venerdì 26 ottobre 2018

Il principe Vlad III, l’ uomo dietro al mito del conte Dracula

Dracula, il «Figlio del Drago»,


«All’ interno c’ era un vecchio, alto, sbarbato ma con lunghi baffi bianchi, vestito di nero dalla testa ai piedi: neppure una nota di colore in tutta la sua persona.» tratto dal capitolo secondo di ‘Dracula’, di Bram Stoker;

Da un tempo immemorabile, l’ umanità subisce profondamente il fascino della leggenda, il racconto epico di un avvenimento speciale e di vasta portata che ha avuto per protagonisti uno o più eroi straordinari e coraggiosi. Lo stesso termine «leggenda», dal latino legenda, ossia «cose degne di essere lette», indica quel particolare racconto che nell’ antichità tramandava il ricordo della vita di un prode e delle sue gesta, mentre durante il Medioevo europeo passò a rievocare eternamente le vicende dei santi cristiani e i loro miracoli, fungendo da esempio di fede per la cristianità.
L’ aspetto più importante e forse addirittura più affascinante di ogni leggenda è il fatto che, proprio come sostiene il vecchio detto, vanti un fondo di verità: i racconti leggendari non si basano mai su fatti inventati di sana pianta, ma contengono un elemento reale ripreso da più narratori che nel corso del tempo lo hanno trasformato in quel mito giunto sino a noi in forma di vicenda epica animata da concetti e simboli straordinari, ai limiti dell’ inverosimile, capaci di catturare l’ interesse e l’ ammirazione della gente.
Bela Lugosi nei panni del conte transilvano;

Talvolta, però, le leggende denotano un movente diametralmente opposto a quello del suscitare ammirazione e desiderio di imitazione, e cioè quello di incutere paura e terrore nel cuore delle persone, dando vita a simboli spaventosi. E’ il caso ad esempio del famigerato Dracula, l’ emblema del vampirismo, il cui nome evoca con immediatezza il terrifico potere della notte, nero e implacabile, legato alla figura del pipistrello, il macabro volatile temuto per la sua relazione mistica con streghe, spettri e demoni. I principi fondamentali della leggenda valgono appieno persino nel caso di questo sinistro e suggestivo personaggio, creato dal romanziere Bram Stoker alla fine dell’ Ottocento vittoriano: il demoniaco conte transilvano nerovestito e residente in un oscuro maniero in cima ad una rupe ove coltivava malefici propositi non fu una pura invenzione da parte del celebre autore irlandese, ma il rimaneggiamento di un personaggio storico realmente vissuto, ossia Vlad III, principe di Valacchia, l’ attuale Romania, appartenente alla stirpe dei Drăculeștii. Nominando Dracula viene alla mente un individuo più che mai inquietante, che Stoker tratteggiò ricorrendo a tutte le risorse della propria fantasia e agli espedienti di un accurato mestiere, sprigionando una magia che si sospinge sino alle soglie dell’ incubo, rappresentando in modo nuovo il duello infinito tra Bene e Male attraverso una storia scaturita direttamente dalle profondità della mente e che quindi raggiunge la fantasia delle coscienze, infiltrandosi nei sogni più spaventosi senza che nessun esorcismo possa attenuarne la pervadente suggestione.
Il notevole successo letterario del romanzo gotico «Dracula» consentì velocemente al subdolo e raffinato vampiro transilvano di superare in fascino e fama la notorietà del multiforme voivòda vissuto nel Quattrocento, al crepuscolo del Medioevo, e passato alla storia come «Impalatore» per l’ abitudine di ricorrere a cruente forme di impalamento di massa. Uomo costantemente ondeggiante tra atteggiamenti clementi e spietati, leali e traditòri, astuti e atroci, venne osannato dal proprio popolo e dagli alleati come l’ eroe per eccellenza della lotta contro gli ottomani, divenendo una sorta di Giuseppe Garibaldi romeno, quanto dipinto dai nemici come un tiranno sanguinario e un carnefice di insensata ferocia. Per tutta la sua esistenza, quest’ uomo spaventoso, il cui nome stesso veniva sussurrato con sgomento, seppe elargire ferocemente la morte a chiunque si mettesse sulla sua strada, tanto da trasformarsi in una leggenda nera ancor prima di trapassare, distinguendosi nettamente dagli altri potenti suoi contemporanei sebbene in quei giorni la crudeltà e la spietatezza fossero metodi comuni e accettati nella consueta gestione del potere, nell’ amministrazione della giustizia e nella conduzione della guerra al fine di terrorizzare il dissenso interno e i nemici esterni. Dracula entrò prepotentemente nella storia e nella leggenda come un mostro assetato di sangue, tanto che dopo quattrocento anni fu proprio lui ad ispirare il modello ideale del vampiro, e qualunque sia il metro con cui lo si valuti e il giudizio che si reputi più opportuno, oggi il ricordo storico e la leggenda, aumentata sia in quantità che in significato, sono uniti in un suggestivo amalgama concesso solo a pochi altri individui venuti sia prima che dopo di lui.
Celebre ritratto del voivòda Vlad III; 

Durante il Quattrocento, la situazione della Valacchia, uno dei tanti principati dell’ area balcanica, poggiava su equilibri estremamente precari, dal momento che si trovava in mezzo alle due maggiori potenze politiche e militari del tempo, ossia il Sacro Romano Impero, a nord, e l’ Impero ottomano, a sud, che da qualche tempo coltivava una decisa politica espansionistica nei Balcani. Il controllo definitivo degli Stati cuscinetto come la Valacchia era quindi qualcosa di fondamentale importanza strategica tanto per la cristianità quanto per l’ islamismo, e i signori locali che avevano a cuore prima di tutto la propria autonomia e incolumità personale dovevano necessariamente ricorrere ad una diplomazia costantemente mutevole, destreggiandosi tra le ruvide esigenze di potere di forze ben più potenti tra voltafaccia, alleanze instabili, tradimenti reciproci ed esibizioni di forza che sfociavano in atti di vero e proprio terrorismo.
Il principe Vlad nacque il 2 novembre 1431 nacque a Sighișoara, in Transilvania, figlio di Vlad Hagyak, capostipite dei Drăculeștii, e nipote di Mircea il Vecchio, voivòda di Valacchia che dedicò la propria vita alla difesa del principato dalle crescenti minacce espansionistiche degli ottomani, partecipando nel 1396 alla Crociata di Nicopoli ed estendendo la sovranità valacca fino alla Dobrugia, sul Mar Nero, dando alla signoria la sua massima espansione finché, sconfitto nel 1417 dal sultano Maometto I, terminò il proprio dominio come tributario indipendente di Costantinopoli. Il padre Vlad, invece, dall’ 8 febbraio 1431 era un membro dell’ Ordine del Drago, ordine militare del Sacro Romano Impero Germanico istituito dall’ imperatore Sigismondo di Lussemburgo per distruggere gli hussiti, appartenenti ad un movimento cristiano riformatore e rivoluzionario sorto da poco in Boemia per opera del teologo Jan Hus, e per rispondere alle crescenti minacce dell’ Impero ottomano: tale appartenenza gli valse il soprannome Dracul, dal termine romeno drac, traducibile sia come «drago» che come «diavolo», e dal suffisso ul, ossia «il», quindi esprimibile in «il Diavolo». Lo stretto legame tra il diavolo e il drago era ben noto nel simbolismo biblico, quindi risulta piuttosto bizzarro che un potente sovrano cristiano quale l’ imperatore del Sacro Romano Impero Germanico abbia potuto scegliere proprio tali entità come emblemi di un ordine votato alla difesa del Vangelo. Non si conosce l’ identità della madre di Vlad, per quanto si affermi che in quel tempo il padre, attorniato da una discreta cerchia di amanti, fosse sposato con la principessa Cneajna di Moldavia, figlia maggiore di Alessandro il Buono, principe di Moldavia e zia di Ștefan il Grande di Moldavia. Il giovane ebbe due fratellastri maggiori, Mircea e Vlad Călugărul, e un fratello minore, Radu il Bello.
La casa natale del principe Vlad, a Sighișoara;

Dotato di un lungo naso aquilino, una lunga e fluente capigliatura e foltissimi baffi neri, Vlad trascorse con Radu gli anni della propria educazione a Sighișoara, in Transilvania, dove il padre si era acquartierato per difendere il confine ungherese meridionale in ottemperanza agli ordini di Sigismondo, che lo sostenne nell’ ascesa al trono valacco nel 1431. Il Drago stette costantemente in agguato, osservando da vicino la situazione in Valacchia, godendo come governatore militare della provincia anche delle entrate di una zecca che coniava monete ungheresi. Ivi, Vlad e Radu impararono l’ arte del combattimento, la geografia, la matematica, le scienze, le arti classiche, la filosofia e numerose lingue quali lo slavo ecclesiastico antico, il tedesco, il latino e l’ ungherese. Uno dei principali precettori, perlopiù studiosi romeni o greci provenienti da Costantinopoli, fu un anziano di oltre settant’ anni che aveva combattuto tra le schiere crociate nella battaglia di Nicopoli, durante la quale era stato catturato dai vincitori ottomani che lo avevano venduto ai mercanti di schiavi genovesi, affrontando poi una serie di circostanze in cui  aveva lungamente viaggiato per le coste del Mediterraneo orientale e del Mar Nero, tornando infine in Valacchia dopo aver recuperato la libertà e tratto una vasta esperienza del mondo e appreso varie lingue.
Lo stemma di Vlad III;

Nel 1436, Vlad II, il cui potere poggiava su equilibri molto traballanti, nonostante l’ appartenenza all’ Ordine del Dragone stabilì la pace con il sultano Murad II, che in quel tempo era il sovrano più potente dei Balcani, accettando di recarsi ogni anno alla sua corte per versare un tributo e di guidare e scortare l’ esercito ottomano diretto contro gli ungheresi, facendo di tutto per non infrangere l’ accordo senza però apparire compromesso con gli infedeli maomettani agli occhi del Regno d’ Ungheria. Nel marzo del 1442 gli ottomani entrarono in Valacchia puntando sulla Transilvania. Dracul non si unì a loro, ma al tempo stesso non li contrastò, attenendosi ad una salda neutralità con la quale intendeva evitare problemi alla sua già precaria situazione: la campagna si concluse con una grande sconfitta presso la cittadina di Sibiu, quindi János Hunyadi, voivòda di Transilvania, inseguì il nemico in rotta fino in Valacchia, ove scalzò Vlad II in favore di Basarab II, della stirpe dei Dănești, che accettò la sovranità del Regno d’ Ungheria.
Vlad e i pochi boiardi a lui fedeli ripararono sul suolo ottomano in cerca dell’ appoggio di Murad, che però lo fece arrestare al termine di un banchetto, mandandolo a Gallipoli. In un secondo momento, però, il sultano comprese l’ importanza di un regnante valacco non allineato alla causa ungherese, per quanto infido, dunque nella primavera del 1443 liberò il prigioniero e lo rimise sul trono con il sostegno del suo esercito. L’ anno dopo, osservando i rigidi accordi presi con monarca musulmano, Dracul inviò come ostaggi alla corte levantina i figli Vlad e Radu, accompagnati dal consueto tributo annuale ed un certo numero di giovani destinati a rinnovare le schiere dei Giannizzeri, la guardia reale. Durante la prigionia, i due principi vennero educati all’ arte della guerra, alla logica e alla fede islamica. Vlad in particolare rimase colpito dal terribile supplizio dell’ impalamento, che gli ottomani comunemente infliggevano ai banditi: nella sua mente gli parve il castigo più indicato ai nemici, ai prigionieri e, in genere, a chiunque fosse degno di una punizione esemplare. La sua vita e quella del fratello rimase costantemente appesa a un filo: tre anni prima, ad esempio, i figli del despota di Serbia Đurađ Branković erano stati accecati con i ferri roventi perché sospettati di voler fuggire, ed essi stessi corsero il rischio di subirne la sorte quando János Hunyadi, dietro istanza del legato papale, il cardinale Giuliano Cesarini, costrinse la Valacchia a prendere parte alla crociata che stava conducendo contro la Sublime Porta, dopo aver infranto la pace appena raggiunta con il sultano. Dracul aveva dovuto unirsi all’ azione, ma per non compromettere in maniera irrimediabile i rapporti con gli ottomani aveva inviato solo quattromila uomini al comando dell’ erede Mircea, conservando forze sufficienti per fronteggiare una probabile sconfitta crociata, preannunciata dal ritiro di molti alleati della prima ora, e che ebbe luogo al termine della battaglia di Varna del 10 novembre 1444, che vide la morte del re di Polonia e d’ Ungheria, Ladislao III e del cardinale Cesarini. Mircea fu raggiunto da un messaggio di Murad, che gli intimava di ritirarsi per salvare la vita ai due fratelli tenuti in ostaggio: poiché la causa cristiana era ormai disperata, il sedicenne principe valacco abbandonò il campo salvando Vlad e Radu da una sorte orribile, i quali vennero risparmiati persino l’ anno successivo, quando lo stesso Mircea accompagnò il nobile borgognone Walerand de Wawrin e le sue otto galee lungo il Danubio allo scopo apprendere notizie certe sulla sorte del re e del religioso caduti in battaglia e di cui in Europa non si era saputo niente. Il sultano preferiva impiegare Vlad e Radu come pedine per le trattative future, o per insediare sul trono valacco un sovrano che assecondasse la sua politica. Vlad II firmò quindi un trattato con la Sublime Porta nel quale si confermavano i concetti degli accordi precedenti con l’ aggiunta di un obbligo di scacciare quattromila bulgari che si erano trasferiti in Valacchia nel 1445, in occasione della campagna borgognona. Grazie alla riconciliazione fra valacchi ed ottomani, la condizione dei due ostaggi si fece meno precaria, e molto probabilmente ad essi fu consentito di godere appieno degli agi e dello sfarzo della corte di Adrianopoli, un vero e proprio alveare di aristocratici, burocrati, servitori, eunuchi, concubine, giannizzeri, cuochi, assaggiatori e un’ infinità di altre figure.
In tale ambiente variopinto e suggestivo, il giovane Vlad imparò i segreti della politica e della guerra, sviluppando un grande acume ed intuito che, in futuro, gli avrebbero permesso di cavarsela nei frangenti più drammatici. Acquisì una profonda conoscenza della lingua turca e conobbe il principe Maometto, erede al trono ottomano: pressappoco coetanei, i due vissero insieme molte esperienze, dalle lezioni impartite dai precettori e dai pedagoghi ai rapporti con le avvenenti cortigiane che abbondavano tra le opulente mura di palazzo. Molto intenso fu anche il rapporto fra Maometto e Radu: secondo il cronista bizantino Calcondila, il valacco fu tenacemente importunato dal principe ereditario ottomano, al punto che per difendersi sarebbe arrivato a ferirgli una coscia con un coltello, mentre in seguito avrebbe assunto una condotta assai più accondiscendente, divenendo il suo favorito.
L’ emblema del Dragone;

Il 5 giugno 1446, János Hunyadi venne nominato reggente d’ Ungheria, in attesa che il legittimo sovrano, Ladislao Postumo, raggiungesse la maggiore età. Si era fatta l’ ora di regolare i conti con i valacchi, in virtù dei continui voltafaccia e delle umiliazioni che erano state inflitte sia da Dracul che dal suo erede Mircea, all’ indomani della sconfitta di Varna: durante il consiglio di guerra successivo alla battaglia infatti, si era visto addossare la colpa della rovinosa sconfitta subita dai crociati. Mircea aveva addirittura proposto che fosse condannato mentre ancora si trovava in balia dei valacchi, in quanto il suo esercito era stato quasi completamente sterminato dagli ottomani. Alla fine, tuttavia, Hunyadi era riuscito a tornare in Transilvania, salvato probabilmente dalla sua fama, dalle sue benemerenze nei confronti della cristianità e dai timori di una vendetta ungherese, ma si pensa che la goccia che fece traboccare il vaso fosse legata a dispute di natura monetaria, fra Ungheria e Valacchia, allineate sul medesimo corso valutario.
Nel novembre 1447, János Hunyadi condusse pertanto una spedizione punitiva atta a disfarsi di Vlad II, che venne sbaragliato in una battaglia nei pressi di un luogo imprecisato a sud di Târgoviște. Riuscì a scappare, ma venne raggiunto nelle paludi di Bălțeni, presso Bucarest, probabilmente in fuga verso i domini musulmani, dai fedeli di Vladislav, rampollo della stirpe dei Dănești, sostenuta dagli ungheresi, che lo decapitarono. Mircea, catturato durante lo scontro, fu accecato e sepolto vivo a Târgoviște. In considerazione della piega che gli eventi stavano prendendo, gli ottomani liberarono il giovane Vlad e lo rimandarono in patria alla testa di un grande esercito: negli ultimi giorni dell’ ottobre 1448, il principe varcò il Danubio e sottrasse il trono valacco al nuovo voivòda Vladislav, recatosi contro gli ottomani in Kosovo per volere degli ungheresi, e insediandosi come Vlad III nel corso di una cerimonia che si tenne in una Târgoviște completamente spoglia. Soprannominato Dracula, ossia «figlio del Drago», adottò da subito una serie di provvedimenti astuti ma decisi con i quali rafforzò la propria posizione, preferendo rimandare ad un secondo momento ogni vendetta contro i boiardi che avevano provocato la caduta di suo padre e di suo fratello, così da non aprire scontri e ritorsioni per lui impossibili da fronteggiare convenientemente.
Dracula pranza tra gli impalati;

Dopo appena due mesi di regno, il voivòda affrontò nuovamente Vladislav II, che lo rovesciò dal trono costringendolo alla fuga. Il Figlio del Drago si rifugiò in Moldavia, alla corte di Alexăndrel II, nipote della sua matrigna, che pochi mesi dopo venne a sua volta spodestato da Bogdan II, il quale confermò l’ ospitalità nei confronti del valacco diciassettenne, contribuendo a rieducarlo al Cristianesimo. Vlad strinse peraltro un forte legame con il principe Ștefan, l’ erede di Bogdan, che nel 1451 venne ucciso da uno zio, Petru III. Ștefan dovette quindi rifugiarsi presso l’ alleato János Hunyadi, mentre Dracula ripiegò in Transilvania: dopo un breve ritorno in Moldavia, concomitante con la riconquista del trono da parte di Alexăndrel II, si recò in Ungheria ove János Hunyadi rimase impressionato dalla sua vasta conoscenza dell’ Impero ottomano quanto dalla sua avversione per il nuovo sultano, Maometto II: i due si riconciliarono, tanto che Vlad divenne consigliere del reggente ungherese, imparando l’ arte della guerra e della guerriglia, compiendo incursioni in territorio musulmano e combattendo sul campo quei potentati cristiani in guerra con il potente regno ungherese. Alla corte di Buda, il giovane valacco e l’ amico Ștefan ebbero inoltre modo di conoscere Mattia Corvino, figlio di János Hunyadi. Con la caduta di Costantinopoli nelle mani di Maometto II nel 1453, l’ influenza ottomana prese a propagarsi fortemente nei Carpazi, minacciando l’ Europa continentale, tanto che nel 1481 i maomettani riuscirono a conquistare l’ intera penisola balcanica.
Vlad combatté al fianco degli ungheresi ed ottenne in premio la restituzione alla corona valacca delle cittadelle di Almaș e Făgăraș, sulle falde dei Carpazi meridionali, tra la nativa Sighișoara e l’ importante centro commerciale sassone di Brașov. Nell’ estate del 1456, con la battaglia di Belgrado, l’ esercito d’ Ungheria fermò l’ avanzata ottomana, ma János Hunyadi morì poco dopo di peste. Mentre Maometto II si concentrava sull’ Ungheria, Dracula fece ritorno in Valacchia, riconquistandola e battendo Vladislav II in combattimento: secondo la leggenda, uccise il rivale in duello il 20 agosto 1456 presso Târgșor, ma pare più probabile che Vladislav fu tradito e ucciso dai suoi stessi boiari.
Subito dopo, ancora assetato di vendetta verso i nobili del suo Paese, che avevano congiurato con János Hunyadi per spodestare e assassinare suo padre e il fratello maggiore Mircea, seppellendolo vivo, Vlad colse finalmente l’ occasione lungamente attesa fingendo di voler offrire la pace, invitando i nobili ad un grande banchetto durante il quale domandò ai convenuti quanti regnanti valacchi riuscissero a ricordare. Nessuno tra loro fu in grado di nominarne più di sette, e a quel punto il voivòda ordinò alle guardie di arrestarli insieme a tutti i membri delle rispettive famiglie, incluse le donne, i vecchi e i bambini: i più deboli e anziani, circa cinquecento, furono impalati senza indugio, mentre gli altri, quelli più giovani e forti, furono ridotti in schiavitù e costretti a ristrutturare a ritmi massacranti il diroccato forte di Poenari, che divenne poi il suo quartier generale. I lavori durarono mesi, e la maggioranza dei prigionieri morì di fatica e stenti, mentre coloro che furono abbastanza forti da sopravvivere vennero impalati al termine dei lavori.
Maometto II, sultano ottomano;

Quando molti boiardi fedeli a Vladislav II fuggirono in Transilvania per unirsi ad un nuovo nemico, il principe Dan del casato dei Dănești, il Figlio del Drago venne incoronato dal metropolita valacco nella chiesa di Curtea de Argeș, fatta erigere da suo padre. Bisognoso di aiuti contro gli ottomani, strinse relazioni stabili con i vicini e prestò giuramento di fedeltà alla Corona ungherese, ormai nelle mani di Ladislao il Postumo, assicurando privilegi ai mercanti sassoni residenti e attivi sul suolo valacco. Nel 1457 appoggiò le pretese al trono moldavo di Ștefan, che sconfisse e mise in fuga l’ usurpatore Petru, ma il voivòda non era ancora abbastanza forte per contrastare apertamente il sultano, pertanto all’ inizio dovette pagare il tributo stabilito dagli accordi presi dal padre con Murad II, presentandosi annualmente alla Sublime Porta per il formale omaggio e, nel 1458, permettendo il transito delle forze ottomane che attaccarono gli ungheresi alla rocca di Turnu Severin.
Nel 1459, dovendo rafforzare la propria posizione, Dracula contrastò i ricchi mercanti sassoni ai quali però andava in quel momento la simpatia del nuovo sovrano ungherese, Mattia Corvino, rappacificatosi con l’ imperatore Federico III. Nel frattempo, Vlad sedava il malcontento dei suoi boiari con il pugno di ferro, ordinando il cosiddetto massacro della Pasqua di Sangue a Târgoviște, poi costrinse il principe Dan alla fuga, dopo aver devastato i sobborghi di Brașov impalando diversi suoi seguaci sulla collina di Timpa. Un anno dopo, Dan conquistò le fortezze di Brașov e Făgăraș, ma Dracula lo sconfisse mortalmente sul campo di Rucăr, dandosi poi liberamente al massacro dei suoi sostenitori, evitando però di non toccare i mercanti sassoni e negoziando un accordo ostile agli ottomani con Mattia Corvino. Bisognoso di uno stabile confine meridionale mentre negoziava un’ alleanza contro gli austriaci con Giorgio di Poděbrady, sovrano del Regno di Boemia, Mattia accettò le offerte valacche e promise al voivòda in sposa una giovane del proprio casato, ossia la cugina Ilona Szilágyi.
Busto di Dracula a Târgoviște;

La figura del Figlio del Drago divenne rapidamente famosa non soltanto per il suo ampio e articolato impegno diplomatico e militare, ma anche per la sua attività di governante e la severità delle sue sentenze. Correva voce che disdegnasse fortemente la disonestà, e che quindi punisse implacabilmente con la morte sul palo chiunque si macchiasse di furto, frode o spergiuro entro i confini del suo potentato. Nella piazza principale di Târgoviște, ad esempio, vi era una fontana che dispensava ai viaggiatori assetati le acque dolci e fresche di una fonte, presso cui Vlad aveva fatto collocare sul bordo una meravigliosa coppa d’ oro finemente cesellata, a disposizione di chiunque volesse dissetarsi. Era talmente temuto per la severità e inflessibilità che nessuno osò mai rubare la coppa, dando ai viandanti l’ occasione di trovare ristoro e riflettere sui metodi governo del loro signore. In un’ altra occasione si disse che a Târgoviște giunse un mercante, tornato da un conveniente giro di affari, che pernottò alla locanda: conoscendo la severità con cui Dracula trattava i ladri non si preoccupò di riporre al sicuro il forziere, lasciandolo incustodito sul suo carro durante la notte. La mattina dopo si accorse tuttavia che gli mancavano ben centosessanta ducati d’ oro. Si recò da Vlad in persona, che lo tranquillizzò assicurandogli che il denaro rubato gli sarebbe stato restituito entro un giorno, e che il colpevole sarebbe stato punito duramente. Il voivòda ordinò che una borsa con centosessanta ducati tratti dal suo tesoro personale fosse collocata nel carro del derubato, che volle mettere alla prova aggiungendo alla somma mancante una moneta in più. Nel frattempo fece spargere la voce che il ladro doveva consegnarsi entro il tempo che aveva indicato, altrimenti l’ intera città sarebbe stata messa a ferro e fuoco. La mattina dopo, il mercante trovò nel carro la borsa con il denaro, che contò più e più volte, notando la moneta in più: tornò a corte, ove incontrò il regnante in compagnia del ladro, scovato e pronto a subire l’ infame supplizio. Il mercante lo ringraziò per la prontezza con cui era aveva risolto il suo caso, e dichiarò che nella somma restituita vi era un ducato in più. Dracula si compiacque e lodò la sua onestà, dicendo che in caso contrario lo avrebbe fatto impalare al fianco del ladro.
In quel tempo la Valacchia si ritrovava in condizioni pietose: la costante guerra aveva portato una dilagante delinquenza e un grande calo della produzione agricola, nonché la scomparsa del commercio. Vlad III dovette ricorrere a misure draconiane per ristabilire ordine e prosperità, imponendo tre obiettivi al suo principato: il rinforzo dell’ economia, della difesa e del peso politico. Sostenne il benessere dei contadini con la costruzione di nuovi villaggi e incrementando la produzione agricola, e comprendendo l’ importanza del commercio per lo sviluppo valacco aiutò i mercanti limitando il commercio estero. Vedendo nei boiardi la causa principale dei costanti conflitti e delle mortali cospirazioni di palazzo che avevano ripetutamente portato ad un’ infinita alternanza di voivòda, il Figlio del Drago scelse come consiglieri alcuni dignitari stranieri fidati, e rinforzò l’ esercito istituendo una milizia formata da contadini chiamati a combattere ogni volta che scoppiava una guerra e dando vita ad una piccola guardia personale composta da mercenari che venivano premiati con bottini e promozioni. Dal momento che la nobiltà si alleò con i sassoni transilvani, il principe si mosse contro di loro eliminando i loro privilegi commerciali e razziandone i castelli. Nel 1459 fece impalare diversi coloni sassoni di Brașov, innalzando vere e proprie foreste di impalati che poi lasciò putrefare all’ aria aperta. Costruì una chiesa a Târgșor, presumibilmente in memoria di suo padre e di suo fratello maggiore che sono stati uccisi nelle vicinanze, e con il proprio patrimonio personale volle il Monastero di Snagov.
Si racconta che un giorno Dracula stesse banchettando di buon appetito in mezzo ad un gruppo di condannati che aveva fatto impalare quando ricevette la visita di un nobile che doveva discutere con lui una certa questione. Lo fece sedere alla sua tavola, ma vide che il suo denotava forti segni di disagio. Gli chiese che cosa lo turbasse, e il nobile rispose che non riusciva a sopportare il fetore dei corpi dei suppliziati: Vlad ordinò alle guardie di impalarlo all’ istante su un palo lungo il doppio degli altri, schernendo lo sventurato dicendo che in tal modo il loro odore non lo avrebbe più disturbato.
Più o meno in quel periodo giunsero a corte due monaci impegnati in un pellegrinaggio in vari monasteri valacchi. Il voivòda li accolse affabilmente, li invitò a pranzo e fece loro visitare il palazzo, concludendo la visita con un passaggio per la corte di giustizia, ove una dozzina di condannati agonizzavano sui pali. Domandò ai due che cosa pensassero di quella macabra vista: il primo rispose che Dio lo aveva posto sul trono con il potere di decidere della vita e della morte dei sudditi, e che stava semplicemente esercitando tale facoltà, mentre il secondo affermò che si trattava di uno spettacolo orribile, e che qualunque colpa i condannati avessero commesso, il modo atroce e inumano con cui li aveva messi a morte li rendeva martiri. Dracula fece impalare uno dei due monaci, ma purtroppo non si sa quale dei due: secondo le fonti romene volle giustiziare il monaco adulatore per punirlo della sua vigliaccheria, ricompensando il monaco pietoso, che lodò per aver parlato apertamente e con sincerità, mentre le fonti germaniche sostengono ricompensò il monaco adulatore facendo impalare l’ altro, dicendogli che se la pensava in quel modo non gli sarebbe dispiaciuto diventare egli stesso un martire.
Vlad III riceve gli ambasciatori ottomani;

Nel 1459, durante il Concilio di Mantova, papa Pio II volle una nuova crociata contro gli ottomani, concedendo a Mattia Corvino, figlio di János Hunyadi, il ruolo di condottiero e dandogli quarantamila monete d’ oro, con cui assoldò un esercito di dodicimila uomini e acquistò una flotta di dieci navi da guerra. Vlad si alleò con gli ungheresi, volendo tenere i musulmani fuori dalla Valacchia che rivendicavano come parte del loro impero. Maometto II gli inviò una delegazione per sollecitarlo a pagare il tributo di diecimila ducati e cinquecento reclute per le sue forze, ma questi rifiutò fermamente perché pagare il tributo sarebbe stato sinonimo di pubblica sottomissione della Valacchia, e fece uccidere i messaggeri usando come pretesto il fatto che, in tono con la fede maomettana, non si tolsero il turbante nell’ omaggiarlo: la punizione di Dracula ad una simile mancanza di rispetto fu l’ inchiodare alla loro testa i turbanti. Frattanto, il sultano ricevette i rapporti dei vari informatori, secondo cui il dominio di Vlad si estendeva fino al Danubio, quindi inviò il Bey di Nicopoli, Hamza Pasha, per trattare la pace e, se fosse stato necessario, ucciderlo: per scongiurare questa possibilità, Vlad pianificò un agguato ai danni di Hamza Pasha, che venne attaccato in uno stretto passaggio a nord di Giurgiu, insieme ai suoi mille cavalieri. In breve tempo i miliziani valacchi circondarono e sconfissero gli ottomani, che furono tutti impalati: Hamza Pasha fu issato più in alto degli altri per via del suo alto rango. La notizia si diffuse rapidamente in territorio ottomano, e valse al regnante valacco il soprannome Kaziglu Bey, ossia «principe impalatore».
Nell’ inverno del 1462, il Figlio del Drago attraversò il Danubio e devastò tutto il territorio bulgaro nella zona tra la Serbia e il Mar Nero. Travestendosi da Spahi, soldato della cavalleria pesante ottomana, e ricorrendo alla sua fluente lingua turca, che aveva imparato quando era ostaggio, riuscì ad infiltrarsi e a distruggere i campi ottomani. Come scrisse di suo pugno in una lettera che inviò a Mattia Corvino:
«Ho ucciso contadini, donne, vecchi e giovani che vivevano a Oblucitza e Novoselo, dove il Danubio sfocia nel mare, fino a Rahova, che si trova vicino a Chilia, dal basso Danubio fino a luoghi come Samovit e Ghighen. Abbiamo ucciso ventitrémilaottocentoottantaquattro ottomani, senza contare quelli che sono stati bruciati vivi nelle loro case o quelli le cui teste sono state tagliate dai nostri ufficiali. Così, vostra altezza, deve essere noto che io ho rotto la pace con Maometto II.».
In quei giorni un nobile polacco si presentò alla corte del voivòda con un messaggio di Mattia Corvino. Volendo metterlo alla prova, Vlad lo invitò alla sua tavola. L’ ospite rabbrividì alla vista di un palo di legno poco distante, la cui punta era stata rivestita di una lamina d’ oro. Dopo aver pranzato discutendo di guerra e politica, Dracula domandò amabilmente all’ ambasciatore che cosa pensasse di quell’ oggetto sinistro. Intimorito, il delegato rispose che doveva evidentemente trattarsi dello strumento per il supplizio di un colpevole di alto rango, che in qualche modo aveva fatto una cosa sgradita al principe, che confermò di averlo preparato per lui e chiedendo che cosa ne pensasse. Disperato, il polacco rispose che tutti sapevano che era un regnante crudele ma giusto, quindi se aveva deciso di farlo morire se ne sarebbe assunto la responsabilità perché sicuramente aveva commesso un errore. Vlad scoppiò a ridere, e rispose che aveva affermato la sola cosa sensata. Se ne compiacque, e si congratulò per le sue doti diplomatiche, congedandolo con la sua benedizione e colmandolo di ricchi doni.
La Battaglia delle Torce;

Nel 1642 il sultano mosse un esercito di circa ottantamila uomini e trentamila irregolari, e dirigendosi verso la Valacchia. Vlad non fu in grado di impedire agli ottomani di attraversare il Danubio e di sconfinare nel suo regno, quindi organizzò piccoli attacchi ed imboscate contro di loro, come la famosa Battaglia delle Torce, in cui quindicimila soldati ottomani vennero uccisi durante un attacco notturno di diecimila valacchi, facendo infuriare Maometto II, che attraversò il Danubio per comandare personalmente il proprio esercito. Questa mossa non gli fu di aiuto, infatti gli ottomani furono pesantemente battuti e si ritirarono ad Adrianopoli. La vittoria dell’ Impalatore venne celebrata molto vivamente dalle città sassoni della Transilvania, dagli Stati italiani e dal papato, ma gli ottomani non si diedero per vinti, e ricorsero a Radu, fratello di Dracula, che mandarono a Târgoviște con l’ incarico di organizzare una resistenza capace di spodestare il fratello in cambio del trono. Il principe filo ottomano e i suoi battaglioni di giannizzeri, ben forniti di denaro e polvere da sparo, conquistarono il forte di Poenari, con il sostegno dei boiardi locali e dell’ aristocrazia valacca che si era vista ridurre molti poteri e privilegi.
Pur sconfitto dal fratello, confermato come Bey di Valacchia, il Figlio del Drago, continuò a combattere fino all’ 8 settembre 1462: si ricordano almeno tre battaglie da lui vinte prima di ritirarsi in Ungheria, quando ormai era privo di fondi con cui pagare i propri mercenari. Le cronache riferiscono che in un’ occasione gli ottomani si ritirarono in preda allo sgomento quando, entrati in una valle, si trovarono di fronte a ciò che restava di un convoglio di milizie e salmerie che i valacchi avevano sorpreso e distrutto: una vera e propria foresta di impalati nella quale migliaia di corpi ormai putrefatti ammorbavano l’ aria per chilometri, innalzati a mezz’ aria sui legni che li trafiggevano. Il voivòda aveva fatto impalare non solo i soldati, ma anche le donne e i bambini, e perfino ogni cane che avesse avuto la disgrazia di accompagnare lo sventurato convoglio di rifornimenti. Giunto alla corte di Mattia Corvino, Vlad, alla ricerca di aiuto presso il suo ex alleato, ricevette un netto rifiuto e venne incarcerato per alto tradimento, in quanto gli ungheresi non avevano l’ intenzione di farsi coinvolgere in un conflitto con il potente Impero ottomano.
L’ Impalatore venne inizialmente imprigionato nella fortezza di Oratea, nell’ odierno villaggio di Dâmbovicioara, poi trascorse un periodo di detenzione a Visegrád ed infine a Buda. Non sa esattamente quanto sia la sua prigionia, ma pare che si prolungò per ben dodici anni, dal 1462 al 1474, quando venne infine liberato per volere di Mattia Corvino per contrastate la politica a beneficio della Sublime Porta condotta da Radu, peraltro convinto dall’ intervento di Ștefan III di Moldavia, parente dello stesso Vlad.
Impalamento dei prigionieri ottomani;

Alla morte improvvisa morte di Radu per malattia nel 1475, Dracula, ormai quarantacinquenne, avviò i preparativi per la riconquista della Valacchia con il pieno supporto ungherese, tornando al potere per la terza volta il 26 novembre 1476, ma questa volta il suo dominio si basava su un terreno estremamente precario, e infatti durò poco meno di due mesi, al termine dei quali venne assassinato in circostanze mai accertate: per alcuni fu tradito da alcuni cavalieri del suo seguito, prezzolati dal sultano oppure timorosi della sua atroce vendetta, per altri venne scambiato per un ottomano e colpito per sbaglio durante una battaglia, mentre secondo voci alternative fu proprio l’ esercito musulmano a sopprimerlo e a inviare a Costantinopoli la sua testa mozzata e la sua spada come trofeo. Si disse persino che, più semplicemente, era venuto a mancare per il morso di un pipistrello. Persino la data e il luogo della sua morte non sono mai stati confermati, ma la maggior parte delle fonti la collocano nel dicembre 1476 lungo la strada da Bucarest a Giurgiu.
Nondimeno, il mistero si estese ben presto anche sul luogo della sua sepoltura: sembra infatti che il rivale Basarab Laiota lo seppellì senza cerimonie nel monastero di Comana, di cui Vlad stesso era stato il fondatore nel 1461, ma che poi venne demolito e infine ricostruito nel 1589, mentre a partire dall’ Ottocento si disse che la tomba si trovava al monastero di Snagov, su di un’ isola al centro di un lago a trentacinque chilometri a nord di Bucarest, ove ogni giorno i monaci reciterebbero intense preghiere per la sua anima, in modo da darle la pace e facendola restare nell’ Aldilà, tuttavia alcune analisi archeologiche condotte nel 1933 accertarono che la tomba era vuota, e scoprirono una seconda tomba in cui si rinvenne un corpo con indosso abiti sontuosi ed un anello con il simbolo del Dragone, che per via della presenza della testa si escluse che si trattasse delle spoglie di Dracula. Secondo alcuni studiosi è probabile che il corpo dell’ Impalatore venne semplicemente bruciato, mentre secondo altri fu smembrato dagli ottomani sul campo di battaglia oppure sul suolo del loro Impero.
Il conte Dracula, principe dei vampiri;

La leggenda di questo risoluto principe, morto combattendo così come era sempre vissuto, non poteva ovviamente disperdersi con la sua morte terrena, anzi pareva destinata persino a crescere.
In Valacchia, il ricordo di Dracula venne meno già durante il Cinquecento, con pochi cronisti che lo nominarono appena, confermando la costruzione del forte di Poenari ma omettendo le sue efferatezze e le sue gesta, in pratica confondendolo spesso e volentieri con altri voivòdi quattrocenteschi. Oltre il confine valacco, invece, la figura dell’ Impalatore acquisì un maggiore rilievo, sebbene soggetto ad una divulgazione piuttosto ostile, apparendo sulla scena letteraria nel 1463, quando Mattia Corvino d’ Ungheria fece circolare presso la corte del suo alleato e avversario, l’ imperatore Federico III d’Asburgo, un opuscolo intitolato «Storia del Voivoda Dracula», successivamente messo in scena a corte. Nel mondo germanico, la propaganda riguardante il Figlio del Drago venne modellata con il chiaro intento di distruggere la sua credibilità morale e politica, adulterata spesso da evidenti esagerazioni, che parlavano di un principe mosso da una furiosa rabbia assassina rivolta al mondo intero, senza alcuna logica o riflessione, un tiranno crudele e selvaggio salvato solo dalla sua comprovata fede cristiana. La divulgazione che ebbe luogo nell’ Impero russo subì una certa influenza da parte di quella germanica, con l’ aggiunta di svariati elementi popolari, e indicò fermamente Vlad III come un personaggio positivo, un governante grande e giusto, un valoroso guerriero le cui atrocità, come i turbanti inchiodati alla testa degli ambasciatori del sultano, furono un semplice prezzo da pagare per la sopravvivenza, azioni motivate dal disperato bisogno di garantire una durevole stabilità ad una Valacchia costantemente sull’ orlo del baratro.
Nel 1804, mentre aveva luogo un forte risveglio indipendentista delle popolazioni locali contro ottomani ed austriaci, in Romania, l’ antica Valacchia, la figura di Dracula riemerse dalle ombre del tempo. Animato da un movente fortemente politico, il ricordo popolare dell’ antico voivòda omise l’ orrore per le sue atrocità in favore dell’ ammirazione per le sue virtù cavalleresche, il suo spirito di libertà e le coraggiose gesta compiute in difesa della sua terra contro i perfidi infedeli. Le crudeltà di cui si era macchiato vennero giustificate dal fatto che la natura stessa della guerra era crudele, e la compassione era una debolezza che il nemico non ricambiava: la paura che gli ottomani incutevano andava combattuta con altra paura, e con la forza. Vlad III era stato un sovrano certamente severo, ma la sua ira terrifica si era sempre scagliata contro coloro che osavano mentire o maltrattare la povera gente. Gli stessi sassoni, vittime abituali delle sue persecuzioni, convennero innocentemente con tale versione dei fatti, ammettendo nel manoscritto di San Gallo che quando qualcuno rubava, mentiva o si macchiava di qualsiasi ingiustizia in terra valacca non aveva nessuna possibilità di salvarsi dall’ ira del regnante, che non badava affatto allo stato sociale del colpevole, nobile, sacerdote o comune che fosse, contribuendo a rinforzare il mito del patriota temerario, del savio governante e del principe esemplare votato alla tutela dell’ indipendenza, dell’ ordine e della rettitudine del suo potentato, nonché alla laboriosità degli stessi sudditi. Ne venne fuori un eroe nazionale, spontaneamente disposto a insudiciarsi le mani di sangue e fango pur di difendere l’ integrità della sua terra.
Bram Stoker intorno al 1890;

Poco tempo dopo, l’ 8 novembre 1847, a Clontarf, un villaggio costiero vicino a Dublino, nacque un bambino, Abraham Stoker, detto Bram, che fino all’ età di otto anni fu incapace di alzarsi in piedi a causa di uno stato di salute fortemente precario. Visse un’ infanzia estremamente difficile, e i disagi patiti influirono moltissimo sulla sua fantasia e creatività, che assunsero tinte tetre e nebulose. La sua guarigione apparve miracolosa ai medici che lo avevano in cura, e da quel momento in poi condusse una vita normale, riuscendo addirittura ad eccellere nelle specialità sportive durante gli anni trascorsi all’ Università di Dublino, ove si laureò a pieni voti in matematica.
Grande appassionato di storia e letteratura, a ventinove anni strinse amicizia con l’ attore Henry Irving, uno dei più discussi artisti del suo tempo, e nel 1878 si trasferì a Londra, ove divenne segretario, impresario e poi direttore del Lyceum Theatre. Grande viaggiatore, animato da un incubo avuto in una notte del marzo 1890, e ispirato dalla figura Irving, Stoker venne a conoscenza del sanguinario Vlad III dal dotto Arminius Vambery, professore di Tradizioni slave all’ Università di Budapest, e negli anni seguenti lavorò instancabilmente ad una storia dalle atmosfere cupe, in cui l’ orrore e la minaccia avrebbero assillato i protagonisti in un crescendo di emozioni che li avrebbero condotti alla scoperta del raccapriccio incarnato dal tetro vampiro. L’ idea iniziale dell’ artista irlandese consisteva in uno spettacolo teatrale su Dracula con protagonista l’ amico Irving, che non ne fu entusiasta, dunque la storia divenne un romanzo, un racconto eccezionalmente erotico, orale e febbrile che alla sua pubblicazione nel 1897 consacrò in modo nuovo e affascinante la leggenda del principe orientale facendone un potente simbolo del legame tra Dio e l’ umanità: se il Signore è sacralmente legato a uomini e donne, essi tuttavia possono rinunciare al proprio rapporto con lui sfigurando il proprio spirito.
Il successo del romanzo fu notevole, e si impose presto come un grande fenomeno culturale. Con l’ imposizione della radio e soprattutto del cinema, le continue incarnazioni e reinterpretazioni di Dracula toccarono infiniti ambiti sempre attuali e affascinanti. Molti attori impersonarono il personaggio, da Bela Lugosi a Christopher Lee, da Frank Langella a Gary Oldman, in una vasta produzione che attualmente supera i duecento film. L’ inquietante figura del vampiro venne ripreso anche in alcune parodie, come la canzone del 1959 «Dracula Cha Cha Cha», firmata dal cantante, compositore e pianista Bruno Martino, il cartone animato britannico «Conte Dacula», realizzato tra il 1988 e il 1993, e il film «Dracula morto e contento», del 1995, con Leslie Nielsen e Mel Brooks.
La presunta tomba di Dracula, a Snagov;

Vlad III di Valacchia, il Figlio del Drago, l’ Impalatore, nato il 2 novembre, Giorno dei Morti, e coetaneo di Rodrigo Borgia, ovvero Alessandro VI, pontefice il cui nome venne ricordato come sinonimo di intrighi, corruzione, libertinismo e nepotismo, fu un individuo multiforme in accordo ai molti titoli con cui è tuttora ricordato: cavaliere dedito alla difesa della Cristianità, eroe carismatico per il suo popolo, mostro assetato di sangue. Come personaggio letterario divenne infine sinonimo dello straniero tenebroso, misterioso e pericoloso che giunge di notte sotto forma di forza eccitante e selvaggia, incontrollabile, che si traduce invariabilmente in sangue, morsi, tenebre, ignoto, ossessione, dominio, personificando qualcosa di attraente nella sua inquietante pericolosità. Come pochi altri individui, raggiunse l’ immortalità ottenendo un posto privilegiato nel vasto e variegato panorama della leggenda, assumendo un che di affascinante e insieme di sinistro, di romantico, conformando costantemente e con l’ abilità di un camaleonte la propria immagine ai tempi e agli innumerevoli contesti culturali di questo mondo fluttuante e in continua in evoluzione. Ad oltre cinquecento anni dalla sua esistenza continua fermamente ad affascinare la gente oltre ogni misura, essendo stato capace come a pochi altri fu possibile prima e dopo di lui sia come personaggio storico che leggendario di incarnare il lato oscuro della natura umana. I luoghi della sua vita rappresentano un’ interessante attrattiva turistica, al pari della sua casa natale, oggi in parte adibita a ristorante, del forte di Poenari, abbandonato alla sua morte, e di quello di Bran, in Transilvania, che pur non essendo stato sua residenza venne scelto come ambientazione del celebre romanzo di Stoker.
Persino il dittatore Nicolae Ceaușescu, ultimo Presidente della Repubblica Socialista di Romania, tentò di sfruttare a piene mani la sua popolarità, non mancando mai di ostentare un certo coinvolgimento emotivo in tutto ciò che la figura di Vlad-Dracula rappresentava, arrivando a scegliere il lago di Snagov come propria residenza estiva. Per ironia della sorte, esattamente come l’ antico voivòda non morì serenamente nel proprio letto…

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