mercoledì 25 marzo 2020

Il mito di Sherlock Holmes oltre il giallo classico

Monumento di Sherlock Holmes a Edimburgo;
«E magari, a fumare la sua pipa su una sdraio, in disparte, c’ è pure Sherlock Holmes, che per i suoi più appassionati lettori non è un personaggio letterario ma è esistito veramente alla fine dell’ Ottocento ed è ancora vivo, perché ha scoperto una specie di siero dell’ immortalità.» Carlo Lucarelli;


Il 1887 fu una data storica nella narrativa poliziesca, in quanto vide il debutto di uno dei personaggi letterari più celebri e riusciti di tutti i tempi: il consulente investigativo Sherlock Holmes. Curiosamente, però, la sua entrata in scena non fu baciata dal successo, in quanto «Uno studio in rosso», firmato da Sir Arthur Conan Doyle, passò praticamente inosservato, ma il suo seguito, «Il segno dei quattro», del 1890, venne accolto molto favorevolmente ribaltando le sorti di Holmes, che finalmente entrò nella costellazione del successo e della notorietà. Da allora, nei successivi quattro decenni, Conan Doyle continuò a presentare storie incentrate sull’ iconico investigatore, dando vita ad un vero e proprio archetipo destinato a modellare l’ essenza del giallo classico.
Negli anni, tuttavia, l’ autore edimburghese non apprezzò molto l’ immenso successo di questo particolare personaggio, nella convinzione che rubasse l’ attenzione alle altre sue opere di carattere storico, avventuroso e fantastico come «La mummia» del 1892 e il ciclo del professor Challenger, che con «Il mondo perduto» del 1912 anticipò i temi di «Jurassic Park» di Michael Crichton, e a quegli studi sullo spiritismo, a cui si dedicava con particolare fervore. Ormai stanco dell’ inquilino del 221B Baker Street, in «L’ ultima avventura» ne raccontò la morte facendolo precipitare in un abisso durante uno scontro con il professor James Moriarty, la sua nemesi per eccellenza, presso le cascate di Reichenbach, in Svizzera. Tale tentativo fallì clamorosamente, in quanto nella narrazione si afferma che il corpo non venne mai trovato, e lo scrittore fu costretto a farlo tornare in scena con «L’ avventura della casa vuota» in seguito alle pressioni del pubblico e a fargli risolvere ancora molti altri casi. Lui stesso, influenzato dal personaggio, tentò addirittura di emularlo facendo a sua volta l’ investigatore privato e risolvendo con successo alcuni casi che contribuirono positivamente alla sua già notevole notorietà. Proprio come aveva temuto sin dall’ inizio, la sua produzione fantastica, sebbene assai superiore in quantità, e a suo dire anche in qualità, rispetto al ciclo di Sherlock Holmes, rimase molto meno nota.
Sherlock Holmes in un’ illustrazione di Sidney Paget;

Nel corso dell’ ultimo secolo, il personaggio di Holmes è divenuto uno dei più emblematici e amati della letteratura, suscitando una particolare ondata di ammirazione in tutto il mondo, e dopo la sua morte è stato ripreso da svariati altri autori che ne hanno proseguito le vicende per mezzo di romanzi e racconti apocrifi che considerano aspetti della vita del personaggio tralasciati da Conan Doyle come la sua giovinezza, il periodo dopo il suo ritiro nel Sussex e quello tra la sua presunta morte e la ricomparsa tre anni dopo. In esse incontra anche svariati personaggi storici o letterari. Oltrepassati i confini imposti dalla carta stampata, approdò in radio, in televisione e al cinema, aumentando la propria celebrità a livelli esponenziali. Chi, pur non essendo uno sfegatato del giallo, non ha mai subìto il fascino di questo insolito personaggio con il cappotto, il berretto da cacciatore e la pipa, spesso ruvido, che al primo colpo d’ occhio può capire le dinamiche di un omicidio o stabilire con una certa esattezza gli spostamenti della persona che ha di fronte?
Holmes e il dottor John H. Watson, suo biografo;

Nella narrativa e nel mondo dello spettacolo, il pubblico dimostra da sempre un grande fascino nei riguardi del personaggio eccentrico, caratterizzato da una spiccata intelligenza e stravaganza, entrambi elementi fondamentali nella soluzione al problema che rappresenta l’ evento scatenante della vicenda e nello sviluppo della stessa trama: è certamente il caso di Holmes, nella sua lunga carriera chiamato a risolvere tanto nella metropoli londinese quanto nella sonnolenta campagna britannica e infine nei Paesi di mezza Europa un’ impressionante serie di misfatti che vanno dall’ assassinio alla frode patrimoniale, senza escludere il ricatto, destreggiandosi tra nobili, ricchi, maggiordomi, tappeti persiani e raffinati servizi da tè, ritrovando tesori, chiarendo misteri e salvando onori minacciati da gravissime onte per poi servire la patria nel corso della Grande Guerra come agente del governo, ritirandosi dapprima nel Sussex, ove si dedica all’ apicoltura, per poi trasferirsi in una fattoria vicino a Eastbourne, ove si dà alla filosofia e all’ agricoltura.

La qualità di una storia dipende in gran parte dallo spessore dei suoi personaggi, e nel corso della serie letteraria dedicata al geniale investigatore Conan Doyle seppe costruire un personaggio unico, indubbiamente fuori del comune, convincente e affascinante. In «Uno studio in rosso» Holmes viene descritto come un uomo molto magro e spigoloso, che sfiora il metro e novanta di statura, con fronte alta e naso aquilino che conferise alla sua espressione un’ aria vigile e decisa, sguardo acuto e penetrante, il mento prominente e squadrato tipico dell’ uomo d’ azione, le mani invariabilmente macchiate d’ inchiostro e di scoloriture provocate dagli acidi, dal tocco straordinariamente delicato. Uomo dalle abitudini frugali, al limite dell austerità, abituato a mangiare pochissimo e convinto che l’ esercizio fisico fine a sè stesso sia uno spreco di energie, tanto da fare raramente del moto se non per ragioni professionali, è per certi versi contradditorio: da un lato rivela un carattere aperto e disponibile all’ aiuto, dall’ altro uno chiuso e distaccato. Nel racconto «Un caso d’identità» si nota un lato pensieroso ed emotivo, quando si lascia prendere dalla rabbia per l’ inganno che ha subito Mary Shutterland e vorrebbe prendere a frustate il padrino che l’ ha illusa di un amore inesistente: questo non significa che sia una persona violenta o aggressiva, anzi dimostra il suo lato umano, sensibile e giusto. Anche nel racconto «Il trattato navale» è presente il suo essere sensibile: «Passò accanto al divano per andare verso la finestra aperta e sollevò il gambo incurvato di una rosa muschiata, osservandone le delicate sfumature verdi e cremisi». Il suo carattere è assai mutevole, in quanto sente un forte bisogno di esercitare la propria intelligenza nella risoluzione di un enigma, quindi alterna momenti di immensa energia ed entusiasmo, tipici quando affronta un caso e nei quali non mangia e neppure dorme, ad altri di depressione nei periodi di inattività, nei quali si sente inutile e sprofonda nella poltrona ricorrendo a iniezioni di cocaina o morfina come antidoto alla monotonia dell esistenza, dipendenza che ad un certo punto, con un certo disappunto da parte del dottor John H. Watson, suo coinquilino, sostituisce con la pipa perché soprattutto nelle indagini più complesse lo porta ad affumicare completamente il soggiorno del loro appartamento. La sua personalità risente molto di questi profondi e numerosi cambiamenti d’ umore, eppure si può affermare che è molto cinico e distaccato da tutto ciò che non lo interessa, un genio dall intuito notevole e dalla grande rapidità di pensiero, un anticonformista il cui comportamento singolare è dettato dalle sue particolari intuizioni sulla vita e il mondo creato dagli uomini, un solitario che comunque sa essere pacato e benevolo verso il prossimo, garbato e delicato verso il cliente di turno, uno che gode nello sfoggiare il proprio talento a danno di Scotland Yard, di cui critica i metodi investigativi pur aiutandola in modo determinante e lasciandole tutto il merito rimanendo anonimo. A lui non interessa inseguire il successo nel lavoro, ma rendersi utile per la società. Pensa a risolvere i casi analizzando il vero problema: fermandosi, sedendosi, chiudendo gli occhi, congiungendo le dita, ascoltando con estrema attenzione e concentrazione, immergendosi profondamente nei suoi pensieri e in una colta meditazione, attendendo con pazienza che arrivi l’ illuminazione. Non è un uomo ordinato, anzi: ha una camera stabilmente in disordine, con carte sparse un po’ dappertutto e sostanze chimiche ed oggetti distribuiti alla rinfusa su tutti i piani disponibili, fuma gli avanzi di tabacco delle pipe del giorno precedente, tiene i sigari nel secchio del carbone, il tabacco nella punta di una pantofola persiana, e la posta inevasa trafitta da un pugnale al centro della mensola di legno del caminetto, si sveglia tardi e si esercita al tiro alla pistola sprofondato sulla poltrona del suo appartamento, mirando alla parete opposta. Tutte indicazioni di una mente lasciata libera di vagare, di scoprire, di allargarsi. Poche volte rimane alzato dopo le 22:00 e invariabilmente la mattina fa colazione ed esce prima di Watson, il solo con cui ha un buon rapporto, mentre appare emotivamente molto distaccato e disinteressato nei riguardi degli altri. Tende poi a non legarsi alle donne nel desiderio di preservare la mente in un costante stato di lucidità e libertà da pensieri inutili e svianti, così da non comprometterne la capacità razionale: «L’ amore è un’ emozione, e tutto ciò che è emozione contrasta con la fredda logica che io pongo al di sopra di tutto.». L’ unica donna per la quale nutre sincera ammirazione è Irene Adler, cantante lirica statunitense di discendenza tedesca, subdola e raffinata avventuriera che in «Uno scandalo in Boemia» riesce clamorosamente a superarlo in astuzia. Non è superbo come appare ai più, ma realista: «Non sono fra coloro che considerano la modestia una virtù. Per un uomo dotato di logica, tutte le cose andrebbero viste esattamente come sono, e sottovalutare sé stessi significa allontanarsi dalla verità almeno quanto sopravvalutare le proprie doti.». E’ un esperto pugile, spadaccino e schermidore con il bastone.
Il metodo di indagine che ha adottato si basa sul processo logico di osservazione e deduzione dei dettagli disponibili, dai quali scarta quelli irrilevanti per poi concentrarsi sui rimanenti. Conoscitore di botanica, geologia, chimica e anatomia, e versato nell’ analisi scientifica, preleva e confronta abitualmente campioni, è un grande esperto nel riconoscere le impronte, fattore spesso centrale nelle sue indagini, è un abile grafologo ed è pratico nell’ interpretazione del linguaggio del corpo. Vanta peraltro una vasta ed enciclopedica conoscenza della storia criminale, che lo aiuta moltissimo nelle sue indagini. Questo metodo lo differenzia dal fratello Mycroft, importante impiegato governativo e più vecchio di sette anni, dotato di capacità deduttive persino maggiori delle sue, ma incapace di svolgere il lavoro tanto caro al fratello a causa della sua particolare pigrizia: pur essendo un vero e proprio calcolatore umano, non si sposta mai più di poche centinaia di metri da casa, evita di uscire per verificare la propria ipotesi preferendo considerarla sbagliata, essendo assolutamente incapace di risolvere un enigma dal punto di vista strettamente pratico.
Il consulente investigativo interpretato da Peter Cushing;

Sherlock Holmes è un personaggio particolarmente suggestivo e coinvolgente, ma il fattore intelligenza rappresenta solo una parte del suo successo e della sua attrattiva. La sua personalità, così dettagliata, anticonformista, spigolosa e spesso sgradevole rappresenta forse il lato che maggiormente ha sempre colpito il lettore. Che genio e sregolatezza vadano a braccetto non è un mistero per nessuno. Da sempre, infatti, le menti più geniali e creative sono state associate ad atteggiamenti altamente singolari, ai limiti dell’ asocialità. Per l’ esattezza, gli individui dall’ intelligenza superiore sono spesso stati indicati come depositari di una profonda alterazione mentale, disturbi bipolari e manie ossessive e compulsive. Rileggendo ad esempio le biografie e le bizzarre abitudini della maggior parte degli artisti, in particolare dei pittori e degli scrittori più celebri, questo troverebbe certamente conferma, e in questi ultimi anni anche la scienza ha fatto la sua parte conducendo alcuni studi che hanno indicato nuove interessanti evidenze scientifiche a sostegno della tesi che vorrebbe uno stretto legame fra genialità e follia, anche se quest’ ultimo termine non è propriamente corretto in quanto il concetto di normalità, quindi quello di follia, si basano su concetti tuttora reputati vaghi e indefiniti. Potrebbe esserci infatti una predisposizione genetica, oppure un’ influenza da parte dell’ ambiente esterno. Comunemente si ritiene che la persona creativa applichi un approccio originale alla soluzione di problemi, e abbia uno stile di pensiero diverso da quello degli altri, animato da una capacità di creare associazioni d’ idee insolite. La creatività può essere definita come la capacità di produrre un lavoro che sia allo stesso tempo nuovo e significativo, opposto cioè tanto al banale quanto alla semplice bizzarria. Per valutare le differenze individuali nella creatività si ricorre all’ esame per il pensiero divergente, che in genere richiede di trovare risposte nuove e sensate a situazioni problematiche. La creatività appare inoltre correlata ad alcuni tratti della personalità, come l’ apertura alle esperienze, ed è stato osservato che le persone altamente creative appartengono più spesso a famiglie in cui qualche membro ha sofferto di disturbi mentali. Anche le persone affette da schizofrenia e disturbo bipolare hanno spesso anomalie nei processi cognitivi. Peraltro, il gruppo scientifico di Kari Stefansson, nello studio pubblicato su Nature Neuroscience, riporta che vi sia una radice genetica comune nei processi cognitivi più elevati e sfaccettati, mentre una ricerca condotta presso il Karolinska Institutet e pubblicata sulla rivista informatica PloS ONE evidenza che genio e sregolatezza hanno origine nella sessa zona del cervello, il talamo, che svolge una funzione analoga a un relè che filtra l’ informazione prima che arrivi alle aree della corteccia, peraltro responsabili della cognizione e del ragionamento. Fredrik Ullén, che ha diretto lo studio, dichiarò: «Studiando il cervello e in particolare i recettori D2, abbiamo mostrato che il sistema dopaminergico di persone sane e altamente creative ha alcune somiglianze con quello di chi soffre di schizofrenia.». Lo studio mostra che le persone fortemente creative che hanno buone prestazioni negli esami sul pensiero divergente hanno anche una bassa densità di recettori D2 nel talamo rispetto a persone che appaiono meno creative. E’ noto che anche gli schizofrenici hanno una bassa densità di recettori D2 proprio in questa regione del cervello, suggerendo una sorta di legame fra creatività e schizofrenia. L’ esistenza di meno recettori D2 nel talamo implica con tutta probabilità un minore filtraggio dei segnali, e quindi un maggiore flusso di informazioni dal talamo: ciò darebbe conto del meccanismo sottostante alla capacità di vedere molti collegamenti insoliti in una condizione di risoluzione di problemi nelle persone creative, e le bizzarre associazioni nel malato mentale.
Uno Holmes depresso interpretato da Jeremy Brett;

Nel caso specifico di Holmes, ad una attenta analisi si può dedurre che soffre del disturbo borderline di personalità, il celebre disturbo mentale le cui caratteristiche essenziali includono la paura del rifiuto, l’ instabilità nelle relazioni interpersonali, nell’ immagine di sé, nell’ identità e nel comportamento. Possono essere presenti ira incontrollabile, depressione e, più raramente, mania. Tali comportamenti sono presenti fin dall’ adolescenza e si manifestano attraverso una varietà di situazioni e contesti. Quando si parla di personalità borderline si intende genericamente un carattere insicuro, spesso aggressivo, egocentrico e connesso ad atteggiamenti come l’ autolesionismo e la depressione. Tuttavia, il problema è più complesso: non si ha a che fare solo con un tipo di indole, perché affermare che qualcuno è borderline non è come dire che è dolce, scontroso o simpatico, e non si tratta neppure di una moda, sebbene nella nostra cultura si sia imposto un certo fascino per le menti tormentate e oscure. La personalità borderline, infatti, è innanzitutto un disturbo psichico, una condizione che genera un significativo livello di instabilità emotiva, caratterizzata da una immagine distorta di sé, da sensazioni di inutilità e dall’ idea di essere fondamentalmente difettati. Il paziente oscilla rapidamente lungo intensi stati di rabbia, furia, dolore, vergogna, panico, terrore ed un sentimento cronico di vuoto e solitudine. Si tratta di individui che si differenziano dagli altri sia per l’ elevata impulsività, sia per una intollerabile condizione di dolore ed urgenza. Altra caratteristica è la reattività umorale. Occorre specificare che non tutti i sintomi del borderline finora evidenziati sono la prova di una patologia, in quanto le sfumature di significato di un atteggiamento possono essere infinite e non è detto che chi si comporta in un certo modo debba per forza essere malato.
Comunque, è sconcertante notare che spesso chi possiede una personalità tormentata presenti anche un carattere interessante da cui scaturisce un forte carisma: gli individui borderline sono tra i più indagati, apprezzati e conosciuti.
In tutta evidenza, il consulente investigativo londinese non incarna tutti gli atteggiamenti tipici del disturbo borderline di personalità: non risulta ad esempio che abbia mai davvero preso in considerazione il suicidio o l’ autolesionismo, e anzi lo si vede assai deciso a vendere cara la pelle. Piuttosto, sono assai evidenti altri sintomi tipici quali l’ instabilità emotiva, che lo vede alternare scoppi di entusiasmo sfrenato quando è vicino alla soluzione un enigma insidioso a momenti di depressione e apatia quando non ci sono più nuovi casi da risolvere e la vita diventa noiosa, senza tralasciare la difficoltà nel gestire le relazioni interpersonali e l’ abuso di sostanze stupefacenti, che in particolare risulta un sintomo dell’ incapacità di controllare la propria emotività, che vive come una vera e propria giostra, oscillando tra stati e percezioni opposti: il cocainomane sente il bisogno di caricarsi sentendosi spesso incapace e poco apprezzabile, mentre il morfinomane tende a spegnere e a spegnersi. Peraltro, la sua straordinaria forza d’ animo e l’ amore per le avventure suggeriscono un particolare bisogno nel mettersi costantemente in gioco, e non gioisce mai dei propri successi proprio perché sempre alla spasmodica ricerca di altri stimoli. La sua tendenza a drogarsi è evidente, tanto con gli stupefacenti quanto con la tendenza ad assecondare il costante bisogno di risolvere i misteri più difficili, per dimostrare qualcosa a sè stesso in una vera e propria mania. E non sembra neppure che abbia una particolare autostima, per quanto lasci intendere di essere cosciente di possedere una mente geniale e spesso appaia altezzoso: tutto ciò può far supporre che si senta un passo indietro agli altri, poiché l’ intelligenza lo rende diverso dalle persone comuni, estraniandolo pertanto dalla società, e il fatto di essere tanto singolare potrebbe farlo sentire inadeguato anziché speciale. E, come sempre accade, l’ arroganza, è la maschera privilegiata con cui gli insicuri occultano il proprio disagio, proteggendosi da eventuali attacchi con un comportamento presuntuoso. Peraltro, i suoi sport preferiti, scherma e pugilato, paiono un veicolo privilegiato con cui raggiungere e preservare un più forte equilibrio mentale ed emotivo: lo sport è da sempre estremamente utile nel dare una direzione alle proprie emozione, specie le meno accettabili quali paura, rabbia e aggressività. Il pugilato, di cui Holmes è un praticante provetto, è spesso visto alla pari di una rissa da osteria, mentre invece richiede grande consapevolezza del proprio corpo e capacità di direzionare la forza, tanto che anche i meno forti divengono capaci di sferzare colpi notevoli. Nella scherma, altra pratica di cui il geniale consulente è eccellente, valgono principi simili al pugilato: gestione e direzione, nonchè coordinamento di tutto il corpo, soprattutto le gambe, in una sorta di danza.
Ciò che più di ogni altra cosa pare confermare maggiormente il suo disturbo borderline di personalità si intravede nel legame con il dottor Watson: finché nella sua vita non ci sono amici a cui valga la pena di affezionarsi riesce a mantenere un distacco notevole da chiunque e a stare bene da solo, eppure, quando sente di potersi aprire con qualcuno, come l’ ufficiale medico reduce dalla Seconda guerra anglo-afghana, inizia ad aver bisogno di tale persona al punto di desiderare una sorta di esclusiva, mossa dalla paura dell’ abbandono. Il geniale ed eccentrico sostenitore della sottile scienza della deduzione potrebbe seriamente avere il cuore assai meno gelido di quanto l’ apparenza possa suggerire.
Sherlok Holmes e il fascino della sua personalità...

Nato come semplice personaggio letterario, oggi Sherlock Holmes è considerato uno dei maggiori personaggi immaginari mai inventati, oltre che uno dei più carismatici e di maggior talento, molto apprezzato per il suo fascino e il carattere, per molti aspetti misteriosi e controversi. Come pochi, anche grazie alle notevoli imprese affrontate sempre con grande successo nonostante le difficoltà e magistralmente raccontate dal fedele amico e braccio destro Watson, suo vero e proprio biografo, ha saputo conquistarsi un ampio pubblico trasformandosi in un’ icona facilmente riconoscibile e davanti a cui è molto difficile rimanere insensibili, assicurandosi un posto d’ onore nell’ immaginario collettivo ampiamente confermato dai mezzi di comunicazione, e che nel corso di oltre cent’ anni ha occupato con la stessa identica maestosità. Basta infatti pronunciare tuttora il suo nome per evocare tanti significati, dal giallo classico al metodo scientifico, dal grande genio della deduzione all’ osservatore esterno e sfuggente della gente comune. Come ignorare o non apprezzare uno come Holmes?