martedì 4 settembre 2018

La biblioteca di Alessandria, il faro immortale della conoscenza

Raffigurazione interna della Biblioteca alessandrina;


Fin dall’ infanzia ognuno di noi sente affermare infinite volte che il sapere è molto importante, mentre il non sapere comporta infiniti problemi. A tal proposito, il celebre filosofo greco Socrate ebbe l’ occasione di esprimersi con parole piuttosto lapidarie: «Esiste un solo bene, la conoscenza, ed un solo male, l’ ignoranza.».
Nel corso della nostra vita, prima o poi, tutti ci domandiamo almeno una volta a che cosa serva il sapere, l’ essere informati. E’ un quesito semplice e diretto ma per nulla ovvio, a cui si può rispondere in moltissimi modi. In tutta evidenza, qualunque sia l’ obiettivo che ci poniamo, le probabilità di conseguire un valido risultato aumentano a seconda di quanto sappiamo in proposito e di come dobbiamo prepararci. I benefici della conoscenza sono come il cielo infinito e abbracciano infiniti ambiti pratici, non esclusi quelli della vita quotidiana, al punto che ormai si parla abitualmente di una «società delle informazioni»: oggigiorno ben poco di quanto ci interessa può essere vissuto senza la base posta da un sapere particolare che, qualora non possedessimo personalmente, potremmo raggiungere per mezzo di chi invece lo ha ricevuto e compreso.
Essere a conoscenza di qualcosa è dunque una condizione di indubbio profitto, perché ci aiuta a raggiungere la consapevolezza, ad avere le idee più chiare, sviluppando una mentalità salda e lineare, imparando a distinguere il vero dal falso, il bene dal male, l’ utile dal superfluo, l’ oggettivo dal soggettivo. Nel mondo della cultura il sapere viene raccomandato per la sua utilità, perché serve a generare ancor più sapere, mentre in quello della ricerca scientifica si desidera giungere per mezzo dell’ analisi a risultati attendibili oltre qualsivoglia errore, in modo da comprendere come evolversi correttamente anziché in modo casuale.

In un simile contesto, il testo scritto vanta un valore imparagonabile. Buona parte del sapere antico e del ricordo della storia passata sono giunti sino a noi proprio in forma scritta. Anticamente, il passaggio da una generazione a un’ altra della cultura sociale e materiale avveniva per mezzo della trasmissione orale, ma l’ introduzione della scrittura intorno al 3200 prima di Cristo nella Bassa Mesopotamia consentì passi giganteschi nella preservazione delle conoscenze acquisite nel passato, anche con una maggiore precisione e fedeltà. Noi stessi dobbiamo moltissimo della nostra conoscenza del mondo greco e romano, fonte della nostra attuale civiltà, ai bizantini, che ne trascrissero e custodirono le magnifiche conquiste nei celebri testi mentre nei territori del vecchio Impero d’ Occidente venivano invece occultate con ogni mezzo dalle guide spirituali della Chiesa cristiana, da cui erano severamente tacciate di essere inaccettabili rievocazioni della civiltà pagana, ormai tramontata a vantaggio della nuova dottrina religiosa, a chiara conferma che il fanatismo è sempre stato una piaga ampiamente comune a tutti, anche ad ovest.

L’ introduzione delle biblioteche, le raccolte organizzate di libri e testi scritti di altro genere, rappresentò una tappa fondamentale nella storia della preservazione e trasmissione della conoscenza. Gli esempi più antichi di cui oggi abbiamo il ricordo nacquero tra le originarie città-Stato sumere come Ebla, Lagash, Nippur, Mari, Ḫattuša e Ugarit, e presto ne sorsero altri anche in terra greca, come a Pergamo, per volere di Eumene II e ricco di un patrimonio di ben duecentomila testi, seguito da altri ad Atene, Rodi ed Antiochia.
Eppure, la più celebre tra le biblioteche dell’ era antica fu senza dubbio quella di Alessandria d’ Egitto, realizzata nel III secolo prima di Cristo e rifornita di circa quarantanovemila testi al tempo del filologo greco Callimaco, chiamato da Tolomeo II a catalogarli, mentre in occasione della venuta di Giulio Cesare sul suolo egizio ne contava oltre settecentomila. Passata alla storia come la più grande, ricca e variegata raccolta del mondo antico, essa si impose come uno dei principali poli culturali ellenistici di sempre pur venendo danneggiata in più occasioni per poi subire un destino tuttora avvolto nel mistero.
Riproduzione di Alessandria in epoca antica;

Il 10 giugno del 323 prima di Cristo, Alessandro Magno, il celebre sovrano guerriero di Macedonia, morì poco prima del suo trentatreesimo compleanno a Babilonia, forse di malaria oppure di cirrosi epatica, sebbene molti intuissero un avvelenamento, dopo aver conquistato il vasto e potente Impero persiano in soli dodici anni, unendo il Medio e il Vicino Oriente sotto la propria autorità, diffondendovi ad ampio livello la cultura greca. Subito dopo il suo trapasso, l’ impero macedone venne scosso da una lotta di successione in cui vennero contrapposti Alessandro, unico figlio del defunto e bambino ancora in fasce, e Filippo Arrideo, fratellastro del condottiero, sofferente di epilessia e forse anche di turbe mentali. Negli anni, entrambi i candidati vennero assassinati in un intricato contesto di intrighi, e i generali che per anni erano stati agli ordini di Alessandro scesero in guerra tra loro, dividendosi infine il potentato nei cosiddetti regni ellenistici.
Tolomeo Sotere, tra i subalterni più intelligenti e vicini al leggendario re soldato, si prese l’ Egitto, di cui divenne monarca come Tolomeo I, fondando una nuova dinastia che avrebbe detenuto il controllo dell’ Africa settentrionale fino al 30 prima di Cristo, con la morte della celebre Cleopatra VII, sua ultima discendente. Il nuovo faraone si impegnò a fare di Alessandria, fondata nel 332 prima di Cristo dallo stesso Alessandro, da cui traeva il proprio nome, non solo la nuova capitale egizia, ma un centro di grande importanza strategica del bacino del Mediterraneo, nonché epicentro della cultura ellenistica. Servendosi dei più grandi urbanisti greci viventi, modificò ampiamente la pianta disegnata dagli architetti precedentemente consultati da Alessandro e introdusse svariati elementi assai innovativi. Oltre al Faro e alla diga, lunga più di un chilometro, diede vita al Museo, ossia «casa delle Muse», e alla Biblioteca, da bibliòn, «libro», e thèke, «deposito», nei quali invitò i più celebri studiosi e letterati del mondo greco, sovvenzionandoli generosamente.
Tolomeo I;

Concepita come centro culturale ampio e di vasta portata, la direzione della Biblioteca venne affidata ad un sovrintendente nominato direttamente dal sovrano, e fu grandemente ampliata dal figlio e successore di Tolomeo, Tolomeo II, detto Filadelfo. I sovrintendenti dirigevano gruppi di grammatici e filologi assai rinomati che avevano il compito di annotare e correggere i testi delle varie opere, di cui si redigevano edizioni critiche che venivano poi conservate all’ interno della Biblioteca stessa. Si suppone che al tempo di Tolomeo Filadelfo i rotoli conservati fossero circa quattrocentonovantamila, e quando lo spazio non bastò più venne costruita una seconda struttura, la Biblioteca del Serapeo. Il primo sovrintendente fu Zenodoto di Efeso, poeta epico e filologo greco, primo editore critico di Omero e precettore dei figli di Tolomeo Sotere.
I testi custoditi in questo vasto e particolareggiato centro del sapere comprendevano i settori e gli ambiti più diversi fra loro, dagli studi letterari a quelli scientifici, ma la filologia si guadagnò presto una posizione essenziale, con la classificazione, la correzione e il commento delle opere classiche, specialmente i poemi omerici. La Biblioteca si arricchì velocemente di nuove opere straniere tradotte in greco, come la Bibbia ebraica. Sotto l’ egida del casato tolemaico raggiunse fama internazionale sia per gli studiosi da cui era frequentata, grandi geni come ad esempio Euclide ed Eratostene, che per l’ elevato numero di volumi papiracei che conteneva: si pensa che al massimo del proprio splendore giunse a custodirne ben più di settecentomila. Oltre alla notevole collezione di opere, il complesso comprendeva un osservatorio astronomico, un giardino zoologico e botanico e diverse sale da riunione.
Raffigurazione esterna della Biblioteca;

Le circostanze della fine della Biblioteca non sono ancora state debitamente accertate, e in proposito sono fiorite svariate ipotesi contrastanti fra loro. Le fonti sia antiche che moderne, comunque, indicano quattro possibili occasioni in cui si sarebbe verificata una sua distruzione, totale o parziale che fosse.
Nel settembre del 48 prima di Cristo ebbe luogo il più celebre disastro che la colpì. Il generale e console romano Gneo Pompeo Magno, sconfitto da Gaio Giulio Cesare nella battaglia di Farsalo, si rifugiò in Egitto nella speranza di ricevere asilo dal faraone Tolomeo XIII, appena quattordicenne e correggente della sorella maggiore, Cleopatra VII, secondo il volere testamentario del padre, Tolomeo XII, che aveva nominato Roma come garante della sua successione e avuto sempre buoni rapporti con lui. I dignitari e i consiglieri di corte, tuttavia, pensarono che in virtù della sua recente sconfitta sarebbe stato sconveniente per il sovrano concedergli asilo, e nel timore che potesse assumere il controllo del drappello militare romano di stanza ad Alessandria così da prendere il potere in Egitto, lo fecero assassinare dal generale reale Achilla e da Lucio Settimio, ufficiale al comando del distaccamento locale, così da ottenere il benvolere di Cesare, che quando venne a sua volta in terra egizia manifestò disapprovazione per la sorte del concittadino. Il conquistatore della Gallia rimase in Egitto per sistemare la situazione tra Cleopatra e Tolomeo, da qualche tempo scesi in guerra tra loro per il potere: in qualità di console ordinò che i due fratelli sciogliessero i rispettivi eserciti e risolvessero la controversia per via diplomatica, ma la sua presenza non fu affatto tollerata dal popolo egizio, che a seguito della pretesa del denaro che Tolomeo XII gli aveva promesso nel 59 prima di Cristo si ribellò, provocando disordini in cui morirono molti legionari romani.
Innamoratosi follemente di Cleopatra, di cui divenne amante, Cesare tentò in ogni modo di porre unicamente lei sul trono dei faraoni, e Potino, il reggente, mandò ordini ad Achilla per far arrivare rinforzi ad Alessandria, in modo da sconfiggere il console e liberare Tolomeo. Il generale egizio, aiutato dal presidio romano locale, giunse in città conquistandone gran parte e assediando il palazzo reale, dove Cesare si difendeva con i suoi pochi soldati. Messo alle strette, questi ordinò di bruciare la flotta egizia nel porto, causando la distruzione di gran parte di Alessandria, inclusa la leggendaria Biblioteca, ma l’ entità del danno viene riferita in modo contradditorio: secondo Seneca furono bruciati quarantamila testi, per Aulo Gellio ne andarono persi settecentomila, mentre per Cassio Dione Cocceiano furono incendiati i depositi contenenti grano ed un gran numero di scritti. La testimonianza di una completa distruzione della Biblioteca nel corso della guerra alessandrina sarebbe contraddetta non solo dalla discrepanza delle fonti, ma anche da altri indizi che indurrebbero a pensare ad una perdita parziale e non alla distruzione dell’ intero patrimonio culturale, quindi è più plausibile che solamente i testi depositati in un magazzino nei pressi del porto furono involontariamente distrutti dal fuoco. In seguito, con la sconfitta di Marco Antonio, nuovo amante e alleato di Cleopatra, e il conseguente suicidio di entrambi per non cadere prigionieri, Gaio Ottaviano, divenuto imperatore con il nome di Cesare Augusto, occupò direttamente il regno dei faraoni, facendone una provincia imperiale, ossia retta da un prefetto scelto personalmente dall’ imperatore. Con la morte di Cleopatra, la dinastia tolemaica cessò di esistere.
Roma non si interessò mai attivamente al patrimonio culturale rappresentato dalla Biblioteca, che secondo alcuni storici venne spazzato via verso il 270 dopo Cristo, durante il conflitto che oppose l’ imperatore Aureliano a Zenobia, prima ed unica regina di Palmira, animato dal desiderio del caput mundi di ristabilire il proprio controllo su varie regioni mediorientali: nel corso dei feroci combattimenti che si svolsero ad Alessandria tra romani e palmireni venne raso al suolo l’ intero quartiere cittadino ove sorgevano la vecchia reggia e la Biblioteca.
Tolomeo II;

Secondo altri valenti studiosi, per quanto nessuna fonte storiografica abbia mai citato la distruzione di una qualsivoglia libreria in quel tempo, la fine della Biblioteca alessandrina avrebbe luogo nel corso di un incendio in conseguenza all’ editto emanato dall’ imperatore Teodosio il Grande nel 391. Fortemente ostile alla «saggezza pagana», dopo aver fatto del Cristianesimo la religione di Stato dell’ Impero stabilì che qualsiasi pratica e conoscenza pagana sarebbe stata considerata fuorilegge. Il vescovo Teofilo avrebbe quindi guidato di persona una folla di fanatici nella distruzione totale della Biblioteca in quanto celebre ed eloquente simbolo del mondo e del sapere infedele.
Stando a fonti più tarde, invece, la perdita del grande archivio del sapere avrebbe avuto invece luogo nel 642 per opera dei saraceni, che, appena conquistati la Palestina e l’ Egitto bizantini, avrebbero provveduto a distruggerlo su ordine del califfo Omar, convinto che nei suoi testi vi fossero cose già presenti nel Corano, oppure altre che non ne facevano parte: se fossero state presenti nel libro sacro dato da Allah ai musulmani sarebbero risultate inutili, se invece non erano presenti sarebbero state dannose, quindi degne di distruzione. Stando a questa ipotesi, gli arabi avrebbero bruciato ogni testo per alimentare le caldaie dei bagni per i soldati, garantendo il fuoco per sei mesi. Molti esperti hanno spesso fatto notare che non vi è mai stata alcuna menzione di una Biblioteca tra gli atti distruttivi perpetrati in città in quel tempo, ma solo di testi, e che il racconto secondo cui la responsabilità fosse imputabile ai maomettani venne scritto da uno autore cristiano siriano, che quindi avrebbe potuto rispondere a criteri di una propaganda ostile atta ad offuscare l’ immagine di Omar.
L’ attuale Bibliotheca Alexandrina;

In ogni caso, l’ archeologia non ha ancora sfortunatamente potuto svelare il mistero che aleggia intorno alla fine della Biblioteca tolemaica: nel corso del tempo ad Alessandria sono stati trovati pochissimi papiri, probabilmente a causa delle condizioni climatiche, sfavorevoli alla conservazione di materiale organico, ma nessun resto concreto dell’ edificio in quanto la città è ancora oggi un centro abitato, dunque è assai difficile ottenere il permesso per gli scavi di recupero.
Ragionando con imparzialità, appare piuttosto improbabile che la distruzione di quella che molti considerarono per secoli la più grande biblioteca del mondo antico possa essere attribuita ad un singolo individuo o ad un particolare gruppo di persone. Equivarrebbe a semplificare troppo il quesito. Sarebbe ragionevole supporre che non sia stata distrutta da un incendio appiccato inavvertitamente o con dolo nel corso di una guerra o di un cambio di regime religioso e sociale, ma progressivamente abbandonata a sé stessa nel corso del tempo: se la grande libreria era stata creata come dimostrazione del potere e della ricchezza tolemaica, non è da escludere che il suo declino fosse più semplicemente dovuto a motivi politici ed economici manifestatisi a seguito della decadenza della stessa dinastia di provenienza macedone.

Se oggi la presenza fisica della Biblioteca è un ricordo consegnato in egual misura alle sabbie del tempo e alla leggenda, certamente il suo spirito orientato alla comprensione delle oceaniche vastità del sapere non è mai stato dimenticato, tanto che di recente, tra il 1988 e il 2002, sul sito indicato dalla tradizione come sede della Biblioteca è stata eretta la Bibliotheca Alexandrina, grazie all’ azione congiunta tra il governo egiziano di Hosni Mubarak, desideroso di ricostituire nella sua integralità e brillantezza l’ originario centro di studio e di erudizione, e l’ Organizzazione delle Nazioni Unite per l’ educazione, la scienza e la cultura: essa è divenuta un’ importantissima raccolta di libri e centro culturale di tutta l’ area mediterranea, situata in un avveniristico edificio a forma di un lungo cilindro tagliato obliquamente e sviluppato su undici piani, in grado di ospitare fino a otto milioni di volumi. Questa nuova Biblioteca, sulle cui mura esterne in granito sono incisi i caratteri che rappresentano tutti gli alfabeti del mondo, include varie sale di lettura, un istituto per il restauro di libri antichi, una sezione per l’ infanzia, una scuola di informatica, sale per riunioni e congressi.
Un’ iniziativa certamente ambiziosa, che nel tempo non è stata esente da critiche, soprattutto legate ai materiali di cui necessitava la realizzazione del complesso e alle azioni di censura proprie della presidenza di Mubarak, nonché al rilievo dedicato maggiormente al contenitore, ossia la modernissima struttura in cui sorge, piuttosto che al contenuto, ma che senz’ altro ha il grande merito di conservare il ricordo di uno tra i luoghi più suggestivi e importanti di tutto il mondo antico.

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