venerdì 13 ottobre 2017

In nomine Domini


Attraverso il telefono, in una tiepida e soleggiata mattina di sabato di metà settembre, la voce baritonale del professore irlandese Damhnaic Joyce, mio buon amico che ormai da qualche anno viveva ad appena una decina di metri da casa mia, giungeva acuta e gioiosa:
«Coma va, Giacinto? Io sono tornato ieri sera dalla mia Dublino, e ho molta voglia di incontrarti. Ti andrebbe di passare a trovarmi oggi alle diciassette?».
«Ma certo.» acconsentì di buon grado «Sono certo che hai molte cose da raccontarmi.».
«Bene, benissimo.» rispose lui nel suo perfetto italiano «Peraltro, ti ho portato un dono che senza dubbio apprezzerai moltissimo.».
Benché Damhnaic fosse un erudito professore di religione prossimo ai quarant’ anni, laureato con lode in filosofia con una tesi sulla storia del Cristianesimo, famoso per aver insegnato nelle più prestigiose università europee, soprattutto quella di Londra e Berna, presso le quali aveva ricevuto varie alte onorificenze, e io un ragazzo di appena sedici anni, lievemente bizzarro, da qualche anno tra noi era nata una bella amicizia che ci portava a incontrarci molto spesso. Durante i pomeriggi che trascorrevamo insieme affrontavamo discussioni molto interessanti, dalle quali traevo sempre un profondo insegnamento. Ricordo di avere imparato più questioni culturali dialogando allegramente con lui in una manciata di ore piuttosto che in molti anni di scuola.
Alle diciassette di quel pomeriggio, perfettamente puntuale, suonai al suo campanello, installato sulla parte destra dell’ ingresso. Oltre il cancello, in mezzo al prato perfettamente curato, si poteva ammirare la casa del mio amico, raffinata e semplice al tempo stesso, costruita e arredata rigorosamente in stile anglosassone. L’ abitazione si ispirava in ogni dettaglio alle antiche residenze di campagna britanniche, mentre il caldo arredamento interno emanava un grande senso di familiarità e accoglienza, facendo di ogni stanza un luogo elegante. Ogni volta che visitavo il professore mi scappava un sorriso benigno, poiché niente e nessuno avrebbe mai portato un irlandese o un britannico a perdere le abitudini di casa propria.
Damhnaic, un omone alto e atletico, rosso di capelli, mi accolse sulla porta di casa con il consueto spirito allegro e cordiale. Ci salutammo con affetto, e mi fece accomodare in salotto, dove in un attimo giunse con un vassoio su cui era servito tè Prince of Wales, il nostro preferito, accompagnato da squisiti dolcetti comprati in giornata dal vicino fornaio. Prese a raccontarmi delle tre settimane trascorse in Irlanda con la famiglia e gli amici:
«Il tempo scorre molto velocemente, quando si torna a casa propria. Ogni volta si ha l’ impressione di non avere abbastanza tempo.».

Ad un certo punto mi porse un pacchetto incartato, che mi invitò ad aprire: con mia grande sorpresa vidi che si trattava della nuova edizione in inglese del «Dracula» di Bram Stoker, grande autore irlandese tra i miei preferiti.
«Ti sarà utile per perfezionare il tuo inglese.» sorrise il professore «Quello vero, e non quel rifacimento pieno di licenze poetiche che si è imposto nelle vostre scuole.».
Sorrisi, colmo di gratitudine: a ragione, Damhnaic sosteneva che l’ inglese insegnato nelle scuole europee non fosse puro e preciso come quello che si parlava in Gran Bretagna e Irlanda. Dialogando con lui in questa lingua e leggendo i libri che mi donava ogni volta che tornava da Dublino avevo fatto giganteschi passi avanti. Credo che ne fosse personalmente fiero.
«Come hai cominciato l’ anno scolastico?» mi domandò ad un tratto «Hai qualche nuovo professore?».
Gli risposi di aver iniziato positivamente l’ anno nuovo al liceo, ma giusto il giorno prima era avvenuto uno spiacevole episodio che mi aveva turbato molto. Il nuovo insegnante di religione, un anziano sacerdote appena nominato parroco della nostra chiesa, durante la lezione aveva infatti espresso commenti particolarmente severi contro gli omosessuali e i divorziati, peccatori che conducevano una vita particolarmente immorale, pecorelle tremendamente smarrite:
«Ha detto che omosessualità, bisessualità e transessualità rappresentano una grave deviazione dalla natura, poiché il sesso deve servire come mezzo per concepire i figli, e che il matrimonio è un sacramento indissolubile. Nessuno può permettersi di andare contro il volere di Dio, perché la sua parola è legge suprema.».
Una mia compagna di classe, lesbica e al tempo stesso di sentita educazione cattolica, non aveva tollerato affatto l’ aspra critica mossa dal prete, ragion per cui aveva abbandonando immediatamente la lezione. Finendo di sorseggiare il tè e mangiando il suo ultimo dolcetto, il luminare scosse il capo con notevole disappunto. Sapevo di avere di fronte un anticlericale particolarmente convinto:
«La Chiesa, purtroppo, non si smentisce mai. E’ sempre pronta a giudicare e reprimere, a trovare il male in ogni cosa, e a dispetto delle sue gravissime e millenarie colpe e menzogne, la gente continua a pendere fortemente dalle sue labbra.».
Sotto la Chiesa, disse, l’ Occidente aveva conosciuto una lunga epoca di inauditi crimini contro l’ umanità. Molti Paesi, sparsi in Africa, America, Asia e Oceania, avevano subito un lungo e sofferto genocidio culturale per opera dei missionari, che avevano sparso e imposto il credo cristiano come una droga, facilitando la conquista da parte degli imperialisti:

«Non c’ era niente che quei popoli desiderassero dall’ Occidente, e così diedero loro qualcosa da desiderare: la religione. Ciò che dovrebbe servire per il bene delle persone finì per diventare un vero e proprio oppio dei popoli, secondo la terminologia comunista. Ma, fortunatamente, oggi la gente comprende sempre di più che la Chiesa ha accumulato più colpe di Adolf Hitler e del regime nazista.».
Annuì, replicando che purtroppo non se ne parla mai abbastanza. Non ho mai avuto un animo polemico, ma ho sempre apprezzato sentire e dire la verità per quello che è. Il mio amico rispose che tale atmosfera di omertà era dovuta alla sovranità limitata a cui l’ Italia era soggetta, in quanto il principio della laicità statale, chiaramente sancito nella nostra Costituzione, non veniva mai veramente applicato. All’ interno di Roma, infatti, si erge il Vaticano, la minuscola nazione teocratica a capo della più diffusa e gerarchizzata organizzazione religiosa del mondo: il governo italiano ne subiva notevolmente l’ influenza, e fin dalla nascita gli atei e i semplici indifferenti alle questioni di fede erano obbligati a fare i conti con questa invadente realtà:
«Quando è ora di giudicare gente come Adolf Hitler e Slobodan Milosevic siamo tutti giustamente severi nei loro riguardi. Esperienze come la dittatura e la pulizia etnica sono assai nefaste per la società. Ma la Chiesa, nei suoi venti secoli di età, ha saputo calare una vera e propria cortina di ferro sui propri intrighi, genocidi, atti di intolleranza, razzismo, torture e lavaggi del cervello avvenuti in evidente opposizione con quanto consigliato da Gesù, fonte primaria del suo insegnamento.».
Aggiunse che il fanatismo con cui tutta questa brutalità era stata compiuta rappresentava ciò che lo spaventava di più:
«Il clero cristiano dice da secoli di operare in nome di Dio, e il celebre Dictatus Papae di Papa Gregorio VII, tuttora in vigore dal 1075, afferma senza mezzi termini che la Chiesa non ha mai sbagliato, né mai in futuro sbaglierà, come testimoniato dalle Sacre Scritture.».
Damhnaic raccontò che già all’ indomani della legalizzazione del culto cristiano, avvenuta nel febbraio 313 con l’ editto di Milano, voluto da Costantino, la Chiesa scatenò un inferno di inarrestabile violenza e intolleranza demolendo i luoghi di culto pagani, uccidendo i relativi sacerdoti, perseguitando ed eliminando un numero elevatissimo di fedeli. Antichi e importanti centri come il santuario di Esculapio nell’ Egea e quello di Eliopoli, il tempio di Afrodite a Golgota e quelli di Afaca nel Libano furono completamente distrutti. Sacerdoti cristiani particolarmente impietosi come Marco di Aretusa o Cirillo di Eliopoli furono celebrati come meritevoli «distruttori di templi», come vennero chiaramente nominati, mentre nel 356 fu stabilita la pena di morte per chi praticasse ancora i riti pagani. Nel VI secolo, infine, i pagani furono dichiarati fuorilegge:

«Non doveva esserci spazio che per la religione cristiana. L’ imperatore Teodosio, ad esempio, giustiziò perfino dei bambini che avevano giocato con alcuni resti di statue pagane demolite. Eppure, a detta di svariati storiografi cristiani, quest’ uomo rispettava con grande cura ogni dettaglio della condotta cristiana…».
Nemmeno Carlo Magno fu esente da gravi colpe, compiute in nome di Dio. Nel 782, per esempio, fece decapitare ben quattromilacinquecento sassoni colpevoli di non volersi convertire al Cristianesimo:
«Pure la mia Irlanda sopportò atrocità di questo genere. Nel XVI e XVII secolo, le truppe inglesi raggiunsero le nostre coste con l’ intento di pacificarci e civilizzarci. Ci ritenevano un branco di selvaggi gaelici, animali irragionevoli senza alcuna idea di Dio o di buone maniere che addirittura si dividevano la proprietà di donne e bambini, come avveniva per il bestiame.».
Sembrava che stesse rievocando dolorosi episodi di vita. Uno dei più importanti condottieri, un certo Humphrey Gilbert, fratellastro di Sir Walter Raleigh, fece mozzare dai corpi le teste di tutti coloro che erano stati uccisi in quel massacro, facendole spargere dappertutto lungo la strada:
«Tale offerta di civilizzazione causò grande sofferenza. Pensa a quanti videro sparse sul terreno le teste dei genitori, dei fratelli, dei bambini, dei parenti e degli amici. Decine di migliaia di persone furono mietute e oltraggiate nella morte per fini strettamente religiosi.».
Inutile dire che tutti quei cupi avvenimenti avevano ricevuto la benedizione della Chiesa. Scossi il capo, notevolmente turbato:
«Purtroppo, da quando esiste un Dio non si è fatto altro che uccidere nel suo nome.».
Il professore rispose che, disgraziatamente, in seguito era stato compiuto anche dell’ altro. Affermò che nei secoli del Medioevo la Chiesa aveva influito notevolmente sullo sviluppo culturale europeo, rallentandolo e addirittura arrestandolo, quando possibile. Grandi geni della ricerca, primo tra tutti Galileo Galilei, erano stati ingiustamente perseguitati, pubblicamente derisi, condannati e indotti a sospendere ogni attività, sconfessando i risultati già ottenuti e chiaramente dimostrati:
«Per un migliaio di anni la scienza fu bollata come una maledizione e un’ eresia. La fede, di fatto, non aveva bisogno di alcuna conferma da parte della scienza, e noi oggi non abbiamo la minima idea dello straordinario sviluppo culturale, scientifico e tecnologico di cui godremmo se questo vergognoso impedimento non fosse accaduto.».
Sempre nel Medioevo, epoca per vari aspetti tetra, la Chiesa era passata alla storia per ignobili e ripetuti atti di terrorismo su vasta scala: con la costante diffusione della paura del Demonio, la cui terribile influenza poteva scatenarsi in ogni momento, il fedele non aveva altra scelta che affidare tutto sé stesso allo stesso clero, mettendone diligentemente in pratica i precetti, assicurandosi la salvezza e la beatitudine del Paradiso. In periodi penosi come la Grande carestia del 1315-1317 e la Peste nera, avvenuta tra il 1347 e il 1353, l’ ordine ecclesiastico cominciò a trasmettere una religiosità fortemente basata sulla mortificazione, la penitenza e la rinuncia. Tra la gente divenne familiare la pratica di rituali cruenti come l’ autoflagellazione, in cui il fedele colpiva più volte il proprio corpo con il flagello allo scopo di rafforzare lo spirito e la vita interiore, e l’ impiego del cilicio, la celebre veste intessuta di peli di capra, ruvida e scomoda da indossare sulla nuda pelle con l’ intento di avvilire la carne, in un atto di penitenza. In alcuni ordini religiosi, pratiche del genere divennero veri e propri strumenti di santificazione e purificazione.
«Tuttavia, con l’ Inquisizione, iniziata con il Concilio di Verona del 1184, presieduto da papa Lucio III e dall’ imperatore Federico Barbarossa, si verificarono atti della peggiore brutalità, come la caccia alle streghe.» brontolò il luminare «Un vero e proprio attacco a volto scoperto contro il mondo femminile.».
Essendo un convinto femminista, si fece molto severo su questo punto. In realtà, nel periodo dell’ Inquisizione, l’ istituzione ecclesiastica fondata per indagare e punire mediante un apposito tribunale i sostenitori di teorie considerate contrarie all’ ortodossia cattolica, erano avvenuti numerosi atti di persecuzione ideologica, tra cui l’ accanimento a danno degli scienziati, ma la caccia alle streghe aveva effettivamente assunto un rilievo tutto particolare. Disse che il clero si rivelò particolarmente duro contro le donne, che passarono un brutto quarto d’ ora in un periodo compreso tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Seicento. Per circa due secoli la Chiesa fu instancabile nella ricerca e nella persecuzione di donne sospettate di intrattenere rapporti con il Demonio, da cui avrebbero tratto il potere di compiere sortilegi e malefici capaci di danneggiare gli uomini, indebolendone la forza vitale. Ritenute pericolose tanto dalle autorità religiose quanto da quelle civili, le streghe venivano regolarmente punite con la morte:
«La realtà storica delle streghe fu notevolmente complessa e sfaccettata. Le donne venivano accusate di stregoneria semplicemente perché sorprese a praticare l’ antico sapere sciamanico, unito a usanze legate ai culti pagani della fertilità risalenti al mondo antico e preistorico.».
Il luminare ribadì che la Chiesa aveva sempre smentito con vigore le credenze magiche, ma era una assolutamente sicura dell’ esistenza al mondo di streghe e maghi, che bollava come agenti del Demonio. Nei secoli presentò peraltro diversi documenti contro la superstizione, come il Canon episcopi, destinato ai vescovi, e tredici bolle tuttora accettate dal Vaticano, in cui si accettava ufficialmente la realtà della stregoneria. Nel corso delle due grandi ondate della caccia alle streghe, la prima avvenuta tra il 1480 e il 1520 e l’ altra dal 1560 al 1650, furono perseguitate donne legate prevalentemente alle classi sociali inferiori, in larga parte vedove e prostitute, ma anche levatrici, erboriste e guaritrici che si prodigavano con decotti e infusi a base di piante per fronteggiare le malattie e alleviare i dolori delle partorienti. Spesso le autorità estendevano le condanne anche ai figli, soprattutto quelli di sesso femminile. Un’ infinità di persone innocenti, di ogni età e provenienza, colpevoli soltanto di essere donne come Eva, colei che tentò Adamo provocandone la caduta, divennero l’ oggetto di un’ ignobile ferocia. Tuttavia, alcuni dettagli avevano portato gli storici a identificare pure una bassa presenza di assassine e malviventi tra le condannate:
«Venivano presentate denunce anonime, mosse da futili ragioni, a cui seguivano torture strazianti atte a indurre le donne a confessare le proprie colpe e gli eventuali complici. Poiché in quel periodo erano in vigore leggi sulla confisca dei beni, nella maggior parte dei casi si induceva le prigioniere a fare il nome di persone ricche e potenti, divenute sgradite al sistema. A quel punto le streghe venivano date al rogo purificatore.».
In quel tempo, problemi quali malattie, morte, povertà e carestie erano in continuo aumento, e non riuscendo più a dare risposte esatte sulle cause e i rimedi il clero trovò nel mito delle streghe un ideale capro espiatorio. Il clima generale di tutta questa insensata ecatombe si ispirava a un versetto del Vangelo di Giovanni, in cui si afferma che chi non rimane in Gesù deve essere gettato via come un tralcio, per poi essere raccolto e bruciato. Damhnaic aggiunse che la condanna a morte attraverso il rogo non spettava propriamente alla Chiesa, ma alle autorità civili, opportunamente soggette alla sua influenza spirituale.
«Quante donne sono morte nella caccia alle streghe?» domandai.
Il professore scosse il capo, dicendo che il numero delle vittime era tuttora largamente dibattuto, anche a causa della perdita nel corso dei secoli di un gran numero di documenti processuali. Temendo che gli immensi archivi inquisitoriali cadessero nelle mani dei suoi molti nemici, infatti, la Chiesa diede alle fiamme quasi ogni testimonianza:
«Le cifre che gli esperti hanno ipotizzato rappresentano ordini di grandezza, e indicano circa centodiecimila processi in tutta Europa. Le esecuzioni sarebbero state pari al cinquantacinque percento dei processi, per un totale di circa sessantamila persone. Otto accusati su dieci erano di sesso femminile.».
Aggiunse che in realtà l’ ostilità contro le donne era cominciata molto tempo prima, con gli attacchi contro un celebre personaggio dei Vangeli quale Maria Maddalena:
«Si dice che quando Gesù la incontrò fosse posseduta dal demonio, e che lui la salvò. Colma di riconoscenza divenne una dei suoi seguaci più stretti, e lo aiutò anche economicamente. Con il tempo i due divennero molto vicini anche personalmente. Determinati passi dei Vangeli ci fanno intuire chiaramente la sua importanza, raccontando ad esempio che fu lei a vedere per prima Gesù risorto dalla morte. Tuttavia, in quanto donna che viveva tra gli uomini si attirò molte maldicenze, e venne considerata persona promiscua. La sua cattiva fama nella Storia nacque semplicemente così. Il racconto evangelico la introduce subito dopo l’ incontro di Gesù con una prostituta a cui lui concesse l’ assoluzione dalle sue trasgressioni. Lei e la Maddalena erano chiaramente due donne diverse, ma cinque secoli dopo la loro morte le cose sarebbero nettamente mutate.».
Nel sermone pasquale dell’ anno 591, infatti, papa Gregorio Magno dichiarò che l’ anonima prostituta e Maria di Magdala erano la stessa persona, sebbene non vi fosse alcun legame tra loro:
«Il Vaticano rigettò questa dichiarazione soltanto nel 1969, dopo un millennio e tre secoli di immotivato discredito. Che vergogna!».
Al termine di questo resoconto parziale, ma assai inquietante, sulla storia della Chiesa, il luminare rifletté:
«Come tu hai giustamente notato prima, in nome di Dio e Gesù sono state compiute le peggiori nefandezze della storia. Ma l’ aspetto più triste è che alla base di tutto questo fanatismo sta solamente un vile inganno: la più grande storia mai raccontata è stata opportunamente riscritta in una serie di giochi di potere, semplici ma orrendi, che hanno innalzato alle vette della grandezza gente avida e crudele. In altre parole, quasi nulla di quanto sappiamo oggi sulla vita di Gesù e l’ origine del Cristianesimo è vero. Per quanto mi riguarda, la Chiesa ha compiuto la più grande opera di disinformazione della storia.».
Tali parole, e soprattutto il loro tono così convinto e consapevole, mi colpirono molto. A dire il vero avevo sentito affermare questo concetto molte volte, e dalle persone più diverse, ma se affrontato dal celebre professor Joyce, che si esprimeva solo se supportato da elementi chiari e innegabili, assumeva un significato particolarmente veritiero.
«Che cosa vuoi dire?» domandai incuriosito.
Il mio amico asserì che la figura di Gesù aveva sempre suscitato una certa curiosità da parte degli storici, i quali tentavano di ricostruire la sua figura secondo i moderni metodi scientifici attraverso l’ analisi deduttiva di prove e testi antichi e il confronto con il contesto storico e culturale del suo tempo. L’ avvio della moderna ricerca risaliva alla fine del XVIII secolo, con la pubblicazione degli studi del filosofo e scrittore tedesco illuminista Hermann Samuel Reimarus, noto deista. Lo scopo era di ricostruire con più esattezza la sua vita e il suo insegnamento, prendendo in considerazione indizi e fatti concreti piuttosto che le più evanescenti considerazioni di fede, per quanto rispettabili, ma la Chiesa aveva sempre scoraggiato tali tentativi, per ovvie ragioni di potere:
«Il clero sostiene fin dai suoi albori di aver ricevuto l’ insegnamento direttamente da Gesù, ragion per cui l’ istituzione della Chiesa si è facilmente imposta come l’ unico soggetto capace di guidare il fedele direttamente al Signore. E chi mai avrebbe rinunciato volontariamente a questo importantissimo monopolio spirituale? Ben pochi.».
Sostenne inoltre che, a dispetto delle molteplici difficoltà legate al molto tempo trascorso dalla vita e morte di Gesù, ossia venti secoli sotto l’ egemonia della Chiesa, gli storici avevano saputo tracciare un primo quadro sulla sua esistenza e il suo messaggio:
«Negli anni del suo insegnamento, il Nazareno assunse il ruolo di maestro, o rabbino, e la gente lo rispettò come profeta. Tuttavia non disse mai di essere figlio di una vergine, nato da un’ immacolata concezione, o di dover morire per riscattare il genere umano dal Peccato originale. Tanto meno che sarebbe risorto dopo tre giorni o di voler fondare una Chiesa.».
Dal giorno della sua morte fino ai giorni nostri, su Gesù erano proliferati i più diversi miti e leggende, spesso e volentieri ripresi dalle religioni pagane ed esoteriche dell’ antichità, tuttavia il profilo autentico che stava lentamente ma inesorabilmente riemergendo dalle sabbie del tempo corrispondeva a quello di un ebreo che viveva perfettamente in tono con la Torah, la Legge che Dio aveva dato a Mosè sul monte Sinai centinaia di anni prima della sua nascita. Si trattava di un giovane uomo che amava la propria gente, di cui rispettava le antichissime tradizioni benché fosse assai critico verso tutti quegli aspetti che ormai si presentavano come sorpassati e marginali. Egli sognava di modernizzare e rendere più semplice e diretta la fede dei suoi padri, affinché fosse accessibile a tutti, soprattutto i più umili, e di incentrarla sul perdono e sul riscatto degli emarginati:
«Gesù fu una persona assai sfaccettata e solitaria, anche agli occhi dei suoi discepoli più intimi, e rimase legato ai propri ideali fino alla morte dolorosa su di una croce romana.».
Gli esperti non avevano dubbi sulla sua esistenza: egli era effettivamente vissuto in Israele un periodo approssimativamente compreso tra gli ultimi anni del principato di Cesare Augusto e di quello di Tiberio, era stato un uomo saggio e illuminato, un maestro capace di attirare vaste folle, e morì per crocifissione sotto Ponzio Pilato, con l’ accusa di lesa maestà:
«Ma era un normalissimo essere umano, come tutti noi. La sua grandezza stava nella notevole intelligenza e nella saggezza spirituale. E il suo insegnamento, basato sull’ amore per il prossimo e la fede verso Dio, era naturalmente rivolto ai soli ebrei, che da secoli attendevano un segno dal loro Signore.».
«Non disse ai discepoli di andare in tutto il mondo a insegnare quanto avevano visto e ascoltato?» domandai.
Damhnaic scosse il capo:
«Gesù era ebreo, e come tale parlava al suo popolo. La celebre frase che tu hai appena citato risulta un’ aggiunta successiva, fissata nelle Sacre Scritture dagli autori cristiani quando ormai il Cristianesimo aveva già oltrepassato i confini di Israele, sua terra d’ origine.».
Il ritratto di un Gesù divino, attualmente così familiare, sostenne, ci giungeva dai quattro Vangeli, che ispirarono i concetti e lo stile del Nuovo Testamento. Essi, però, furono composti a settant’ anni dalla Crocifissione, cosa che indusse gli storici a soppesare con grande attenzione la loro credibilità storica poiché, analogamente ad altri documenti umani, nella loro esistenza conobbero ovviamente una lunga fase di trascrizioni, interpretazioni e aggiunte. Peraltro, molti studiosi si ritenevano ormai quasi del tutto certi che gli autori non fossero realmente Marco, Matteo, Luca e Giovanni, ma seguaci delle scuole di pensiero sorte attorno ad essi. Si raccontava persino che San Pietro, San Giovanni e Giacomo, uno dei quattro fratelli di Gesù, ebbero un’ aspra disputa con San Paolo, giungendo a una rottura da cui sarebbero sorti numerosi Vangeli che però furono subito esclusi dalla teologia. Nel corso dei secoli numerosi di questi scritti andarono persi, finendo con l’ essere soltanto nominati in opere successive, ma alcuni vennero fortunatamente riscoperti nel corso di ritrovamenti archeologici avvenuti tra il XIX secolo e i giorni nostri. La Chiesa ne riconobbe solamente quattro, che vennero chiamati Canonici, mentre quelli rigettati in quanto ritenuti portatori di tradizioni misteriose o esoteriche furono detti Apocrifi, ossia «nascosti», «riservati a pochi».
Il Cristianesimo, così come Gesù l’ aveva insegnato originariamente, era semplicemente una scuola di pensiero dell’ Ebraismo, inizialmente seguita da una minoranza di ebrei. Risultava una via di fuga dal rigido insegnamento tradizionale, così come tempo addietro era avvenuto in India con il Buddhismo e il Giainismo nei confronti dell’ originaria filosofia induista:
«Dopo la morte di Gesù di Nazareth emerse con prepotente rilievo la figura di Saul di Tarso, che passò alla storia come San Paolo, l’ Apostolo delle Genti, l’ unico tra i seguaci a non averlo mai visto di persona. Egli fu il primo a insegnare il Cristianesimo ai non ebrei, viaggiando soprattutto nelle province romane di lingua e cultura greca, dove ebbe un grandissimo seguito, fino al giorno in cui fu arrestato e portato a Roma, dove fondò insieme a San Pietro la comunità cristiana locale, destinata in futuro a divenire la principale.».
Proprio perché i suoi discepoli non erano ebrei, San Paolo dovette staccare il Cristianesimo dall’ Ebraismo, e formulare una nuova teologia che ancora oggi risultava alla base della formazione dei sacerdoti. La sua influenza storica fu enorme, poiché mentre i Vangeli si occupavano in larga parte di narrare le parole e le opere di Gesù, le sue Lettere tracciavano la natura salvifica della sua incarnazione, passione, morte e ritorno alla vita. A detta di molti, fu il vero fondatore del Cristianesimo:
«Demonizzò per primo il sesso, parte naturale della nostra vita, accusandolo di ancorarci all’ esistenza terrena allontanandoci da Dio, idea che poi sarebbe stata ripresa con più forza da Sant’ Agostino. Anche solo mostrare il proprio corpo divenne un vergognoso peccato. Fece altrettanto con gli omosessuali, a cui negò il Regno di Dio nella Prima Lettera ai Corinzi, mentre in quella ai Romani li inserì in un elenco di peccatori meritevoli di morte.».
Come se non bastasse, contribuì a relegare nuovamente la donna a un ruolo di scarsa importanza, mentre Gesù, com’ era risaputo, la teneva in grande considerazione:
«Secondo le pagine dei Vangeli, non fu forse la Maddalena a incontrarlo risorto di fronte al sepolcro, mentre gli apostoli ritenevano che qualcuno avesse vilmente trafugato la tomba?».
Per quanto interessante fosse tutta questa narrazione, non potei fare a meno di porgere una domanda che, nella mia mente, si era fatta particolarmente pressante:
«Perché noi oggi veneriamo Gesù come essere divino? Chi impose veramente la sua divinità?».
Il professore affermò che la divinità di Gesù era dichiarata già nei primi testi cristiani, probabilmente su ispirazione diretta degli apostoli e di San Paolo. Tuttavia, nei primi tre secoli dopo la sua morte esistevano molte correnti cristiane che ritenevano il Nazareno un profeta mortale. L’ idea di un Gesù divino e non più semplice uomo fu successivamente ripresa dall’ imperatore Costantino, che se ne servì come base per stabilire la consustanzialità tra lui e Dio:
«Hai mai sentito parlare del Concilio di Nicea?».
Scossi il capo, e il luminare chiese di rimando che cosa sapessi su Costantino. Risposi che era passato alla storia per aver riunito l’ Impero sotto la sua autorità e, in seguito, per aver fondato Costantinopoli. Aggiunsi che aveva legalizzato il culto cristiano, che nei secoli precedenti era stato notoriamente proibito e perseguitato. Damhnaic annuì:
«L’ epoca e l’ intervento di Costantino rappresentarono una tappa fondamentale nella storia e nell’ evoluzione del Cristianesimo, quindi della Chiesa, poiché questo imperatore ne fece un notevole strumento di potere. Tale operazione fu successivamente completata da Teodosio, al termine del IV secolo, quando l’ insegnamento di Cristo divenne religione di Stato.».
Quella parte della storia mi era più nota, come dissi, visto che si studiava regolarmente a scuola.
«Ma i libri di storia scolastici sono esasperatamente sintetici circa il vero intento di Costantino.» sentenziò il mio amico «Dopo tutto, subiscono l’ influenza dei rapporti tra Stato italiano e Santa Sede sanciti con i Patti Lateranensi del 1929.».
Con parole chiare e semplici, disse che a partire dal 324, quando era uscito vittorioso da una violenta guerra civile, Costantino restaurò il classico sistema dell’ unico imperatore, venuto a mancare con quello della Tetrarchia imposta da Diocleziano, in cui il potere imperiale era stato suddiviso tra due Augusti e due Cesari, sparsi tra Occidente e Oriente. Ma l’ unità politica, purtroppo, non bastava ancora a garantire pace e stabilità:
«Per tradizione, l’ imperatore romano era anche pontefice massimo, ossia la massima autorità di tutte le religioni ammesse nell’ Impero. Nel 324 il Cristianesimo rappresentava già una corrente potente, perfettamente inserita nelle sfere più alte dell’ aristocrazia e della politica, sebbene fosse ancora una religione frammentaria.».
Spiegò che ogni città aveva ormai una comunità cristiana, con un suo vescovo, ma ciascuna aveva una propria filosofia, con un relativo insieme di Scritture e dogmi. Dopo l’ editto di Milano del 313, Costantino convocò nel 325 il Concilio di Nicea, allo scopo di fare del Cristianesimo una religione unica. Insieme ai vescovi, discusse e votò in tema di Scritture, sacramenti, festività, e, soprattutto, valutò con grande cura la divinità di Gesù: sostenne con autorità la dottrina della consustanzialità del Padre e del Figlio, e diede impulso a quella legata all’ incarnazione, morte e resurrezione di Cristo, oltre che a quella della nascita virginale di Gesù, già affermata nel Vangelo di Matteo:
«Da quel preciso momento Gesù passò alla storia come entità divina. Chiunque ancora lo considerasse umano sarebbe stato accusato di eresia.».
«Perché Costantino fece prevalere a tutti i costi la corrente che voleva Gesù divino?» domandai incuriosito.
«Per diventare il rappresentante di Dio sulla Terra.» fu la risposta decisa «Voleva che il potere imperiale fosse sacro e inviolabile, in quanto concesso direttamente da Dio. Con un Gesù generato direttamente dal Signore, in grado di tutti quei miracoli di cui abbiamo tanto sentito parlare, Costantino fu il primo dei sovrani europei la cui autorità derivava da un diritto divino. Tale concetto perdurò lungo tutto il Medioevo, gettando le basi dell’ Assolutismo.».
Damhnaic spiegò che il «Credo», tuttora recitato a messa la domenica, si basava sui concetti avvalorati da Costantino:
«‘Generato e non creato della stessa sostanza del Padre.’. Geniale, non trovi?».
Il risultato di quella celebre assemblea ecumenica fu dunque il Cristianesimo nella forma attuale:
«Sappiamo che Gesù ebbe quattro fratelli e varie sorelle, e che quasi sicuramente era sposato con figli, poiché tra gli ebrei del tempo il celibato era largamente disapprovato, analogamente a un matrimonio senza o con pochi figli. L’ ipotesi della Linea di sangue di Gesù, la sua figliolanza, fu già considerata addirittura nel XIII secolo. Ma nulla di ciò sopravvisse, poiché oggi, ovunque voltiamo lo sguardo, vediamo un essere mistico ascetico, distaccato, un figlio unico che riconobbe come fratelli, sorelle e madre soltanto chi compisse la volontà di Dio.».
A quel punto non potei fare a meno di chiedergli se credesse in Dio. Il professore scosse vigorosamente la testa, sostenendo che ogni divinità nominata dagli uomini era semplicemente una loro stessa invenzione, atta a dare risposta alle grandi domande sull’ esistenza, la vita e la morte:
«Sono tuttavia convinto che esista un qualche ordine universale che regoli tutto quanto. Nulla avviene mai per caso. Ma noi comuni mortali, attualmente, siamo troppo limitati per comprendere appieno questo meccanismo. Ma un giorno, forse…».
Aggiunse di avere una grande ammirazione per Gesù, ma di ritenere fondamentale presentarlo per come era stato effettivamente in vita: un uomo, un grande saggio che sapeva ridere e scherzare con i discepoli e i bambini, che amava la vita e le sue gioie. Bastava mantenere una mente aperta per costatare che Gesù era stato un uomo straordinariamente positivo, indipendentemente dagli eventi miracolosi con cui la sua vita fu successivamente abbellita:

«Per me essere cristiano significa esattamente questo: vivere la vita con amore e positività, facendo del bene agli altri, oltre che a noi stessi. Proprio come diceva Gesù.».

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