Lionel Logue; |
La
storia del mondo ha sempre avuto bisogno di uomini speciali per essere
trainata, così come le autovetture e i ciclomotori hanno bisogno di benzina per
spostarsi. Il rapporto tra la storia e i personaggi storici, che ciascuno a
modo proprio hanno contribuito al progresso e addirittura al regresso del
mondo, è qualcosa di inseparabile, esattamente come quello tra i romanzi, le
opere teatrali e i film con i relativi personaggi.
Tanto
nella storia quanto nelle opere di fantasia, risulta curioso quanto l’ attenzione
venga rivolta quasi esclusivamente ai personaggi principali, tralasciando
invece i cosiddetti personaggi secondari, che hanno il compito di accompagnare
i protagonisti nel corso della storia, di sostenerli e aiutarli, ma che a
dispetto della minore attenzione che ottengono si ritrovano spesso a giocare un
ruolo ampio e importantissimo, anziché quello di semplice marionetta o spalla.
E’ il caso ad esempio di Lionel Logue, un singolare ma assai efficace
scienziato logopedista australiano residente a Londra, che dalla fine degli
Anni Venti i primi Anni Cinquanta assistette il duca Albert di York, asceso al
trono britannico come Giorgio VI, notoriamente colpito da balbuzie. L’ aiuto
che Logue diede al principe di Casa Windsor non fu certamente cosa da poco,
avendolo aiutato a superare le sue profonde insicurezze e a trovare la sua voce
proprio quando la nazione aveva bisogno di un sovrano dietro cui schierarsi, ma
il ricordo di questo esperto del tutto fuori del comune diminuì
progressivamente nel tempo, venendo rispolverato solo di recente con un film
molto riuscito del 2010, «Il discorso del re».
Lionel
George Logue nacque il 26 febbraio 1880 ad Adelaide, in Australia Meridionale,
da George Edward Logue, un impiegato, e Lavinia Rankin. Il nonno paterno, Edward,
era originario di Dublino.
Maggiore
di quattro fratelli, fu educato al Prince Alfred College, ove studiò tra il
1889 e il 1896, studiando peraltro dizione sotto il noto docente Edward Reeves,
che attenuò di molto il suo accento australiano, e di cui divenne nel 1902
segretario e assistente. In seguito studiò presso l’ Elder Conservatorium of
Music, e lavorò in una miniera d’ oro a Kalgoorlie. Il 20 marzo 1907, a Perth,
ove insegnava tecniche per parlare in pubblico e collaborava con notevoli associazioni
quali la Young Men’ s Christian Association, lo Scotch College e la Perth
Technical School, sposò l’ impiegata ventunenne Myrtle Gruenert, dalla quale
ebbe tre figli. Dedito alle opere teatrali, soprattutto Shakespeare e Dickens,
nel 1911 intraprese un giro per il mondo, e durante la Prima Guerra Mondiale si
dedicò alla cura dei difetti del parlato dei reduci del fronte, affetti da
nevrosi di guerra, diagnosi che a quei tempi rappresentava un’ assoluta novità,
mettendo a punto una terapia che mischiava umorismo, comprensione, perseveranza
e una notevole simpatia, accompagnate da esercizi per i polmoni e il diaframma
con i quali respirare sufficientemente a fondo per completare correttamente una
frase.
Logue e la moglie, Myrtle; |
Nel
1924 si trasferì con la famiglia a Londra, ove aprì uno studio per la cura
delle disfunzioni del linguaggio al numero 146 di Harley Street, e fin da
subito prese l’ abitudine di utilizzare il denaro dei clienti più facoltosi per
pagare le cure di quelli più poveri. Nel 1926, a seguito del penoso discorso di
chiusura al British Empire Exhibition a Wembley, tenutosi il 31 ottobre 1925,
il principe Albert, figlio secondogenito di re Giorgio V e Mary di Teck, si
rivolse a lui su presentazione della moglie, lady Elizabeth Bowes-Lyon. Dopo un
inizio piuttosto burrascoso, e pur non immune da dubbi e incertezze, Logue
scoprì che la balbuzie del principe dipendeva sia da fattori mentali, legati al
forte timore che provava per il genitore, re Giorgio era notoriamente un padre
severissimo, che dalla scarsa coordinazione tra la laringe e il diaframma,
pertanto decise di trascorrere ogni giorno un’ ora con lui per praticare
rigorosi esercizi, in seguito ritenuti pionieristici, tra i quali la
ripetizione di alcuni scioglilingua e l’ intonazione di tutte le vocali ad alta
voce per quindici secondi davanti a una finestra aperta. Il logoterapista
stabilì fin dal primo giorno il loro rapporto sulla fiducia, e rinsaldò la
sicurezza e l’ autostima del particolare paziente, noto per essere pauroso e
incerto nelle sue azioni, rilassandone la tensione alla causa degli spasmi
muscolari: la balbuzie del duca di York si ridusse a semplici esitazioni
occasionali, che nel 1927 gli consentirono addirittura di affrontare il
discorso di apertura del Parlamento australiano a Canberra.
Re Giorgio VI; |
L’
amicizia fra Logue e Albert proseguì saldamente negli anni, sebbene uno stimato
quotidiano degli Anni Trenta pubblicò opinioni piuttosto dispregiative sull’
originalissima relazione tra un principe dell’ Impero, in quel tempo il più
grande e popoloso del mondo, e un suo suddito borghese, peraltro proveniente
dalle colonie, che definì «il medicastro che ha salvato un principe». Ma le
cose raggiunsero un punto critico nel 1936: Giorgio V, a lungo soffrente di
enfisema polmonare e bronchite, morì lasciando il trono al figlio David,
principe di Galles, che assunse il nome di Edoardo VIII. Criticato fin dal
dopoguerra dai tradizionalisti per le sue relazioni con donne sposate, il nuovo
sovrano suscitò un grande scandalo affermando che sarebbe salito al trono
accompagnato dalla statunitense Wallis Simpson, una donna spregiudicata al suo
secondo matrimonio, peraltro sospettata dalla famiglia reale di aver appreso
durante il suo soggiorno in Cina determinate tecniche di massaggio erotico da
professioniste delle case di tolleranza o che lavoravano nei saloni di
massaggio con cui lo avrebbe stregato: tale desiderio aprì una grave crisi
istituzionale poiché per tradizione i monarchi britannici sono Governatori
Supremi della Chiesa anglicana, che non ammette il divorzio e il matrimonio tra
divorziati. Costretto all’ abdicazione nel dicembre 1936 per poterla sposare,
lasciò il trono al fratello Albert, che fu incoronato re il successivo 12
maggio 1937 con il nome di Giorgio VI. Logue continuò a curare costantemente il
nuovo regnante, peraltro preparandolo per il discorso di incoronazione, e
venendo insignito nel 1937 del titolo di cavaliere dell’ Ordine reale
vittoriano, istituito come riconoscimento per servizi prestati con distinzione
al monarca. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale gli fu accanto in
occasione di ogni discorso, aiutandolo a ispirare il popolo e a unirlo in
battaglia, e nel 1944 viene elevato a commendatore. Negli anni del conflitto
operò come guardia antiaerea per tre notti a settimana, e fu insieme al re per
lo storico discorso dell’ 8 maggio 1945, il V-E Day. Nel successivo mese di
giugno perse la moglie Myrtle.
Logue
e Giorgio VI rimasero amici per tutta la vita, come dimostrato da una fitta
corrispondenza, comprendente oltre cento lettere in cui si menzionavano i libri
che si scambiavano. Quando il re morì il 6 febbraio 1952, il logoterapista ebbe
a dire commosso che la sua amicizia con lui fu il più grande piacere di tutta
la sua vita.
Tra
i fondatori della British Society of Speech Therapists e del College of Speech
Therapists, morì a Londra il 12 aprile 1953 all’ età di settantatré anni, e il
suo corpo fu cremato.
Per
quanto i criteri della storia lo annoverarono tra i «personaggi secondari»
nelle grandi vicende del suo tempo, in quanto non era un Primo ministro, l’
Arcivescovo di Canterbury e neppure un aristocratico ma un logopedista
autodidatta e quasi sconosciuto, l’ intervento di Lionel Logue fu indubbiamente
ampio e assai benefico, un elemento addirittura fondamentale nel salvare la
monarchia britannica in uno dei suoi momenti più critici, che Wallis Simpson,
l’ altro grande personaggio secondario del momento, aveva ampiamente
contribuito a scuotere insieme all’ incombente minaccia di una guerra con la
Germania nazista. La sola azione di questo uomo comune, peraltro australiano,
con il suo carattere amabile ed estroverso, trasformò il nervoso, timido e
introverso duca Albert di York in Giorgio VI, uno dei più grandi re britannici
mai ascesi al trono, la cui statura intellettuale e morale fu soprattutto nel
voler essere all’ altezza della sovranità mai desiderata ma a cui non voltò le
spalle, riuscendo persino ad amare e giudicare al tempo stesso il proprio
padre, che pure aveva avuto parte nello sviluppo del suo disturbo, ma che in
punto di morte aveva ammesso la propria stima per il figlio.
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