Attraverso
il telefono, in una tiepida e soleggiata mattina di sabato di metà settembre,
la voce baritonale del professore irlandese Damhnaic Joyce, mio buon amico che
ormai da qualche anno viveva ad appena una decina di metri da casa mia,
giungeva acuta e gioiosa:
«Coma
va, Giacinto? Io sono tornato ieri sera dalla mia Dublino, e ho molta voglia di
incontrarti. Ti andrebbe di passare a trovarmi oggi alle diciassette?».
«Ma
certo.» acconsentì di buon grado «Sono certo che hai molte cose da
raccontarmi.».
«Bene,
benissimo.» rispose lui nel suo perfetto italiano «Peraltro, ti ho portato un
dono che senza dubbio apprezzerai moltissimo.».
Benché
Damhnaic fosse un erudito professore di religione prossimo ai quarant’ anni,
laureato con lode in filosofia con una tesi sulla storia del Cristianesimo,
famoso per aver insegnato nelle più prestigiose università europee, soprattutto
quella di Londra e Berna, presso le quali aveva ricevuto varie alte
onorificenze, e io un ragazzo di appena sedici anni, lievemente bizzarro, da
qualche anno tra noi era nata una bella amicizia che ci portava a incontrarci
molto spesso. Durante i pomeriggi che trascorrevamo insieme affrontavamo
discussioni molto interessanti, dalle quali traevo sempre un profondo
insegnamento. Ricordo di avere imparato più questioni culturali dialogando
allegramente con lui in una manciata di ore piuttosto che in molti anni di
scuola.
Alle
diciassette di quel pomeriggio, perfettamente puntuale, suonai al suo
campanello, installato sulla parte destra dell’ ingresso. Oltre il cancello, in
mezzo al prato perfettamente curato, si poteva ammirare la casa del mio amico,
raffinata e semplice al tempo stesso, costruita e arredata rigorosamente in
stile anglosassone. L’ abitazione si ispirava in ogni dettaglio alle antiche
residenze di campagna britanniche, mentre il caldo arredamento interno emanava
un grande senso di familiarità e accoglienza, facendo di ogni stanza un luogo
elegante. Ogni volta che visitavo il professore mi scappava un sorriso benigno,
poiché niente e nessuno avrebbe mai portato un irlandese o un britannico a
perdere le abitudini di casa propria.
Damhnaic,
un omone alto e atletico, rosso di capelli, mi accolse sulla porta di casa con
il consueto spirito allegro e cordiale. Ci salutammo con affetto, e mi fece
accomodare in salotto, dove in un attimo giunse con un vassoio su cui era
servito tè Prince of Wales, il nostro preferito, accompagnato da squisiti
dolcetti comprati in giornata dal vicino fornaio. Prese a raccontarmi delle tre
settimane trascorse in Irlanda con la famiglia e gli amici:
«Il
tempo scorre molto velocemente, quando si torna a casa propria. Ogni volta si
ha l’ impressione di non avere abbastanza tempo.».
Ad
un certo punto mi porse un pacchetto incartato, che mi invitò ad aprire: con
mia grande sorpresa vidi che si trattava della nuova edizione in inglese del
«Dracula» di Bram Stoker, grande autore irlandese tra i miei preferiti.
«Ti
sarà utile per perfezionare il tuo inglese.» sorrise il professore «Quello
vero, e non quel rifacimento pieno di licenze poetiche che si è imposto nelle
vostre scuole.».
Sorrisi,
colmo di gratitudine: a ragione, Damhnaic sosteneva che l’ inglese insegnato
nelle scuole europee non fosse puro e preciso come quello che si parlava in
Gran Bretagna e Irlanda. Dialogando con lui in questa lingua e leggendo i libri
che mi donava ogni volta che tornava da Dublino avevo fatto giganteschi passi
avanti. Credo che ne fosse personalmente fiero.
«Come
hai cominciato l’ anno scolastico?» mi domandò ad un tratto «Hai qualche nuovo
professore?».
Gli
risposi di aver iniziato positivamente l’ anno nuovo al liceo, ma giusto il
giorno prima era avvenuto uno spiacevole episodio che mi aveva turbato molto.
Il nuovo insegnante di religione, un anziano sacerdote appena nominato parroco
della nostra chiesa, durante la lezione aveva infatti espresso commenti
particolarmente severi contro gli omosessuali e i divorziati, peccatori che
conducevano una vita particolarmente immorale, pecorelle tremendamente
smarrite:
«Ha
detto che omosessualità, bisessualità e transessualità rappresentano una grave
deviazione dalla natura, poiché il sesso deve servire come mezzo per concepire
i figli, e che il matrimonio è un sacramento indissolubile. Nessuno può
permettersi di andare contro il volere di Dio, perché la sua parola è legge
suprema.».
Una
mia compagna di classe, lesbica e al tempo stesso di sentita educazione
cattolica, non aveva tollerato affatto l’ aspra critica mossa dal prete, ragion
per cui aveva abbandonando immediatamente la lezione. Finendo di sorseggiare il
tè e mangiando il suo ultimo dolcetto, il luminare scosse il capo con notevole
disappunto. Sapevo di avere di fronte un anticlericale particolarmente
convinto:
«La
Chiesa, purtroppo, non si smentisce mai. E’ sempre pronta a giudicare e
reprimere, a trovare il male in ogni cosa, e a dispetto delle sue gravissime e
millenarie colpe e menzogne, la gente continua a pendere fortemente dalle sue
labbra.».
Sotto
la Chiesa, disse, l’ Occidente aveva conosciuto una lunga epoca di inauditi
crimini contro l’ umanità. Molti Paesi, sparsi in Africa, America, Asia e
Oceania, avevano subito un lungo e sofferto genocidio culturale per opera dei
missionari, che avevano sparso e imposto il credo cristiano come una droga,
facilitando la conquista da parte degli imperialisti:
«Non
c’ era niente che quei popoli desiderassero dall’ Occidente, e così diedero
loro qualcosa da desiderare: la religione. Ciò che dovrebbe servire per il bene
delle persone finì per diventare un vero e proprio oppio dei popoli, secondo la
terminologia comunista. Ma, fortunatamente, oggi la gente comprende sempre di
più che la Chiesa ha accumulato più colpe di Adolf Hitler e del regime
nazista.».
Annuì,
replicando che purtroppo non se ne parla mai abbastanza. Non ho mai avuto un
animo polemico, ma ho sempre apprezzato sentire e dire la verità per quello che
è. Il mio amico rispose che tale atmosfera di omertà era dovuta alla sovranità
limitata a cui l’ Italia era soggetta, in quanto il principio della laicità
statale, chiaramente sancito nella nostra Costituzione, non veniva mai
veramente applicato. All’ interno di Roma, infatti, si erge il Vaticano, la
minuscola nazione teocratica a capo della più diffusa e gerarchizzata
organizzazione religiosa del mondo: il governo italiano ne subiva notevolmente
l’ influenza, e fin dalla nascita gli atei e i semplici indifferenti alle
questioni di fede erano obbligati a fare i conti con questa invadente realtà:
«Quando
è ora di giudicare gente come Adolf Hitler e Slobodan Milosevic siamo tutti
giustamente severi nei loro riguardi. Esperienze come la dittatura e la pulizia
etnica sono assai nefaste per la società. Ma la Chiesa, nei suoi venti secoli
di età, ha saputo calare una vera e propria cortina di ferro sui propri
intrighi, genocidi, atti di intolleranza, razzismo, torture e lavaggi del
cervello avvenuti in evidente opposizione con quanto consigliato da Gesù, fonte
primaria del suo insegnamento.».
Aggiunse
che il fanatismo con cui tutta questa brutalità era stata compiuta
rappresentava ciò che lo spaventava di più:
«Il
clero cristiano dice da secoli di operare in nome di Dio, e il celebre Dictatus
Papae di Papa Gregorio VII, tuttora in vigore dal 1075, afferma senza mezzi
termini che la Chiesa non ha mai sbagliato, né mai in futuro sbaglierà, come
testimoniato dalle Sacre Scritture.».
Damhnaic
raccontò che già all’ indomani della legalizzazione del culto cristiano,
avvenuta nel febbraio 313 con l’ editto di Milano, voluto da Costantino, la
Chiesa scatenò un inferno di inarrestabile violenza e intolleranza demolendo i
luoghi di culto pagani, uccidendo i relativi sacerdoti, perseguitando ed
eliminando un numero elevatissimo di fedeli. Antichi e importanti centri come
il santuario di Esculapio nell’ Egea e quello di Eliopoli, il tempio di Afrodite
a Golgota e quelli di Afaca nel Libano furono completamente distrutti.
Sacerdoti cristiani particolarmente impietosi come Marco di Aretusa o Cirillo
di Eliopoli furono celebrati come meritevoli «distruttori di templi», come
vennero chiaramente nominati, mentre nel 356 fu stabilita la pena di morte per
chi praticasse ancora i riti pagani. Nel VI secolo, infine, i pagani furono
dichiarati fuorilegge:
«Non
doveva esserci spazio che per la religione cristiana. L’ imperatore Teodosio,
ad esempio, giustiziò perfino dei bambini che avevano giocato con alcuni resti
di statue pagane demolite. Eppure, a detta di svariati storiografi cristiani,
quest’ uomo rispettava con grande cura ogni dettaglio della condotta
cristiana…».
Nemmeno
Carlo Magno fu esente da gravi colpe, compiute in nome di Dio. Nel 782, per
esempio, fece decapitare ben quattromilacinquecento sassoni colpevoli di non
volersi convertire al Cristianesimo:
«Pure
la mia Irlanda sopportò atrocità di questo genere. Nel XVI e XVII secolo, le
truppe inglesi raggiunsero le nostre coste con l’ intento di pacificarci e
civilizzarci. Ci ritenevano un branco di selvaggi gaelici, animali
irragionevoli senza alcuna idea di Dio o di buone maniere che addirittura si
dividevano la proprietà di donne e bambini, come avveniva per il bestiame.».
Sembrava
che stesse rievocando dolorosi episodi di vita. Uno dei più importanti
condottieri, un certo Humphrey Gilbert, fratellastro di Sir Walter Raleigh,
fece mozzare dai corpi le teste di tutti coloro che erano stati uccisi in quel
massacro, facendole spargere dappertutto lungo la strada:
«Tale
offerta di civilizzazione causò grande sofferenza. Pensa a quanti videro sparse
sul terreno le teste dei genitori, dei fratelli, dei bambini, dei parenti e
degli amici. Decine di migliaia di persone furono mietute e oltraggiate nella
morte per fini strettamente religiosi.».
Inutile
dire che tutti quei cupi avvenimenti avevano ricevuto la benedizione della
Chiesa. Scossi il capo, notevolmente turbato:
«Purtroppo,
da quando esiste un Dio non si è fatto altro che uccidere nel suo nome.».
Il
professore rispose che, disgraziatamente, in seguito era stato compiuto anche
dell’ altro. Affermò che nei secoli del Medioevo la Chiesa aveva influito
notevolmente sullo sviluppo culturale europeo, rallentandolo e addirittura
arrestandolo, quando possibile. Grandi geni della ricerca, primo tra tutti
Galileo Galilei, erano stati ingiustamente perseguitati, pubblicamente derisi,
condannati e indotti a sospendere ogni attività, sconfessando i risultati già
ottenuti e chiaramente dimostrati:
«Per
un migliaio di anni la scienza fu bollata come una maledizione e un’ eresia. La
fede, di fatto, non aveva bisogno di alcuna conferma da parte della scienza, e
noi oggi non abbiamo la minima idea dello straordinario sviluppo culturale,
scientifico e tecnologico di cui godremmo se questo vergognoso impedimento non
fosse accaduto.».
Sempre
nel Medioevo, epoca per vari aspetti tetra, la Chiesa era passata alla storia
per ignobili e ripetuti atti di terrorismo su vasta scala: con la costante
diffusione della paura del Demonio, la cui terribile influenza poteva
scatenarsi in ogni momento, il fedele non aveva altra scelta che affidare tutto
sé stesso allo stesso clero, mettendone diligentemente in pratica i precetti,
assicurandosi la salvezza e la beatitudine del Paradiso. In periodi penosi come
la Grande carestia del 1315-1317 e la Peste nera, avvenuta tra il 1347 e il
1353, l’ ordine ecclesiastico cominciò a trasmettere una religiosità fortemente
basata sulla mortificazione, la penitenza e la rinuncia. Tra la gente divenne
familiare la pratica di rituali cruenti come l’ autoflagellazione, in cui il
fedele colpiva più volte il proprio corpo con il flagello allo scopo di
rafforzare lo spirito e la vita interiore, e l’ impiego del cilicio, la celebre
veste intessuta di peli di capra, ruvida e scomoda da indossare sulla nuda
pelle con l’ intento di avvilire la carne, in un atto di penitenza. In alcuni
ordini religiosi, pratiche del genere divennero veri e propri strumenti di santificazione
e purificazione.
«Tuttavia,
con l’ Inquisizione, iniziata con il Concilio di Verona del 1184, presieduto da
papa Lucio III e dall’ imperatore Federico Barbarossa, si verificarono atti
della peggiore brutalità, come la caccia alle streghe.» brontolò il luminare
«Un vero e proprio attacco a volto scoperto contro il mondo femminile.».
Essendo
un convinto femminista, si fece molto severo su questo punto. In realtà, nel
periodo dell’ Inquisizione, l’ istituzione ecclesiastica fondata per indagare e
punire mediante un apposito tribunale i sostenitori di teorie considerate
contrarie all’ ortodossia cattolica, erano avvenuti numerosi atti di
persecuzione ideologica, tra cui l’ accanimento a danno degli scienziati, ma la
caccia alle streghe aveva effettivamente assunto un rilievo tutto particolare.
Disse che il clero si rivelò particolarmente duro contro le donne, che
passarono un brutto quarto d’ ora in un periodo compreso tra la fine del
Quattrocento e la prima metà del Seicento. Per circa due secoli la Chiesa fu
instancabile nella ricerca e nella persecuzione di donne sospettate di
intrattenere rapporti con il Demonio, da cui avrebbero tratto il potere di
compiere sortilegi e malefici capaci di danneggiare gli uomini, indebolendone
la forza vitale. Ritenute pericolose tanto dalle autorità religiose quanto da
quelle civili, le streghe venivano regolarmente punite con la morte:
«La
realtà storica delle streghe fu notevolmente complessa e sfaccettata. Le donne
venivano accusate di stregoneria semplicemente perché sorprese a praticare l’
antico sapere sciamanico, unito a usanze legate ai culti pagani della fertilità
risalenti al mondo antico e preistorico.».
Il
luminare ribadì che la Chiesa aveva sempre smentito con vigore le credenze
magiche, ma era una assolutamente sicura dell’ esistenza al mondo di streghe e
maghi, che bollava come agenti del Demonio. Nei secoli presentò peraltro
diversi documenti contro la superstizione, come il Canon episcopi, destinato ai
vescovi, e tredici bolle tuttora accettate dal Vaticano, in cui si accettava
ufficialmente la realtà della stregoneria. Nel corso delle due grandi ondate
della caccia alle streghe, la prima avvenuta tra il 1480 e il 1520 e l’ altra
dal 1560 al 1650, furono perseguitate donne legate prevalentemente alle classi
sociali inferiori, in larga parte vedove e prostitute, ma anche levatrici,
erboriste e guaritrici che si prodigavano con decotti e infusi a base di piante
per fronteggiare le malattie e alleviare i dolori delle partorienti. Spesso le
autorità estendevano le condanne anche ai figli, soprattutto quelli di sesso
femminile. Un’ infinità di persone innocenti, di ogni età e provenienza,
colpevoli soltanto di essere donne come Eva, colei che tentò Adamo provocandone
la caduta, divennero l’ oggetto di un’ ignobile ferocia. Tuttavia, alcuni
dettagli avevano portato gli storici a identificare pure una bassa presenza di
assassine e malviventi tra le condannate:
«Venivano
presentate denunce anonime, mosse da futili ragioni, a cui seguivano torture strazianti
atte a indurre le donne a confessare le proprie colpe e gli eventuali complici.
Poiché in quel periodo erano in vigore leggi sulla confisca dei beni, nella
maggior parte dei casi si induceva le prigioniere a fare il nome di persone
ricche e potenti, divenute sgradite al sistema. A quel punto le streghe venivano
date al rogo purificatore.».
In
quel tempo, problemi quali malattie, morte, povertà e carestie erano in
continuo aumento, e non riuscendo più a dare risposte esatte sulle cause e i
rimedi il clero trovò nel mito delle streghe un ideale capro espiatorio. Il
clima generale di tutta questa insensata ecatombe si ispirava a un versetto del
Vangelo di Giovanni, in cui si afferma che chi non rimane in Gesù deve essere
gettato via come un tralcio, per poi essere raccolto e bruciato. Damhnaic
aggiunse che la condanna a morte attraverso il rogo non spettava propriamente
alla Chiesa, ma alle autorità civili, opportunamente soggette alla sua
influenza spirituale.
«Quante
donne sono morte nella caccia alle streghe?» domandai.
Il
professore scosse il capo, dicendo che il numero delle vittime era tuttora
largamente dibattuto, anche a causa della perdita nel corso dei secoli di un
gran numero di documenti processuali. Temendo che gli immensi archivi inquisitoriali
cadessero nelle mani dei suoi molti nemici, infatti, la Chiesa diede alle fiamme
quasi ogni testimonianza:
«Le
cifre che gli esperti hanno ipotizzato rappresentano ordini di grandezza, e
indicano circa centodiecimila processi in tutta Europa. Le esecuzioni sarebbero
state pari al cinquantacinque percento dei processi, per un totale di circa
sessantamila persone. Otto accusati su dieci erano di sesso femminile.».
Aggiunse
che in realtà l’ ostilità contro le donne era cominciata molto tempo prima, con
gli attacchi contro un celebre personaggio dei Vangeli quale Maria Maddalena:
«Si
dice che quando Gesù la incontrò fosse posseduta dal demonio, e che lui la
salvò. Colma di riconoscenza divenne una dei suoi seguaci più stretti, e lo
aiutò anche economicamente. Con il tempo i due divennero molto vicini anche
personalmente. Determinati passi dei Vangeli ci fanno intuire chiaramente la
sua importanza, raccontando ad esempio che fu lei a vedere per prima Gesù
risorto dalla morte. Tuttavia, in quanto donna che viveva tra gli uomini si
attirò molte maldicenze, e venne considerata persona promiscua. La sua cattiva
fama nella Storia nacque semplicemente così. Il racconto evangelico la
introduce subito dopo l’ incontro di Gesù con una prostituta a cui lui concesse
l’ assoluzione dalle sue trasgressioni. Lei e la Maddalena erano chiaramente
due donne diverse, ma cinque secoli dopo la loro morte le cose sarebbero
nettamente mutate.».
Nel
sermone pasquale dell’ anno 591, infatti, papa Gregorio Magno dichiarò che l’ anonima
prostituta e Maria di Magdala erano la stessa persona, sebbene non vi fosse
alcun legame tra loro:
«Il
Vaticano rigettò questa dichiarazione soltanto nel 1969, dopo un millennio e
tre secoli di immotivato discredito. Che vergogna!».
Al
termine di questo resoconto parziale, ma assai inquietante, sulla storia della
Chiesa, il luminare rifletté:
«Come
tu hai giustamente notato prima, in nome di Dio e Gesù sono state compiute le
peggiori nefandezze della storia. Ma l’ aspetto più triste è che alla base di
tutto questo fanatismo sta solamente un vile inganno: la più grande storia mai
raccontata è stata opportunamente riscritta in una serie di giochi di potere,
semplici ma orrendi, che hanno innalzato alle vette della grandezza gente avida
e crudele. In altre parole, quasi nulla di quanto sappiamo oggi sulla vita di
Gesù e l’ origine del Cristianesimo è vero. Per quanto mi riguarda, la Chiesa
ha compiuto la più grande opera di disinformazione della storia.».
Tali
parole, e soprattutto il loro tono così convinto e consapevole, mi colpirono
molto. A dire il vero avevo sentito affermare questo concetto molte volte, e
dalle persone più diverse, ma se affrontato dal celebre professor Joyce, che si
esprimeva solo se supportato da elementi chiari e innegabili, assumeva un
significato particolarmente veritiero.
«Che
cosa vuoi dire?» domandai incuriosito.
Il
mio amico asserì che la figura di Gesù aveva sempre suscitato una certa
curiosità da parte degli storici, i quali tentavano di ricostruire la sua
figura secondo i moderni metodi scientifici attraverso l’ analisi deduttiva di
prove e testi antichi e il confronto con il contesto storico e culturale del
suo tempo. L’ avvio della moderna ricerca risaliva alla fine del XVIII secolo,
con la pubblicazione degli studi del filosofo e scrittore tedesco illuminista
Hermann Samuel Reimarus, noto deista. Lo scopo era di ricostruire con più
esattezza la sua vita e il suo insegnamento, prendendo in considerazione indizi
e fatti concreti piuttosto che le più evanescenti considerazioni di fede, per
quanto rispettabili, ma la Chiesa aveva sempre scoraggiato tali tentativi, per
ovvie ragioni di potere:
«Il
clero sostiene fin dai suoi albori di aver ricevuto l’ insegnamento
direttamente da Gesù, ragion per cui l’ istituzione della Chiesa si è
facilmente imposta come l’ unico soggetto capace di guidare il fedele
direttamente al Signore. E chi mai avrebbe rinunciato volontariamente a questo
importantissimo monopolio spirituale? Ben pochi.».
Sostenne
inoltre che, a dispetto delle molteplici difficoltà legate al molto tempo
trascorso dalla vita e morte di Gesù, ossia venti secoli sotto l’ egemonia
della Chiesa, gli storici avevano saputo tracciare un primo quadro sulla sua
esistenza e il suo messaggio:
«Negli
anni del suo insegnamento, il Nazareno assunse il ruolo di maestro, o rabbino,
e la gente lo rispettò come profeta. Tuttavia non disse mai di essere figlio di
una vergine, nato da un’ immacolata concezione, o di dover morire per
riscattare il genere umano dal Peccato originale. Tanto meno che sarebbe
risorto dopo tre giorni o di voler fondare una Chiesa.».
Dal
giorno della sua morte fino ai giorni nostri, su Gesù erano proliferati i più
diversi miti e leggende, spesso e volentieri ripresi dalle religioni pagane ed
esoteriche dell’ antichità, tuttavia il profilo autentico che stava lentamente
ma inesorabilmente riemergendo dalle sabbie del tempo corrispondeva a quello di
un ebreo che viveva perfettamente in tono con la Torah, la Legge che Dio aveva
dato a Mosè sul monte Sinai centinaia di anni prima della sua nascita. Si
trattava di un giovane uomo che amava la propria gente, di cui rispettava le
antichissime tradizioni benché fosse assai critico verso tutti quegli aspetti
che ormai si presentavano come sorpassati e marginali. Egli sognava di
modernizzare e rendere più semplice e diretta la fede dei suoi padri, affinché
fosse accessibile a tutti, soprattutto i più umili, e di incentrarla sul
perdono e sul riscatto degli emarginati:
«Gesù
fu una persona assai sfaccettata e solitaria, anche agli occhi dei suoi
discepoli più intimi, e rimase legato ai propri ideali fino alla morte dolorosa
su di una croce romana.».
Gli
esperti non avevano dubbi sulla sua esistenza: egli era effettivamente vissuto
in Israele un periodo approssimativamente compreso tra gli ultimi anni del
principato di Cesare Augusto e di quello di Tiberio, era stato un uomo saggio e
illuminato, un maestro capace di attirare vaste folle, e morì per crocifissione
sotto Ponzio Pilato, con l’ accusa di lesa maestà:
«Ma
era un normalissimo essere umano, come tutti noi. La sua grandezza stava nella
notevole intelligenza e nella saggezza spirituale. E il suo insegnamento,
basato sull’ amore per il prossimo e la fede verso Dio, era naturalmente
rivolto ai soli ebrei, che da secoli attendevano un segno dal loro Signore.».
«Non
disse ai discepoli di andare in tutto il mondo a insegnare quanto avevano visto
e ascoltato?» domandai.
Damhnaic
scosse il capo:
«Gesù
era ebreo, e come tale parlava al suo popolo. La celebre frase che tu hai
appena citato risulta un’ aggiunta successiva, fissata nelle Sacre Scritture
dagli autori cristiani quando ormai il Cristianesimo aveva già oltrepassato i
confini di Israele, sua terra d’ origine.».
Il
ritratto di un Gesù divino, attualmente così familiare, sostenne, ci giungeva
dai quattro Vangeli, che ispirarono i concetti e lo stile del Nuovo Testamento.
Essi, però, furono composti a settant’ anni dalla Crocifissione, cosa che
indusse gli storici a soppesare con grande attenzione la loro credibilità
storica poiché, analogamente ad altri documenti umani, nella loro esistenza
conobbero ovviamente una lunga fase di trascrizioni, interpretazioni e
aggiunte. Peraltro, molti studiosi si ritenevano ormai quasi del tutto certi
che gli autori non fossero realmente Marco, Matteo, Luca e Giovanni, ma seguaci
delle scuole di pensiero sorte attorno ad essi. Si raccontava persino che San
Pietro, San Giovanni e Giacomo, uno dei quattro fratelli di Gesù, ebbero un’
aspra disputa con San Paolo, giungendo a una rottura da cui sarebbero sorti
numerosi Vangeli che però furono subito esclusi dalla teologia. Nel corso dei
secoli numerosi di questi scritti andarono persi, finendo con l’ essere
soltanto nominati in opere successive, ma alcuni vennero fortunatamente riscoperti
nel corso di ritrovamenti archeologici avvenuti tra il XIX secolo e i giorni
nostri. La Chiesa ne riconobbe solamente quattro, che vennero chiamati
Canonici, mentre quelli rigettati in quanto ritenuti portatori di tradizioni
misteriose o esoteriche furono detti Apocrifi, ossia «nascosti», «riservati a
pochi».
Il
Cristianesimo, così come Gesù l’ aveva insegnato originariamente, era
semplicemente una scuola di pensiero dell’ Ebraismo, inizialmente seguita da
una minoranza di ebrei. Risultava una via di fuga dal rigido insegnamento
tradizionale, così come tempo addietro era avvenuto in India con il Buddhismo e
il Giainismo nei confronti dell’ originaria filosofia induista:
«Dopo
la morte di Gesù di Nazareth emerse con prepotente rilievo la figura di Saul di
Tarso, che passò alla storia come San Paolo, l’ Apostolo delle Genti, l’ unico
tra i seguaci a non averlo mai visto di persona. Egli fu il primo a insegnare
il Cristianesimo ai non ebrei, viaggiando soprattutto nelle province romane di
lingua e cultura greca, dove ebbe un grandissimo seguito, fino al giorno in cui
fu arrestato e portato a Roma, dove fondò insieme a San Pietro la comunità
cristiana locale, destinata in futuro a divenire la principale.».
Proprio
perché i suoi discepoli non erano ebrei, San Paolo dovette staccare il
Cristianesimo dall’ Ebraismo, e formulare una nuova teologia che ancora oggi
risultava alla base della formazione dei sacerdoti. La sua influenza storica fu
enorme, poiché mentre i Vangeli si occupavano in larga parte di narrare le
parole e le opere di Gesù, le sue Lettere tracciavano la natura salvifica della
sua incarnazione, passione, morte e ritorno alla vita. A detta di molti, fu il
vero fondatore del Cristianesimo:
«Demonizzò
per primo il sesso, parte naturale della nostra vita, accusandolo di ancorarci
all’ esistenza terrena allontanandoci da Dio, idea che poi sarebbe stata
ripresa con più forza da Sant’ Agostino. Anche solo mostrare il proprio corpo
divenne un vergognoso peccato. Fece altrettanto con gli omosessuali, a cui negò
il Regno di Dio nella Prima Lettera ai Corinzi, mentre in quella ai Romani li
inserì in un elenco di peccatori meritevoli di morte.».
Come
se non bastasse, contribuì a relegare nuovamente la donna a un ruolo di scarsa
importanza, mentre Gesù, com’ era risaputo, la teneva in grande considerazione:
«Secondo
le pagine dei Vangeli, non fu forse la Maddalena a incontrarlo risorto di
fronte al sepolcro, mentre gli apostoli ritenevano che qualcuno avesse vilmente
trafugato la tomba?».
Per
quanto interessante fosse tutta questa narrazione, non potei fare a meno di
porgere una domanda che, nella mia mente, si era fatta particolarmente
pressante:
«Perché
noi oggi veneriamo Gesù come essere divino? Chi impose veramente la sua
divinità?».
Il
professore affermò che la divinità di Gesù era dichiarata già nei primi testi
cristiani, probabilmente su ispirazione diretta degli apostoli e di San Paolo.
Tuttavia, nei primi tre secoli dopo la sua morte esistevano molte correnti
cristiane che ritenevano il Nazareno un profeta mortale. L’ idea di un Gesù
divino e non più semplice uomo fu successivamente ripresa dall’ imperatore
Costantino, che se ne servì come base per stabilire la consustanzialità tra lui
e Dio:
«Hai
mai sentito parlare del Concilio di Nicea?».
Scossi
il capo, e il luminare chiese di rimando che cosa sapessi su Costantino.
Risposi che era passato alla storia per aver riunito l’ Impero sotto la sua
autorità e, in seguito, per aver fondato Costantinopoli. Aggiunsi che aveva
legalizzato il culto cristiano, che nei secoli precedenti era stato
notoriamente proibito e perseguitato. Damhnaic annuì:
«L’
epoca e l’ intervento di Costantino rappresentarono una tappa fondamentale
nella storia e nell’ evoluzione del Cristianesimo, quindi della Chiesa, poiché
questo imperatore ne fece un notevole strumento di potere. Tale operazione fu
successivamente completata da Teodosio, al termine del IV secolo, quando l’
insegnamento di Cristo divenne religione di Stato.».
Quella
parte della storia mi era più nota, come dissi, visto che si studiava
regolarmente a scuola.
«Ma
i libri di storia scolastici sono esasperatamente sintetici circa il vero
intento di Costantino.» sentenziò il mio amico «Dopo tutto, subiscono l’
influenza dei rapporti tra Stato italiano e Santa Sede sanciti con i Patti
Lateranensi del 1929.».
Con
parole chiare e semplici, disse che a partire dal 324, quando era uscito
vittorioso da una violenta guerra civile, Costantino restaurò il classico
sistema dell’ unico imperatore, venuto a mancare con quello della Tetrarchia
imposta da Diocleziano, in cui il potere imperiale era stato suddiviso tra due
Augusti e due Cesari, sparsi tra Occidente e Oriente. Ma l’ unità politica,
purtroppo, non bastava ancora a garantire pace e stabilità:
«Per
tradizione, l’ imperatore romano era anche pontefice massimo, ossia la massima
autorità di tutte le religioni ammesse nell’ Impero. Nel 324 il Cristianesimo
rappresentava già una corrente potente, perfettamente inserita nelle sfere più
alte dell’ aristocrazia e della politica, sebbene fosse ancora una religione
frammentaria.».
Spiegò
che ogni città aveva ormai una comunità cristiana, con un suo vescovo, ma
ciascuna aveva una propria filosofia, con un relativo insieme di Scritture e
dogmi. Dopo l’ editto di Milano del 313, Costantino convocò nel 325 il Concilio
di Nicea, allo scopo di fare del Cristianesimo una religione unica. Insieme ai
vescovi, discusse e votò in tema di Scritture, sacramenti, festività, e,
soprattutto, valutò con grande cura la divinità di Gesù: sostenne con autorità
la dottrina della consustanzialità del Padre e del Figlio, e diede impulso a
quella legata all’ incarnazione, morte e resurrezione di Cristo, oltre che a
quella della nascita virginale di Gesù, già affermata nel Vangelo di Matteo:
«Da
quel preciso momento Gesù passò alla storia come entità divina. Chiunque ancora
lo considerasse umano sarebbe stato accusato di eresia.».
«Perché
Costantino fece prevalere a tutti i costi la corrente che voleva Gesù divino?»
domandai incuriosito.
«Per
diventare il rappresentante di Dio sulla Terra.» fu la risposta decisa «Voleva
che il potere imperiale fosse sacro e inviolabile, in quanto concesso
direttamente da Dio. Con un Gesù generato direttamente dal Signore, in grado di
tutti quei miracoli di cui abbiamo tanto sentito parlare, Costantino fu il
primo dei sovrani europei la cui autorità derivava da un diritto divino. Tale
concetto perdurò lungo tutto il Medioevo, gettando le basi dell’ Assolutismo.».
Damhnaic
spiegò che il «Credo», tuttora recitato a messa la domenica, si basava sui concetti
avvalorati da Costantino:
«‘Generato
e non creato della stessa sostanza del Padre.’. Geniale, non trovi?».
Il
risultato di quella celebre assemblea ecumenica fu dunque il Cristianesimo
nella forma attuale:
«Sappiamo
che Gesù ebbe quattro fratelli e varie sorelle, e che quasi sicuramente era
sposato con figli, poiché tra gli ebrei del tempo il celibato era largamente
disapprovato, analogamente a un matrimonio senza o con pochi figli. L’ ipotesi
della Linea di sangue di Gesù, la sua figliolanza, fu già considerata
addirittura nel XIII secolo. Ma nulla di ciò sopravvisse, poiché oggi, ovunque
voltiamo lo sguardo, vediamo un essere mistico ascetico, distaccato, un figlio
unico che riconobbe come fratelli, sorelle e madre soltanto chi compisse la
volontà di Dio.».
A
quel punto non potei fare a meno di chiedergli se credesse in Dio. Il
professore scosse vigorosamente la testa, sostenendo che ogni divinità nominata
dagli uomini era semplicemente una loro stessa invenzione, atta a dare risposta
alle grandi domande sull’ esistenza, la vita e la morte:
«Sono
tuttavia convinto che esista un qualche ordine universale che regoli tutto
quanto. Nulla avviene mai per caso. Ma noi comuni mortali, attualmente, siamo
troppo limitati per comprendere appieno questo meccanismo. Ma un giorno,
forse…».
Aggiunse
di avere una grande ammirazione per Gesù, ma di ritenere fondamentale
presentarlo per come era stato effettivamente in vita: un uomo, un grande
saggio che sapeva ridere e scherzare con i discepoli e i bambini, che amava la
vita e le sue gioie. Bastava mantenere una mente aperta per costatare che Gesù
era stato un uomo straordinariamente positivo, indipendentemente dagli eventi
miracolosi con cui la sua vita fu successivamente abbellita:
«Per
me essere cristiano significa esattamente questo: vivere la vita con amore e
positività, facendo del bene agli altri, oltre che a noi stessi. Proprio come
diceva Gesù.».
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