giovedì 27 settembre 2018

Harry Houdini, il potere e il fascino dell’ illusione

Harry Houdini, il più famoso illusionista di sempre;

«Privare la magia del suo mistero sarebbe assurdo come togliere il suono alla musica.» Orson Welles;

Nel lungo e tortuoso cammino della vita, uomini e donne maturano il preciso bisogno psicologico di aggrapparsi a qualcosa da cui trarre speranza. Ma, purtroppo, spesso e volentieri le illusioni diventano molto potenti, e calandosi sotto un manto confortevole e allietante finiscono per diventare addirittura più credibili della stessa realtà, e occorre una volontà ferrea e costante, addirittura coraggiosa, per fronteggiarla correttamente.
Come una piovra dai lunghi e numerosi tentacoli, l’ illusione raggiunge tutti gli infiniti ambiti dell’ esistenza umana, eppure talvolta riesce a diventare qualcosa di innocuo e affascinante, che intrattiene la gente incantandola con prodigi sensazionali, sui quali si interroga a proposito del loro trucco: l’ illusionismo, l’ arte di eseguire un’ azione in modo da farla apparire come dovuta a cause preternaturali, è da lungo tempo una delle più celebri, suggestive e addirittura apprezzate attrazioni del settore del divertimento. Il bello della magia sta proprio nel fatto di avere un trucco che non deve mai essere svelato, e fin dai giorni dell’ Età del ferro e del bronzo la gente guarda con ammirazione i giochi illusionistici, dai primi in forma rudimentale dei tempi antichi a quelli più elaborati dei giorni attuali, ingegnandosi sulla loro soluzione.
Houdini pronto a immergersi incatenato agli arti;

Uno dei più famosi illusionisti ed escapologi di tutta la storia, entrato nella leggenda per una lunga serie di fughe impossibili, fu senza dubbio Harry Houdini, uomo geniale e tormentato, singolare e affascinante, che durante la sua scintillante carriera beffò ampiamente le leggi della fisica come solo i grandi artisti possono permettersi, lasciando ogni volta il pubblico sbigottito e al tempo stesso affascinato dal suo sconfinato talento. Curioso, poliedrico e indiscusso talento creativo, visse costantemente alla ricerca di qualcosa di nuovo con cui sorprendere gli spettatori, riflettendo ampiamente e profondamente su tutto ciò che lo circondava, peraltro scagliandosi ammirevolmente contro ciarlatani e stregoni di vario tipo. Si considerava a ragione un artista, avendo creato moltissimi trucchi con cui sfidò ripetutamente sé stesso e lo stupore delle platee, passando alla storia come acutissimo promotore di questo insolito e complesso mestiere. Fu una persona straordinaria, reputata in possesso di grandi poteri miracolosi: la celebre attrice teatrale e cinematografica Sarah Bernhardt gli domandò se ricorrendo alla magia potesse farle ricrescere la gamba amputata; il Presidente statunitense Theodore Roosevelt si convinse che possedesse elevate facoltà medianiche con cui riusciva a leggergli il pensiero; lo scrittore britannico Sir Arthur Conan Doyle sostenne apertamente che le sue leggendarie fughe erano possibili perché in grado di smaterializzarsi; George Bernard Shaw amava ripetere che la sua fama di mago era paragonabile soltanto a quella di Gesù. Scrittori come James Joyce, Howard Phillips Lovecraft e Edgar Lawrence Doctorow immortalarono le sue gesta nei loro romanzi.
Ma tutto questo è il mito, dunque chi veramente fu «il Grande Houdini»?
Il mago in una fotografia del 1907;


Ehrich Weisz, quarto di sette fratelli, nacque nel 1874 a Budapest, nell’ Impero austro-ungarico, in una famiglia ebraica. Quando aveva quattro anni, gli Weisz emigrarono negli Stati Uniti, dapprima ad Appleton, nel Wisconsin, e poi a New York, assumendo un nome più anglosassone, Weiss. Lo stesso nome di Ehrich venne mutato in Erik.
Il padre, Mayer Samuel, era un rabbino dal reddito assai modesto, ragion per cui Erik anni iniziò a lavorare a quattordici come tagliatore in una fabbrica di cravatte. In quello stesso periodo maturò un grande interesse per la magia, molto di moda in quegli anni e condotta come spettacolo teatrale dagli illusionisti, attirando vaste folle di spettatori, tra cui nobili e persino sovrani. I prestigiatori migliori si arricchivano notevolmente e portavano gli spettacoli in tournée in tutta Europa. Nella fabbrica di cravatte il giovane Erik conobbe un altro ragazzo, Jacob, che aveva il suo stesso interesse e desiderio di fama e ricchezza, lasciandosi alle spalle il mondo di mediocrità e povertà in cui erano nati, e insieme si esercitarono con grande impegno per imparare i trucchi.

Poco tempo dopo, Erik udì parlare di alcune sedute spiritiche che avevano luogo in zona, alle quali volle assistere poiché durante il loro svolgimento i partecipanti assistevano a bizzarri fenomeni: mentre il tavolino a cui sedevano traballava o levitava venivano toccati da mani invisibili, oppure udivano strani rumori. Se gli illusionisti parlavano apertamente di trucchi, rendendo la loro magia una forma di spettacolo, i medium nominavano invece le anime dei morti.
Durante la sua prima seduta spiritica, che ebbe luogo in una cabina buia chiusa da pesanti tendaggi, avvennero diverse apparizioni di persone, riconosciute dai presenti come le anime dei loro cari defunti, che camminavano pesantemente sul legno del pavimento che scricchiolava sotto il loro peso: Erik intuì sia il trucco che la facilità con cui la gente con era propensa a farsi turlupinare. Si procurò pertanto un libro in cui si spiegavano molti dei trucchi adottati dai medium, uno dei quali attirò la sua attenzione: sospettati di imbroglio, molti di essi si facevano legare volendo dimostrare come i fenomeni che si manifestavano durante le sedute non fossero opera loro, pur riuscendo a slegarsi approfittando del buio. Lui e Jacob, conseguentemente, si esercitarono fino a divenire abilissimi in questa particolare, e dopo aver letto le memorie del grande illusionista Jean-Eugène Robert-Houdin scelse di dedicarsi all’ illusionismo, assumendo in suo onore il nome d’ arte di Harry Houdini, che peraltro in un secondo momento adottò come nome legale, e a diciassette anni cominciò ad esibirsi insieme a Jacob.
Houdini rinchiuso in un contenitore latte nel 1908;

I primi e brevi spettacoli ebbero luogo nelle birrerie, applicandosi ai giochi di carte e alle altre arti di prestigio tradizionali, in occasione dei quali Houdini assunse il soprannome di «Re delle carte», ma presto cominciò a sperimentare le sue evasioni, il cui culmine consisteva nello scambio di persona all’ interno di un baule, trucco già precedentemente attuato da altri maghi: si trattava di un cassone in legno con uno sportello segreto che apriva verso l’ interno, con Houdini che veniva legato, chiuso in un sacco e infilato all’ interno mentre Jacob chiudeva a chiave. Il baule a sua volta veniva legato e coperto da un paravento. Poco dopo Houdini rientrava sul palcoscenico, toglieva il paravento e apriva il baule ancora legato, mentre all’ interno vi era Jacob, nel sacco. Tutto avveniva rapidamente: appena dentro il sacco, Houdini si slegava le mani, tagliava il sacco e una volta chiuso il baule apriva lo sportello segreto, uscendone. Jacob invece lasciava il palco profittando del buio, mentre la luce illuminava solo il paravento, e faceva all’ opposto tutto il percorso di Houdini. Lo spettacolo terminava con Jacob seduto dentro il baule, mentre nessuno poteva vedere che il sacco aveva il fondo tagliato. Il trucco era perfetto se si eseguiva con grande rapidità, ragion per cui Houdini si esercitava per farlo sempre più velocemente, ma Jacob non riusciva a stargli dietro, e dopo pochi mesi la società si sciolse.
Houdini e Bess nel 1922;

A seguito della richiesta del padre, Harry cominciò a lavorare con il fratello Theodore, nel quale trovò un compagno alla propria altezza: furono scritturati per spettacoli al parco dei divertimenti di Coney Island, ove lavoravano anche le sorelle Floral, che facevano un numero di canto e ballo. Houdini si innamorò di una delle due, Wilhelmina Beatrice Rahner, detta Bess, che sposò dopo due settimane. Lui aveva vent’ anni, lei diciotto. Bess fu per lui la compagna ideale, sostenendo sempre le sue grandi ambizioni con assoluta devozione, e lavorò costantemente al suo fianco negli spettacoli, esercitandosi come lui. I due non ebbero figli a causa della sterilità di lui, indotta da un massiccio uso di raggi X, da poco scoperti e impiegati da un fratello radiologo: le immagini lattiginose e fantasmatiche tratte dall’ interno del corpo umano lo sconvolsero e gli parvero la conferma scientifica e indubitabile a danno dei ciarlatani dello spiritismo, grande e redditizio raggiro fondato sulla disperata speranza dei viventi.
Il numero del baule venne perfezionato, con lei si rivolgeva al pubblico dicendo: «Batterò tre volte le mani, e assisterete a un miracolo!». Dopo di che spariva dietro il paravento, si udivano i tre colpi battuti dal marito, nel frattempo già uscito dal baule, e il paravento veniva spostato mostrando lui con alle spalle il baule chiuso e legato: il tutto in appena tre secondi. Aprendo il baule, riappariva Bess. Questo numero di grande successo, battezzato «Metamorfosi», garantì molti spettacoli di grande successo alla coppia in tutti gli Stati Uniti.
Peraltro, ispirato ad un numero visto a Chicago, in cui un illusionista si liberava di un paio di manette tramite un trucco banale, ossia aprendole con un duplicato della chiave mentre erano coperte da un fazzoletto, Houdini cominciò ad esercitarsi comprando vecchie manette nei negozi di rottami e pezzi di ferramenta, volendo trovare una maniera per aprirle senza usare la chiave, smontandole e rimontandole. Allo stesso tempo si esercitò intensamente per imparare a liberarsi di una camicia di forza, dedicandosi a tali esercizi ogni giorno, finché imparò a portare le braccia davanti al corpo, ad aprire le fibbie delle cinghie con i denti, poi ad allungare le braccia dietro la schiena e ad aprire anche le altre fibbie: dopo una settimana era contuso, dolorante e con la pelle scorticata, ma assolutamente lieto dei risultati, tanto che nel 1899, intervistato per conto di un giornale, dichiarò di essere in grado di liberarsi da qualsiasi tipo di manette in uso presso la polizia. Venne accompagnato al commissariato, ove sfidò gli agenti a tenerlo prigioniero: riuscì a liberarsi da tutte le manette, e l’ episodio, riportato da un autorevole quotidiano di Chicago, gli procurò subito una grande popolarità.
Il noto numero della fuga dall’ acqua;

Il «grande Houdini», come veniva chiamato, prestava grande attenzione alla propria prestanza fisica, allenando costantemente i propri muscoli, soprattutto gli addominali, che normalmente permetteva di mettere alla prova incoraggiando la gente a dargli pugni. Durante gli spettacoli veniva immobilizzato personalmente dal pubblico con ogni sorta di legami metallici, da cui lui si scioglieva puntualmente: si trattava di una mossa dal grande effetto, in quanto si supponeva che gli oggetti usati dagli spettatori non fossero truccati. A San Francisco, l’ illusionista sfidò nuovamente la polizia tra le mura di un commissariato a far uso di ogni tipo di legame di contenzione, riuscendo a liberarsene, sebbene un giornale, l’ Examiner, sostenne che in tutta evidenza lui possedeva i duplicati delle chiavi: al suo ritorno a San Francisco per una replica dello spettacolo, Houdini ripeté la sfida davanti a poliziotti e giornalisti, spogliandosi per dimostrare che non aveva nulla indosso. Gli legarono le mani e incatenarono le caviglie, poi formarono una catena con dieci paia di manette per unire le mani ai piedi, e infine lo chiusero in un armadio. Impiegò dieci minuti per uscirne libero, e l’ episodio, prontamente riferito dai giornali, suscitò un enorme clamore.
Houdini in catene nel 1899;

Nel 1900 fece una tournée in Europa, dove non era ancora famoso. In Gran Bretagna, a Scotland Yard, ripeté il trucco delle manette, e in seguito iniziò gli spettacoli presentandosi come «Re delle manette», ottenendo un successo strepitoso. Proseguì poi nella Germania imperiale, dopo essersi allenato presso un fabbro sulle massicce serrature germaniche.
Nella sua ricerca di numeri sempre più sbalorditivi, decise di esibirsi anche all’ aperto, peraltro tuffandosi dai ponti più famosi delle città statunitensi: si immergeva dopo essere stato legato e ammanettato, e una volta sott’ acqua si slegava e riemergeva libero. Nel 1908 inventò qualcosa di nuovo: l’ evasione da un bidone di acqua. Si trattava di un numero che prevedeva l’ impiego di un grosso bidone alto poco più di un metro, che veniva riempito di acqua. Houdini vi si immergeva con i polsi ammanettati, un collare metallico chiuso al collo veniva fissato all’ interno del tappo, infine questo veniva chiuso e fermato con sei lucchetti. Davanti veniva sistemato un paravento, e trascorrevano circa tre minuti e mezzo prima che venisse rimosso. L’ illusionista appariva grondante d’ acqua davanti al bidone ancora chiuso, mentre il pubblico veniva preso da crisi d’ ansia mentre passavano i minuti, e rimaneva affascinato e sollevato quando Houdini ricompariva, ovviamente libero. Questo numero impegnativo veniva eseguito anche tre volte per sera, ma lui, trentaquattrenne, era in perfetta forma fisica.
Il mago con la moglie e la madre nel 1907;

Harry Houdini non tardò ad imporsi sulla scena mondiale, e nel 1913, durante la nuova tournée in Europa, presentò un altro numero, il più straordinario e impressionante, quello della cassa della tortura cinese: si trattava di una cassa verticale piena di acqua, la cui parete anteriore era in vetro. Gli spettatori potevano vederlo mentre veniva immerso a testa in giù nella cassa, con le caviglie immobilizzate dai ceppi di legno che costituivano parte del coperchio. La cassa veniva poi sigillata, nascosta da un paravento, e l’ orchestra cominciava a suonare. Essendo un numero effettivamente rischioso, in quanto il mago poteva sentirsi male e annegare, presenziavano abitualmente due assistenti pronti ad intervenire con casco e asce da pompiere. Il pubblico, dopo averlo visto a testa in giù e sott’ acqua, con il trascorrere dei primi due minuti cominciava ad agitarsi, e spesso avevano luogo veri e propri sfoghi isterici, con molti presenti che incitavano gli assistenti a salvarlo: finalmente Houdini usciva da dietro la tenda, libero dai legami, con la cassa dietro di lui vuota e chiusa.
Proprio in quell’ anno, l’ amata madre, Cecília Steiner, morì. Per lui fu un colpo durissimo, e la sua vita cambiò radicalmente. Il desiderio di comunicare ancora con lei fu talmente forte da tentare nuovamente l’ antico esperimento delle sedute spiritiche. Dopo gli anni della Grande Guerra, lo spiritismo recuperò molta popolarità sul suolo europeo, in quanto molte famiglie avevano perduto qualcuno e il desiderio di stabilire un contatto con l’ oltretomba era pressante. Vi si dedicarono anche personalità di un certo rilievo, come Sir Arthur Conan Doyle, preso da una sorta di fanatismo romantico. Houdini e il creatore di Sherlock Holmes si incontrarono e strinsero amicizia. Il mago era disponibile, anzi sperava vivamente di cambiare opinione sui medium, ma non aveva alcuna intenzione di accettare lo spiritismo, il mesmerismo e la negromanzia come verità rivelate, quindi iniziò la ricerca di un medium autentico, pur incontrando i soliti impostori dagli abituali trucchi, pertanto divenne un membro del comitato di Scientific American, che offriva un ricco premio in denaro a chiunque dimostrasse di possedere effettivamente capacità sovrannaturali. Mentre la sua fama di «acchiappafantasmi» cresceva, prese a frequentare in incognito le sedute spiritiche, accompagnato da un giornalista e da un ufficiale di polizia: la più famosa medium che cercò di smascherare fu Mina Crandon, nota con il nome di Margery. Houdini fu in grado di ricreare le dinamiche delle sue sedute, ma il trucco dietro alcuni aspetti rimase controverso, in quanto nessuno seppe mai spiegare con esattezza il dispositivo che permetteva la comparsa della seconda mano «teleplasmica» della Crandon. Grazie ai suoi svariati interventi il premio della Scientific American non fu mai ritirato da nessuno.
Le sue conferenze negli Stati Uniti e in Europa erano seguite da un folto pubblico come le sue esibizioni artistiche, in quanto oltre a fornire spiegazioni vi mescolava lo spettacolo, facendo sollevare i tavolini e suonare apparentemente da soli gli strumenti musicali, e comparire messaggi sulle lavagne. Il pubblico andava regolarmente in delirio, e per lui smascherare i falsi medium divenne un’ attività importante da alternare a quella di illusionista. Tutto questo portò alla definitiva rottura con il romanziere britannico, che gli si oppose pubblicamente.
Houdini e Sir Arthur Conan Doyle;

Durante gli Anni Venti, il grande prestigiatore, che peraltro aderì alla Massoneria newyorkese, pubblicò un paio di libri nei quali illustrò alcuni trucchi a cui faceva ricorso: molti lucchetti e manette venivano aperti solo applicando una forza sufficiente e in modo piuttosto particolare, altri invece con l’ aiuto delle stringhe delle scarpe. Altre volte usava chiavi o bastoncini adeguatamente nascosti. Era in grado di fuggire da un barile per il latte riempito d’ acqua il cui tappo era legato ad un collare da lui indossato, perché questo poteva essere staccato dall’ interno. Quando era legato da corde o da una camicia di forza poteva crearsi uno spazio per muoversi dapprima allargando spalle e torace, poi allontanando un po’ le braccia dal corpo e infine disarticolando le spalle. Anche nelle interviste che rilasciava, con molta onestà insisteva sempre nel dire che la sua non era vera e propria magia, ma semplice abilità. Non desiderava infatti passare alla storia come ciarlatano, ciononostante la maggioranza continuava a credere che possedesse facoltà miracolose.
Infaticabile e costantemente attivo, si interessò di aviazione e poi di cinema, girando alcuni film muti in qualità di attore, poi nelle vesti di produttore esecutivo e persino di regista.

Nel 1926, all’ apice della vita e della carriera, durante una tournée a Montréal, venne visitato nel suo camerino da uno studente in medicina della McGill University e dedito al pugilato, che voleva valutare i suoi leggendari addominali, ma in tale occasione, colto di sorpresa, non ebbe il tempo di prepararsi a ricevere i colpi che il giovane sferrò con accanimento finché non lo trascinarono via, mentre Houdini si accasciava a terra in preda a dolori lancinanti.
Nonostante il perdurare del dolore, il leggendario illusionista volle tenere ugualmente lo spettacolo, ma durante la notte non poté dormire. Fu in grado di concedere anche i due spettacoli del giorno seguente, dopo di che la compagnia si trasferì a Detroit, dove i dolori si accentuarono al punto da farsi insostenibili. Gli salì notevolmente la febbre, e il medico stabilì che si trattava di appendicite acuta. Houdini rifiutò il ricovero, volendo a tutti i costi fare la propria esibizione non volendo scontentare il pubblico in un teatro al completo: riuscì a portarlo a termine, ma la notte stessa venne urgentemente ricoverato e operato, tuttavia la peritonite era grave al punto da non lasciargli via di scampo. Sopravvisse ancora una settimana, e infine morì nella notte del 31 ottobre, fra le braccia della moglie Bess, con cui strinse un patto: se i morti potevano effettivamente comunicare con i vivi dall’ aldilà, lui si sarebbe messo in contatto tramite un codice noto solo a lei. Morendo, affermò: «Se è veramente possibile a qualcuno tornare dall’ aldilà, Harry Houdini lo farà.».
Ai suoi funerali, che si tennero a New York il successivo 4 novembre, parteciparono oltre duemila persone. Venne sepolto al Machpelah Cemetery, nel quartiere del Queens, accanto alla tomba dell’ adorata madre, ricevendo il simbolo scolpito nella pietra della Society of American Magicians, che si assunse il compito di tenere ogni anno una cerimonia in sua memoria il giorno dell’ anniversario della sua morte, comprendente una seduta spiritica tesa ad invocare il suo spirito, alla quale Bess partecipò per i successivi dieci anni: nessun medium fu mai in grado di riferire il codice comunicato dal grande illusionista sul letto di morte. Questo evento venne poi portato avanti dai prestigiatori, e dal 1940 viene tuttora eseguita l’ Official Houdini Séance, diventata nel corso dei decenni una tradizione tra i prestigiatori statunitensi.
La tomba di Houdini;

Come nel caso di ogni altra leggenda vivente, la morte di Houdini fu avvolta da un velo di mistero che fin da subito destò determinati sospetti. Il fatto che un individuo speciale come lui fosse morto per le banali complicanze di un’ appendicite lasciò tutti increduli, e fin dal giorno del funerale si vociferò di un avvelenamento per arsenico. Il grande illusionista si era in effetti creato molti nemici screditando folle di spiritisti e negromanti, e da tempo riceveva lettere che lo minacciavano di morte, e la stessa Bess, che divideva i pasti con lui, era stata molto male poco prima che lui passasse ad altra vita, tanto che le era stata diagnosticata un’ intossicazione alimentare che aveva richiesto un’ assistenza infermieristica nel corso di diversi giorni. Peraltro, il certificato di morte di Houdini conteneva alcuni grossolani errori sui quali si rifletté a lungo, e infine venne inspiegabilmente negata l’ autopsia, nonostante le richieste e della compagnia di assicurazioni e della vedova, che ricevette un’ ingente somma pari a cinquecentomila dollari.
Nel 2007, ad ottantuno anni dalla morte di Houdini, un suo pronipote, discendente di suo fratello Theodore, certo che il prozio fosse stato assassinato nel contesto di una congiura maturata tra i suoi nemici più accaniti, richiese la riesumazione della salma per cercare tracce di arsenico, ma pare che la questione non abbia avuto seguito. Insomma, neppure la morte ha minimamente scalfito il mistero e il fascino di una stella che in vita aveva fieramente sbandierato doti di invulnerabilità, tenendo invece accesa la fiammella del dubbio.

Riassumendo in poche parole l’ atteggiamento delle persone famose a proposito della propria popolarità, il magnifico Oscar Wilde scrisse nel celebre «Il ritratto di Dorian Gray»: «C’ è solo una cosa peggiore del fatto che si parli di qualcuno, ed è che non se ne parli.».
Questo fu senz’ altro vero per il grande Houdini, il cui nome ancora oggi è sinonimo di magia ed enigma. Dagli stentati esordi tra i fenomeni da baraccone alla consacrazione quale divo internazionale e incarnazione vivente dell’ industria del divertimento, rievocarne vita e gesta equivale a narrare una vicenda assai movimentata e incredibile che neppure romanzieri e sceneggiatori avrebbero saputo ideare: era l’ uomo che nessuna prigione avrebbe trattenuto, in grado di sfidare le polizie di tutto il mondo e di evadere da qualsivoglia trappola anche dopo essere stato legato, ammanettato, chiuso in una cassa di legno inchiodata, incatenata e gettata in mare. Non solo: era l’ uomo in grado di smascherare medium e spiritisti imbroglioni.
Le sue evasioni e le allegre sfide alla morte eccitarono milioni e milioni di persone in tutto il mondo. E quando infine venne a mancare, peraltro ad Halloween, la notte in cui secondo la tradizione celtica i morti tornano nel mondo terreno, in molti dissero che se fosse esistito un uomo capace di sfuggire alle grinfie di Hades, questi non avrebbe potuto essere che Harry Houdini.
Come dimenticare il grande illusionista?

giovedì 20 settembre 2018

E l’ uomo creò Dio a sua immagine



«La fede comincia là dove la ragione finisce.»
Soren Kierkegaard;

Parlare di religione non è mai una cosa semplice e scontata, tanto per la vastità dell’ argomento quanto per l’ atteggiamento con cui questo viene normalmente affrontato, sia da parte dei suoi sostenitori che dei suoi oppositori, i quali da sempre si sfidano in dibattiti arguti e appassionati eppure raramente oggettivi. Si potrebbe affermare che è proprio questo il motivo per cui il più delle volte viene fraintesa da entrambe le parti, e dunque malamente affrontata generando da un tempo infinito una serie di «guerre sante» che, con un minimo di saggezza, l’ umanità saprebbe benissimo evitare dedicandosi con maggiore impegno e concentrazione alla soluzione degli effettivi problemi che da sempre complicano la vita dei singoli individui.
Da migliaia di anni, la religione è senza dubbio un elemento molto importante nella vita della maggior parte delle persone, essendo stata concepita come consolazione in occasione dei momenti difficili della vita, nel cui corso ogni cosa che nasce contiene in sé la condizione del mutamento e della dissoluzione, ma anche come direzione morale in quanto causa ed effetto sono tutt’ uno e la positività generata da una condotta positiva si estende al mondo per poi ricadere su chi l’ ha generata in un continuo scambio, e soluzione dei vari eventi normalmente inspiegabili e dunque destinati a creare turbamento nell’ animo delle persone: si dice infatti che tanto il punto di partenza quanto la meta finale sfuggano alla comprensione umana, dunque sarebbe assurdo pretendere di conoscerli in assenza di una religione priva di dogmi. L’ umanità teme da sempre quello che non conosce e dunque non riesce a spiegare, pertanto sente la particolare esigenza di imporsi una disciplina, e conseguentemente i dogmi non esistono di per sé: tutte quante le religioni di cui abbiamo sentito parlare sono una precisa creazione dell’ uomo, tesa ad intendere l’ infinito, e non a caso riflettono con una certa chiarezza la mentalità della civiltà e del tempo in cui sono maturate. Come disse il filosofo e poeta statunitense Ralph Waldo Emerson: «Noi nasciamo credendo. Un uomo produce credi come un albero le mele.».

Durante la Preistoria, i primi uomini intelligenti cominciarono a porsi una serie di domande di grande interesse: «Noi chi siamo? Da dove veniamo? Dove andremo dopo la morte?». Svolgendo le loro attività quotidiane, peraltro, si accorsero che quello che facevano non dipendeva del tutto da loro: qualcosa di misterioso e potente che non conoscevano sfuggiva sempre al loro controllo, e ad un certo punto vollero dare un volto a questo mistero e stabilire un contatto positivo con esso: la religione nacque esattamente in quel momento. Dapprima sorse un insieme di forme di culto semplici, l’ animismo, che attribuiva qualità divine o sovrannaturali a oggetti, luoghi o esseri viventi. Questi culti non consideravano le divinità come esseri trascendenti, ma attribuivano poteri spirituali a determinate realtà fisiche e si basavano su un certo grado di identificazione tra principio spirituale e divino, l’ anima, e l’ aspetto materiale di esseri ed entità quali demoni o altre forme. Nel corso dei secoli queste credenze si svilupparono in forma deista, comprendendo la credenza in varie divinità, esseri supremi, creatori e regolatori delle leggi dell’ universo, da propiziare per mantenerne l’ ordine, l’ armonia e la regolarità.
Gli antichi consideravano divino tutto ciò che, soprattutto nel contesto della natura, non riuscivano a spiegare e che potevano provocare problemi nella loro vita quotidiana: la pioggia, il vento, il cielo, il mare e così via. Per questo le prime grandi civiltà della storia divennero politeiste, credenti cioè nell’ esistenza di tante divinità quanti erano gli aspetti magici del mondo intorno a loro. Gli dei erano molto potenti e gli antichi ne avevano paura, quindi per accattivarsi le potenze soprannaturali si formò una liturgia scandita da preghiere, rituali, offerte e sacrifici che non escludevano nemmeno quelli umani.

Ogni fede ha la propria versione a proposito di quali e quanti volti abbia il mistero da cui tutte traggono origine, e infatti nel mondo si contano attualmente più di trentamila credenze, suddivise in un vasto e articolato panorama di religioni, filosofie e persino culti tribali. Secondo il CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove religioni, nella sola Italia ne vengono praticate ben ottocentocinquantaquattro diverse. Il Cristianesimo e l’ Islam sono tra le più diffuse. Eppure, nonostante le differenze, tutte le religioni si somigliano tra loro nei principi di base. E’ peraltro interessante notare quanto ognuno dei rispettivi maestri fondatori sia accomunato agli altri da una vita leggendaria, basata su particolari indispensabili quali una nascita miracolosa, l’ abbandono dell’ esistenza mondana, il raggiungimento di un elevato livello spirituale e infine la trasmissione degli insegnamenti, turbata dallo scontro con le consuetudini saldamente radicate nella terra di origine. Appare evidente quanto i racconti tradizionali delle loro vite siano stati modellati secondo precisi propositi religiosi e filosofici: vennero ammantate di leggenda e tramandate allo scopo di sottolineare la grandezza delle loro persone, quindi la levatura del sentiero spirituale da loro tracciato, ispirando i seguaci a seguirlo fino in fondo.
Si può pertanto affermare che nel momento in cui si decide volontariamente di aderire ad un culto religioso non ha davvero alcun senso odiare chi ha invece una fede diversa, e in particolare il XIV Dalai Lama del Tibet ritiene assai preferibile che esista una varietà di religioni e filosofie anziché una soltanto, in modo da rispondere alle differenti predisposizioni mentali di ogni singolo individuo, in quanto ogni religione prevede proprie idee e tecniche, il cui apprendimento non può che arricchire la fede di tutti. Al tempo stesso, però, occorre sempre ricordare il pericolo della fede cieca in qualsivoglia filosofia e religione, in quanto il messaggio supera il messaggero, e non bisogna mai e poi mia pendere dalle labbra di nessuno, nemmeno nel caso di un maestro di comprovata saggezza, o più semplicemente carismatico. Come dice lo stesso Gesù nel Vangelo di Matteo: «Guardate che nessuno vi seduca. Poiché molti verranno sotto il mio nome, e sedurranno molti. Ma tutto questo non sarà che il principio di dolori.».
Quello degli imbroglioni dalle menti oscure e delle false informazioni, pregevolmente infiorettate, è un tema molto più antico di quanto si pensi, che non sfiora soltanto i tempi in cui noi viviamo. Da sempre esistono individui mossi da una motivazione malevola che influiscono sull’ opinione pubblica per ragioni di potere, minacciando il benessere della collettività a proprio esclusivo vantaggio. Le cosiddette bufale sono notizie lontane dalla realtà dei fatti che si diffondono senza controllo, sfruttando la credulità e a volte lo stato di crisi delle persone, modificandone il pensiero. Uomini e donne devono sempre affidarsi alla propria coscienza per distinguere una notizia vera da una falsa, avendo ben chiari i pericoli e i danni che le false credenze possono prosaicamente provocare così da smontarne i meccanismi, spiegando perché siamo indotti a crederci e capire come difenderci è sempre la scelta più utile ed efficace.

Attualmente, occorre riconoscere senza mezze misure che anche la religione figura tra le principali e più tortuose fonti di false informazioni, influendo facilmente e in modo spesso negativo sulla mente di un’ infinità di persone. Tanto per cominciare è un errore ritenere che una qualunque religione sia una verità rivelata: da tempo, infatti, gli storici e gli antropologi fanno notare che pur essendo un evidente riflesso della mentalità e della cultura in cui si sviluppa nessuna religione presenta nulla di nuovo rispetto alle precedenti, in quanto svariati concetti dottrinari fondamentali, festività e aneddoti vengono presi in prestito dalle tradizioni più antiche, venendo poi adattati. Ciò si spiega con i vari contatti diplomatici, commerciali, culturali, sociali e migratori tra gli antichi popoli della Terra, che per quanto mutevoli favorirono sempre e comunque un certo scambio reciproco. Peraltro, alcune religioni come il Buddhismo, il Giainismo e il Sikhismo in India, piuttosto che il Cristianesimo nella Giudea romana, nacquero come scuole di pensiero minoritarie locali in opposizione al rigido e oppressivo sistema religioso e sacerdotale allora in vigore, e perdendo progressivamente terreno nella terra originaria si diffusero in altri Paesi subendone la locale influenza culturale e quindi dottrinaria, trasformando profondamente l’ insegnamento originario, di cui rimase molto poco.
Ebraismo e Cristianesimo, quindi l’ Islam, non sfuggono a questo particolare principio: sono religioni antiche nate in precisi contesti storici, politici e culturali unici e irripetibili, e l’ adesione ad una qualunque di queste fedi dovrebbe essere compiuta a seguito di un’ attenta conoscenza delle rispettive dottrine e della loro evoluzione nel corso della storia. L’ adesione in sé non va criticata, se avviene in piena coscienza e consapevolezza.

Si ritiene che l’ Ebraismo ebbe inizio con Mosè, il rav per antonomasia vissuto tra il XIII e il XII secolo prima di Cristo, sebbene generalmente la si attribuisca in forma retroattiva ad Abramo, patriarca di tutte e tre le religioni semitiche, che da lui prendono il nome, vissuto intorno al 2000 prima di Cristo. Occorre innanzitutto notare che non esiste alcuna testimonianza oltre a quanto riferito nella Genesi sull’ esistenza di Abramo, quindi non è possibile confermare la sua veridicità, anche perché, come è risaputo, il contenuto di un testo religioso risulta sempre comprensibilmente di parte: sembra che la trascrizione delle pagine che parlano di lui siano opera di un autore sacerdotale vissuto ai tempi della deportazione degli ebrei nell’ Impero babilonese, quindi come generalmente accade per i testi riguardanti i patriarchi, non si tratterebbe di una biografia o un racconto storico nel senso comune del termine, ma della trascrizione di una tradizione orale, con enfatizzazioni e contraddizioni. Peraltro, buona parte degli studiosi afferma che il Pentateuco, ossia i primi cinque libri della Bibbia attribuiti a Mosè, sia stato composto nel periodo persiano, tra il 520 e il 320 prima di Cristo come risultato delle tensioni tra i possidenti terrieri ebrei, che erano rimasti nel Regno di Giuda durante la cattività babilonese e affermavano Abramo come loro padre spirituale tramite il quale facevano risalire il proprio diritto alla terra, e i reduci esuli sacerdotali, che basavano la propria rivendicazione sulla preminenza di Mosè e la tradizione dell’ Esodo. Anche la figura di Mosè e gli eventi narrati dall’ Esodo presentano forti problemi di storicità, ampiamente dibattuti in ambito scientifico: a chi in passato difese la storicità del personaggio si contrappongono quanti oggi vedono in Mosè una figura dai soli contorni mitici e leggendari, e tra queste posizioni si collocano alcuni studiosi come Israel Finkelstein, che pur negando la verità storica della relativa narrazione biblica la considerano la mitizzazione di un confronto attinente ai fatti relativi al VII secolo prima di Cristo, ossia lo scontro tra il re Giosia e il faraone Necao II, ritenendo quindi che i suoi protagonisti non siano che un risultato scaturito da una pia tradizione.

Secondo molti esperti, l’ evoluzione dell’ Ebraismo deve moltissimo ai contatti con la cultura persiana e babilonese, dunque allo Zoroastrismo, antichissima religione monoteista, preceduta dall’ Atonismo egizio. Nel 597 di Cristo, infatti, durante il regno di Nabucodonosor II, il Regno di Giuda venne attaccato e invaso dai babilonesi, che deportarono gli ebrei nei confini del loro Impero dando luogo a quello che oggi viene ricordato come Esilio babilonese. In seguito, nel 538 prima di Cristo, dopo la presa di Babilonia da parte dei persiani, Ciro il Grande concesse agli ebrei il permesso di ritornare nella loro terra di origine e di ricostruire il Tempio di Gerusalemme, distrutto dai babilonesi. Durante la dominazione babilonese e la deportazione ebraica nelle varie regioni dell’ Impero venne trascritta la versione definitiva dell’ Antico Testamento, e poiché gli ebrei erano in contatto diretto con una grande cultura molto diversa dalla loro dovettero reinterpretare la propria identità e religione subendo l’ influenza dello Zoroastrismo, che dominava quasi tutta l’ Asia centrale: alcuni studiosi evidenziano che i concetti principali dell’ escatologia e della demonologia zoroastriana e probabilmente anche il concetto di risurrezione, influenzarono la religione attribuita a Mosè. Lo Zoroastrismo stesso, del resto, aveva ereditato idee da altri credi, e come altre religioni integrava in certa misura il sincretismo.
Secondo la tradizione, lo Zoroastrismo, o Mazdeismo, nacque con la parola di Zoroastro, nella Persia di circa ottomila anni fa, sebbene determinate analisi storiche situino la vita di Zarathustra fra il 1500 e il 1000 prima di Cristo. In esso si adora Aura Mazda, il «Saggio Signore», creatore del mondo e dell’ umanità, di cui sarà giudice alla fine dei tempi. Egli agisce tramite Spenta Mainyu, ossia «Spirito Santo» in avestico, di cui è padre, i sei Ameša Spenta, «santi immortali», sorta di arcangeli, e gli Yavata, «venerabili», analoghi agli angeli minori, di cui Mitra è il più importante. Il nemico di Aura Mazda è Angora Mainyu, spirito del male, della menzogna, delle tenebre e dell’ impurità e origine delle malattie, che agisce circondato dai sei demoni chiamati daēva, ribellatosi ad Aura Mazda tremila anni dopo la creazione del mondo.
Nello Zoroastrismo i due Mainyu, Spenta e Angora, che si rivolgono rispettivamente al bene e al male, così come gli Ameša spenta, gli Yavata e i daēva, sono spiriti nati nel mondo creato da Mazda, e acquisiscono spesso carattere di principi astratti, concetti etici, il cui confronto avviene a livello di coscienza individuale. Il libro sacro dello Zoroastrismo è l’ Avestā, che include le parole originarie di Zarathustra, raccolte nei cinque inni detti gāthā. Secondo lo Zoroastrismo, il mondo, che venne sommerso da un diluvio da Aura Mazda per essere liberato dal male, salvando gli animali in un palazzo su di un monte altissimo, deve attraversare tre ere: la creazione, il mondo presente in cui il Bene e il Male si mescolano e si fronteggiano, e l’ era finale, in cui essi saranno separati e il Bene vincerà sul Male, grazie all’ intervento di un Saoshyant, ossia «Salvatore», nato da una vergine della genia del profeta Zoroastro, che risorgerà dalla morte per essere giudice nel Giudizio Finale, che coinciderà con la resurrezione dei morti, chiamati a rispondere delle proprie azioni, buone e cattive.

Appare quindi evidente quanto l’ Ebraismo debba larga parte della propria dottrina a quest’ altra tradizione religiosa, che largo seguito ebbe nei tempi antichi nella regione mediorientale ove sopravvive ancora oggi praticata da una ristretta minoranza di fedeli. Non fu una realtà rivelata da Dio, ma una delle tante religioni antiche concepite da un determinato popolo per rispondere ai propri enigmi esistenziali, confezionandola a propria misura e ricavando una nozione fondamentale come quella di popolo eletto, e che nel corso dei secoli si evolse profondamente adeguandosi ai tempi e differenziandosi in svariate scuole di pensiero come quella dei farisei, dei sadducei, dei samaritani, degli esseni e così via nel corso dei secoli. YHWH, «Io sono Colui che E’», non è che una divinità concepita secondo precisi concetti ebraici.
Lo stesso Cristianesimo non sfugge al principio di influenza di religioni precedenti o ad esso contemporanee, principalmente per via di San Paolo, il principale diffusore del Vangelo, «buona notizia» in greco, tra i greci e romani. Nato a Tarso, capitale della Cilicia, in Asia minore, dove erano molto diffusi la cultura greca e il Mitraismo, inizialmente si rivolse a discepoli ebrei, ma poi si recò nell’ attuale Giordania, in Grecia e Asia minore, dove ebbe un grandissimo seguito, scontrandosi dapprincipio con San Pietro e San Giacomo, contrari alla diffusione presso i non ebrei, e in seguito con molti cristiani ebrei che volevano imporre agli stranieri convertiti l’ osservanza di tutta la legge religiosa mosaica, uscendo tuttavia vittorioso a seguito di una serie di appassionati e intensi dibattiti teologici.
Per meglio diffondere il Cristianesimo presso popoli diversi da quello ebraico, agli occhi di San Paolo era fondamentale staccarlo dall’ originaria cultura ebraica e avvicinarlo alle rispettive culture e mentalità, facendo di Gesù non più il Messia mandato da Dio al solo popolo eletto ma a tutto il mondo, in quanto popolato dai discendenti di Adamo ed Eva secondo il mito biblico. La divinità di Gesù era dichiarata già nei primi testi cristiani, probabilmente su ispirazione diretta di San Paolo e degli apostoli, tuttavia nei primi tre secoli dopo la sua morte esistevano molte correnti che ritenevano il Nazareno un semplice profeta mortale. Il ritratto di un Gesù divino, conforme all’ ortodossia, giunge dai quattro Vangeli, che ispirarono i concetti e lo stile del Nuovo Testamento. Essi, però, furono composti a settant’ anni dal giorno della Crocifissione, cosa che ha indotto gli storici a soppesarne con attenzione la credibilità storica poiché, analogamente ad altri documenti umani, nella loro esistenza conobbero una lunga fase di trascrizioni, interpretazioni e aggiunte. Peraltro, gli esperti affermano con una certa sicurezza che gli autori non fossero realmente Marco, Matteo, Luca e Giovanni, ma seguaci delle scuole di pensiero sorte attorno ad essi e al loro insegnamento. Si racconta persino che San Pietro, San Giovanni e Giacomo, uno dei quattro fratelli di Gesù, ebbero un’ aspra disputa con San Paolo, giungendo ad una rottura da cui sarebbero sorti numerosi Vangeli che però furono subito esclusi dalla teologia ufficiale. Nel corso dei secoli numerosi di questi scritti andarono persi, finendo con l’ essere soltanto nominati in opere successive, ma alcuni vennero fortunatamente riscoperti nel corso di ritrovamenti archeologici avvenuti tra il XIX secolo e i giorni nostri. La Chiesa ne riconobbe solamente quattro, che vennero chiamati Canonici, mentre quelli rigettati in quanto ritenuti portatori di tradizioni misteriose o esoteriche furono detti Apocrifi, ossia «nascosti», «riservati a pochi».
L’ influenza di San Paolo nella formulazione della teologia cristiana fu imparagonabile: mentre i Vangeli narrano parole e opere di Gesù, le lettere paoline alle varie comunità cristiane da lui fondate definiscono i fondamenti dottrinali del valore salvifico della sua venuta nel mondo, nonché della sua morte e risurrezione, concetti tuttora alla base del pensiero cristiano. Per questo alcuni studiosi contemporanei lo identificano come il vero fondatore del Cristianesimo, colui che prese in prestito elementi del Mitraismo e, seppur in misura minore, della mitologia greca. In primo luogo, analizzando con attenzione i testi evangelici e le lettere di San Paolo, è possibile riscontrare alcune fondamentali differenze dottrinarie che evidenziano l’ evoluzione della teologia cristiana da San Paolo in avanti: Gesù, fondatore del Cristianesimo, in nessun brano dice mai di voler fondare una nuova religione e neppure di essere chiamato a morire per sanare il peccato originale, ristabilendo l’ alleanza tra Dio e l’ umanità. Non afferma mai di essere nato da una vergine che lo ha concepito per intervento divino e nemmeno di essere unica e indistinta sostanza con Dio. Non riconosce mai particolare risalto allo Spirito Santo e neppure al battesimo, di cui nessun vangelo riporta una trasmissione a nessun fedele, quindi tace su precetti, norme, cariche, vestimenti, ordini di successione, liturgie e formule. Sempre secondo i testi riconosciuti dalla Chiesa non pensò mai di creare uno sconfinato panorama di santi e non richiese che venissero scritte le sue parole, né lo fece lui stesso. Sappiamo che Gesù ebbe quattro fratelli e varie sorelle, e che quasi sicuramente era sposato con figli, poiché tra gli ebrei del tempo il celibato era largamente disapprovato, analogamente a un matrimonio senza o con pochi figli. L’ ipotesi della Linea di sangue di Gesù, la sua figliolanza, fu già considerata addirittura nel XIII secolo. Ma nulla di ciò sopravvisse, poiché oggi, ovunque si volga lo sguardo, si scorge un essere mistico ascetico, distaccato, un figlio unico che riconobbe come fratelli, sorelle e madre soltanto chi compisse la volontà di Dio. Appare evidente che il Cristianesimo, così come Gesù l’ aveva insegnato originariamente, fosse semplicemente una scuola di pensiero dell’ Ebraismo, inizialmente seguita da una minoranza di ebrei, una via di fuga dal rigido insegnamento tradizionale, rivolto soprattutto agli umili, ai semplici e agli emarginati.
Negli anni vari studiosi hanno evidenziato certe somiglianze tra Cristianesimo e Mitraismo. Il culto di Mitra ha origini molto antiche, risalenti al 1400 prima di Cristo circa, ma occorre ricordare che esisteva una forma indopersiana, l’ originaria, e una romana, differenziatasi nel momento in cui il culto giunse a Roma con il ritorno delle legioni dall’ Oriente nel I secolo prima di Cristo: come dio delle armi e campione degli eroi, Mitra attrasse infatti i soldati romani, che in seguito portarono il suo culto in Iberia, Britannia e Dacia.
Ambedue le religioni utilizzano il battesimo come rito di purificazione e ammissione nella comunità, sebbene il cerimoniale fosse distante a seconda della tradizione: il battesimo mitraico romano si esprimeva nel rituale della tauroctonia, consistente nel disporre il fedele in una cavità sotterranea, chiusa in alto da una grata, sulla quale era condotto e sgozzato un toro, coprendo il fedele dal sangue ancora caldo dell’ animale, mentre nell’ antico rito cristiano avveniva per immersione in una vasca di acqua, senza alcun sacrificio animale e senza sangue come diretta derivazione dalle usanze essene di cui al monastero di Qumran si sono ritrovate ampie tracce. Sebbene il battesimo cristiano preveda solamente l’ acqua, nel corso del tempo essa si è imposta come simbolo rappresentare del sangue di Cristo che purifica il fedele. San Giovanni Battista, colui al quale viene attribuita l’ introduzione del battesimo, disse infatti che dopo di lui sarebbe venuto qualcuno che avrebbe battezzato con il fuoco.
La nascita di Mitra e Gesù sono entrambe avvolte nella leggenda: l’ iconografia romana rappresenta Mitra che nasce già fanciullo da una roccia, la petra genetrix, ritenuta un simbolo della materia cosmica primordiale, e affiancato da Cautes e Cautopates, i suoi vicari mitologici in abiti da pastore tipici della Frigia. Gesù, invece, come riferito nel Vangelo di Luca, è un neonato e visitato dai pastori poco dopo la sua nascita. Secondo una leggenda iranica, Mitra sarebbe nato da una dea vergine, e in alcune culture il calendario cominciava originariamente nella costellazione della Vergine, pertanto il Sole sarebbe nato da una vergine. Peraltro, Mitra viene indicato come yazata, una divinità minore o un angelo, nato per combattere il male, per il dominio definitivo sul mondo, creato originariamente da Aura Mazda, di cui  era il rappresentante nel mondo mortale con l’ incarico di proteggere i giusti dalle forze demoniache di Angora Mainyu. Era quindi una entità di verità e giustizia, un nemico degli spiriti del male e delle tenebre che proteggeva le anime e le accompagnava in paradiso, concetto e parola di origine persiana, tanto che nell’ Avestā si pone in luce come «Giudice delle Anime». Tutti questi concetti, in seguito, vennero notoriamente ripresi per definire il personaggio di Gesù.
Tanto il Mitraismo quanto il Cristianesimo considerano la domenica, il «giorno del sole», come giorno santo della settimana, per quanto in ambito cristiano la ricorrenza tragga origine dal fatto che Gesù sarebbe risorto «il primo giorno dopo il sabato», in riferimento al giorno di Pasqua. Originariamente, i giorni della settimana erano chiamati in base ai sette corpi celesti conosciuti, i primi cinque mostrano chiaramente l’ origine dell’ attuale denominazione dei giorni della settimana in italiano e nelle altre lingue: è interessante che molte lingue nordeuropee, come l’ inglese, domenica sia tuttora sunday, il «giorno del sole».
L’ epoca e l’ intervento di Costantino rappresentarono una tappa fondamentale nella storia e nell’ evoluzione del Cristianesimo, quindi della Chiesa, poiché questo imperatore ne fece un strumento di potere di efficacia imparagonabile. Tale operazione fu successivamente completata da Teodosio, al termine del IV secolo, quando l’ insegnamento di Cristo divenne definitivamente la religione di Stato. Nei primi tre secoli dopo la venuta di Gesù, il Cristianesimo si diffuse ampiamente in tutto l’ Impero romano, pur divenendo un fenomeno vasto e frammentato che a dispetto di ciò si richiamava all’ autorità del papa, guida della comunità di Roma. A partire dal 324, quando era uscito vittorioso da una violenta guerra civile, l’ imperatore Costantino restaurò il sistema classico della guida politica unica, venuto a mancare con il modello della Tetrarchia imposto da Diocleziano, in cui il potere imperiale era stato suddiviso tra due Augusti e due Cesari, sparsi tra Occidente e Oriente. Ma l’ unità politica, purtroppo, ancora non bastava a garantire pace e stabilità. Per tradizione, l’ imperatore di Roma era anche pontefice massimo, massima autorità di tutte le religioni ammesse sul suolo imperiale, e in quel tempo il Cristianesimo rappresentava una corrente potente, perfettamente inserita sia nelle sfere più alte dell’ aristocrazia e della politica che tra la gente comune, sebbene mancasse di unità dottrinaria: ogni città aveva una comunità cristiana con un suo vescovo, e ciascuna aveva una propria filosofia, con un relativo insieme di scritture e dogmi. Dopo l’ editto di Milano del 313, Costantino convocò nel 325 il Concilio di Nicea, allo scopo di fare del Cristianesimo una religione con un’ ortodossia chiara e solida: insieme ai vescovi discusse e votò in tema di scritture, sacramenti, festività, e, soprattutto, valutò con grande cura la divinità di Gesù, sostenendo con autorità il principio della consustanzialità del Padre e del Figlio, e dando fermo impulso a quella legata all’ incarnazione, morte e resurrezione di Cristo, oltre che a quella della nascita virginale di Gesù, già affermata nel Vangelo di Matteo. Da quel preciso momento Gesù passò definitivamente alla storia come entità divina, e chiunque ancora lo considerasse solo umano sarebbe stato accusato di eresia. L’ imperatore divenne il rappresentante di Dio sulla Terra, dando al potere temporale di cui era investito un carattere di sacralità e inviolabilità in quanto concesso direttamente da Dio: con un Gesù generato direttamente dal Signore, in grado di compiere miracoli, Costantino fu il primo dei sovrani europei la cui autorità derivava da un diritto divino, concetto che perdurò lungo tutto il Medioevo, gettando le basi dell’ Assolutismo. Il «Credo», tuttora recitato a messa la domenica, si basa sui geniali concetti avvalorati da Costantino: «Generato e non creato della stessa sostanza del Padre.».

Alla luce di questa analisi è evidente che analogamente a qualunque altra religione apparsa nella storia dell’ umanità, il Cristianesimo è un prodotto umano, e non una realtà rivelata da una divinità effettivamente esistente. E’ un insieme di credenze, riti e preghiere sorti per dare risposte e soluzioni tramite un contesto mitologico e leggendario, che con l’ andare del tempo si è evoluto assumendo più forme e suddividendosi in numerose scuole di pensiero, ognuna delle quali molto diversa da quanto Gesù insegnò in terra israelitica quasi ventuno secoli fa. Scienza e archeologia ne hanno gradualmente smontato i vari dogmi fondamentali, dall’ origine divina del mondo in appena sei giorni al flagello del Diluvio universale, per non parlare di altri concetti quali la natura piatta della Terra o la sua posizione centrale rispetto al sole, oltre che la presenza di un popolo eletto piuttosto che i poteri miracolosi e segreti o di autorità morali trasmessi dal Messia ai discepoli, dunque alle future generazioni sacerdotali. Non è neppure un caso che la Chiesa abbia sempre avuto rapporti piuttosto ostili con gli scienziati, perpetrando una vasta e intensa opera di persecuzione nei loro riguardi lunga un millennio, sostenendo che la scienza fosse una maledizione e un’ eresia in quanto la fede non ha mai avuto alcun bisogno di conferme da parte di individui sciocchi e vanesi sotto le spoglie di persone illuminate dalla sapienza.
Esiste un’ evidente ed insanabile competizione tra religione e ragione: entrambe le discipline promettono all’ umanità la soluzione dei suoi problemi quotidiani come la salute, i trasporti, i rapporti con il potere, la sconfitta dei nemici e via dicendo. La scelta tra queste vie riguarda il modo in cui si vogliono affrontare i problemi, in quanto la prima sostiene che si debba chinare il capo, pregare e sperare che qualcuno ascolti, mentre l’ altra dice che ci si deve rimboccare le maniche e darsi da fare. Ma l’ esempio degli studiosi ha sempre evidenziato la necessità di dimostrare empiricamente ogni cosa, che si può arrivare alla consapevolezza tramite l’ esperienza diretta di tutte le cose, con l’ osservazione e l’ intuizione, e non con un atto di fede. Ad esempio, credere nell’ esistenza della balena e in quella di Dio non è affatto lo stesso: chi crede nella balena lo fa perché la sua esistenza fisica è stata materialmente accertata e documentata, e può essere riscontrata da chiunque lo desideri, viaggiando per mare o visitando acquari o musei di storia naturale. Diversamente, chi crede in Dio non lo fa perché la sua esistenza sia stata riscontrata da qualcuno: essa è stata e viene tuttora supposta per fornire la giustificazione dell’ esistenza dell’ universo. Vi è semplicemente la parola dei mistici, priva di una qualunque prova inconfutabile, dunque destinata a far presa su quelle menti disposte già in partenza a credere. Non è la religione che ha creato l’ idea del puro e dell’ impuro, del sacro e del profano, del lecito e del proibito, ma la pratica sociale da cui si è riflesso il mondo dei riti e dei miti.
Il fatto stesso che il fondamento della religione sia la fede in un Dio la cui esistenza non è mai stata dimostrata in quanto non supportata dal minimo indizio logico evidenzia che la religione porta con sé tre pericoli fondamentali: la fede, il settarismo e la teodipendenza. La fede impone di credere a principi indubitabili, comunemente chiamati dogmi, che non possono e non devono mai essere messi in discussione, neanche quando urtano con la nostra coscienza. Il settarismo, conseguente al principio della fede, porta il credente a sentirsi orgoglioso di vivere e praticare la sola realtà ammissibile di questo mondo, e a ritenere gli altri una massa di infedeli: la sua religione gli pare la sola vera, tutte le altre sono false. La teodipendenza, invece, porta il devoto ad affidarsi totalmente alla sua entità spirituale di riferimento, invocandola per ricevere aiuto e protezione, domandandosi che cosa essa possa fare per lui anziché credere in sé stesso e nelle proprie capacità interiori.

Inizialmente la religione rispondeva alle curiosità della gente sprovviste di mezzi con cui rispondere, aveva un nobile intento che tuttavia venne meno nel corso dei secoli lasciando spazio a persone avide di potere che misero in piedi severi sistemi di potere, tanto che oggi addentrarsi nel mondo della religione significa spingersi in un mondo in cui manca il fondamentale diritto al libero arbitrio che la natura ha fornito all’ umanità. Già nei tempi antichi l’ ordine sacerdotale forniva al sovrano un apparato prezioso per il governo dello Stato: sotto il velo del mito e sempre più staccata dalla realtà, la religione assunse una particolare valenza nel contesto della preservazione dell’ ordine costituito, giustificando l’ esigenza di precisi rapporti di sudditanza tra gli uomini, assicurando un sistema basato sul controllo di pochi.
Peraltro, occorre ricordare che ancora oggi in Italia, benché siano ormai trascorsi quarant’ anni dalle prime conquiste della società civile come divorzio e autodeterminazione della donna in materia di aborto, e nonostante gli articoli 7 e 8 della carta costituzionale, quello della laicità rappresenta un interrogativo dalle risposte tutt’ altro che scontate. Uno Stato può essere definito laico quando non adotta alcuna morale religiosa, contrapponendosi ad uno Stato clericale in cui i precetti della fede sono seguiti dallo stesso Stato e diventano vincolanti per tutti i cittadini. Quello della laicità, pur non essendo citato espressamente, è uno dei principi fondanti della nostra Costituzione, ma non è debitamente osservato in termini pratici: ne sono un esempio il Crocifisso cristiano esposto nei luoghi pubblici, soggetti all’ autorità e alle funzioni dello Stato, le indicazioni di voto fornite dalla Chiesa cattolica ai parlamentari, piuttosto che l’ introduzione da parte del governo di Roma nel progetto di legge sul testamento biologico le definizioni volute dalla gerarchia vaticana, secondo la quale la vita non è un bene disponibile.
I rapporti con la Chiesa cattolica sono regolati da un Concordato del 1929, modificato nel 1984 e menzionato all’ interno della Costituzione. Le altre confessioni religiose possono richiedere un’ Intesa con lo Stato: finora l’ hanno ottenuta undici di esse, eccezion fatta per i musulmani e i testimoni di Geova, due minoranze assai diffuse. La Chiesa cattolica dispone di cappellani nelle strutture obbliganti e di insegnanti di religione nelle scuole pubbliche, scelti dai vescovi ma pagati dai contribuenti, mentre una sentenza della Corte Europea di Strasburgo ha sancito la legittimità della presenza del Crocifisso nelle scuole, e ancora più controversa è la sua presenza nei seggi elettorali. L’ aborto è ammesso dalla legge, ma è spesso difficile accedervi a causa delle dimensioni del fenomeno dell’ obiezione di coscienza. L’ eutanasia è vietata, il testamento biologico è riconosciuto dalla giurisprudenza, l’ accesso fecondazione artificiale è pesantemente limitato dalla legge. Per le coppie di fatto, anche omosessuali, esiste un riconoscimento di legge a partire dal 2016. Il divorzio è consentito, ma i tempi per ottenerlo sono tuttavia lunghi quando vi sono beni e figli in comune. Il vilipendio è considerato un reato.
L’ Italia non è mai stata un Paese laico, in quanto i Patti Lateranensi hanno introdotto principi di gerarchia teocratica nell’ ordinamento politico che oggi consente ad una particolare religione di avere privilegi che altre non hanno, come le ore di insegnamento nelle scuole, che sono un indottrinamento non solo per chiunque professi una religione, ma anche per chi è ateo. In tutta evidenza non è corretto che la Chiesa pretenda di intervenire nella vita pubblica. Nel Belpaese è tuttora radicata un’ intensa cultura di accettazione silenziosa della autorità sacerdotale, che interferisce in continuazione, a differenza di quanto accade in altri Paesi cattolici come Francia e Spagna, come dimostrato dalla questione dell’ otto per mille. Ma non è una questione legata soltanto alla religione: il fatto è che i protagonisti della politica devono essere i singoli cittadini, non le comunità religiose. Finché la politica sarà retta da una maggioranza di persone educate secondo i principi cattolici su cui il papato potrà fare leva come guida spirituale, non si potrà mai avere un’ Italia laica, e considerando la forte tendenza populista impostasi recentemente in Italia nessuno farà mai nulla per la laicità, perché si sfocerebbe nella perdita del consenso elettorale. E tutto presso l’ altare di un Dio creato dall’ uomo a propria immagine.

martedì 4 settembre 2018

La biblioteca di Alessandria, il faro immortale della conoscenza

Raffigurazione interna della Biblioteca alessandrina;


Fin dall’ infanzia ognuno di noi sente affermare infinite volte che il sapere è molto importante, mentre il non sapere comporta infiniti problemi. A tal proposito, il celebre filosofo greco Socrate ebbe l’ occasione di esprimersi con parole piuttosto lapidarie: «Esiste un solo bene, la conoscenza, ed un solo male, l’ ignoranza.».
Nel corso della nostra vita, prima o poi, tutti ci domandiamo almeno una volta a che cosa serva il sapere, l’ essere informati. E’ un quesito semplice e diretto ma per nulla ovvio, a cui si può rispondere in moltissimi modi. In tutta evidenza, qualunque sia l’ obiettivo che ci poniamo, le probabilità di conseguire un valido risultato aumentano a seconda di quanto sappiamo in proposito e di come dobbiamo prepararci. I benefici della conoscenza sono come il cielo infinito e abbracciano infiniti ambiti pratici, non esclusi quelli della vita quotidiana, al punto che ormai si parla abitualmente di una «società delle informazioni»: oggigiorno ben poco di quanto ci interessa può essere vissuto senza la base posta da un sapere particolare che, qualora non possedessimo personalmente, potremmo raggiungere per mezzo di chi invece lo ha ricevuto e compreso.
Essere a conoscenza di qualcosa è dunque una condizione di indubbio profitto, perché ci aiuta a raggiungere la consapevolezza, ad avere le idee più chiare, sviluppando una mentalità salda e lineare, imparando a distinguere il vero dal falso, il bene dal male, l’ utile dal superfluo, l’ oggettivo dal soggettivo. Nel mondo della cultura il sapere viene raccomandato per la sua utilità, perché serve a generare ancor più sapere, mentre in quello della ricerca scientifica si desidera giungere per mezzo dell’ analisi a risultati attendibili oltre qualsivoglia errore, in modo da comprendere come evolversi correttamente anziché in modo casuale.

In un simile contesto, il testo scritto vanta un valore imparagonabile. Buona parte del sapere antico e del ricordo della storia passata sono giunti sino a noi proprio in forma scritta. Anticamente, il passaggio da una generazione a un’ altra della cultura sociale e materiale avveniva per mezzo della trasmissione orale, ma l’ introduzione della scrittura intorno al 3200 prima di Cristo nella Bassa Mesopotamia consentì passi giganteschi nella preservazione delle conoscenze acquisite nel passato, anche con una maggiore precisione e fedeltà. Noi stessi dobbiamo moltissimo della nostra conoscenza del mondo greco e romano, fonte della nostra attuale civiltà, ai bizantini, che ne trascrissero e custodirono le magnifiche conquiste nei celebri testi mentre nei territori del vecchio Impero d’ Occidente venivano invece occultate con ogni mezzo dalle guide spirituali della Chiesa cristiana, da cui erano severamente tacciate di essere inaccettabili rievocazioni della civiltà pagana, ormai tramontata a vantaggio della nuova dottrina religiosa, a chiara conferma che il fanatismo è sempre stato una piaga ampiamente comune a tutti, anche ad ovest.

L’ introduzione delle biblioteche, le raccolte organizzate di libri e testi scritti di altro genere, rappresentò una tappa fondamentale nella storia della preservazione e trasmissione della conoscenza. Gli esempi più antichi di cui oggi abbiamo il ricordo nacquero tra le originarie città-Stato sumere come Ebla, Lagash, Nippur, Mari, Ḫattuša e Ugarit, e presto ne sorsero altri anche in terra greca, come a Pergamo, per volere di Eumene II e ricco di un patrimonio di ben duecentomila testi, seguito da altri ad Atene, Rodi ed Antiochia.
Eppure, la più celebre tra le biblioteche dell’ era antica fu senza dubbio quella di Alessandria d’ Egitto, realizzata nel III secolo prima di Cristo e rifornita di circa quarantanovemila testi al tempo del filologo greco Callimaco, chiamato da Tolomeo II a catalogarli, mentre in occasione della venuta di Giulio Cesare sul suolo egizio ne contava oltre settecentomila. Passata alla storia come la più grande, ricca e variegata raccolta del mondo antico, essa si impose come uno dei principali poli culturali ellenistici di sempre pur venendo danneggiata in più occasioni per poi subire un destino tuttora avvolto nel mistero.
Riproduzione di Alessandria in epoca antica;

Il 10 giugno del 323 prima di Cristo, Alessandro Magno, il celebre sovrano guerriero di Macedonia, morì poco prima del suo trentatreesimo compleanno a Babilonia, forse di malaria oppure di cirrosi epatica, sebbene molti intuissero un avvelenamento, dopo aver conquistato il vasto e potente Impero persiano in soli dodici anni, unendo il Medio e il Vicino Oriente sotto la propria autorità, diffondendovi ad ampio livello la cultura greca. Subito dopo il suo trapasso, l’ impero macedone venne scosso da una lotta di successione in cui vennero contrapposti Alessandro, unico figlio del defunto e bambino ancora in fasce, e Filippo Arrideo, fratellastro del condottiero, sofferente di epilessia e forse anche di turbe mentali. Negli anni, entrambi i candidati vennero assassinati in un intricato contesto di intrighi, e i generali che per anni erano stati agli ordini di Alessandro scesero in guerra tra loro, dividendosi infine il potentato nei cosiddetti regni ellenistici.
Tolomeo Sotere, tra i subalterni più intelligenti e vicini al leggendario re soldato, si prese l’ Egitto, di cui divenne monarca come Tolomeo I, fondando una nuova dinastia che avrebbe detenuto il controllo dell’ Africa settentrionale fino al 30 prima di Cristo, con la morte della celebre Cleopatra VII, sua ultima discendente. Il nuovo faraone si impegnò a fare di Alessandria, fondata nel 332 prima di Cristo dallo stesso Alessandro, da cui traeva il proprio nome, non solo la nuova capitale egizia, ma un centro di grande importanza strategica del bacino del Mediterraneo, nonché epicentro della cultura ellenistica. Servendosi dei più grandi urbanisti greci viventi, modificò ampiamente la pianta disegnata dagli architetti precedentemente consultati da Alessandro e introdusse svariati elementi assai innovativi. Oltre al Faro e alla diga, lunga più di un chilometro, diede vita al Museo, ossia «casa delle Muse», e alla Biblioteca, da bibliòn, «libro», e thèke, «deposito», nei quali invitò i più celebri studiosi e letterati del mondo greco, sovvenzionandoli generosamente.
Tolomeo I;

Concepita come centro culturale ampio e di vasta portata, la direzione della Biblioteca venne affidata ad un sovrintendente nominato direttamente dal sovrano, e fu grandemente ampliata dal figlio e successore di Tolomeo, Tolomeo II, detto Filadelfo. I sovrintendenti dirigevano gruppi di grammatici e filologi assai rinomati che avevano il compito di annotare e correggere i testi delle varie opere, di cui si redigevano edizioni critiche che venivano poi conservate all’ interno della Biblioteca stessa. Si suppone che al tempo di Tolomeo Filadelfo i rotoli conservati fossero circa quattrocentonovantamila, e quando lo spazio non bastò più venne costruita una seconda struttura, la Biblioteca del Serapeo. Il primo sovrintendente fu Zenodoto di Efeso, poeta epico e filologo greco, primo editore critico di Omero e precettore dei figli di Tolomeo Sotere.
I testi custoditi in questo vasto e particolareggiato centro del sapere comprendevano i settori e gli ambiti più diversi fra loro, dagli studi letterari a quelli scientifici, ma la filologia si guadagnò presto una posizione essenziale, con la classificazione, la correzione e il commento delle opere classiche, specialmente i poemi omerici. La Biblioteca si arricchì velocemente di nuove opere straniere tradotte in greco, come la Bibbia ebraica. Sotto l’ egida del casato tolemaico raggiunse fama internazionale sia per gli studiosi da cui era frequentata, grandi geni come ad esempio Euclide ed Eratostene, che per l’ elevato numero di volumi papiracei che conteneva: si pensa che al massimo del proprio splendore giunse a custodirne ben più di settecentomila. Oltre alla notevole collezione di opere, il complesso comprendeva un osservatorio astronomico, un giardino zoologico e botanico e diverse sale da riunione.
Raffigurazione esterna della Biblioteca;

Le circostanze della fine della Biblioteca non sono ancora state debitamente accertate, e in proposito sono fiorite svariate ipotesi contrastanti fra loro. Le fonti sia antiche che moderne, comunque, indicano quattro possibili occasioni in cui si sarebbe verificata una sua distruzione, totale o parziale che fosse.
Nel settembre del 48 prima di Cristo ebbe luogo il più celebre disastro che la colpì. Il generale e console romano Gneo Pompeo Magno, sconfitto da Gaio Giulio Cesare nella battaglia di Farsalo, si rifugiò in Egitto nella speranza di ricevere asilo dal faraone Tolomeo XIII, appena quattordicenne e correggente della sorella maggiore, Cleopatra VII, secondo il volere testamentario del padre, Tolomeo XII, che aveva nominato Roma come garante della sua successione e avuto sempre buoni rapporti con lui. I dignitari e i consiglieri di corte, tuttavia, pensarono che in virtù della sua recente sconfitta sarebbe stato sconveniente per il sovrano concedergli asilo, e nel timore che potesse assumere il controllo del drappello militare romano di stanza ad Alessandria così da prendere il potere in Egitto, lo fecero assassinare dal generale reale Achilla e da Lucio Settimio, ufficiale al comando del distaccamento locale, così da ottenere il benvolere di Cesare, che quando venne a sua volta in terra egizia manifestò disapprovazione per la sorte del concittadino. Il conquistatore della Gallia rimase in Egitto per sistemare la situazione tra Cleopatra e Tolomeo, da qualche tempo scesi in guerra tra loro per il potere: in qualità di console ordinò che i due fratelli sciogliessero i rispettivi eserciti e risolvessero la controversia per via diplomatica, ma la sua presenza non fu affatto tollerata dal popolo egizio, che a seguito della pretesa del denaro che Tolomeo XII gli aveva promesso nel 59 prima di Cristo si ribellò, provocando disordini in cui morirono molti legionari romani.
Innamoratosi follemente di Cleopatra, di cui divenne amante, Cesare tentò in ogni modo di porre unicamente lei sul trono dei faraoni, e Potino, il reggente, mandò ordini ad Achilla per far arrivare rinforzi ad Alessandria, in modo da sconfiggere il console e liberare Tolomeo. Il generale egizio, aiutato dal presidio romano locale, giunse in città conquistandone gran parte e assediando il palazzo reale, dove Cesare si difendeva con i suoi pochi soldati. Messo alle strette, questi ordinò di bruciare la flotta egizia nel porto, causando la distruzione di gran parte di Alessandria, inclusa la leggendaria Biblioteca, ma l’ entità del danno viene riferita in modo contradditorio: secondo Seneca furono bruciati quarantamila testi, per Aulo Gellio ne andarono persi settecentomila, mentre per Cassio Dione Cocceiano furono incendiati i depositi contenenti grano ed un gran numero di scritti. La testimonianza di una completa distruzione della Biblioteca nel corso della guerra alessandrina sarebbe contraddetta non solo dalla discrepanza delle fonti, ma anche da altri indizi che indurrebbero a pensare ad una perdita parziale e non alla distruzione dell’ intero patrimonio culturale, quindi è più plausibile che solamente i testi depositati in un magazzino nei pressi del porto furono involontariamente distrutti dal fuoco. In seguito, con la sconfitta di Marco Antonio, nuovo amante e alleato di Cleopatra, e il conseguente suicidio di entrambi per non cadere prigionieri, Gaio Ottaviano, divenuto imperatore con il nome di Cesare Augusto, occupò direttamente il regno dei faraoni, facendone una provincia imperiale, ossia retta da un prefetto scelto personalmente dall’ imperatore. Con la morte di Cleopatra, la dinastia tolemaica cessò di esistere.
Roma non si interessò mai attivamente al patrimonio culturale rappresentato dalla Biblioteca, che secondo alcuni storici venne spazzato via verso il 270 dopo Cristo, durante il conflitto che oppose l’ imperatore Aureliano a Zenobia, prima ed unica regina di Palmira, animato dal desiderio del caput mundi di ristabilire il proprio controllo su varie regioni mediorientali: nel corso dei feroci combattimenti che si svolsero ad Alessandria tra romani e palmireni venne raso al suolo l’ intero quartiere cittadino ove sorgevano la vecchia reggia e la Biblioteca.
Tolomeo II;

Secondo altri valenti studiosi, per quanto nessuna fonte storiografica abbia mai citato la distruzione di una qualsivoglia libreria in quel tempo, la fine della Biblioteca alessandrina avrebbe luogo nel corso di un incendio in conseguenza all’ editto emanato dall’ imperatore Teodosio il Grande nel 391. Fortemente ostile alla «saggezza pagana», dopo aver fatto del Cristianesimo la religione di Stato dell’ Impero stabilì che qualsiasi pratica e conoscenza pagana sarebbe stata considerata fuorilegge. Il vescovo Teofilo avrebbe quindi guidato di persona una folla di fanatici nella distruzione totale della Biblioteca in quanto celebre ed eloquente simbolo del mondo e del sapere infedele.
Stando a fonti più tarde, invece, la perdita del grande archivio del sapere avrebbe avuto invece luogo nel 642 per opera dei saraceni, che, appena conquistati la Palestina e l’ Egitto bizantini, avrebbero provveduto a distruggerlo su ordine del califfo Omar, convinto che nei suoi testi vi fossero cose già presenti nel Corano, oppure altre che non ne facevano parte: se fossero state presenti nel libro sacro dato da Allah ai musulmani sarebbero risultate inutili, se invece non erano presenti sarebbero state dannose, quindi degne di distruzione. Stando a questa ipotesi, gli arabi avrebbero bruciato ogni testo per alimentare le caldaie dei bagni per i soldati, garantendo il fuoco per sei mesi. Molti esperti hanno spesso fatto notare che non vi è mai stata alcuna menzione di una Biblioteca tra gli atti distruttivi perpetrati in città in quel tempo, ma solo di testi, e che il racconto secondo cui la responsabilità fosse imputabile ai maomettani venne scritto da uno autore cristiano siriano, che quindi avrebbe potuto rispondere a criteri di una propaganda ostile atta ad offuscare l’ immagine di Omar.
L’ attuale Bibliotheca Alexandrina;

In ogni caso, l’ archeologia non ha ancora sfortunatamente potuto svelare il mistero che aleggia intorno alla fine della Biblioteca tolemaica: nel corso del tempo ad Alessandria sono stati trovati pochissimi papiri, probabilmente a causa delle condizioni climatiche, sfavorevoli alla conservazione di materiale organico, ma nessun resto concreto dell’ edificio in quanto la città è ancora oggi un centro abitato, dunque è assai difficile ottenere il permesso per gli scavi di recupero.
Ragionando con imparzialità, appare piuttosto improbabile che la distruzione di quella che molti considerarono per secoli la più grande biblioteca del mondo antico possa essere attribuita ad un singolo individuo o ad un particolare gruppo di persone. Equivarrebbe a semplificare troppo il quesito. Sarebbe ragionevole supporre che non sia stata distrutta da un incendio appiccato inavvertitamente o con dolo nel corso di una guerra o di un cambio di regime religioso e sociale, ma progressivamente abbandonata a sé stessa nel corso del tempo: se la grande libreria era stata creata come dimostrazione del potere e della ricchezza tolemaica, non è da escludere che il suo declino fosse più semplicemente dovuto a motivi politici ed economici manifestatisi a seguito della decadenza della stessa dinastia di provenienza macedone.

Se oggi la presenza fisica della Biblioteca è un ricordo consegnato in egual misura alle sabbie del tempo e alla leggenda, certamente il suo spirito orientato alla comprensione delle oceaniche vastità del sapere non è mai stato dimenticato, tanto che di recente, tra il 1988 e il 2002, sul sito indicato dalla tradizione come sede della Biblioteca è stata eretta la Bibliotheca Alexandrina, grazie all’ azione congiunta tra il governo egiziano di Hosni Mubarak, desideroso di ricostituire nella sua integralità e brillantezza l’ originario centro di studio e di erudizione, e l’ Organizzazione delle Nazioni Unite per l’ educazione, la scienza e la cultura: essa è divenuta un’ importantissima raccolta di libri e centro culturale di tutta l’ area mediterranea, situata in un avveniristico edificio a forma di un lungo cilindro tagliato obliquamente e sviluppato su undici piani, in grado di ospitare fino a otto milioni di volumi. Questa nuova Biblioteca, sulle cui mura esterne in granito sono incisi i caratteri che rappresentano tutti gli alfabeti del mondo, include varie sale di lettura, un istituto per il restauro di libri antichi, una sezione per l’ infanzia, una scuola di informatica, sale per riunioni e congressi.
Un’ iniziativa certamente ambiziosa, che nel tempo non è stata esente da critiche, soprattutto legate ai materiali di cui necessitava la realizzazione del complesso e alle azioni di censura proprie della presidenza di Mubarak, nonché al rilievo dedicato maggiormente al contenitore, ossia la modernissima struttura in cui sorge, piuttosto che al contenuto, ma che senz’ altro ha il grande merito di conservare il ricordo di uno tra i luoghi più suggestivi e importanti di tutto il mondo antico.