mercoledì 11 ottobre 2017

Kennedy, il pioniere della Nuova Frontiera

«Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana.» John Fitzgerald Kennedy;
John F. Kennedy;

L’ importanza che John Fitzgerald Kennedy, il più giovane Presidente statunitense e finora l’ unico di religione cattolica, ha avuto nella storia recente degli Stati Uniti in particolare e di quella del mondo in generale è stata ampia e di vasta portata, al punto che cogliere con le sole parole la sua essenza più profonda pare un’ impresa davvero difficile: questo individuo multiforme fu dapprima eroe della Marina statunitense durante la Seconda Guerra Mondiale, e in seguito eccellente amministratore, fervido sostenitore della pace e convinto fautore di una serie di profonde riforme sociali che, tenendo conto della sua appartenenza a una delle più ricche e potenti famiglie statunitensi e dell’ epoca in cui le concepì, la Guerra fredda, animata com’ era dalla contrapposizione politica, ideologica e militare tra Stati Uniti e Unione Sovietica per il controllo definitivo del pianeta, paiono tutt’ altro che scontate.
Pioniere della «Nuova Frontiera», fu visionario e lungimirante al punto che molte delle sue iniziative, dal viaggio sulla Luna al trattato sulle forze nucleari, si realizzarono soltanto dopo la sua morte.
Kennedy nel 1943;

Noto anche con il diminutivo «Jack», nacque a Brookline, in Massachusetts, il 29 maggio 1917, da Joseph Patrick Kennedy e Rose Fitzgerald, membri di due famiglie molto in vista di Boston, entrambe di discendenza irlandese. Il padre era un imprenditore e finanziere di grandissime capacità, che gli consentirono di accumulare in poco tempo un patrimonio milionario, oltre che un politico aderente al Partito Democratico. Tra il 1938 e il 1940 fu peraltro ambasciatore degli Stati Uniti in Gran Bretagna: sostenne apertamente il non intervento statunitense a fianco della Corona britannica contro il Terzo Reich, oltre che la propria ammirazione per Hitler e moderati sentimenti antisemiti. Il nonno materno, John Fitzgerald, fu per due volte sindaco di Boston. John si laureò ad Harvard, e durante la Seconda Guerra Mondiale si arruolò nella United States Navy, partecipando a diverse missioni nel Pacifico: nella notte del 2 agosto 1943, in particolare, la motosilurante su cui prestava servizio fu speronata e spezzata in due parti da un cacciatorpediniere giapponese. Kennedy stesso rimase ferito alla schiena, e le enormi fatiche che compì per salvare il suo equipaggio lo indebolirono notevolmente, compromettendo la sua salute per il resto della sua vita. Tale azione gli valse un’ onorata decorazione. Un anno dopo, il fratello maggiore, Joseph Junior, su cui i genitori avevano puntato molte speranze, morì in una missione aerea nei cieli britannici, e per compensare questo vuoto, dopo la guerra il padre lo sospinse ad aderire al Partito Democratico, in tono con la tradizione di famiglia, e a fare il suo ingresso in politica. Dal 1947 al 1953 fu membro della Camera dei rappresentanti del Massachusetts, mentre dal 1953 al 1960 fu senatore dello stesso Stato. Nel 1953 sposò l’ affascinante e distinta ereditiera Jacqueline Bouvier, senza però interrompere le sue frequenti infedeltà, che ovviamente condusse sempre all’ insaputa dell’ opinione pubblica, così come poco fece sapere delle sue frequenti assenze dovute alla sua debole salute.
Il padre, Joseph Patrick;

Il 2 gennaio 1960 annunciò la decisione di concorrere alle elezioni presidenziali, scegliendo Lyndon B. Johnson come Vicepresidente e, su sollecitazione del padre, il fratello minore Robert come Ministro della Giustizia, e nel discorso di accettazione della candidatura enunciò la dottrina della Nuova Frontiera, una rivoluzionaria azione politica atta ad estendere e consolidare la democrazia statunitense, combattendo ad esempio il problema della disoccupazione, migliorando il sistema educativo e quello sanitario, tutelando gli anziani e i più deboli, intervenendo economicamente in favore dei Paesi sottosviluppati. Forte dei voti degli intellettuali e della cittadinanza di colore, in novembre vinse le elezioni, battendo il repubblicano Richard Nixon con uno stretto margine di vantaggio: uno dei suoi punti più deboli fu proprio la sua aderenza al cattolicesimo, in quanto buona parte della popolazione temeva che potesse subire l’ influenza politica del Vaticano. Si insediò come trentacinquesimo Presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio 1961, pronunciando uno storico discorso in cui incitava a non chiedere che cosa il Paese potesse fare per il popolo ma che cosa il popolo potesse fare per il Paese.
Nel maggio 1961 compì un importante viaggio in Europa, nel quale incontrò a Parigi il Presidente francese Charles De Gaulle, a Vienna il Segretario Generale dell’ Unione Sovietica Nikita Krusciov e a Londra il Primo Ministro britannico Lord Maurice Harold Macmillan, ponendo l’ accento sui rapporti di coesistenza tra Stati Uniti e Unione Sovietica, sul disarmo e sulla questione di Berlino, senza tralasciare la crisi del Laos, le relazioni politiche, economiche e militari tra gli Stati Uniti e gli alleati europei. Dopo le sperimentazioni nucleari sovietiche autorizzò a sua volta la ripresa degli esami da parte degli Stati Uniti, eppure, sul piano della politica internazionale il suo obiettivo strategico fu sempre un’ intesa diplomatica.
Kennedy e Krusciov; 

Gli eventi lo chiamarono molto presto a fare i conti con la spinosa questione del regime di Fidel Castro, rivoluzionario e Primo Ministro cubano, portandolo ad appoggiare un progetto atto al suo rovesciamento: il 17 aprile 1961 riesumò e aggiornò il piano per l’ invasione della Baia dei Porci studiato durante l’ amministrazione di Eisenhower, il suo predecessore, ispirato da motivi politici ed economici dovuti al fatto che Castro era favorevole ad una aggregazione di Stati dell’ America centrale e meridionale che avrebbe potuto esportare il socialismo in America Latina. Il progetto, preparato dalla CIA, prevedeva una sollevazione popolare contro il regime, ma a sorpresa i millecinquecento cubani anticastristi addestrati ed equipaggiati dai servizi segreti statunitensi vennero sconfitti dall’ esercito cubano. Un anno dopo, la situazione precipitò ulteriormente: il 14 ottobre 1962 gli aerei spia U-2 statunitensi fotografarono un sito cubano in cui veniva costruita una base missilistica sovietica, e Kennedy si ritrovò lungo un sentiero molto stretto, in quanto se avesse ordinato l’ attacco del sito avrebbe dato inizio a una guerra nucleare con l’ Unione Sovietica, a cui Castro si era avvicinato per calcoli strategici dopo la Baia dei Porci, ma se non avesse fatto nulla avrebbe fatto apparire deboli gli Stati Uniti, che avrebbero peraltro avuto una permanente minaccia nucleare nella propria regione, talmente vicina da rendere quasi impossibile un contrattacco qualora il nemico avesse fatto la prima mossa. Molti generali e ministri spinsero per un attacco aereo, ma Kennedy ordinò un blocco navale e avviò negoziati con i sovietici: una settimana dopo raggiunse un accordo segreto con Krusciov, prevedendo il ritiro dei missili in cambio dell’ impegno degli Stati Uniti a non invadere Cuba e a ritirare le proprie testate dalla Turchia.
Sempre più osannato in patria e all’ estero, il 26 giugno 1963 visitò Berlino Ovest, ove tenne un discorso di critica contro la costruzione del celebre Muro, e che passò alla storia per una frase pronunciata in tedesco, «Ich bin ein Berliner», accolta dai berlinesi con una grande ovazione. La recente crisi dei missili cubani ebbe peraltro effetti positivi sulle trattative tra Stati Uniti e Unione Sovietica in tema di limitazione delle sperimentazioni nucleari: sia Kennedy che Krusciov, consapevoli di essersi trovati sull’ orlo di una guerra atomica, cercarono di diminuire le tensioni attraverso una fitta corrispondenza che portò all’ inizio ufficiale di negoziati con la Gran Bretagna, ai quali, il 5 agosto 1963, seguì firma del Partial Test Ban Treaty, un trattato che proibiva agli Stati aderenti qualsiasi esperimento nucleare nell’ atmosfera, nello spazio e sott’ acqua, lasciando possibili solo le sperimentazioni sotterranee: fu uno dei maggiori successi diplomatici dell’ amministrazione Kennedy.

Quanto alla questione della cittadinanza nera, che nella campagna elettorale aveva rivestito una grande importanza, il Presidente non fu purtroppo in grado di mantenere le sue promesse a causa delle tensioni e dei pregiudizi, fortemente radicati, e in alcune zone del Paese si verificarono veri e propri scontri razziali e gravi episodi di razzismo: i neri si ribellarono e diedero vita a grandi rivolte sotto la guida nonviolenta di Martin Luther King, che il 28 agosto 1963, alla testa di un imponente corteo di duecentocinquantamila cittadini, neri e bianchi indistintamente, marciò su Washington per sostenere l’ armonia razziale, rivendicando i diritti legislativi ed appoggiando le decisioni di Kennedy.
Quando la situazione parve risolversi, il Presidente decise di partire per un viaggio in Texas, volendo rappacificarsi con i capi del Partito Democratico locale, cercare i capitali per la successiva campagna presidenziale e ottenere consensi. Nonostante il parere contrario dei collaboratori e di molti esponenti del Partito, che parlarono di un grosso rischio che non doveva essere corso, il 22 novembre giunse a Dallas, dove fu accolto con applausi e grida di incitamento, ma anche da qualche fischio. Improvvisamente, mentre salutava la folla dalla sua auto scoperta, diversi colpi di fucile furono esplosi in direzione della vettura: il primo, a vuoto, fece voltare le persone a guardare indietro e ferì leggermente un passante al volto, il secondo ferì alle spalle Kennedy, che, sofferente, si portò le mani alla gola. Dopo alcuni istanti, mentre la macchina stava per accelerare, il terzo colpo, quello mortale, lo colpì alla testa, facendo volare via una parte della calotta cranica: morì poco dopo al Parkland Memorial Hospital nonostante i tentativi disperati dei medici di salvargli la vita. Per lungo tempo si è dibattuto se sia stato sparato un quarto colpo, senza arrivare a un risultato condiviso. La maggior parte dei testimoni riferì di avere udito tre spari soltanto.
Il sicario fu prontamente identificato in Lee Harvey Oswald, operaio, attivista ed ex militare ritenuto psicolabile, che negò prontamente ogni cosa sostenendo di essere semplicemente «un capro espiatorio», ma purtroppo non ebbe il tempo di dimostrarlo al processo: due giorni dopo, il 24 novembre, mentre veniva trasferito dalla centrale della polizia di Dallas alla prigione della contea, venne ucciso con uno sparo all’ addome da Jack Ruby, gestore di un locale notturno apparentemente affetto da turbe psichiche e grande estimatore del defunto Presidente. Secondo varie indiscrezioni aveva importanti collegamenti con gli ambienti mafiosi di Chicago. Indagato per cospirazione, quest’ uomo affermò di voler diventare un eroe vendicando Kennedy e risparmiando alla vedova Jacqueline di testimoniare al processo: venne condannato a morte dopo che il suo avvocato cercò di farlo passare per malato di mente, ma in un secondo momento fu condannato all’ ergastolo, trascorrendo in carcere gli ultimi tre anni della sua vita.

Per accertare quel che accadde veramente a Dallas venne istituita una commissione d’ inchiesta, la Commissione Warren, che tra il 1963 e il 1964 indagò e giunse alla conclusione che Kennedy fu colpito da un cecchino soltanto. Inizialmente questo esito incontrò un generale sostegno da parte del pubblico statunitense, ma i sondaggi successivi resero noto che dal 1966 sempre più gente si convinse del contrario, tanto che nel 1976 venne fondato un nuovo organo, la United States House Select Committee on Assassinations, che nel 1979 presentò i risultati del proprio lavoro: basandosi in parte su prove acustiche, la nuova commissione ipotizzò che vi fossero stati quattro spari, di cui tre ad opera di Oswald, compreso quello mortale, e uno di un altro cecchino.
Kennedy poco prima di essere assassinato;

Attualmente sono molte le ipotesi secondo cui Kennedy sarebbe stato assassinato nel contesto di un vasto complotto orchestrato da persone molto potenti animate da precisi moventi, e che addossarono la colpa a Oswald facendolo passare per un pazzo isolato: nel corso degli anni si è ammesso un possibile coinvolgimento di Lyndon Johnson, del Pentagono, della CIA, dell’ FBI, della NASA, del regime di Castro, dei cubani residenti negli Stati Uniti, della FRB, dei gruppi influenti del petrolio, di Cosa Nostra statunitense e persino del KGB. Oswald sarebbe stato peraltro legato allo spionaggio sovietico e cubano, avendo trascorso una parte della propria vita in Unione Sovietica e coltivato rapporti con il regime castrista. Sicuramente si recò in più occasioni a Città del Messico, e poche settimane prima dell’ omicidio di Dallas visitò l’ ambasciata cubana per ottenere un visto per L’ Avana. Ma per la Commissione Warren rimase categoricamente un mitomane che agì da solo.
Alla morte di Kennedy, il Vicepresidente Johnson gli succedette come Presidente, giurando il giorno stesso dell’ assassinio accanto alla vedova Jacqueline, indossante ancora il vestito insanguinato. Madeleine Brown, amante per oltre vent’ anni di Johnson, sostenne che la sera prima dell’ attentato a Dallas, dopo una cena a cui erano presenti Richard Nixon e J. Edgar Hoover, direttore dell’ FBI, il Vicepresidente le disse: «Dopodomani questi maledetti Kennedy non mi metteranno più in imbarazzo, e non è una minaccia: è una promessa.». Johnson e la sua cerchia avevano in mente una politica meno progressista di quella di Kennedy, e i vertici del Pentagono e delle forze armate, insieme agli esponenti dell’ industria bellica, peraltro ostili sia all’ idea del Presidente di negoziare con i sovietici la riduzione degli arsenali atomici, desideravano aumentare l’ impegno militare statunitense in Vietnam: fu proprio quel che accadde durante l’ amministrazione Johnson.
CIA ed FBI potrebbero aver assoldato Oswald per impedire a Kennedy di mettere da parte l’ agenzia di spionaggio per l’ incompetenza dimostrata durante il fallimento alla Baia dei Porci, e di rimuovere J. Edgar Hoover dalla direzione della polizia federale, non fidandosi di lui e del suo operato. La NASA, l’ Ente Nazionale per le attività Spaziali e Aeronautiche, era inquietata da un’ annotazione concisa e diretta che Kennedy indirizzò al direttore della CIA appena dieci giorni prima di morire, relativa al riesame delle classificazioni di tutti i documenti del reparto spionaggio UFO in tema di sicurezza nazionale, nella quale si evidenziava la volontà di divulgare la verità sugli oggetti volanti non identificati, prima ai funzionari del governo e in seguito a tutta la popolazione. Il riesame dei dati avrebbe coinvolto anche la NASA, al cui direttore Kennedy inviò un altro documento in cui spiegava come gli Stati Uniti dovessero impegnarsi ad attuare un programma di esplorazione spaziale congiunto con le autorità sovietiche, che avrebbe a sua volta allarmato notevolmente la CIA. Fidel Castro potrebbe aver voluto vendicarsi dei tentativi di assassinio da parte della CIA, mentre gli ambienti anticastristi della comunità cubana in esilio espressero più volte la delusione per il fallimento alla Baia dei Porci, parlando apertamente di tradimento.
I notabili della FRB, la banca centrale degli Stati Uniti, avversavano la Direttiva 11110, la linea di condotta emanata dal Presidente che, sostenendo l’ illegalità di alcune procedure finanziarie dell’ ente, attribuiva al governo la facoltà di stampare banconote senza dover rendere conto alla banca centrale stessa. I petrolieri texani, da parte loro, erano preoccupati per un progetto governativo atto ad aumentare le tasse sui loro introiti. Secondo altre fonti, i gruppi mafiosi di Chicago, Los Angeles, Miami e New Orleans si sentirono traditi: durante il Proibizionismo, il padre del Presidente, Joseph Patrick, nel pieno della sua attività imprenditoriale, si era associato a loro nel contrabbando milionario dei liquori, e in seguito queste cosche avevano dato a John un forte sostegno elettorale nei propri territori, sperando che il figlio del loro vecchio socio avrebbe chiuso un occhio sulle loro attività. Inizialmente incoraggiati dall’ ingaggio da parte della CIA nei piani per uccidere Fidel Castro, che però non andarono mai in porto, in seguito vennero invece combattuti molto duramente dal governo, soprattutto dal fratello Robert, che come Ministro della Giustizia varò una spietata campagna anticrimine. Tale teoria troverebbe riscontro nel fatto che Oswald fu assassinato in diretta televisiva da Ruby, faccendiere legato agli ambienti mafiosi di Chicago. Un altro buon motivo dei mafiosi sarebbe stato legato alla cessazione da parte di Kennedy delle ostilità contro Castro all’ indomani del fallimento dello sbarco alla Baia dei Porci: Cosa Nostra perse di fatto una delle sue principali roccaforti finanziarie prima dell’ avvento del socialismo. Il KGB, infine, potrebbe aver voluto rifarsi della stoccata subita con la conclusione della crisi dei missili cubani.
Peraltro, quel maledetto 22 novembre 1963, durante il corteo presidenziale, si verificarono alcune stranezze: per le strade vennero distribuiti centinaia di manifesti in cui si accusava Kennedy di aver tradito la costituzione, e perfino la stampa si mostrò ostile, riportando dettagliatamente il percorso dell’ auto. Il tragitto venne poi cambiato, ma le misure di sicurezza si rivelarono davvero scarse. Peraltro, alcuni collegano la morte di Kennedy a quella di Martin Luther King, in quanto James Earl Ray, futuro assassino del pastore protestante, era sulla collinetta erbosa lungo il corteo a Dallas. Fu anche notato un uomo con l’ ombrello, fatto strano in una giornata di sole: costui aprì l’ ombrello mentre passava l’ auto di Kennedy, come per mandare un segnale a uno o più sicari appostati in vari punti della piazza e sulla collina. Una volta identificato, questo individuo testimoniò e risultò innocente: aveva aperto l’ ombrello per protestare, secondo alcuni, contro Kennedy a causa della sua rinuncia all’ «ombrello nucleare» contro i sovietici, ma secondo altri anche per replicare al padre del Presidente, per le sue note simpatie per Hitler e la contrarietà all’ intervento bellico statunitense contro la Germania quando era ambasciatore a Londra.

Negli anni sono state spese moltissime parole su John Fitzgerald Kennedy, sulla sua vita e la sua morte. La sua figura riceve ancora oggi molta stima e apprezzamento. Nella storia di questo piccolo ma animato mondo si sono succeduti con una certa frequenza guerre e ingiustizie, abusi e soprusi ispirati dalla legge del più forte o in nome di personaggi sinistri quali Hitler, Stalin, Milosevic e Bin Laden, eppure non sono mai mancati coloro che hanno lottato con convinzione contro tanto oscurantismo. Kennedy era uno di questi eroi, e tentò con passione di rimediare ai difetti di questo mondo diviso, ma purtroppo, in tono con il destino riservato ai grandi uomini, non poté assistere al compimento dei suoi sforzi.

Chissà quale corso avrebbe avuto la storia se fosse vissuto abbastanza da guidare un secondo governo? Sicuramente la guerra in Vietnam sarebbe stata meno penosa, le tensioni razziali si sarebbero alleggerite pur non risolvendosi del tutto, il selvaggio capitalismo statunitense sarebbe stato disciplinato e le classi più povere sarebbero state avvantaggiate. Molto probabilmente questo grand’ uomo avrebbe vinto un Nobel. La brutalità del suo assassinio suggerisce con una certa chiarezza che i suoi propositi erano talmente illuminati da incutere una gran paura nel cuore di molta gente assai potente ma poco retta. Ecco perché il suo sacrificio deve essere sempre di lezione, perché il suo sogno deve continuare a vivere: un mondo unito e in pace, per il bene nostro e delle generazioni future.

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