sabato 26 aprile 2025

La Bibbia tra Rivelazione divina e analisi archeologica

Rotolo della Bibbia ebraica;


I testi sacri delle varie religioni rappresentano, data la loro complessità e vastità, una particolare sfida a livello scientifico, ma anche una preziosa testimonianza relativa al panorama storico e culturale delle varie civiltà antiche che li trascrissero. Per migliaia di anni sono stati considerati libri di storia esatti e indubitabili, che gli ordini sacerdotali insegnavano di generazione in generazione e permettevano di capire alla gente comune, tramandando il ricordo dell’ origine del mondo e la comprensione della rivelazione della verità divina così che il popolo si attenesse il più diligentemente possibile ad un comportamento virtuoso e onorasse le divinità esercitando correttamente la liturgia.

Con l’ avvento della Rivoluzione scientifica nel Cinquecento, tuttavia, si innescò un profondo mutamento culturale con la formazione di un nuovo tipo di sapere, e quindi di mentalità, che necessitava del continuo controllo dell’ esperienza, richiedeva un differente tipo di dotto in confronto al tradizionale erudito medievale formatosi con i testi antichi, che quindi non fosse mago, astrologo o sacerdote ma scienziato sperimentale, che con l’ osservazione e la deduzione fondesse la teoria con la tecnica, convalidando un’ ipotesi con un esperimento che necessitasse di prove evidenti. La rivoluzione culturale suscitata da quella scientifica fu ampia e di vasta portata, e toccò anche la religione e la filosofia. Nell’ Europa cristiana ebbe luogo un confronto molto teso tra la nuova scienza e la Chiesa cattolica, secondo la quale tutto ciò che l’ uomo dovesse sapere fosse già riferito nella Bibbia, infallibile perché parola di Dio, e la fede non avesse bisogno di conferme. Ma tale rivoluzione, nonostante le indagini e i processi per eresia portati avanti dai tribunali dell’ istituzione ecclesiastica dell’ Inquisizione, sostenitrice del dogma dell’ infallibilità biblica, non si arrestò, anzi rafforzò l’ evoluzione dell’ Umanesimo, movimento culturale sviluppatosi in Italia nel Quattrocento su ispirazione di autori trecenteschi quali Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, volto alla riscoperta dei classici latini e greci nella loro storicità e non più nella loro interpretazione allegorica, inserendo quindi anche conoscenze e usanze dell’ antichità nella quotidianità tramite le quali poter avviare una «rinascita» della cultura europea dopo i cosiddetti «secoli bui» del Medioevo, cosa che si compì con più forza nel Rinascimento. L’ Umanesimo portò alle prime indagini e comparazioni tra i diversi credi religiosi, e allo sviluppo della disciplina della storia delle religioni, che indaga il tema delle religioni secondo il procedimento storico ovvero avvalendosi delle documentazioni storiche, archeologiche, filologiche, ma anche di ambito etnologico, antropologico, ermeneutico ed esegetico.

Oggi, grazie a questi preziosi studi, i testi sacri sono considerati dottrinari e culturali ma non storici, importanti fonti antiche dalle cui pagine è possibile dedurre la mentalità dei popoli nelle varie epoche in cui sorsero. E la Bibbia, il libro sacro di ebrei e cristiani, rappresenta qualcosa di unico per la vasta e dettagliata narrazione delle origini del mondo e del popolo eletto, nonché della rivelazione divina svelata per mezzo dei patriarchi, dei profeti e di Gesù Cristo.

 

Il dibattito sulla storicità della Bibbia, e quindi la sua infallibilità in tutto ciò che afferma, è tuttora in corso. Da una parte vede coinvolgi gli scienziati, tra archeologi, storici e filologi, e dall’ altra gli esponenti di alcune denominazioni cristiane, protestanti fondamentaliste e restaurazioniste, come i cristadelfiani, e i testimoni di Geova, che citano la seconda lettera di San Paolo a Timoteo: «Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’ uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.». Altre scuole, come i cattolici, gli ortodossi e i protestanti storici come luterani, calvinisti e anglicani, hanno invece una posizione più moderata, affermando che la Bibbia sia ispirata da Dio e infallibile in materia di fede e morale, ma non necessariamente esente da errori nelle sue parti storiche e scientifiche. A questo proposito il Concilio Vaticano II afferma che la Bibbia riferisce «senza errori la verità che si riferisce alla nostra salvezza», parole molto simili a quelle pronunciate tre da Galileo, secondo cui la Bibbia ha solo lo scopo di insegnare agli uomini le verità «che sono necessarie per la salute loro», e anche a quanto affermato da Origene: «Noi sappiamo che la Scrittura non è stata redatta per raccontarci le storie antiche, ma per la nostra istruzione salvifica.». Lo stesso Concilio Vaticano II, inoltre, afferma che la corretta interpretazione richiede di tenere in conto il genere letterario del testo biblico e il contesto storico culturale dell’ agiografo, ragion per cui anche per quanto riguarda affermazioni con un implicito significato etico occorre distinguere nella sacra scrittura la parola di Dio dal contributo degli scrittori sacri «veri autori nel possesso delle loro facoltà e capacità».

 

Il professor Alessandro Barbero;

La posizione degli scienziati in materia di racconto storico è invece, per ovvie ragioni, ben più scettica. Innanzitutto, da un punto di vista filologico, occorre tenere presente quando la Bibbia venne scritta, e quindi di quanto risenta dell’ influenza della tradizione orale precedente. Il teologo britannico Martyn Percy disse che la Bibbia «non ci è arrivata per fax dal cielo», e il romanziere statunitense Dan Brown aggiunse che è un prodotto dell’ uomo, non di Dio, non caduta magicamente dalle nuvole: «L’ uomo l’ ha creata come memoria storica di tempi tumultuosi ed è passata attraverso innumerevoli traduzioni, aggiunte e revisioni. Nella storia non c’ è mai stata una versione finale del libro.». Infatti, la Chiesa cattolica sancì ufficialmente il canone biblico soltanto nel Concilio di Trento del 1546, in opposizione alla Riforma protestante innescata da Martin Lutero. Una lettura critica del testo biblico richiede consapevolezza di quando fu scritto, da chi e per quale scopo: per esempio, molti accademici concorderebbero sul fatto che la Tōrāh, o Pentateuco, l’ insieme dei primi cinque libri della Bibbia, ossia Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio, fu messa per iscritto poco dopo il VI secolo prima di Cristo, ma non vi è certezza sul periodo preciso. Le date considerate vanno dal XV al VI secolo prima di Cristo. Un’ ipotesi abbastanza condivisa la collega al regno di Giosia, nel VII secolo prima di Cristo. In questa ipotesi, i presunti eventi dell’ Esodo si sarebbero svolti secoli prima della loro narrazione. Gli studiosi sono divisi principalmente in due scuole, ossia i minimalisti e i massimalisti: secondo i minimalisti, la Bibbia è un’ opera principalmente teologica e apologetica, e tutti i racconti che contiene hanno carattere eziologico, ideati su di una base storica fittizia ricostruita secoli dopo, durante e dopo l’ esilio babilonese, e che possiedano al massimo pochi frammenti di ricordo storico genuino, solo quei punti di cui si trova un riscontro nelle scoperte archeologiche. I racconti sui patriarchi biblici sarebbero di fantasia, e gli stessi patriarchi mere figure leggendarie con cui descrivere realtà storiche successive. Inoltre, le dodici tribù di Israele sarebbero una costruzione successiva, le storie dei re Saul e Davide modellate su posteriori esempi irano-ellenistici e non vi sarebbe prova archeologica dell’ esistenza del regno unito d’ Israele, che secondo la Bibbia avrebbe permesso a Davide e Salomone di dominare un impero esteso dall’ Eufrate ad Eilat. I massimalisti, invece, affermano che i resoconti dell’ Antico Testamento, soprattutto quelli dell’ epoca della monarchia davidica, si devono considerare ampiamente storici.

E’ interessante notare quanto gli studi archeologici condotti negli ultimi decenni in Israele, non abbiano dato conferma degli eventi fondamentali descritti nella Bibbia, aumentando il solco tra la sacralità del testo biblico per i credenti, e quindi della verità divina dei fatti in esso raccontati, e i dati della scienza storica, che segue criteri razionali e pratici. A tal proposito, il professor Alessandro Barbero, professore di storia medievale all’ Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, afferma: «E’ molto facile che il passato ci sorprenda, quindi siamo spesso costretti a scoprire quanto la nostra visione della storia fosse sbagliata. Succede continuamente, e per più motivi. Le cose cambiano e ci si rende conto di essere vittime di un’ interpretazione faziosa.». Ma la storia, per quanto non sia una scienza esatta, poggia su criteri ben precisi e non ragiona sui valori considerati dalla teologia, la disciplina della fede che si fonda sull’ interpretazione: «La Bibbia è qualcosa di particolarmente complicato. E’ il prodotto di un popolo dell’ antichità, che come ogni altro si è costruito la propria mitologia e religione, conservando maggiormente i numerosi scritti, redatti nel corso dei secoli e che hanno costituito la sua memoria storica e il suo immaginario. Gli ebrei non erano neppure un popolo piccolo come tendiamo ad affermare, al contrario: erano numerosi e molto presenti nell’ area mediorientale, soprattutto a seguito della Diaspora. Dal punto di vista di un credente, poi, sorge il problema di dover conciliare la descrizione di Dio che emerge dall’ Antico Testamento, un Dio che sinceramente fa un po’ paura, per quanto la dottrina cristiana sostenga che la venuta di Cristo abbia cambiato tutto. Se l’ Antico Testamento dice: ‘Occhio per occhio’, Gesù afferma: ‘Porgi l’ altra guancia.’.». Da qualsivoglia ottica la si osservi, la Bibbia è un soggetto molto impegnativo, arduo. Ma non pare storicamente molto attendibile, chi desidera avere una visione più esatta deve consultare altre fonti. Sempre il professor Barbero spiega: «Occupandosi della storia degli ebrei, per lungo tempo gli storici hanno sostenuto la versione della Bibbia relativamente all’ antico regno di Israele. Dalle sue pagine si legge che mille anni prima di Cristo era grande e potente, con capitale a Gerusalemme, grande città dagli imponenti edifici come la reggia e il Tempio di Salomone, e governato da gloriosi sovrani quali Davide e il figlio Salomone. L’ unica fonte disponibile era l’ Antico Testamento, gli storici vi si attenevano. Un giorno però gli archeologi israeliani iniziarono a scavare in cerca dei resti di questo antico e grande potentato e della sua capitale. Scavarono e scavarono, fino a raggiungere gli strati del 1000 avanti Cristo senza però trovare nulla, se non qualche focolare di nomadi. Lo ammisero pubblicamente, e il governo israeliano non ne rimase ovviamente soddisfatto, come l’ opinione pubblica. Ma gli archeologi israeliani proseguirono negli scavi e con grande obiettività scientifica, che renderà loro sempre onore, confermarono che nel 1000 avanti Cristo non esistevano un grande regno di Israele, una Gerusalemme con il suo Tempio, ma solo alcuni nomadi che vagavano per la steppa.».

 

Professor Israel Finkelstein;

Il professor Israel Finkelstein, docente di Archeologia all’ Università di Tel Aviv, è uno degli archeologi israeliani che per decenni hanno condotto gli scavi in territorio israelitico. Ha espresso le sue critiche nei confronti della prima generazione di studiosi che avevano interpretato i risultati delle loro campagne di scavo come conferme della narrazione biblica della conquista della Palestina, e si è guadagnato una solida reputazione di «attira fulmini» a causa delle controversie scatenatesi a seguito delle sue considerazioni e delle sue prese di posizione. Sostiene che la Bibbia non sia affidabile da un punto di vista del racconto storico e archeologico, e che solo le prove rinvenute nel terreno possano raccontare la storia dell’ antico Israele: «La Bibbia è un insieme di miti a supporto di politiche espansionistiche.». Nel libro «Le tracce di Mosè», scritto insieme al collega e compatriota Neil Asher Silberman, sintetizza molti anni di studi, ricerche e scavi archeologici: «Buona parte della narrazione biblica è mitologica. Figure come Noè risultano mitiche quanto il racconto del Diluvio universale. Non esistono fonti storiche che confermino la schiavitù ebraica in Egitto, l’ Esodo e la quarantennale peregrinazione dei patriarchi nel deserto. Risulta poco credibile la descrizione e le dimensioni del Tempio di Salomone, mentre la Città Santa del tempo era poco più di un semplice villaggio.». Molte parti dei libri biblici, prosegue, furono scritte in funzione del piano politico ed espansionistico di re Giosia, diciassettesimo re di Giuda e importante riformatore religioso vissuto nel VII secolo prima di Cristo, che intendeva unificare sotto il suo trono il regno di Giuda con il regno di Israele: «Gli scribi reali inventarono molti miti biblici o stravolsero precedenti racconti, come supporto propagandistico alla politica espansionistica di Giosia: dovevano magnificare l’ ascendenza e la potenza del loro signore. La religione nuova costituisce, quindi, come una sorta di istrumentum regni, di collante ideologico dell’ edificazione di un solo Stato sotto una sola divinità e un solo monarca.».

Lo stesso Mosè, fondatore dell’ Ebraismo, pone numerosi problemi di storicità, al pari dell’ Esodo. Entrambi sono stati ampiamente dibattuti in ambito accademico. A chi in passato ha difeso la storicità del personaggio, si contrappongono quanti oggi vi vedono una figura dai contorni mitici o leggendari, pur tenendo presente che una figura simile a Mosè potrebbe essere esistita da qualche parte nel sud della Transgiordania nella seconda metà del XIII secolo prima di Cristo e che l’ archeologia non sia al momento in grado di confermarlo.

Il professor Finkelstein, pur negando la verità storica della narrazione biblica, la considera la mitizzazione di un confronto attinente a una cronologia più bassa della storia d’ Israele intorno al X secolo prima di Cristo, come l’ invasione di Israele da parte del faraone Sheshonq I dopo la morte di Salomone e dello scontro tra il re Giosia e il faraone Necao II, ritenendo quindi che i suoi protagonisti non siano che il risultato di una forma di pia tradizione: «Nuovi strati sarebbero stati aggiunti alla storia dell’ Esodo nei secoli successivi, durante l’ esilio in Babilonia e oltre. Ma ora possiamo vedere come questa composizione sorprendente sia stata creata sotto la pressione di un conflitto crescente con l’ Egitto nel VII secolo prima di Cristo. La saga dell’ Esodo di Israele dall’ Egitto non è né verità storica né finzione letteraria, ma una potente espressione di memoria e speranza nata in un mondo in mezzo al cambiamento. Il confronto tra Mosè e il faraone riflette il confronto storico tra il giovane re Giosia e il nuovo faraone Necao. Ridurre questa immagine biblica a una sola data significa tradire il significato più profondo della storia. La Pasqua si rivela non essere un singolo evento, ma un’ esperienza continua di resistenza nazionale contro i poteri costituiti.». Stessa cosa si può affermare per le reliquie citate dalla Bibbia, come l’ Arca dell’ Alleanza: «La sua storia serviva l’ ideologia del Regno del Nord ai tempi di Geroboamo II, così come i reali bisogni territoriali derivanti dalla dominazione su Giuda, faceva parte di un'ideologia di Israele unito, precursore del concetto successivo della monarchia unita giudaica. La storia dell’ Arca che leggiamo nella Bibbia è affascinante, ma penso che possa esserci utile soprattutto per capire il mondo degli autori della Bibbia.».

 

Padre Giuseppe Pulcinelli;

Anche la Chiesa cattolica, come spiega Giuseppe Pulcinelli, presbitero della diocesi di Roma, teologo e Rettore del Pontificio Collegio Lateranense, la Bibbia non è un libro di storia in senso moderno, né nelle sue parti narrative intende descrivere gli avvenimenti semplicemente per informare il lettore su come essi si siano svolti concretamente: «Mettendo per iscritto dopo secoli di trasmissione orale l’ esperienza di fede del popolo di Israele e dei suoi personaggi più significativi, la sua intenzione è soprattutto quella di formare, di coinvolgere il lettore affinché entri a far parte di questa stessa storia salvifica. Perciò possiamo tranquillamente ammettere che la Sacra Scrittura contenga imprecisioni e incongruenze di tipo storico, anche nel presentare le figure dell’antichità, come quelle dei patriarchi. Più che i fatti concreti conta la loro interpretazione, che già l’autore sacro alla luce della fede ha voluto comunicare attraverso lo scritto. Quel senso che è sempre valido nell’ oggi della sua rilettura credente.». E’ sorprendente che oggi fede e scienza trovino un punto di contatto, concordando sull’ inattendibilità della storicità della Bibbia. Secondo il papato, i primi capitoli della Genesi sono parole ispirate da Dio, ma secondo il modo di intendere della gente di un tempo: «I primi undici capitoli della Genesi riferiscono in un linguaggio semplice e figurato, adattato alle intelligenze di un’ umanità meno progredita, le verità fondamentali presupposte all’ economia della salvezza e in pari tempo la descrizione popolare delle origini del genere umano e del popolo eletto.». In quest’ ottica viene chiaramente ammesso perfino che Adamo ed Eva siano figure simboliche e non personaggi storici: essi sono una profonda riflessione sapienziale sul creato e sull’ umanità voluta da Dio. Il nome Adam significa «uomo» e indica l’ umanità in senso collettivo, tant’ è che in Genesi 2,7 vi sarebbe un gioco di parole in ebraico tra adam e adamah, «suolo», per dire che l’ uomo è «terroso» in quanto tratto dalla terra, mentre il nome Eva, in ebraico Hawwah, dal verbo vivere e quindi «vivente», viene dato da Adam «perché ella fu la madre di tutti i viventi» come detto in Genesi 3,20. Molto più importante dell’ esistenza storica, ciò che conta nei racconti sulla creazione dell’ essere umano uomo-donna è che essi descrivono l’ umanità nella sua altissima dignità essere fatti a immagine e somiglianza di Dio, e insieme nella sua estrema fragilità che si mostra nella caduta. Dio, però, non lo abbandona nel suo peccato, ma promette la salvezza.

 

La Basilica di San Pietro, sede del papato;

L’ apertura alle ricerche scientifiche della Chiesa cattolica nasce con molta probabilità da una necessità pratica di sopravvivere cavalcando i mutamenti sociali e culturali della modernità. Lo spirito critico proprio del razionalismo che animò l’ epoca dei lumi dal Seicento all’ Ottocento fece sì che la Bibbia fosse guardata con crescente diffidenza, venendo considerata leggenda o racconto popolare senza fondamento storico. Gran parte delle critiche si basava sulla mancanza di prove esterne a sostegno di certe affermazioni spirituali tradizionali. Inoltre, si è ritenuto che la Bibbia, essendo uno scritto religioso, tendesse a contenere espressioni in un linguaggio mitologico, specifico del pensiero prescientifico, nel senso che non sono così accurate. Per questo motivo i dettagli di natura storica sono stati ampiamente criticati o, nel migliore dei casi, respinti come irrilevanti.

Sin dalla pubblicazione de «L’ origine delle specie» di Charles Darwin nel 1859, le gerarchie della Chiesa cattolica hanno lentamente affermato la propri posizione sull’ evoluzione, evitando inizialmente di prendere una posizione ufficiale, contrariamente alle chiese protestanti che, maggiormente legate ad una interpretazione letterale della Bibbia, immediatamente avversarono il pensiero darwiniano. Fino ai primissimi anni del Novecento, nel mondo cattolico si riscontrava una generale ostilità all’ evoluzionismo, tuttavia, in quel periodo la Chiesa non prese mai una posizione ufficiale sulla questione. Nei decenni successivi, però, il papato affermò ufficialmente che la fede cattolica e l’ evoluzionismo, in particolare riguardo all’ origine dell’ umanità, non sono in conflitto: diversi papi si espressero favorevolmente sulla conciliabilità dell’ evoluzionismo con la fede cattolica. I rapporti tra scienza e religione sono quindi stati, storicamente, una realtà molto varia e complessa. In quel tempo la Chiesa si sentiva letteralmente sotto assedio: dopo il Risorgimento, la riunificazione nazionale dell’ Italia, dello Stato Pontificio non rimaneva che una piccola area di Roma, il Vaticano, e il potere temporale dei pontefici era cessato aprendo le porte ad un periodo di forti contrasti tra Chiesa e Stato italiano. Dal mondo scientifico arrivavano inoltre dure critiche al Cattolicesimo, descritto spesso come causa di ignoranza, arretratezza e freno del progresso. In questa situazione è facile comprendere l’ esistenza nel mondo cattolico di un generale clima di sospetto o di opposizione nei confronti dell’ evoluzionismo. Ma nonostante queste condizioni la Chiesa non prese mai alcuna posizione sull’ evoluzionismo, né decise in generale di prendere provvedimenti verso quegli intellettuali cattolici che accettavano le nuove teorie avvalorandone la conciliabilità con la dottrina cattolica. Soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, la teologia cattolica, confrontandosi con la teoria dell’ evoluzione, fece importanti progressi definendo peraltro alcune fondamentali questioni di fede relative all’ origine dell’ umanità, all’ azione di Dio nel mondo e alla dottrina sul peccato originale. In tutto questo panorama di cambiamenti, la Pontificia commissione biblica, organo del Magistero ecclesiastico, sancì la dottrina della creazione divina del corpo del primo uomo e della creazione immediata dell’ anima umana in ogni nuova persona: al di là di concetti quali creazionismo o evoluzionismo, la vita umana per la Chiesa resta sacra e dovuta all’ atto creativo e infallibile di Dio. Quindi, la Bibbia venne vista con sempre maggiore flessibilità, e meno rigore storico, come un testo essenzialmente dottrinale, una profonda riflessione sapienziale e poetica che, attraverso il ricorso a immagini, al mito e all’ epica vuole trasmettere alcune basilari verità di ordine teologico e filosofico: il mondo è stato creato da Dio, pertanto gli elementi della creazione non vanno divinizzati, come invece avveniva nelle culture antiche, per esempio con il sole o con alcuni animali. Uomini e donne, come immagine di Dio, rappresentano il coronamento del creato, che a essi è affidato. Il male nel mondo è originato dal cattivo uso della libertà, Dio non abbandona l’ umanità nel suo peccato ma promette la salvezza. La tradizione letteraria dell’ Antico Testamento risale a un periodo della storia d’ Israele, in cui si sentiva il bisogno di rafforzare la fede nel Dio unico, onnipotente, infallibile e provvidente.

 

Se, come disse George Santayana, scrittore, poeta e saggista spagnolo, la Bibbia è letteratura e non dogma, i tempi sono finalmente maturi per una lettura attenta e obiettiva di questo particolare testo sacro, basilare per ebrei e cristiani e rispettato dai musulmani. La maggioranza dei cristiani oggi sostiene che i dettagli storici o scientifici della Bibbia siano irrilevanti per la fede e la condotta e che quindi possano contenere errori. Per loro l’ infallibilità e l’ ispirazione del testo sacro vanno limitate alle questioni di fede o di morale e a una lettura complessiva della Bibbia che guidi l’ interpretazione del reale significato e della finalità delle singole affermazioni. I fondamentalisti, invece, sostengono che anche i dettagli scientifici, geografici e storici dei suoi testi originali siano completamente veri ed esenti da errori, come pure che apparenti contraddizioni o errori che ci sembri di trovare dipendano, di fatto, dalla nostra soggettiva percezione o conoscenza, inadeguata o falsata. Un atteggiamento estremo, ma fortunatamente poco condiviso anche all’ interno dello stesso mondo cristiano.

Se la storia passata e il suo ricordo vengono ricostruiti e tramandati secondo i criteri di osservazione, deduzione e dimostrazione tipici della scienza per mezzo di prove evidenti, non bisogna commettere l’ errore di leggere l’ Antico e nemmeno il Nuovo Testamento come una cronaca di fatti storici realmente avvenuti o una serie di biografie, ma ricordare che si trattano di un insieme di testi che riflettono la mentalità del popolo e del tempo presso cui vennero scritti, e che soprattutto l’ Antico venne influenzato dalla cultura e giurisprudenza sumeriche, come confermato dalla stessa narrazione biblica secondo cui Abramo, primo patriarca e capostipite del popolo israelitico, era un sumero originario della città Stato di Ur, l’ attuale Tell el-Mukayyar in Iraq. La lettura delle pagine dell’ Antico Testamento offre quindi numerosi richiami mitologici tipici della mitologia mesopotamica, come il Diluvio, di cui si parla anche nell’ epopea di Gilgamesh, e giudiziari come la legge del taglione e la schiavitù già espresse nel Codice di Hammurabi. E’ peraltro un insieme di testi colmi di violenza. L’ Onnipotente, per esempio, scatenò il Diluvio universale sterminando la maggior parte delle sue creature viventi dando una possibilità solo a pochi graziati che credeva meritevoli. Tempo dopo, però, il mondo ritornò oscurato dal male, e così mandò a Sodoma due angeli emissari che però vennero umiliati dagli abitanti locali. La città venne poi distrutta insieme a Gomorra da una pioggia di fuoco, una strage terribile a cui seguirono le piaghe d’ Egitto e l’ annegamento dei soldati del faraone nel Mar Rosso, i castighi terribili stabiliti dalla Tōrāh, la legge data Dio a Mosè, nella quale si impone senza speranza di appello la pena di morte per chiunque adori divinità differenti da Dio e pratichi la magia, oltre che per gli adulteri. Neppure il Nuovo Testamento, di mentalità grecoromana in quanto trascritto nelle province di lingua e cultura greche dell’ Impero romano, è esente da un simile spirito di durezza, come Gesù stesso afferma in Matteo 10, 34-36: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma una spada. Sono venuto infatti a mettere in lotta il figlio contro il padre, la figlia contro la madre, la nuora contro la suocera, e i nemici dell’ uomo saranno quelli della sua casa». Lo stesso si comporta in modo aggressivo sempre nel racconto di Matteo, 21,12-13, quando entra nel Tempio di Gerusalemme e scaccia i mercanti e i loro acquirenti, rovesciando i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe. Tutta la violenza descritta nella Bibbia è appunto la conferma dell’ umanità del popolo e del tempo da cui è scaturita.

Lasciandone quindi da parte l’ inesattezza storiografica e riconoscendone il valore più propriamente simbologico e interpretativo, leggendo la Bibbia con un’ ottica storica e culturale vi si può riconoscere un certo valore estetico e intellettuale, una vasta gamma di generi letterari, tra cui poesia, prosa, narrazione storica, e profezia. I Salmi sono apprezzati per la loro bellezza poetica, mentre i libri sapienziali come i Proverbi e l’ Ecclesiaste offrono profonde riflessioni filosofiche. E’ una parte centrale del canone della tradizione occidentale. Ha influenzato profondamente la letteratura, l’ arte, la musica e la filosofia occidentale. Opere letterarie come «Paradiso perduto» di John Milton e «Divina Commedia» di Dante Alighieri sono fortemente influenzate dalla Bibbia, che continua a essere una fonte di ispirazione per artisti, scrittori e pensatori, stimolati dai suoi valori. Esplora temi morali e filosofici fondamentali, come la natura del bene e del male, la giustizia, la misericordia, la fede e la redenzione.

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