Adolf Hitler; |
Da
ormai più di ottant’ anni, il nome Adolf Hitler rievoca il periodo più oscuro
di tutto il XX secolo: Führer del Terzo Reich dal 1933 al 1945, fu uno dei
governanti più potenti del suo tempo, quel particolare dittatore che scatenò la
Seconda Guerra Mondiale, nonché grande genocida a danni di semiti, slavi,
oppositori politici, portatori di handicap, omosessuali e seguaci di «religioni
corrotte». Abile e convinto ispiratore di un regime totalitario impietoso
eppure suggestivo nato in un’ epoca di profonda crisi nazionale e sociale, fu
il principale responsabile di eventi che causarono enormi lutti e devastazioni
e l’ architetto di un Terzo Reich che, a guerra finita, avrebbe ostentato
metropoli moderne e meravigliose, ispirate all’ architettura classica germanica
quanto ad elementi più moderni. Sia prima che durante la guerra iniziata nel
1939, in Germania fu spesso descritto come un uomo quasi divino, amato e
rispettato dai tedeschi, mentre oltre i confini era spesso oggetto di
derisione. Dopo la sconfitta tedesca e la morte, ancora oggi avvolta in un
certo alone di mistero, quando ormai cessò di essere una minaccia, la derisione
nei suoi confronti cedette il passo alle voci sulla sua estrema follia,
facendolo passare alla storia come un individuo sinistro e diabolico.
Su
di lui vennero pubblicati libri e articoli, e girati film e documentari, ma
ancora oggi si tende più che altro a considerare il soldato e il politico,
nonché il furioso oratore, tralasciando invece l’ uomo, la sua personalità e la
sua vita dietro le quinte. Alcuni valenti storici e medici negli anni hanno
indagato gli aspetti personali del Führer, analizzando il suo passato nel
desiderio di comprendere l’ origine del suo pensiero e dei suoi atteggiamenti
in modo da ricavarne un quadro il più possibile esauriente: militare di truppa,
pittore di trascurabili qualità, proveniente da una famiglia di modeste
condizioni, con il peso di un padre nato illegittimo e dalla possibile
discendenza ebraica, Hitler aveva ben poco di cui rallegrarsi e nella sua vita
maturò una profonda frustrazione, sempre pronta a esplodere. Il suo desiderio
di riscatto era tale da portarlo a bramare una posizione di assoluta preminenza
con cui manifestare l’ indubitabile grandezza che sentiva assolutamente di
possedere.
Hitler a undici annni; |
Durante
la Seconda Guerra Mondiale, i servizi segreti statunitensi affidarono lo studio
del suo profilo psicologico allo psicologo Henry Murray e allo psicoanalista
Walter Langer, che basandosi sugli elementi a loro disposizione lo definirono
uno psicopatico, affetto verosimilmente da schizofrenia paranoide,
probabilmente impotente, omosessuale represso e con tendenze suicide. Pare che
fosse affetto da disturbi psicosomatici: nell’ ottobre 1918, quando combatteva
nell’ esercito bavarese, a seguito di un’ intossicazione da gas iprite, fu
ricoverato in stato di cecità all’ ospedale militare di Pasewalk, dove fu
seguito dal noto psichiatra Edmund Forster, che lo curò attraverso l’ ipnosi. I
registri sanitari e la cartella clinica del caporale, successivamente distrutti
dalla Gestapo nell’ estate 1933, riportavano la presenza di una lieve
congiuntivite che però non giustificava la derivante cecità temporanea,
diagnosticata come isterica: la mente avrebbe convertito un trauma psichico in
un sintomo fisico per proteggersi dallo stress. Svariati racconti
sottolineavano le qualità magnetiche dei suoi occhi, caratteristica ricorrente
nelle persone più narcisiste, spesso dotati di particolare luce negli occhi,
che conferisce loro un’ apparenza di grande intensità, devozione e
trascendenza: gli occhi di Hitler erano freddi, come l’ espressione della sua
faccia, in lui non c’ era mai traccia di calore o compassione. Peraltro, si
dice fosse refrattario all’ umorismo: secondo quanto riferito da Albert Speer,
il suo unico vero amico, il Führer non rideva mai.
Alois Hitler, padre di Adolf; |
Della
prima infanzia di Hitler si conosce poco. Nato a Braunau am Inn, in Alta
Austria, era figlio di Alois Hitler, un ufficiale della dogana, e Klara Pölzl.
Tra gli storici vi è tuttora una controversia circa la possibilità che il nonno
di Klara, Johann Nepomuk Hiedler oppure il fratello di lui, Johann Georg, fosse
il padre biologico del suo futuro marito: in ogni caso Johann divenne lo zio
acquisito di Alois, e Klara, anche dopo il matrimonio, continuò a chiamare il
marito «zio».
A
causa del lavoro di Alois, gli Hitler erano soggetti a continui traslochi, che
impedirono ad Adolf di instaurare solide e vere amicizie. Sebbene la famiglia
conducesse una vita comoda, la situazione affettiva tra le mura domestiche non
era affatto rosea, anzi: accanito bevitore e impenitente donnaiolo, Alois era
assolutamente dispotico con la moglie e severo con i figli, e alla compagnia
della famiglia preferiva l’ osteria e le belle amanti. Se il padre di Adolf era
sempre assente, la madre fu invece una figura assai presente, solita a
riversare sui figli l’ amore che lei stessa non riceveva dal marito, tanto da
rivelarsi il più delle volte soffocante. Alois offendeva spesso i figli se non
capivano subito un suo ordine, e Adolf ne sfidava ogni volta l’ autorità,
ragion per cui veniva costantemente picchiato. Klara, invece, lo viziava e ne
istigava il senso di superiorità. Il padre derideva le sue velleità di pittore,
lei ne era entusiasta.
Devotissimo
alla madre, Adolf maturò una profonda avversione per il padre, del quale
criticava il dispotismo, le libertà amorose e la passione sfrenata per gli
alcolici, tanto che alla sua morte non dedicò molte parole, se non che per lui
non era stata una gran perdita, mentre in occasione di quella della madre
dichiarò quanto il mondo intero gli fosse crollato addosso, essendo costretto
da quel momento a prendere le decisioni in prima persona. Una volta divenuto
Cancelliere della Germania, Hitler istituì proprio in occasione del compleanno
materno, il 12 agosto, la Giornata della Madre, con tanto del conferimento
dell’ onorificenza della Croce d’ Onore, paragonabile per importanza alla Croce
di Ferro. Inoltre, teneva un suo ritratto sulla scrivania della Cancelleria, e
un altro sul comodino delle sue camere da letto, inclusa quella del
Führerbunker, ove secondo la versione ufficiale si sarebbe suicidato il 30
aprile 1945.
Klara, madre di Hitler; |
Secondo
Alice Miller, nota psicanalista e saggista polacca, i maltrattamenti subiti dal
padre furono la causa più probabile del suo odio nei confronti del genere umano
e della mancanza di un adeguato sviluppo di empatia e compassione per il
prossimo durante la crescita, quindi di esitazioni a infierire sulla vita
umana: ciò che mancò nella sua infanzia fu la presenza di una figura buona e
consolatrice, di una persona affettuosa verso di lui. Nondimeno, le cure e le
attenzioni esagerate della madre altro non erano che una conseguenza dovuta
all’ estrema carenza di attenzioni di cui la stessa Klara soffriva da parte di
Alois. All’ età di sei anni, Hitler aveva incubi ricorrenti e piuttosto vividi
in cui vedeva sé stesso cadere in abissi profondi o in cui veniva perseguitato
e picchiato fino a desiderare la morte: tali episodi, insieme a molti altri,
convinsero il dottor Eduard Bloch, medico ebreo che tra il 1903 e il 1907 seguì
gli Hitler, della necessità di uno specialista, e per questo si rivolse al
celebre Sigmund Freud, al tempo già impegnato nelle famose visite
psicoanalitiche, a cui si sottoponevano sia membri della classe più alta della
società che della borghesia. Bloch chiese ripetutamente consiglio a Freud sul
caso del giovane Adolf, e gli venne fatto sapere che la soluzione migliore
consisteva in un ricovero: Klara si mostrò favorevole, a differenza di Alois a
cui importava soltanto che suo figlio continuasse a studiare per lavorare come
impiegato alle dogane.
Negli
anni successivi il ragazzo crebbe introverso, narcisista, solitario,
indisciplinato, sadomasochista e necrofilo. La più grande delle sue capacità
era quella di influenzare, impressionare e convincere la gente. Era dotato di
una grande disposizione al comando che, come lui stesso raccontava, aveva
sviluppato da bambino nel suo ruolo di capo delle bande nei giochi di guerra.
Hitler durante un comizio; |
Hermann
Rauschning, membro del partito nazionalsocialista e capo del governo della
Città libera di Danzica dal 1933 al 1934, che ebbe l’ opportunità di
colloquiare spesso con Hitler annotando le loro conversazioni, che dopo aver
rotto con il Nazismo ed essere andato in esilio pubblicò in un libro, raccontò
che il Cancelliere soffriva di condizioni psicologiche che rasentavano la mania
di persecuzione e lo sdoppiamento della personalità: la sua insonnia era più
che il semplice risultato di un eccessivo sforzo nervoso, dal momento che
spesso si svegliava nel cuore della notte e camminava irrequieto avanti e
indietro, pretendendo che si accendessero tutte le luci e che si chiamassero
alcuni giovani per tenergli compagnia. Talvolta queste crisi diventavano
terribili, e uno di quei giovani riferì che gridava convulsamente chiedendo
aiuto, pronunciando frasi incomprensibili e respirando affannosamente,
guardandosi intorno con sguardo folle e indicando da qualche parte incolpando
chissà chi di quanto accaduto: evidentemente i sentimenti di angoscia repressi nell’
infanzia gli si ripresentavano sotto forma di incubi e allucinazioni in cui
riviveva i ricordi delle percosse ricevute dal padre, e l’ avere il mondo
intero ai propri piedi evidentemente non bastava a scrollarsi di dosso i brutti
ricordi, perché l’ inconscio personale non si annulla con l’ annientamento del
mondo.
Alcuni
studiosi sostengono che la struttura del regime nazista traesse la propria
ispirazione proprio da quella della famiglia Hitler, al cui vertice troneggiava
la figura paterna, mentre la popolazione rappresentava la prole completamente
sottomessa al suo volere, in ottemperanza a una ferrea regola di obbedienza:
dopo anni trascorsi come vittima innocente dapprima tra le mura domestiche e
poi per le strade di Linz e Vienna, ove aveva tentato inutilmente di esprimere
le sue doti artistiche di disegnatore e pittore, finendo tra i vagabondi e i
senzatetto, ora Hitler poteva calarsi nei panni dell’ aggressore, recitando
senza forse rendersene conto il dramma della sua infanzia con un’ indiscutibile
autorità paterna su tutto un popolo a cui ispirava paura e amore, prostrandolo
ai suoi piedi, come un tempo la devota Klara era stata prostrata ai piedi del
marito. L’ energico e bizzarro dittatore in uniforme, lo stesso che Charlie
Chaplin nel 1940 esibì in «Il grande dittatore», era proprio Alois, visto
attraverso gli occhi critici del figlio, mentre il nobile e coraggioso Führer
del popolo tedesco, amato e ammirato dal popolo, era l’ altro Alois, ammirato e
amato dalla moglie a lui sottomessa, della quale il figlioletto condivideva
ancora l’ ammirazione.
Persino
le leggi razziali naziste furono una ripetizione dei drammi infantili di
Hitler: se il piccolo Adolf non aveva potuto sottrarsi alle percosse del padre,
neanche gli ebrei, i grandi nemici del popolo tedesco e promotori del marxismo
internazionale, avrebbero avuto scampo. Nelle profondità della sua mente tale
persecuzione gli consentì di vendicarsi del padre, dai possibili natali
ebraici, liberando la madre Klara e la madre Germania, quindi sé stesso, da un
mostruoso persecutore.
Hitler ed Eva Braun; |
Ostile
all’ omosessualità e all’ impotenza, e spesso sospettato di essere lui stesso
un omosessuale represso, un bisessuale e un impotente, Hitler esercitava sulle
donne un immenso fascino, per le quali incarnava il capofamiglia esemplare che
sapeva sempre con precisione tutto ciò che era giusto o sbagliato, e che
peraltro poteva offrire loro una via di fuga al tradizionale ruolo di subordine
a cui erano soggette in quanto parte di una società patriarcale. Tale qualità
gli consentì di avere un folto stuolo di seguaci tanto tra gli uomini quanto
tra le donne. I resoconti sulla sua vita privata e in particolare sui suoi
rapporti intimi con le donne derivano prevalentemente dalle persone a lui più
vicine, come i suoi aiutanti di campo, i suoi segretari, l’ architetto Albert
Speer e la famiglia di Richard Wagner.
Il
Führer amava la compagnia femminile: era deliziato dalle donne, in particolar
modo dalle giovani di aspetto sano e grazioso, e in genere si dimostrava tenero
e premuroso con tutte le signore, purché non denotassero ambizioni
intellettuali e politiche. Non manifestò mai il desiderio di sposarsi e neppure
di avere figli propri, pur essendo stato più volte follemente innamorato, anche
se solo per brevi periodi, e il più delle volte intrattenne storie
superficiali. Forse pensava che il matrimonio potesse precludergli il ruolo di
salvatore della grande Germania e del nobile popolo tedesco. Secondo quanto
emerso dagli ambienti a lui più vicini e da varie indiscrezioni fu un vero
pervertito, un sadomasochista dalla vita sessuale disastrosa. Anche nei
rapporti delle spie statunitensi si accenna a sue variegate esperienze
erotiche, sebbene vivesse nel timore di contrarre infezioni veneree, nonché
alla soddisfazione che traeva da ragazzi e ragazze esteticamente piacenti. Si
disse che amasse fare da spettatore e allo stesso tempo da dominatore nei
giochi erotici, anche di gruppo: tutti fatti che, secondo gli analisti dello
spionaggio, indicavano seri intralci psichici che gli impedivano un appagamento
sessuale reale e completo. Pare che amasse molto i frustini, ai suoi occhi un
sostituto o un simbolo della sua potenza sessuale mancante, mentre per le spie
statunitensi rappresentava il suo complesso messianico. In almeno una circostanza,
riferita nei rapporti, Hitler avrebbe conquistato una donna e sfogato le sue
fantasie sessuali inscenando un comizio con il frustino in mano, arrivando a
paragonarsi a Gesù mentre scacciava a colpi di frusta i mercanti dal Tempio.
Gli
vennero attribuite sei amanti, con cui ebbe sempre un rapporto piuttosto
tormentato: tre si suicidarono, e due sopravvissero al tentativo.
Nel
1927, durante un periodo trascorso a Berchtesgaden, in Baviera, ove affittava
una villetta, conobbe una giovane e bella serva, Maria Reiter, di sedici anni,
con la quale ebbe una relazione: lei desiderava tanto sposarlo ma lui rifiutò
proponendole di essere un’ amante segreta, analogamente ad altre donne, per non
ostacolare la sua missione di prescelto dal destino: lei lo lasciò e tentò il
suicidio. Altra amante chiacchierata fu la famosa Renate Müller, una delle
attrici di maggior successo del cinema tedesco dei primi Anni Trenta. Dopo il
1933, Joseph Goebbels, il Ministro della Propaganda, cercò una degna sostituta
di Marlene Dietrich, grande attrice diventata da un giorno all’ altro una diva
e che aveva lasciato la Germania preferendo gli studi hollywoodiani. Si adoperò
per avvicinarla a Hitler, e presto si parlò di una storia tra i due, ma quasi
certamente tra i due avvenne un solo incontro erotico. Di certo lei rifiutò
sempre di prendere parte a film apertamente nazisti, tanto che il suo
atteggiamento insospettì Goebbels al punto che la mise sotto sorveglianza,
scoprendo che aveva una relazione con un attore ebreo emigrato a Londra, che
lei raggiungeva non appena riusciva a trovare qualche momento libero: la sua
improvvisa morte nel 1937, a soli trentun anni e in circostanze tuttora
sospette, fu inizialmente attribuita all’ epilessia ma, dopo il 1945 si
ipotizzò che si fosse suicidata o che fosse stata uccisa dalla Gestapo. Dopo il
suo incontro con Hitler mormorò che prediligeva le pratiche masochiste, che
soleva chiamare le attrici a casa per prestazioni private, durante le quali si
inginocchiava e si faceva prendere sonoramente a calci. Si disse certa che fu
proprio la frustrazione sessuale a trasformarlo in un maniaco genocida.
Un
caso molto particolare, molto più ampiamente discusso, fu quello di Angelika
Raubal, detta Geli, figlia molto giovane di Angela Hitler, sorellastra maggiore
di Adolf. I due si incontrarono per la prima volta nel 1924 a Landsberg am
Lech, e in breve tempo strinsero un rapporto molto stretto, viaggiando spesso
insieme, recandosi in gita e persino alle riunioni di partito. Con l’ andare
del tempo Hitler si innamorò follemente di lei, dimostrando nei suoi riguardi
attenzioni morbose e un’ estrema gelosia. Inizialmente l’ avvenente nipote era
lusingata dalle attenzioni che lo zio le rivolgeva, ma con in seguito si sentì
schiavizzata e persino disgustata dalle sue inclinazioni sessuali
masochistiche. Hitler la rinchiuse in una grande e bella casa, privandola di
qualsivoglia svago e ambizione, così da tenerla lontana da eventuali rivali e
abbandonarsi con lei a piaceri sessuali sempre più innaturali e degradanti, ai
quali la giovane non avrebbe saputo opporsi. Si disse persino che la obbligasse
a posare nuda per i suoi disegni, e quando scoprì che nonostante le misure da
lui adottate lei aveva una relazione con Emil Maurice, suo autista e domestico,
divenne una furia: il 18 settembre 1931 i due ebbero una lite particolarmente
scatenata, e lei venne trovata morta in casa, uccisa da un colpo della pistola
dello zio in pieno torace. Il suo decesso venne archiviato come suicidio, ma
tale ipotesi non fu mai pienamente assodata, sebbene non emersero mai prove
concrete per sostenere l’ idea di un’ uccisione: già all’ epoca dei fatti
alcuni quotidiani riportarono determinati sospetti a proposito di un omicidio
in piena regola, pur non indicando se Hitler fosse il mandante o piuttosto l’
esecutore materiale di tale delitto. Di sicuro, per la guida dell’ emergente
Nazionalsocialismo la perdita della ragazza fu un colpo durissimo da
affrontare: sconvolto, per lunghe settimane fu insensibile praticamente a tutto
ciò che lo circondava, anche alle importanti occasioni politiche a cui doveva
rispondere. Si sentiva personalmente responsabile per quanto avvenuto, e pensò
addirittura di suicidarsi, come già avvenuto ai tempi del disastroso Putsch di
Monaco.
Una
volta al potere ricordò sempre con commozione l’ amatissima Geli,
commissionando vari dipinti a sua immagine ad Adolf Ziegler, il suo pittore
favorito, che sistemò nella casa di Monaco, ove fino al 1945 si recò per porre
fiori sotto ognuno di essi ininterrottamente in occasione del giorno della sua
nascita e di quello della morte. Secondo alcuni storici Hitler, divenne
vegetariano proprio a seguito della morte di Geli, in quanto la carne gli
ricordava il suo cadavere, e, in rispetto del suo amore perduto, nel Terzo Reich
aleggiò sempre un alone di sacralità e mistero intorno alla sua figura.
Soprattutto
in seguito alla tragedia, si diffusero sempre più le impressionanti
dichiarazioni della giovane vittima, secondo cui lui la obbligava ad assumere
posizioni oscene per lui, e la induceva spesso a mettersi carponi per poterla
sculacciare con l’ affezionato frustino, tutta una serie di manie che, secondo
gli studiosi, sarebbero da attribuire alla celebre passione del Führer per l’
occultismo e i riti magici, nel cui contesto rientravano con un certo rilievo
determinati rituali sadomasochisti.
Dopo
la morte della nipote non amò mai più una donna. Ne frequentò molte altre,
tutte giovani, slanciate e attraenti, ma nessuna sostituì mai l’ amore perduto.
Negli Anni Trenta ebbe relazioni con molte giovani donne, ivi comprese diverse
segretarie e persino alcune consorti dei gerarchi del Reich. Voci dell’ epoca,
per quanto mai confermate, sostennero anche che Hitler ebbe un figlio dall’
aristocratica britannica Unity Mitford, una delle sei figlie di Lord Redesdale,
incontrata nel 1934 e che riteneva «un magnifico esemplare di femminilità
ariana». La stessa che, a seguito della dichiarazione di guerra alla Germania
da parte della Gran Bretagna, si sparò un colpo alla testa con una pistola dal
manico in madreperla: riuscì a sopravvivere, ma il suo cervello rimase
gravemente danneggiato, e visse invalida fino al 1948.
L’
ultima donna della sua vita, la più famosa, fu Eva Braun, una ragazza molto più
giovane di lui, a detta di tutti estremamente semplice, che aveva conosciuto
nel 1929. Figura per molti versi drammatica, coronò il suo sogno d’ amore
sposando il Führer appena un giorno prima della loro morte ufficiale, e fu uno
dei pochi personaggi del periodo hitleriano a non suscitare sentimenti
negativi. Durante gli anni del regime fu un’ amante segreta, tenuta
rigorosamente nascosta dal mondo, segregata da tutto e da tutti: nel 1945, dopo
dodici anni, solo pochi eletti sapevano della sua esistenza. Icona per tutte le
donne del Reich, Hitler teneva a dare l’ immagine di uomo libero che pensava
solo all’ enorme peso che portava sulle spalle, ed Eva, colpita da un’ estrema
gelosia, per ben due volte tentò il suicidio, Finch lui ordinò di portarla
sempre in segreto, al Berghof, la sua residenza personale nell’ Obersalzberg
delle Alpi Salisburghesi, in Baviera, ove poté comportarsi da padrona di casa e
intrattenere numerose feste per ospiti illustri, pur rimanendo sotto stretta
sorveglianza: il suo peso nelle decisioni, anche quelle quotidiane, era
assolutamente nullo, e doveva sottostare in silenzio, ma in fondo la cosa non
le importava. Era descritta come la donna più infelice del Terzo Reich, e
trascorreva le sue giornate tra letture scadenti, film noiosi, sport, cura del
corpo, ballo, che lui disprezzava, e aria aperta in costante attesa del suo
ritorno. Secondo quanto trapelato da confidenze e indiscrezioni, Hitler ed Eva
facevano sesso letteralmente senza toccarsi e nemmeno togliersi i vestiti di
dosso: a lui, ossessionato dall’ igiene, per raggiungere l’ orgasmo bastava
guardarla mentre si sollevava la gonna, e le si avvicinava solo dopo avere
inserito dei tovaglioli puliti nelle mutande, per proteggersi. Di fatto, la
vedeva solo come una giovane attraente e per nulla intelligente, su cui sfogare
i suoi istinti sessuali, ma negli anni finì per affezionarvisi, per quanto il 3
giugno del 1944 non ebbe alcuna remora a predisporre la fucilazione di Hermann
Fegelein, marito di sua sorella Margarete, per via delle trattative che lui e
Heinrich Himmler avevano aperto con gli Alleati tramite il conte Bernadotte.
Insomma,
l’ analisi psicologica di Adolf Hitler mostra un profilo assai inquietante di
un uomo che più di tutti sfiorò il dominio sull’ Occidente, di una persona
complessata e furiosa che non era riuscita a liberarsi del bambino intimorito
dal padre, incapace di avere rapporti sani con gli altri, lasciando dietro di
sé solo sofferenza, morte e rovine. Di un individuo capace di conquistare le
folle, di giocare sulle paure e le ambizioni di un intero popolo, di illudere
sia gli altri che sé stesso, fino alla discesa inesorabile verso l’ oblio.
non c'è la parte dove dice il culto del dittatore ovvero il suo carattere come era
RispondiEliminaCaro amico, in effetti non mi sono concentrato sul culto della personalità, ma per il carattere direi di aver dato determinate indicazioni importanti, e soprattutto la causa che portò al suo sviluppo. Grazie infinite.
Elimina