venerdì 28 luglio 2023

La parabola di Rocky Balboa

Rocky Balboa durante un importante incontro;


«Se io riesco a reggere alla distanza, e se quando suona l’ ultimo gong io sono ancora in piedi... se sono ancora in piedi io saprò per la prima volta in vita mia che... che non sono soltanto un bullo di periferia.» Rocky Balboa in «Rocky»; 


Uno degli espedienti a cui Gesù di Nazareth faceva spesso ricorso durante i suoi insegnamenti era la parabola, un racconto il cui scopo consisteva nello spiegare un concetto impegnativo e un insegnamento morale con parole semplici. Le parabole, dal greco antico παραβολή, ossia «confronto, allegoria», usate da Gesù portano con sé un esempio atto ad illuminare la realtà, con un unico punto di contatto tra immagine e realtà. L’ espediente della parabola è stato più volte preso in prestito in svariate culture e religioni in tutto il mondo, ma anche negli ambienti culturali più laici, al fine di riflettere, data la sua efficacia, sulle situazioni della vita e il significato di bene e male incoraggiando ad affrontare con uno spirito migliore le molte e difficili prove dell’ esistenza. Un esempio particolarmente familiare in cui oggi le parabole sono abilmente impiegate è il cinema, che con la presentazione di trame ispirate a personaggi eroici o moralmente esemplari, forte dell’ impatto visivo caratterizzato dalla recitazione degli attori, gli effetti speciali e la musica ha ispirato milioni di spettatori offrendo grandi esempi di vita a cui ispirarsi.

Tra le infinite parabole narrate dal cinema, una si è conquistata da subito un posto speciale nell’ immaginario collettivo, suscitando interesse e consenso divenendo un classico senza tempo, perché basata su valori tradizionali intramontabile: quella narrata nella serie di Rocky Balboa, il pugile italoamericano ideato e impersonato da Sylvester Stallone, un affascinante personaggio che incarna le grandi potenzialità dell’ essere umano che, se opportunamente stimolate e sorrette da uno spirito combattivo, emergono in tutta la loro forza premiando ampiamente gli sforzi compiuti.

Sylvester Stallone nei primi Anni Settanta;


Nel 1969, il giovane Sylvester Stallone, nato nel 1946 da un barbiere italoamericano e da un’ astrologa di discendenza ebraico ucraina, tornò a vivere nella natia New York dopo aver vissuto con la madre a Filadelfia dal 1961, a seguito della separazione dei genitori. Appassionato di recitazione e scrittura, iniziò a partecipare a piccole produzioni off-Broadway e a preparare sceneggiature e copioni sotto speudonimi, come Q Moonblood. Cresciuto in un ambiente molto modesto, ancora giovanissimo si era avvicinato al mondo dello sport grazie al fatto che sua madre possedeva una palestra, in cui senza condizionamenti di sorta e limiti di tempo aveva praticato assiduamente ogni tipo di esercizio ginnico, gettando le basi per lo sviluppo di un fisico fenomenale, ma senza tralasciare gli studi, trascorrendo dopo il diploma due anni all’ American College of Switzerland di Ginevra, che però abbandonò a poco dalla laurea.

Squattrinato al punto da venire sfrattato dal suo appartamento e vivere da senzatetto, riducendosi a dormire per tre settimane alla stazione degli autobus cittadina, nel 1970 partecipò per disperazione a «Porno proibito», un film ad alta componente erotica in cui, a differenza di quel che accade nella pornografia convenzionale, l’ atto sessuale non viene mostrato oppure viene presentato senza visualizzare i dettagli: «O facevo quel film o derubavo qualcuno perché ero alla fine, veramente alla fine della mia capacità di resistenza. Invece di fare qualcosa di disperato, lavorai due giorni per duecento dollari, levandomi dalle stazioni degli autobus.». Il film ebbe il merito di introdurre l’ artista esordiente nel mondo cinematografico, mentre il suo primo ruolo da protagonista in una pellicola cinematografica venne con «Fuga senza scampo», in cui interpretò una giovane guida studentesca che si unisce ad un gruppo di terroristi intenti ad organizzare un attentato. Nel 1971 partecipò a «Una squillo per l’ ispettore Klute», a cui seguì una piccola parte in «Il dittatore dello stato libero di Bananas», di Woody Allen. Nel 1974 si trasferì a Los Angeles, ove fu uno dei protagonisti in «Happy Days - La banda dei fiori di pesco», recitando insieme a Henry Winkler, Perry King e Susan Blakely. Nel 1975 partecipò ad altre produzioni: come comparsa in «Prigioniero della seconda strada» e, con un ruolo più di rilievo, in «Quella sporca ultima notte», dove impersonò Frank Nitti, guardia del corpo di Al Capone. Richard Fleischer lo inserì quindi nel cast di «Mandingo», ma poi la sua scena venne eliminata. Interpretò anche il ruolo dell’ investigatore Rick Daly in un episodio della serie «Kojak», e dopo un provino per il film «Una nuova speranza» di George Lucas, per la parte di Han Solo poi andata a Harrison Ford, partecipò come coprotagonista di «Anno 2000 - La corsa della morte» al fianco di David Carradine.

Rocky Balboa durante un allenamento;


Ormai avviato negli ambienti cinematografici ma purtroppo ancora in condizioni di vita piuttosto precarie, sposato da due anni con Sasha Czack e con un figlio appena nato, il piccolo Sage, nel 1976 il giovane Stallone balzò improvvisamente e inaspettatamente all’ apice del successo con «Rocky», film tratto dalla sua sceneggiatura e in cui interpretò il ruolo del protagonista.

Grande appassionato di pugilato, il 24 marzo 1975 assistette all’ incontro di tra Muhammad Ali, Campione del mondo dei pesi massimi, e un pugile semisconosciuto, Chuck Wepner, organizzato dal dirigente sportivo, imprenditore ed ex pugile Don King, noto per la personalissima acconciatura e il carattere controverso. L’ incontro si concluse con la vittoria di Alì, in quegli anni all’ apice della gloria, ma rimase segnato nella storia pugilistica poiché Wepner lo mise più volte in seria difficoltà, addirittura mandandolo al tappeto durante la nona ripresa, e riuscendo a resistere fino al K.O. durante la quindicesima ed ultima ripresa: la resistenza di questo sportivo ancora anonimo colpì profondamente Stallone, che ebbe l’ idea per una sceneggiatura di circa novanta pagine su di un pugile, Rocky Balboa, un individuo cupo, un antieroe del tipo che in quel tempo era molto amato dal pubblico. Dopo essersi consultato con la moglie, però, modificò il personaggio rendendolo meno sgradevole, grezzo e impenitente, e orientandosi maggiormente verso la figura di Rocky Marciano, anche per lo stile di combattimento. Presentò la nuova versione della sceneggiatura ai produttori Irwin Winkler e Robert Chartoff, i quali rimasero subito colpiti dal soggetto e proposero a Stallone un’ offerta notevole pari a circa trecentosessantamila dollari. Il giovane attore pretese il ruolo da protagonista, contro il parere dei produttori, convinti che la parte principale dovesse toccare ad attori già affermati come Robert Redford, Ryan O’ Neal, Burt Reynolds e James Caan. Alla fine, però, fu Stallone ad aggiudicarsela in quanto rifiutò di cedere la sceneggiatura.

Dopo le audizioni, che ingaggiarono attori del calibro di Burgess Meredith, Burt Young e Talia Shire, a cui si aggiunse il noto sportivo Carl Weathers, le riprese del film ebbero luogo in appena ventotto giorni interamente a Filadelfia, la stessa città in cui era ambientata la vicenda, in una produzione a basso costo, pari ad appena un milione e centomila dollari.

Rocky Balboa e Apollo Creed;


Alla sua uscita nelle sale, il film ottenne un grande successo, incassando duecentoventicinque milioni di dollari nel mondo, divenendo il più alto incasso del 1976. Successo di pubblico e critica, vinse tre Oscar come miglior film, miglior regia e miglior montaggio, e ricevette ben dieci nomine, tra cui quelle per Stallone come miglior attore protagonista e miglior sceneggiatura, diventando la terza persona al mondo, dopo Charlie Chaplin e Orson Welles, ad avere queste due candidature nello stesso anno. Roger Ebert di Chicago Sun-Times diede a «Rocky» quattro stelle e descrisse Stallone come «un giovane Marlon Brando». Da questo momento, la carriera di Stallone fu tutta in discesa, e divenne un mostro sacro di Hollywood. Nel personaggio di Rocky Balboa trasmise molto di sé stesso e della propria vita: entrambi italoamericani, appassionati di sport e nati e vissuti in un ambiente povero e mediocre da cui hanno tentato con tutte le proprie forze di riscattarsi con il proprio talento e un duro impegno, entrambi divenuti simbolo di rivincita su una società spesso chiusa e corrotta, superando avversità e ingiustizie contando solo su sé stessi. Come Stallone affermò in un’ intervista del 2019: «Amo uomini e donne resilienti. Non accetto la sconfitta facilmente. Amo chi combatte per rimettersi in piedi o reinventarsi. Le civiltà vengono distrutte, ma poi tornano.».

La serie di Rocky conta in tutto sei film, a cui si aggiunge una derivata sul personaggio di Adonis Creed, nella quale il vecchio pugile di Filadelfia, ormai settantenne e in ritiro appare nei primi due episodi, sempre interpretato da Stallone. Ognuno di essi poggia su di una storia ricavata da un’ idea ben precisa, atta a commentare le varie possibili tappe alla base del percorso che ogni persona di talento attraversa, contribuendo a tenere vivo l’ interesse del pubblico per un personaggio che di volta in volta poté presentarsi in modo significativo e non ripetitivo.

Rocky e Mickey Goldmill;


Nato a Filadelfia nel 1946, Rocky Balboa è un pugile dilettante della categoria dei pesi massimi, ma non riesce a imporsi a causa dello scarso impegno. Bullo di periferia, vive nella zona peggiore della città, e fa da esattore per Tony Gasco, un malavitoso italoamericano di quartiere, di stampo mafioso. Il suo stile di combattimento è molto simile a quello di Rocky Marciano, che il giovane indica come proprio modello di riferimento: tiene infatti la testa bassa per diminuire l’ allungo dell’ avversario e facendo affidamento su ottime doti da incassatore riesce a resistere ai colpi sfruttandone poi la stanchezza. Mancino, riesce a spiazzare l’ avversario e sbilanciarlo. Per sviluppare la necessaria resistenza aerobica, corre tutte le mattine da casa fino alla cima della scalinata del museo d’ arte di Filadelfia, mentre in palestra, oltre agli esercizi tecnici al sacco e alla pera, esegue soprattutto un lavoro di potenziamento muscolare.

Nella sua vita, entra in contatto con persone speciali da cui riceve qualcosa di prezioso, e che nei momenti più duri costituiscono un’ ottima spinta per rialzarsi e continuare a lottare: il burbero e ubriacone Paulie Pennino, suo migliore amico, gli è sempre accanto e lo sostiene, la dolce e timida Adriana, ricambiata, si innamora di lui, e infine l’ anziano e ruvido Mickey Goldmill, il suo allenatore, vede in lui i semi della grandezza e con asprezza lo sprona a fare di meglio. A proposito del personaggio della guida sportiva, Stallone dichiarò: «Quando scrissi il personaggio di Mickey pensai: ‘Questo è un ruolo chiave’, perché rappresentava in tutto e per tutto un uomo i cui sogni erano stati infranti, un essere umano assolutamente non realizzato. Quindi scelsi un uomo che avesse anche lui questo aspetto, quel tipo di integrità, potenza e onestà per mostrarlo sullo schermo.». E, infine, il Campione del mondo dei pesi massimi, Apollo Creed, dapprima suo superbo e sdegnoso rivale e poi grande amico e secondo mentore, che nei primi quattro film riveste un’ importanza notevole per la sua crescita personale e sportiva. Chiaramente ispirato al leggendario Muhammad Ali, Creed predilige la tecnica, la velocità e l’ agilità tralasciando in parte le capacità d’ incasso, e denota un carattere sfrontato ed esibizionistico, concedendosi spesso battute quali: «Ho incontrato i migliori battendoli tutti!», e: «Ho mandato più gente in pensione io della previdenza sociale…». Tutti questi personaggi, ognuno con un retroterra personale e una dote particolare, rappresentano un tassello essenziale nel mondo e nello sviluppo di Rocky. Stallone ha avuto il grande merito di dare loro grande importanza narrativa, rendendoli narrativamente completi e dettagliati, anziché semplici comprimari.

La rivincita contro Clubber Lang;


In «Rocky», ambientato nel 1976, Rocky è un anonimo pugile e un ragazzo di strada. La gente lo irride come persona, e crede che come pugile non si sia mai misurato in incontri seri e contro avversari impegnativi. Tutto però cambia improvvisamente, quando a sorpresa il grande Apollo Creed, all’ apice della sua carriera e fiero Campione del mondo, per una serie di incredibili circostanze è rimasto senza sfidanti in occasione di uno spettacolare incontro che aveva in programma come parte dei festeggiamenti del duecentesimo anniversario dell’ indipendenza degli Stati Uniti, ragion per cui decide di dare l’ opportunità ad un pugile sconosciuto di affrontarlo, e scegliendo personalmente proprio Rocky perché di discendenza italiana, come Cristoforo Colombo. Avvertito da Mickey, Rocky, in un primo momento intimorito al pensiero di trovarsi a tu per tu con il pugile per eccellenza e sotto i riflettori di tutto il mondo, si sottopone ad un intenso allenamento sotto la dura e costante disciplina impostagli da Mickey, e con il sostegno di Adriana con cui si fidanza, e di Paulie. Quella che doveva essere poco più di un’ esibizione si trasforma in una vera e propria guerra tra i due pugili, in cui alla prima ripresa Rocky riesce addirittura a mettere al tappeto il campione, e si protrae per tutte le quindici riprese, al cui termine Creed viene proclamato vincitore benché il verdetto dei giudici non sia unanime: per il pubblico, peraltro, il vero vincitore è Rocky e non Apollo.

Nel seguito, «Rocky II», Apollo è furioso per come è terminato l’ incontro con Rocky. Benché formalmente vincitore, si sente punto sul vivo e desidera una rivincita. Frattanto, Rocky ritira la sostanziosa borsa che ha incassato con la sfida, si sposa con Adriana, compra casa e si concede molti piccoli lussi ritirandosi dal pugilato a causa delle lesioni subite. Tuttavia il denaro finisce presto, e poiché Adriana è incinta accetta svariati lavoretti finché non si ritrova a fare l’ inserviente nella palestra di Mickey, dove viene preso in giro dagli altri pugili. A seguito delle incalzanti pressioni di Apollo, che avvia una dura e spietata campagna mediatica, e unitamente al parere dell’ anziano allenatore, concede la rivincita al Campione del mondo. Stavolta, Mickey lo sottopone ad una disciplina particolarmente severa, scandita da esercizi in vecchio stile, tipici dei suoi tempi, come il rincorrere una gallina per aumentare la velocità, il saltare la corda per migliorare l’ agilità, e lo induce ad allenarsi a colpire di destro. La sera del secondo incontro, Rocky si misura con un impeto particolare, deciso a riscattarsi dalle delusioni della vita, e trova il coraggio di resistere di fronte al feroce rivale in una battaglia ancora più cruenta della prima. Alla fine entrambi finiscono al tappeto, ma Rocky riesce a rialzarsi prima dello scadere del tempo e soprattutto prima di Apollo, diventando il nuovo Campione del mondo e dedicando la vittoria alla moglie, che da poco ha dato alla luce il loro bambino, Robert Junior. Ora è un campione a tutti gli effetti, non solo moralmente ma anche ufficialmente.

In «Rocky III», ambientato tre anni dopo la sua storica vittoria, Rocky è un uomo di successo, amato dagli sportivi di tutto il mondo, e ha vinto numerosi combattimenti difendendo il titolo di Campione del mondo. Lavora per la pubblicità, vive in una villa favolosa in cui si gode molti piaceri, tra motociclette e automobili. Tuttavia, ad un certo punto spiazza il mondo con la decisione sofferta di ritirarsi, ormai già ampiamente soddisfatto di tanti abbondanti successi, ma proprio in questo momento viene sfidato da Clubber Lang, un giovane e brutale pugile di colore, affamato di vittoria come lo era lui prima di emergere: dopo un drammatico confronto in pubblico, nel quale Lang lo apostrofa con rozzezza e volgarità, Rocky accetta di affrontarlo contro il parere di Mickey, il quale gli confida che come suo allenatore e dirigente negli ultimi tre anni ha programmato per lui incontri su misura poiché, dopo la vittoria del titolo e i compensi milionari, si è progressivamente ammorbidito e adagiato sui suoi successi, perdendo la grinta iniziale. Sconvolto e convinto che gli ultimi tre anni siano stati una farsa ingiusta, Rocky pensa che l’ incontro con Lang gli ridarebbe il rispetto per sé stesso, ma purtroppo la sera dell’ incontro Mickey ha un infarto e Lang, approfittando del suo sconforto, lo sconfigge divenendo il nuovo Campione del mondo dei pesi massimi. A pochi istanti dalla fine del drammatico combattimento, Mickey muore. Proprio quando Rocky si abbandona al dolore, Apollo Creed lo raggiunge e si offre di aiutarlo a prepararsi ad una degna rivincita: secondo lui, infatti, il vecchio Rocky è ancora vivo e occorre solo risvegliarlo. Lo porta con sé a Los Angeles, nel quartiere nero dove è cresciuto, e dopo che Adriana è riuscita a incoraggiarlo, il vecchio rivale, ora suo grande amico e nuova guida, lo allena in modo tale da trasmettergli quello stile veloce e leggiadro che a suo tempo ha fatto di lui un vincente. Il giorno della competizione, Rocky ritrova sé stesso dimostrando che gli sforzi sono valsi fino in fondo: alla terza ripresa, dopo una lunga scarica di colpi a contro uno sfinito Lang, riesce a vincere per KO riprendendosi così il titolo di Campione del mondo.

In «Rocky IV», le vicende di Rocky Balboa si intrecciano con quelle della Guerra fredda, assumendo per la prima volta aspetti politici. L’ Unione Sovietica lancia infatti la sfida al pugilato statunitense presentando l’ imponente e glaciale Ivan Drago, una figura inquietante dall’ impressionante stazza e dalla devastante potenza dei pugni, detentore della Medaglia d’ oro olimpica. Alla notizia che è giunto negli Stati Uniti per una sfida sportiva di alto livello, magari con Rocky in quanto Campione del mondo, Apollo decide di presentarsi dopo cinque anni di inattività. Rocky tenta di dissuaderlo poiché il giovane sovietico pare letteralmente invincibile, ma Creed non vuole sentire ragioni: ha bisogno di un incontro come questo per dimostrare di essere ancora l’ uomo vigoroso di un tempo. La sfida ha luogo a Las Vegas, dove l’ ex Campione del mondo viene massacrato dai colpi di Drago. Rocky vorrebbe interrompere il combattimento, ma Apollo esige di andare fino in fondo, e alla fine muore sotto i colpi impietosi dell’ avversario. Finito nella bufera per non aver gettato la spugna e intenzionato a vendicare il caro amico, Rocky accetta di combattere con Drago ma a causa delle tensioni fra i due Paesi la federazione pugilistica gli fa sapere che non riconoscerà l’ incontro e che quindi non sarà valido per il titolo. L’ incontro viene fissato dalle autorità sovietiche a Mosca nel giorno di Natale e senza premi in denaro per il vincitore. Giunto in Unione Sovietica, Rocky inizia ad allenarsi sotto la stretta sorveglianza delle guardie del corpo che gli sono state assegnate, ricorrendo a metodi rudimentali mentre Drago ha a disposizione macchinari all’ avanguardia e farmaci. L’ incontro si svolge alla presenza delle massime autorità sovietiche e Drago attacca ferocemente iniziando subito a mettere in difficoltà Rocky, che però mostra la sua proverbiale resistenza e alla seconda ripresa reagisce riuscendo a ferirlo: il sovietico inizia quindi a perdere fiducia, anche perché ogni volta che lo atterra Rocky si rialza. Il combattimento si protrae fino alla quindicesima ripresa fra il crescente imbarazzo delle autorità e il pubblico, che nel frattempo comincia ad acclamare a gran voce il pugile statunitense, il quale alla fine riesce a vincere. Appena concluso il combattimento, Rocky prende la parola e auspica una riconciliazione tra i due popoli, venendo applaudito anche dal Presidente sovietico e portato in trionfo dai tifosi e dai suoi cari mentre porta sulle spalle la bandiera a stelle e strisce. Dopo essere stato un ammirato personaggio sportivo ed un esempio da ammirare per impegno e costanza, ora Rocky è considerato un eroe nazionale, al centro di una grande retorica politica.

In «Rocky V», torna a Filadelfia, dove viene osannato per aver battuto uno sportivo sovietico nella sua stessa patria, ma a casa ha un’ amara sorpresa in quanto prima di partire per l’ Unone Sovietica su suggerimento di Paulie ha firmato imprudentemente una procura in favore del proprio commercialista, convinto che fosse una proroga per la dichiarazione dei redditi, mentre invece si trattava di una serie di speculazioni che non hanno avuto l’ esito sperato, riducendo i Balboa sul lastrico. Volendo rimettere a posto le cose, vorrebbe accettare la proposta di George Washington Duke, un avido e spietato promotore di eventi sportivi, ma su consiglio di Adriana si sottopone ad esami medici, dato che al termine dell’ incontro a Mosca si era sentito male nello spogliatoio, e apprende che a causa dei violenti colpi alla testa ricevuti da Drago ha riportato gravi lesioni cerebrali che potrebbero essergli fatali se ritornasse a combattere. Rocky è quindi costretto al ritiro dall’ attività sul ring, ed i suoi beni vengono venduti all’ asta: molti dei suoi ricordi, compresi la villa e la moto, consentono di ricavare abbastanza per rimediare al disastro finanziario. Il titolo di Campione del mondo rimane vacante, e torna a vivere nel vecchio quartiere, dove Adriana riprende a lavorare nel vecchio negozio di animali dove era impiegata prima di sposarsi, mentre lui inizia ad allenare pugili nella vecchia palestra lasciatagli in eredità dal defunto Mickey.

Mentre Washington Duke tenta in tutti i modi di convincerlo a combattere ancora, Rocky conosce Tommy Gunn, un giovane pugile molto promettente che accetta alla propria palestra. Tra i due nasce un legame molto stretto, l’ ex Campione del mondo vede sé stesso nel giovane, che dimostra grande forza, e gli insegna a superare le proprie paure e a padroneggiare la propria forza. Washington Duke torna alla carica e circuisce il giovane Tommy: poiché tra lui e Rocky c’ è solo un patto informale, promette di introdurlo nel mondo del pugilato ad alto livello con la promessa di un facile e copioso guadagno. Tentato da un radioso futuro, l’ emergente sportivo accetta e abbandona Rocky, che inutilmente tenta di avvisarlo che loschi figuri come Washington Duke sono pericolosi perché mirano a sfruttare un pugile finché si rivela per loro una fonte di opportunità e li gettano via alla prima occasione. Lui invece vorrebbe guidarlo in un sentiero più graduale e insegnargli a prendersi cura di sé stesso.

Sotto la gestione di Washington Duke, Tommy riesce a vincere il titolo di Campione del mondo tramite incontri opportunamente manovrati, ma la stampa continua a parlare del suo legame con Rocky, e il dirigente sportivo quindi pensa che un incontro tra i due sul ring metterebbe le cose a tacere. I due vanno a cercare Rocky al bar, dove l’ ex Campione del mondo propone una sfida in strada, mentre Washington Duke vorrebbe un incontro sul ring. Benché provato dalle lesioni, il vecchio pugile riesce a battere l’ ex allievo e amico, esprimendogli il proprio rammarico per la sua ingratitudine, e assiste al suo arresto per rissa dai poliziotti e all’ abbandono da parte di Washington Duke che lo accusa di essersi fatto mettere al tappeto e umiliare in strada da quello che considera ormai un vecchio rottame.

In «Rocky Balboa», Rocky, ormai quasi sessantenne e vedovo da qualche tempo, dopo aver ceduto la vecchia palestra ereditata da Mickey possiede e gestisce un ristorante italiano. Vede poco il figlio Robert Junior, che, sentendosi a disagio per la sua fama internazionale, si tiene lontano da lui e vorrebbe farsi un nome per conto proprio. Malinconico e nostalgico, balza nuovamente agli onori della cronaca quando una simulazione al computer lo dà vincente contro l’ attuale Campione del mondo dei pesi massimi, Mason Dixon, la cui potenza fisica e temperamento non concedono spettacolo e che hanno fatto perdere l’ interesse per il pugilato. Deciso a rimettersi in gioco, Rocky decide di riprendere ad allenarsi e a combattere per piccole esibizioni, e proprio a questo punto i dirigenti sportivi e allenatori di Dixon lo contattano per proporgli un incontro con lui. Dopo un’ iniziale esitazione, accetta poiché per quanto sia effettivamente avanti con l’ età: «E’ meglio essere felici scegliendo essere quello che si è, piuttosto che essere infelici rinunciandoci.». Si allena duramente sotto l’ anziano Tony Evers, il vecchio allenatore di Apollo Creed, sebbene il cognato Paulie e Robert Junior rispondano con scetticismo. La stampa lo deride, sottolineando spesso l’ assurdità del ritorno sul ring di un pugile ormai anziano, ma lui tiene duro fino alla serata dell’ incontro a Las Vegas. Tutti si aspettano di vederlo vacillare ancor prima della fine della prima ripresa, ma a sorpresa dimostra di possedere ancora una notevole resistenza e forza fisica e presto pubblico e cronisti fanno il tifo per lui. L’ incontro si rivela teso e avvincente, con i due avversari che si fronteggiano senza risparmiarsi e dandosi filo da torcere fino alla fine della quindicesima ripresa: Rocky rimane fieramente e ostinatamente in piedi, esattamente come Dixon. Il verdetto non è unanime, e dichiara Dixon vincente, tuttavia, come già avvenuto nell’ incontro del 1976 con Apollo, il vero vincitore acclamato dal pubblico è Rocky, che riesce a dimostrare innanzitutto a sé stesso di valere ancora qualcosa, che la vita non lo ha battuto e neppure piegato nonostante la sua durezza.

Allenatore e guida di Adonis, figlio di Apollo;


A questo punto le vicende del pugile italoamericano di Filadelfia parrebbero ormai finite, ma nel 2015 venne presentato «Creed - Nato per combattere», primo episodio di una nuova serie dedicata ad Adonis Johnson, figlio illegittimo di Apollo, nato dopo la sua morte e che dopo un’ infanzia difficile tra riformatori e affidamenti a seguito della morte della madre viene adottato dalla vedova del padre. Nonostante le agiate condizioni di vita e il buon lavoro, sente il richiamo dell’ attività pugilistica e dopo alcuni combattimenti di basso livello raggiunge Filadelfia e chiede a Rocky di insegnargli. Questi, rimasto solo dopo la morte di Paulie e il trasferimento del figlio in Canada, inizialmente rifiuta dicendo che con il pugilato ha chiuso e sta per andare in pensione anche con il ristorante, ma alla fine riconosce qualcosa del vecchio amico nel giovane e accetta di fargli da allenatore: «Tuo padre era speciale, e sinceramente non so se tu lo sei. Solo tu lo capirai quando sarà il momento, ma non accadrà da un giorno all’ altro, finirai al tappeto tante volte finché rialzandoti in piedi non capirai di avere quella scintilla. Ma dovrai darci dentro, anche perché se non lo farai giuro che ti mollo.». Durante una sessione di allenamento, però, viene colpito da un malore e benché in apparenza stia meglio dalle analisi mediche si scopre che è soggetto a un linfoma non Hodgkin. La prima reazione è quella di non volersi curare, memore della sofferenza che Adriana ha dovuto passare con la chemioterapia, che neppure l’ ha salvata dalla malattia. Quando Adonis lo viene a sapere, sconvolto, convince l’ allenatore a ripensarci, incoraggiandolo a combattere le loro personali battaglie insieme: da combattente qual’ è sempre stato, ora scende in campo contro un nemico del tutto particolare, senza dimenticare l’ impegno preso con il nuovo amico, che vuole guidare nella sua preparazione. Si sente infatti orgoglioso di quello che il ragazzo sta diventando, lo ringrazia per non averlo abbandonato ed averlo convinto a non mollare, e gli chiede di fare lo stesso: «Sai una cosa, non ho mai potuto ringraziare Apollo, per avermi aiutato dopo la morte di Mickey ma non è niente, in confronto a ciò che hai fatto tu! Tu mi hai spinto a lottare di nuovo! Tornerò a casa e combatterò questa cosa, ma se lotto io, devi farlo anche tu!».

In «Creed II», il giovane Adonis, che ha adottato il cognome del padre ed è divenuto Campione del mondo dei pesi massimi sotto la guida di Rocky, accetta di sfidare Viktor Drago, il figlio di Ivan, il pugile che portò il padre alla morte e che a seguito della sconfitta per mano di Rocky cadde in disgrazia trasferendosi in Ucraina. Rocky cerca di fargli cambiare per paura che faccia la stessa fine di Apollo, ma non ci riesce, ragion per cui gli comunica che questa volta se la dovrà vedere da solo: non lo allenerà e non sarà presente al suo angolo. Dopo essersi allenato con il figlio di Tony Evers, storico allenatore di suo padre e di Rocky stesso, affronta il giovane Drago, che lo massacra di colpi ma commette l’ errore di sferrare il pugno del KO mentre è inginocchiato, venendo squalificato. Adonis rimane Campione del mondo, ma è costretto ad una lunga convalescenza. Quando riprende gli allenamenti, deve innanzitutto riprendersi nello spirito, gravemente segnato. Dopo aver ritrovato l’ amico Rocky, riprende ad allenarsi intensamente e infine si recano in Russia per accogliere la rivincita richiesta da Viktor e Ivan Drago. Lo scontro è durissimo, ma alla fine Adonis vince e si conferma Campione del mondo. Al ritorno a casa, Rocky si fa coraggio e, dopo anni di silenzio bussa alla porta di Robert Junior per riabbracciarlo e soprattutto per conoscere il piccolo Logan, il nipotino mai visto: è questa la degna conclusione della parabola epica di un uomo, di un combattente che si avvia alla fine dei suoi giorni chiudendo il cerchio, dopo aver realizzato sogni profondi e risolto antiche difficoltà.

Rocky Balboa poco prima di riprendere a lottare;


Rocky Balboa è senza dubbio uno dei personaggi cinematografici più noti e amati di tutti i tempi, un classico capace di andare oltre l’ epoca in cui venne sviluppato e presentato al pubblico originario. Nel modellarlo, Sylvester Stallone si concentrò particolarmente sull’ idea che chiunque può avere successo nella vita, purché si scelga una stella e la segua con impegno e costanza: non bisogna mollare mai, e nessun ostacolo è insormontabile se ci si adopera al massimo. Non solo, durante la genesi del personaggio e delle sue vicende si ispirò soprattutto a sé stesso, e al proprio percorso di vita. Infatti, in molti, conoscendo i trascorsi personali di Stallone, riconoscono molto di lui in Rocky al punto da non vedere un confine preciso tra attore e personaggio: Filadelfia è la città in cui il giovane Stallone visse insieme alla madre ed entrò in contatto con lo sport, allenandosi con passione nella palestra materna e avvicinandosi al pugilato; sia Stallone che Rocky vissero in condizioni di vita piuttosto drammatiche prima dell’ improvviso e inaspettato successo, ed entrambi sono appassionati di arte: il primo è un pittore provetto in stile surrealista e l’ altro un frequentatore abituale del Philadelphia Museum of Art. Come raccontato dallo stesso Stallone, l’ improvviso successo lo portò ad un apprezzamento immenso da parte di pubblico e critica, e a incassi milionari con cui si concesse spese pazze e mondanità: «Mi sentivo come un bambino in un negozio di dolciumi in cui si può prendere tutto ciò che vuole liberamente, senza pagare.». Era corteggiatissimo, protagonista di film d’ azione e personaggio disinvolto nel mondo della pubblicità: proprio come Rocky in «Rocky III», che nei tre anni dopo la vincita del titolo di Campione del mondo ottiene un successo che gli dà alla testa sotto l’ occhio vigile e protettivo di Mickey, e solo l’ incontro con il brutale Lang, con la sua mortificante vittoria, lo richiama sonoramente alla realtà scuotendo la sua vanità. Durante gli anni della presidenza di Ronald Reagan, Stallone era divenuto un’ icona della Guerra fredda con l’ interpretazione di John J. Rambo in «Rambo», incentrato sulla figura del dramma di un reduce della guerra in Vietnam, e per sua natura Rocky ben avrebbe potuto seguirne le orme, in un film, «Rocky IV», che trattasse la contrapposizione tra Stati Uniti, culla di libertà e civiltà, e Unione Sovietica, impero del male e dell’ oppressione, per mezzo di un incontro tra sportivi che risultassero il prodotto del sogno americano da un lato e dell’ obbedienza ad un regime rigido e totalitario dall’ altro. A testimonianza di ciò, la caratterizzazione e gli atteggiamenti dei sovietici furono alquanto meccanici, tra il portamento, la disciplina, il nazionalismo e persino lo stile di allenamento. Proprio da questo tema ne sorse un altro di importanza centrale della storia: il confronto tra macchine e uomini, esaltato dalle macchine e tecnologie utilizzate negli allenamenti di Drago in contrasto con gli allenamenti rudimentali di Rocky e il robot domestico che viene regalato a Paulie per il suo compleanno.

Ad un certo punto, però, Stallone decise di invertire la tendenza. All’ inizio degli Anni Novanta, infatti, sentì il bisogno di diminuire con l’ impegno nel genere di azione che l’ aveva reso celebre, tentando un’ incursione anche nella commedia per dare risalto alla propria vena ironica, di cui era notoriamente dotato. Tali riflessioni ebbero conseguenze anche su Rocky, che nel terzo e nel quarto film era divenuto un personaggio più serio e cupo, per il quale provava meno simpatia in confronto al ragazzone semplice e trasandato come era stato nei primi due episodi, quindi in «Rocky V» richiamò il regista del primo film e fece di tutto per ricreare le atmosfere iniziali, arrivando al punto da far perdere a Rocky e famiglia la grande ricchezza accumulata in anni di successo sportivo e rimandandoli a vivere nel vecchio e povero quartiere, dove il suo personaggio avrebbe ripreso il ruolo di Mickey allenando un giovane allievo che avrebbe continuato a fare ciò che ormai a lui non sarebbe stato più possibile. Negli anni successivi, proprio come Rocky, Stallone visse un periodo di declino: se il pugile era ormai costretto per motivi di salute a non combattere più, l’ attore fu penalizzato per tutti gli Anni Novanta e buona parte dei primi Anni Duemila a insuccessi e produzioni di scarso peso. Le chiamate dalle grandi produzioni cessarono, e la stella che tanto aveva brillato pareva ormai affievolita. Tuttavia, la sua creatura più amata gli avrebbe nuovamente teso la mano, e alla non più tenera età di sessant’ anni lo interpretò nuovamente in «Rocky Balboa», storia in cui le analogie tra attore e personaggio sono infinite: entrambi, ormai vecchi, nostalgici e visti come ricordo di un periodo ormai trascorso decidono di rimettersi in gioco con ciò che sanno fare meglio, uno ricominciando con i film di azione e l’ altro riprendendo a combattere. Tanto Stallone quanto Rocky vengono inizialmente derisi e guardati con scetticismo, suscitando le reazioni meno lusinghiere, eppure tengono duro, sicuri di essere nel giusto, e si battono fino alla fine senza risparmiarsi: entrambi alla fine portano il pubblico a ricredersi, dimostrando che non è mai troppo tardi per essere ciò che si è, in piena libertà, a dispetto di un’ età che comincia a farsi sentire. Quando Mason Dixon, suo sfidante nell’ ultimo incontro, gli chiede perché sia sceso in campo, Rocky risponde sardonico ma incisivo: «Un giorno lo capirai!».

Sylvester Stallone in tarda età;


Ad un’ attenta analisi, Rocky Balboa appare molto più di un semplice personaggio cinematografico di genere sportivo, ma un esempio di vita e mentalità, e la sua storia vuole essere una parabola dal significato ben preciso. La vita sarà senz’ altro bella e meravigliosa come sacerdoti e filosofi ripetono da secoli, ma comporta anche una certa mole di dolori e avversità a cui occorre imparare a rispondere per crescere, evolversi, sopravvivere. Proprio come dice lo stesso Rocky in un drammatico confronto con il figlio, Robert Junior: «Il mondo non è tutto rose e fiori, è davvero un postaccio misero e sporco e per quanto forte tu possa essere, se glielo permetti ti mette in ginocchio e ti lascia senza niente per sempre. Né io, né tu, nessuno può colpire duro come fa la vita, perciò andando avanti non è importante come colpisci, l’ importante è come sai resistere ai colpi, come incassi e se finisci al tappeto hai la forza di rialzarti... così sei un vincente! E se credi di essere forte lo devi dimostrare che sei forte! Perché un uomo vince solo se sa resistere! Non se ne va in giro a puntare il dito contro chi non c’ entra, accusando prima questo e poi quell’ altro di quanto sbaglia! I vigliacchi fanno così e tu non lo sei! Non lo sei affatto!».

Con la sua caratterizzazione, Sylvester Stallone ha voluto presentare un personaggio che parlasse di sé e della sua voglia di realizzarsi, e nel quale ha immesso molto della propria personalità, narrando una parabola sulla vita e le sue difficoltà, ma anche sulla possibilità di riscattarsi tramite il duro impegno e la fiducia in sé stessi e nel proprio potenziale: «Non mi considero diverso dalle altre persone: il segreto è sconfiggere la paura. Tutti abbiamo problemi, ma se tieni duro può arrivare improvvisamente la telefonata che ti cambia la vita. Bisogna essere ottimisti. Rocky e Rambo sono così.».