nella natura, osservando le opere d’ arte o facendo del bene agli altri, impegnandosi in un sentiero vivo e radicato nella vita quotidiana in cui siamo tutti immersi.
Per sua natura, la religione non riesce a fornire una risposta a tutti i problemi delle persone, e ovviamente non si può cambiare il mondo dichiarandosi seguaci di una religione per poi passare il tempo pregando, andando al tempio più vicino a casa oppure in pellegrinaggio. La spiritualità consente invece di individuare sé stessi, riconoscendo quello che si è, che si può fare e di cui si ha bisogno. E’ una via basata sull’ astensione dal male, sul fare il bene e l’ essere sempre consapevoli, in un percorso basato su virtù quali disponibilità, condotta appropriata, pazienza, diligenza, saggezza, tolleranza e rispetto reciproco e che non è appannaggio esclusivo della religione. Solo aprendoci a noi stessi e alla realtà che ci circonda potremo finalmente vivere in armonia e trovare la pace.

Da anni quindi sostengo senza mezzi termini che possiamo tranquillamente fare a meno della religione, ma non della spiritualità. Se fin dal suo apparire la religione ha sempre esposto i propri concetti fondamentali senza alcuna dimostrazione pratica, fino a perdere ovviamente terreno di fronte alle recenti scoperte scientifiche, molto di ciò che ci vediamo attorno può costituire un ottimo punto di partenza per il nostro percorso spirituale, superando tutte quelle convinzioni erronee, distorte e ingannevoli che con l’ andare del tempo possono radicarsi sempre di più, conducendoci inevitabilmente in una solida gabbia mentale da noi stessi costruita e dalla quale si rischia seriamente di non uscire più, imprigionandoci nell’ aridità e nella desolazione del «materialismo religioso». Anziché credere occorre fare esperienza diretta di tutte le cose, in modo tale da poter comprendere e infine sapere. Bisogna ragionare attivamente con la propria testa e il cuore, tralasciando tutti quei concetti statici e leggende deleterie che ormai non valgono più, ai quali da sempre le religioni si aggrappano disperatamente da lungo tempo. Soprattutto, non bisogna mai commettere l’ errore di affidarsi ciecamente ad un maestro, per quanto famoso, carismatico e convincente, ricordando piuttosto che bisogna valutare con cura tutto quello che dice e l’ esempio che offre con le sue azioni: è bene che ciascuno sia il maestro di sé stesso, affidandosi alla propria esperienza. La verità si trova sempre e solo nei fatti, non nelle convinzioni: si deve quindi imparare a coltivare un atteggiamento di scetticismo con cui fare le domande giuste, a cui occorre dare le dovute risposte, evitando la trappola della liturgia, della dottrina, del mito, del culto, della fede e quindi della religione. Perché il cuore umano si trova sempre oltre la fitta coltre della teologia. Con la spiritualità si imbocca quella via che ci riporta al nostro vero io, al «qui e ora», distaccandoci dalle distrazioni inutili e dagli atteggiamenti mentali che ci isolano dalla realtà. E’ un’ attitudine che va oltre la fede, sperimentando l’ attimo presente e provando riconoscenza per il dono stesso della vita, acquisendo piena consapevolezza del nostro legame con il mondo e tutto ciò che ne fa parte, oltre le disattenzioni e i conflitti illusori del mondo materiale. Lo stato dello spirito non ha tempo, luogo e neppure religione, e dipende essenzialmente dalla nostra intuizione, esperienza soggettiva e unica per ogni persona. Giunti a questo punto potremmo chiederci perché sia così importante la religione, con tutti i suoi dogmi che ci isolano dalla realtà e da noi stessi impedendoci di percepirci come una parte fondamentale di qualcosa di più grande.
Il lato maggiormente importante della spiritualità è l’ esperienza effettiva, con la quale ci rendiamo parte del moto perpetuo dell’ esistenza. In un certo senso, questa è la vita stessa: per vivere la spiritualità servono solo quei piccoli gesti che ci avvicinino alla pace mentale, vivendo ogni momento con consapevolezza. Ad esempio, se stiamo pulendo casa dovremmo immergerci nell’ atto di pulizia; se siamo con i nostri cari, bisognerebbe essere completamente presenti per loro; se ci stiamo rilassando, ci si dovrebbe rilassare e basta, non lasciando che gli eventi del giorno o le preoccupazioni del futuro infestino i nostri pensieri. Questo atteggiamento ci aiuta ad accettare le cose pienamente così come vengono e apprezzarle nella loro interezza, preoccupandoci per il benessere nostro e di tutti gli altri esseri come se fossimo un tutt’ uno, per capire come siamo tutti interconnessi: la spiritualità è semplicemente questo.

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