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Rotolo della Bibbia ebraica; |
I
testi sacri delle varie religioni rappresentano, data la loro complessità e
vastità, una particolare sfida a livello scientifico, ma anche una preziosa
testimonianza relativa al panorama storico e culturale delle varie civiltà
antiche che li trascrissero. Per migliaia di anni sono stati considerati libri
di storia esatti e indubitabili, che gli ordini sacerdotali insegnavano di
generazione in generazione e permettevano di capire alla gente comune, tramandando
il ricordo dell’ origine del mondo e la comprensione della rivelazione della
verità divina così che il popolo si attenesse il più diligentemente possibile
ad un comportamento virtuoso e onorasse le divinità esercitando correttamente
la liturgia.
Con
l’ avvento della Rivoluzione scientifica nel Cinquecento, tuttavia, si innescò
un profondo mutamento culturale con la formazione di un nuovo tipo di sapere, e
quindi di mentalità, che necessitava del continuo controllo dell’ esperienza,
richiedeva un differente tipo di dotto in confronto al tradizionale erudito
medievale formatosi con i testi antichi, che quindi non fosse mago, astrologo o
sacerdote ma scienziato sperimentale, che con l’ osservazione e la deduzione
fondesse la teoria con la tecnica, convalidando un’ ipotesi con un esperimento
che necessitasse di prove evidenti. La rivoluzione culturale suscitata da
quella scientifica fu ampia e di vasta portata, e toccò anche la religione e la
filosofia. Nell’ Europa cristiana ebbe luogo un confronto molto teso tra la
nuova scienza e la Chiesa cattolica, secondo la quale tutto ciò che l’ uomo
dovesse sapere fosse già riferito nella Bibbia, infallibile perché parola di
Dio, e la fede non avesse bisogno di conferme. Ma tale rivoluzione, nonostante le
indagini e i processi per eresia portati avanti dai tribunali dell’ istituzione
ecclesiastica dell’ Inquisizione, sostenitrice del dogma dell’ infallibilità
biblica, non si arrestò, anzi rafforzò l’ evoluzione dell’ Umanesimo, movimento
culturale sviluppatosi in Italia nel Quattrocento su ispirazione di autori
trecenteschi quali Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, volto alla
riscoperta dei classici latini e greci nella loro storicità e non più nella
loro interpretazione allegorica, inserendo quindi anche conoscenze e usanze
dell’ antichità nella quotidianità tramite le quali poter avviare una «rinascita»
della cultura europea dopo i cosiddetti «secoli bui» del Medioevo, cosa che si
compì con più forza nel Rinascimento. L’ Umanesimo portò alle prime indagini e
comparazioni tra i diversi credi religiosi, e allo sviluppo della disciplina
della storia delle religioni, che indaga il tema delle religioni secondo il
procedimento storico ovvero avvalendosi delle documentazioni storiche, archeologiche,
filologiche, ma anche di ambito etnologico, antropologico, ermeneutico ed
esegetico.
Oggi,
grazie a questi preziosi studi, i testi sacri sono considerati dottrinari e
culturali ma non storici, importanti fonti antiche dalle cui pagine è possibile
dedurre la mentalità dei popoli nelle varie epoche in cui sorsero. E la Bibbia,
il libro sacro di ebrei e cristiani, rappresenta qualcosa di unico per la vasta
e dettagliata narrazione delle origini del mondo e del popolo eletto, nonché
della rivelazione divina svelata per mezzo dei patriarchi, dei profeti e di
Gesù Cristo.
Il
dibattito sulla storicità della Bibbia, e quindi la sua infallibilità in tutto
ciò che afferma, è tuttora in corso. Da una parte vede coinvolgi gli
scienziati, tra archeologi, storici e filologi, e dall’ altra gli esponenti di alcune
denominazioni cristiane, protestanti fondamentaliste e restaurazioniste, come i
cristadelfiani, e i testimoni di Geova, che citano la seconda lettera di San
Paolo a Timoteo: «Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per
insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’ uomo di
Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.». Altre scuole, come i cattolici,
gli ortodossi e i protestanti storici come luterani, calvinisti e anglicani,
hanno invece una posizione più moderata, affermando che la Bibbia sia ispirata
da Dio e infallibile in materia di fede e morale, ma non necessariamente esente
da errori nelle sue parti storiche e scientifiche. A questo proposito il Concilio
Vaticano II afferma che la Bibbia riferisce «senza errori la verità che si riferisce
alla nostra salvezza», parole molto simili a quelle pronunciate tre da Galileo,
secondo cui la Bibbia ha solo lo scopo di insegnare agli uomini le verità «che
sono necessarie per la salute loro», e anche a quanto affermato da Origene:
«Noi sappiamo che la Scrittura non è stata redatta per raccontarci le storie
antiche, ma per la nostra istruzione salvifica.». Lo stesso Concilio Vaticano
II, inoltre, afferma che la corretta interpretazione richiede di tenere in
conto il genere letterario del testo biblico e il contesto storico culturale
dell’ agiografo, ragion per cui anche per quanto riguarda affermazioni con un
implicito significato etico occorre distinguere nella sacra scrittura la parola
di Dio dal contributo degli scrittori sacri «veri autori nel possesso delle
loro facoltà e capacità».
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Il professor Alessandro Barbero; |
La
posizione degli scienziati in materia di racconto storico è invece, per ovvie
ragioni, ben più scettica. Innanzitutto, da un punto di vista filologico,
occorre tenere presente quando la Bibbia venne scritta, e quindi di quanto
risenta dell’ influenza della tradizione orale precedente. Il teologo
britannico Martyn Percy disse che la Bibbia «non ci è arrivata per fax dal
cielo», e il romanziere statunitense Dan Brown aggiunse che è un prodotto dell’
uomo, non di Dio, non caduta magicamente dalle nuvole: «L’ uomo l’ ha creata
come memoria storica di tempi tumultuosi ed è passata attraverso innumerevoli
traduzioni, aggiunte e revisioni. Nella storia non c’ è mai stata una versione
finale del libro.». Infatti, la Chiesa cattolica sancì ufficialmente il canone
biblico soltanto nel Concilio di Trento del 1546, in opposizione alla Riforma
protestante innescata da Martin Lutero. Una lettura critica del testo biblico
richiede consapevolezza di quando fu scritto, da chi e per quale scopo: per
esempio, molti accademici concorderebbero sul fatto che la Tōrāh, o Pentateuco, l’ insieme dei primi cinque libri della
Bibbia, ossia Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio, fu messa per
iscritto poco dopo il VI secolo prima di Cristo, ma non vi è certezza sul
periodo preciso. Le date considerate vanno dal XV al VI secolo prima di Cristo.
Un’ ipotesi abbastanza condivisa la collega al regno di Giosia, nel VII secolo
prima di Cristo. In questa ipotesi, i presunti eventi dell’ Esodo si sarebbero
svolti secoli prima della loro narrazione. Gli studiosi sono divisi
principalmente in due scuole, ossia i minimalisti e i massimalisti: secondo i
minimalisti, la Bibbia è un’ opera principalmente teologica e apologetica, e
tutti i racconti che contiene hanno carattere eziologico, ideati su di una base
storica fittizia ricostruita secoli dopo, durante e dopo l’ esilio babilonese,
e che possiedano al massimo pochi frammenti di ricordo storico genuino, solo
quei punti di cui si trova un riscontro nelle scoperte archeologiche. I
racconti sui patriarchi biblici sarebbero di fantasia, e gli stessi patriarchi
mere figure leggendarie con cui descrivere realtà storiche successive. Inoltre,
le dodici tribù di Israele sarebbero una costruzione successiva, le storie dei
re Saul e Davide modellate su posteriori esempi irano-ellenistici e non vi
sarebbe prova archeologica dell’ esistenza del regno unito d’ Israele, che
secondo la Bibbia avrebbe permesso a Davide e Salomone di dominare un impero
esteso dall’ Eufrate ad Eilat. I massimalisti, invece, affermano che i
resoconti dell’ Antico Testamento, soprattutto quelli dell’ epoca della
monarchia davidica, si devono considerare ampiamente storici.
E’
interessante notare quanto gli studi archeologici condotti negli ultimi decenni
in Israele, non abbiano dato conferma degli eventi fondamentali descritti nella
Bibbia, aumentando il solco tra la sacralità del testo biblico per i credenti,
e quindi della verità divina dei fatti in esso raccontati, e i dati della
scienza storica, che segue criteri razionali e pratici. A tal proposito, il professor
Alessandro Barbero, professore di storia medievale all’ Università degli Studi
del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, afferma: «E’ molto facile che il
passato ci sorprenda, quindi siamo spesso costretti a scoprire quanto la nostra
visione della storia fosse sbagliata. Succede continuamente, e per più motivi.
Le cose cambiano e ci si rende conto di essere vittime di un’ interpretazione
faziosa.». Ma la storia, per quanto non sia una scienza esatta, poggia su
criteri ben precisi e non ragiona sui valori considerati dalla teologia, la
disciplina della fede che si fonda sull’ interpretazione: «La Bibbia è qualcosa
di particolarmente complicato. E’ il prodotto di un popolo dell’ antichità, che
come ogni altro si è costruito la propria mitologia e religione, conservando maggiormente
i numerosi scritti, redatti nel corso dei secoli e che hanno costituito la sua
memoria storica e il suo immaginario. Gli ebrei non erano neppure un popolo
piccolo come tendiamo ad affermare, al contrario: erano numerosi e molto
presenti nell’ area mediorientale, soprattutto a seguito della Diaspora. Dal
punto di vista di un credente, poi, sorge il problema di dover conciliare la
descrizione di Dio che emerge dall’ Antico Testamento, un Dio che sinceramente
fa un po’ paura, per quanto la dottrina cristiana sostenga che la venuta di
Cristo abbia cambiato tutto. Se l’ Antico Testamento dice: ‘Occhio per occhio’,
Gesù afferma: ‘Porgi l’ altra guancia.’.». Da qualsivoglia ottica la si
osservi, la Bibbia è un soggetto molto impegnativo, arduo. Ma non pare
storicamente molto attendibile, chi desidera avere una visione più esatta deve
consultare altre fonti. Sempre il professor Barbero spiega: «Occupandosi della
storia degli ebrei, per lungo tempo gli storici hanno sostenuto la versione
della Bibbia relativamente all’ antico regno di Israele. Dalle sue pagine si
legge che mille anni prima di Cristo era grande e potente, con capitale a
Gerusalemme, grande città dagli imponenti edifici come la reggia e il Tempio di
Salomone, e governato da gloriosi sovrani quali Davide e il figlio Salomone. L’
unica fonte disponibile era l’ Antico Testamento, gli storici vi si attenevano.
Un giorno però gli archeologi israeliani iniziarono a scavare in cerca dei
resti di questo antico e grande potentato e della sua capitale. Scavarono e
scavarono, fino a raggiungere gli strati del 1000 avanti Cristo senza però
trovare nulla, se non qualche focolare di nomadi. Lo ammisero pubblicamente, e
il governo israeliano non ne rimase ovviamente soddisfatto, come l’ opinione
pubblica. Ma gli archeologi israeliani proseguirono negli scavi e con grande
obiettività scientifica, che renderà loro sempre onore, confermarono che nel 1000
avanti Cristo non esistevano un grande regno di Israele, una Gerusalemme con il
suo Tempio, ma solo alcuni nomadi che vagavano per la steppa.».
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Professor Israel Finkelstein; |
Il
professor Israel Finkelstein, docente di Archeologia all’ Università di Tel
Aviv, è uno degli archeologi israeliani che per decenni hanno condotto gli
scavi in territorio israelitico. Ha espresso le sue critiche nei confronti
della prima generazione di studiosi che avevano interpretato i risultati delle
loro campagne di scavo come conferme della narrazione biblica della conquista
della Palestina, e si è guadagnato una solida reputazione di «attira fulmini» a
causa delle controversie scatenatesi a seguito delle sue considerazioni e delle
sue prese di posizione. Sostiene che la Bibbia non sia affidabile da un punto
di vista del racconto storico e archeologico, e che solo le prove rinvenute nel
terreno possano raccontare la storia dell’ antico Israele: «La Bibbia è un
insieme di miti a supporto di politiche espansionistiche.». Nel libro «Le
tracce di Mosè», scritto insieme al collega e compatriota Neil Asher Silberman,
sintetizza molti anni di studi, ricerche e scavi archeologici: «Buona parte
della narrazione biblica è mitologica. Figure come Noè risultano mitiche quanto
il racconto del Diluvio universale. Non esistono fonti storiche che confermino
la schiavitù ebraica in Egitto, l’ Esodo e la quarantennale peregrinazione dei
patriarchi nel deserto. Risulta poco credibile la descrizione e le dimensioni
del Tempio di Salomone, mentre la Città Santa del tempo era poco più di un
semplice villaggio.». Molte parti dei libri biblici, prosegue, furono scritte
in funzione del piano politico ed espansionistico di re Giosia, diciassettesimo
re di Giuda e importante riformatore religioso vissuto nel VII secolo prima di
Cristo, che intendeva unificare sotto il suo trono il regno di Giuda con il
regno di Israele: «Gli scribi reali inventarono molti miti biblici o
stravolsero precedenti racconti, come supporto propagandistico alla politica
espansionistica di Giosia: dovevano magnificare l’ ascendenza e la potenza del
loro signore. La religione nuova costituisce, quindi, come una sorta di istrumentum regni, di collante
ideologico dell’ edificazione di un solo Stato sotto una sola divinità e un solo
monarca.».
Lo
stesso Mosè, fondatore dell’ Ebraismo, pone numerosi problemi di storicità, al
pari dell’ Esodo. Entrambi sono stati ampiamente dibattuti in ambito accademico.
A chi in passato ha difeso la storicità del personaggio, si contrappongono
quanti oggi vi vedono una figura dai contorni mitici o leggendari, pur tenendo
presente che una figura simile a Mosè potrebbe essere esistita da qualche parte
nel sud della Transgiordania nella seconda metà del XIII secolo prima di Cristo
e che l’ archeologia non sia al momento in grado di confermarlo.
Il
professor Finkelstein, pur negando la verità storica della narrazione biblica,
la considera la mitizzazione di un confronto attinente a una cronologia più
bassa della storia d’ Israele intorno al X secolo prima di Cristo, come l’ invasione
di Israele da parte del faraone Sheshonq I dopo la morte di Salomone e dello
scontro tra il re Giosia e il faraone Necao II, ritenendo quindi che i suoi
protagonisti non siano che il risultato di una forma di pia tradizione: «Nuovi
strati sarebbero stati aggiunti alla storia dell’ Esodo nei secoli successivi,
durante l’ esilio in Babilonia e oltre. Ma ora possiamo vedere come questa
composizione sorprendente sia stata creata sotto la pressione di un conflitto
crescente con l’ Egitto nel VII secolo prima di Cristo. La saga dell’ Esodo di
Israele dall’ Egitto non è né verità storica né finzione letteraria, ma una
potente espressione di memoria e speranza nata in un mondo in mezzo al
cambiamento. Il confronto tra Mosè e il faraone riflette il confronto storico
tra il giovane re Giosia e il nuovo faraone Necao. Ridurre questa immagine
biblica a una sola data significa tradire il significato più profondo della
storia. La Pasqua si rivela non essere un singolo evento, ma un’ esperienza
continua di resistenza nazionale contro i poteri costituiti.». Stessa cosa si
può affermare per le reliquie citate dalla Bibbia, come l’ Arca dell’ Alleanza:
«La sua storia serviva l’ ideologia del Regno del Nord ai tempi di Geroboamo
II, così come i reali bisogni territoriali derivanti dalla dominazione su Giuda,
faceva parte di un'ideologia di Israele unito, precursore del concetto
successivo della monarchia unita giudaica. La storia dell’ Arca che leggiamo
nella Bibbia è affascinante, ma penso che possa esserci utile soprattutto per
capire il mondo degli autori della Bibbia.».
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Padre Giuseppe Pulcinelli; |
Anche
la Chiesa cattolica, come spiega Giuseppe Pulcinelli, presbitero della diocesi
di Roma, teologo e Rettore del Pontificio Collegio Lateranense, la Bibbia non è
un libro di storia in senso moderno, né nelle sue parti narrative intende
descrivere gli avvenimenti semplicemente per informare il lettore su come essi
si siano svolti concretamente: «Mettendo per iscritto dopo secoli di
trasmissione orale l’ esperienza di fede del popolo di Israele e dei suoi
personaggi più significativi, la sua intenzione è soprattutto quella di formare,
di coinvolgere il lettore affinché entri a far parte di questa stessa storia
salvifica. Perciò possiamo tranquillamente ammettere che la Sacra Scrittura
contenga imprecisioni e incongruenze di tipo storico, anche nel presentare le
figure dell’antichità, come quelle dei patriarchi. Più che i fatti concreti
conta la loro interpretazione, che già l’autore sacro alla luce della fede ha
voluto comunicare attraverso lo scritto. Quel senso che è sempre valido nell’ oggi
della sua rilettura credente.». E’ sorprendente che oggi fede e scienza trovino
un punto di contatto, concordando sull’ inattendibilità della storicità della
Bibbia. Secondo il papato, i primi capitoli della Genesi sono parole ispirate
da Dio, ma secondo il modo di intendere della gente di un tempo: «I primi
undici capitoli della Genesi riferiscono in un linguaggio semplice e figurato,
adattato alle intelligenze di un’ umanità meno progredita, le verità
fondamentali presupposte all’ economia della salvezza e in pari tempo la
descrizione popolare delle origini del genere umano e del popolo eletto.». In
quest’ ottica viene chiaramente ammesso perfino che Adamo ed Eva siano figure
simboliche e non personaggi storici: essi sono una profonda riflessione
sapienziale sul creato e sull’ umanità voluta da Dio. Il nome Adam significa «uomo» e indica l’ umanità
in senso collettivo, tant’ è che in Genesi 2,7 vi sarebbe un gioco di parole in
ebraico tra adam e adamah, «suolo», per dire che l’ uomo è «terroso»
in quanto tratto dalla terra, mentre il nome Eva, in ebraico Hawwah, dal verbo vivere e quindi «vivente»,
viene dato da Adam «perché ella fu la madre di tutti i viventi» come detto in
Genesi 3,20. Molto più importante dell’ esistenza storica, ciò che conta nei
racconti sulla creazione dell’ essere umano uomo-donna è che essi descrivono l’
umanità nella sua altissima dignità essere fatti a immagine e somiglianza di
Dio, e insieme nella sua estrema fragilità che si mostra nella caduta. Dio,
però, non lo abbandona nel suo peccato, ma promette la salvezza.
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La Basilica di San Pietro, sede del papato; |
L’
apertura alle ricerche scientifiche della Chiesa cattolica nasce con molta
probabilità da una necessità pratica di sopravvivere cavalcando i mutamenti
sociali e culturali della modernità. Lo spirito critico proprio del
razionalismo che animò l’ epoca dei lumi dal Seicento all’ Ottocento fece sì
che la Bibbia fosse guardata con crescente diffidenza, venendo considerata
leggenda o racconto popolare senza fondamento storico. Gran parte delle
critiche si basava sulla mancanza di prove esterne a sostegno di certe
affermazioni spirituali tradizionali. Inoltre, si è ritenuto che la Bibbia,
essendo uno scritto religioso, tendesse a contenere espressioni in un
linguaggio mitologico, specifico del pensiero prescientifico, nel senso che non
sono così accurate. Per questo motivo i dettagli di natura storica sono stati
ampiamente criticati o, nel migliore dei casi, respinti come irrilevanti.
Sin
dalla pubblicazione de «L’ origine delle specie» di Charles Darwin nel 1859, le
gerarchie della Chiesa cattolica hanno lentamente affermato la propri posizione
sull’ evoluzione, evitando inizialmente di prendere una posizione ufficiale,
contrariamente alle chiese protestanti che, maggiormente legate ad una
interpretazione letterale della Bibbia, immediatamente avversarono il pensiero
darwiniano. Fino ai primissimi anni del Novecento, nel mondo cattolico si
riscontrava una generale ostilità all’ evoluzionismo, tuttavia, in quel periodo
la Chiesa non prese mai una posizione ufficiale sulla questione. Nei decenni
successivi, però, il papato affermò ufficialmente che la fede cattolica e l’ evoluzionismo,
in particolare riguardo all’ origine dell’ umanità, non sono in conflitto:
diversi papi si espressero favorevolmente sulla conciliabilità dell’ evoluzionismo
con la fede cattolica. I rapporti tra scienza e religione sono quindi stati,
storicamente, una realtà molto varia e complessa. In quel tempo la Chiesa si
sentiva letteralmente sotto assedio: dopo il Risorgimento, la riunificazione
nazionale dell’ Italia, dello Stato Pontificio non rimaneva che una piccola
area di Roma, il Vaticano, e il potere temporale dei pontefici era cessato
aprendo le porte ad un periodo di forti contrasti tra Chiesa e Stato italiano. Dal
mondo scientifico arrivavano inoltre dure critiche al Cattolicesimo, descritto
spesso come causa di ignoranza, arretratezza e freno del progresso. In questa
situazione è facile comprendere l’ esistenza nel mondo cattolico di un generale
clima di sospetto o di opposizione nei confronti dell’ evoluzionismo. Ma
nonostante queste condizioni la Chiesa non prese mai alcuna posizione sull’ evoluzionismo,
né decise in generale di prendere provvedimenti verso quegli intellettuali
cattolici che accettavano le nuove teorie avvalorandone la conciliabilità con
la dottrina cattolica. Soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, la teologia
cattolica, confrontandosi con la teoria dell’ evoluzione, fece importanti
progressi definendo peraltro alcune fondamentali questioni di fede relative all’
origine dell’ umanità, all’ azione di Dio nel mondo e alla dottrina sul peccato
originale. In tutto questo panorama di cambiamenti, la Pontificia commissione
biblica, organo del Magistero ecclesiastico, sancì la dottrina della creazione
divina del corpo del primo uomo e della creazione immediata dell’ anima umana
in ogni nuova persona: al di là di concetti quali creazionismo o evoluzionismo,
la vita umana per la Chiesa resta sacra e dovuta all’ atto creativo e
infallibile di Dio. Quindi, la Bibbia venne vista con sempre maggiore
flessibilità, e meno rigore storico, come un testo essenzialmente dottrinale,
una profonda riflessione sapienziale e poetica che, attraverso il ricorso a
immagini, al mito e all’ epica vuole trasmettere alcune basilari verità di
ordine teologico e filosofico: il mondo è stato creato da Dio, pertanto gli
elementi della creazione non vanno divinizzati, come invece avveniva nelle
culture antiche, per esempio con il sole o con alcuni animali. Uomini e donne,
come immagine di Dio, rappresentano il coronamento del creato, che a essi è
affidato. Il male nel mondo è originato dal cattivo uso della libertà, Dio non
abbandona l’ umanità nel suo peccato ma promette la salvezza. La tradizione
letteraria dell’ Antico Testamento risale a un periodo della storia d’ Israele,
in cui si sentiva il bisogno di rafforzare la fede nel Dio unico, onnipotente, infallibile
e provvidente.

Se,
come disse George Santayana, scrittore, poeta e saggista spagnolo, la Bibbia è
letteratura e non dogma, i tempi sono finalmente maturi per una lettura attenta
e obiettiva di questo particolare testo sacro, basilare per ebrei e cristiani e
rispettato dai musulmani. La maggioranza dei cristiani oggi sostiene che i
dettagli storici o scientifici della Bibbia siano irrilevanti per la fede e la
condotta e che quindi possano contenere errori. Per loro l’ infallibilità e l’
ispirazione del testo sacro vanno limitate alle questioni di fede o di morale e
a una lettura complessiva della Bibbia che guidi l’ interpretazione del reale
significato e della finalità delle singole affermazioni. I fondamentalisti,
invece, sostengono che anche i dettagli scientifici, geografici e storici dei
suoi testi originali siano completamente veri ed esenti da errori, come pure
che apparenti contraddizioni o errori che ci sembri di trovare dipendano, di
fatto, dalla nostra soggettiva percezione o conoscenza, inadeguata o falsata.
Un atteggiamento estremo, ma fortunatamente poco condiviso anche all’ interno
dello stesso mondo cristiano.
Se
la storia passata e il suo ricordo vengono ricostruiti e tramandati secondo i
criteri di osservazione, deduzione e dimostrazione tipici della scienza per
mezzo di prove evidenti, non bisogna commettere l’ errore di leggere l’ Antico
e nemmeno il Nuovo Testamento come una cronaca di fatti storici realmente
avvenuti o una serie di biografie, ma ricordare che si trattano di un insieme
di testi che riflettono la mentalità del popolo e del tempo presso cui vennero
scritti, e che soprattutto l’ Antico venne influenzato dalla cultura e
giurisprudenza sumeriche, come confermato dalla stessa narrazione biblica
secondo cui Abramo, primo patriarca e capostipite del popolo israelitico, era
un sumero originario della città Stato di Ur, l’ attuale Tell el-Mukayyar in
Iraq. La lettura delle pagine dell’ Antico Testamento offre quindi numerosi
richiami mitologici tipici della mitologia mesopotamica, come il Diluvio, di
cui si parla anche nell’ epopea di Gilgamesh, e giudiziari come la legge del
taglione e la schiavitù già espresse nel Codice di Hammurabi. E’ peraltro un
insieme di testi colmi di violenza. L’ Onnipotente, per esempio, scatenò il
Diluvio universale sterminando la maggior parte delle sue creature viventi
dando una possibilità solo a pochi graziati che credeva meritevoli. Tempo dopo,
però, il mondo ritornò oscurato dal male, e così mandò a Sodoma due angeli
emissari che però vennero umiliati dagli abitanti locali. La città venne poi
distrutta insieme a Gomorra da una pioggia di fuoco, una strage terribile a cui
seguirono le piaghe d’ Egitto e l’ annegamento dei soldati del faraone nel Mar
Rosso, i castighi terribili stabiliti dalla Tōrāh, la legge data Dio a Mosè,
nella quale si impone senza speranza di appello la pena di morte per chiunque
adori divinità differenti da Dio e pratichi la magia, oltre che per gli
adulteri. Neppure il Nuovo Testamento, di mentalità grecoromana in quanto
trascritto nelle province di lingua e cultura greche dell’ Impero romano, è
esente da un simile spirito di durezza, come Gesù stesso afferma in Matteo 10,
34-36: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra. Non sono
venuto a portare la pace, ma una spada. Sono venuto infatti a mettere in lotta
il figlio contro il padre, la figlia contro la madre, la nuora contro la
suocera, e i nemici dell’ uomo saranno quelli della sua casa». Lo stesso si
comporta in modo aggressivo sempre nel racconto di Matteo, 21,12-13, quando
entra nel Tempio di Gerusalemme e scaccia i mercanti e i loro acquirenti, rovesciando
i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe. Tutta la
violenza descritta nella Bibbia è appunto la conferma dell’ umanità del popolo
e del tempo da cui è scaturita.
Lasciandone
quindi da parte l’ inesattezza storiografica e riconoscendone il valore più
propriamente simbologico e interpretativo, leggendo la Bibbia con un’ ottica
storica e culturale vi si può riconoscere un certo valore estetico e intellettuale,
una vasta gamma di generi letterari, tra cui poesia, prosa, narrazione storica,
e profezia. I Salmi sono apprezzati per la loro bellezza poetica, mentre i libri
sapienziali come i Proverbi e l’ Ecclesiaste offrono profonde riflessioni
filosofiche. E’ una parte centrale del canone della tradizione occidentale. Ha
influenzato profondamente la letteratura, l’ arte, la musica e la filosofia
occidentale. Opere letterarie come «Paradiso perduto» di John Milton e «Divina
Commedia» di Dante Alighieri sono fortemente influenzate dalla Bibbia, che continua
a essere una fonte di ispirazione per artisti, scrittori e pensatori, stimolati
dai suoi valori. Esplora temi morali e filosofici fondamentali, come la natura
del bene e del male, la giustizia, la misericordia, la fede e la redenzione.