mercoledì 10 ottobre 2018

La leggenda di Fiorello La Guardia, l’ italoamericano nemico della corruzione e della criminalità

Fiorello La Guardia;


Viviamo da sempre in un mondo pieno di paura, rabbia, odio e intolleranza. L’ umanità teme da sempre quello che non riesce a capire e ciò che è diverso, alimentando conseguentemente il veleno del razzismo e del classismo, che da un tempo infinito creano barriere tra le persone, destinate a manifestarsi invariabilmente in attacchi e violenze nei confronti di migranti, richiedenti asilo, rifugiati e in atti di oppressione a danno delle classi più povere e indifese, al punto che per loro l’ anonimato finisce con il costituire la principale difesa contro l’ ostilità del mondo. In questi ultimi anni si è assistito ad un fenomeno migratorio senza precedenti, rappresentato da un’ infinità di sbarchi e dalla conseguente creazione di centri di accoglienza e campi per profughi in numerose aree molto diverse tra loro, su cui un po’ alla volta sono emersi dettagli non proprio edificanti che lo hanno tratteggiato come un grosso affare da parte di alcune correnti politiche connesse ad ambienti dell’ imprenditoria, delle istituzioni sociali e persino della malavita, in cui il lucro è fondamentale. A farne le spese sono sempre loro, i migranti e i diversi, in quanto soggetti più esposti di questo fenomeno che, indipendentemente dalla loro provenienza e dalle circostanze che li hanno portati in una nazione molto diversa dalla loro, vengono accusati dalla cittadinanza locale di essere una minaccia al grido di: «Stiamo subendo un’ invasione!».
Il pregiudizio contro i migranti è mosso da ragioni prettamente istintive, non ha nulla di logico e razionale, e nel corso della storia ha toccato tutte quante le popolazioni soggette al fenomeno dello spostamento. Persino gli italiani hanno subito la loro parte di ostilità da parte della cittadinanza maggioritaria dei Paesi in cui nel corso dei secoli si sono stabiliti, un fenomeno di discriminazione etnica definito come «antitalianismo» o «italofobia» e che si è manifestato soprattutto in nazioni come Francia, Svizzera, Austria, Germania, Belgio, Gran Bretagna, Svezia, Slovenia, Croazia, Canada e, soprattutto, Stati Uniti d’ America. Sul suolo statunitense in particolare, il sentimento antiitaliano fu dovuto principalmente alla massiccia immigrazione compresa tra il 1880 e il 1920 e alla nascita della Mafia italoamericana, dovuta alla fuga forzata di intere cosche dai luoghi di origine, ma anche ad avvenimenti politici e diplomatici, soprattutto di natura bellica e nazionalistiche. Contro gli italiani, così come contro gli afroamericani, gli ebrei e gli irlandesi, maturarono prontamente infiniti pregiudizi, finendo con il generare accuse di naturali tendenze a delinquere, che in realtà erano spesso dovute a condizioni di vita talmente precarie che alcuni di loro videro nella criminalità la sola occasione favorevole alla loro portata. Gli italoamericani erano vittime di un mito che afflisse anche i loro figli e nipoti, considerati tutti individui dalla mentalità abietta, persino fisicamente sporchi, particolare diffamazione che li portò sempre più a fare fronte comune, formando comunità chiuse, fiere e inviolabili, le Little Italy, precluse a qualsivoglia straniero e suddivise al proprio interno per provenienza ragionale, provinciale, comunale e persino estrazione sociale. In proposito, persino il Presidente Richard Nixon, durante la sua visita in Italia all’ inizio degli Anni Settanta, dichiarò apertamente che gli italiani non solo si comportavano in modo diverso dagli altri europei, ma avevano addirittura un odore differente.
Tuttavia, a dispetto di tale mito, secondo il quale italoamericano era uguale a delinquente, le statistiche mostrarono con chiarezza che pur considerando gli stenti patiti dalle prime generazioni di migranti, questa particolare minoranza etnica fu colpevole di ben poche violazioni, in quanto accettava con rassegnazione e dignità i mestieri particolarmente umili che venivano concesse ai propri esponenti, peraltro in cambio di miserevoli compensi: nel 1910, ad esempio, quando rappresentavano l’ undici percento di tutta la popolazione di provenienza straniera, tra i giovani delinquenti e i detenuti non statunitensi gli italoamericani raggiungevano appena il sette percento, e nel 1919, secondo le indagini governative, tra la popolazione carceraria appartenente a diciassette diverse nazionalità straniere, raggiungevano un rapporto pari a dodici su centomila. Nel corso dei decenni, le comunità italiane furono seconde solo agli afroamericani per numero di violenze e linciaggi subiti. E’ comunque vero che la rassegnazione delle prime generazioni di migranti dall’ Italia non trovò spazio nella mente e nel cuore degli italiani più giovani, nati e cresciuti poveri nella nazione più ricca e potente al mondo, privi di tutte quelle opportunità economiche, sociali, scolastiche e professionali che invece erano alla portata degli statunitensi: a differenza di nonni e genitori non vollero chinare passivamente il capo, giungendo al punto di rifiutare i tradizionali valori famigliari, in tutta evidenza deboli e inadeguati alla sfida del Nuovo Mondo, senza però adottarne altri di comprovata efficacia, quindi una minoranza di loro riconobbe nella criminalità il sentiero più adatto per giungere ad una vita migliore, divenendo sicari, biscazzieri, spacciatori di droga, sfruttatori di prostituzione e manodopera, ricattatori, contrabbandieri di liquori. Fu proprio questa cerchia minoritaria di malviventi a gettare le basi del crimine organizzato italoamericano, dando vita ad una serie di organizzazioni molto ben strutturate ed efficienti, e sebbene gli indici di criminalità tra gli italoamericani non superarono mai la media tra le minoranze straniere, essa rafforzò il pregiudizio che gli italiani portavano con sé. E’ tuttora saldamente diffusa la convinzione secondo cui gli italoamericani siano delinquenti e controllati dal crimine organizzato, soprattutto a New York, dogma aizzato soprattutto dalla narrativa incentrata su Cosa Nostra e da celebri film ad essa ispirati quali «Il padrino» e «Quei bravi ragazzi»: secondo un sondaggio della Response Analysis Corporation, il settantaquattro percento della cittadinanza statunitense crede che la maggior parte degli italoamericani sia direttamente associata alla malavita, o che abbia avuto in passato rapporti con essa.
Ogni minoranza in terra straniera patisce i propri problemi di pregiudizio e inserimento, ma in ognuna di esse e in ogni tempo sorgono coloro che lottano contro questa visione abituale. Gli italoamericani ebbero molti grandi uomini che dedicarono con convinzione il proprio intervento al fine di migliorare le cose, e uno dei loro paladini più noti e influenti fu l’ indimenticabile Fiorello La Guardia, il primo sindaco italoamericano di New York, nato da padre foggiano e madre triestina, che durante i turbolenti Anni Trenta, nel pieno del Proibizionismo, al tempo di mafiosi leggendari come Lucky Luciano e Frank Costello, divenne assai popolare rimanendo in carica per ben tre mandati, fino al 1945, contribuendo personalmente a guidare gli Stati Uniti fuori della Grande Depressione, divenendo una solida figura dal peso nazionale. Un vero e proprio mito tuttora ricordato come «l’ italiano che ripulì la Grande Mela».

Fiorello Enrico La Guardia nacque l’ 11 dicembre 1882 nel Greenwich Village, quartiere di Manhattan, figlio di Achille, proveniente da Cerignola, in provincia di Foggia, di professione musicista, che nel 1885 divenne direttore della banda dell’ 11 U.S. Infantry, e di Irene Coen Luzzatto, ebrea italiana originaria di Trieste, nell’ Impero austro-ungarico. Il giovane seguì la famiglia nei vari luoghi dove il padre era inviato per ragioni di servizio: a Fort Sully, South Dakota, a Watertown, Stato di New York, e infine a Fort Whipple, in Arizona. Il padre gli impartì sin da piccolo una solida educazione musicale, e la madre gli trasmise la ricchissima tradizione poliglotta mitteleuropea, mentre sul piano religioso fu educato nella Chiesa episcopaliana, di cui rimase membro per tutta la vita. Parenti e amici lo chiamavano Little Flower, ossia «Piccolo Fiore», tanto per la sua bassa statura, essendo alto appena un metro e cinquantasette centimetri, che in riferimento al suo nome di nascita, di cui il soprannome era la traduzione. Durante l’ infanzia, peraltro, il suo secondo nome, Enrico, fu anglicizzato in Henry.

Nel 1898, a seguito della grave malattia di Achille, manifestatasi durante la guerra ispano-americana e che lo costrinse a congedarsi, i La Guardia si trasferono a Trieste, alloggiando presso la casa di famiglia di Irene, e a partire dal 1901 Fiorello trovò il suo primo lavoro presso i consolati statunitensi di Budapest, Trieste e Fiume: da quei luoghi provenivano molti migranti che si recavano negli Stati Uniti, quindi il giovane poté approfondire la padronanza delle svariate lingue apprese in famiglia, e quando nel 1906 tornò a New York, oltre all’ inglese parlava correntemente ben sette idiomi quali italiano, francese, tedesco, ungherese, croato, ebraico e yiddish, trovando lavoro come interprete per il Servizio Immigrazione a Ellis Island, il celebre e principale punto di ingresso per gli immigrati che sbarcavano nel Nuovo Mondo, studiando nel frattempo legge presso la New York University, qualificandosi con ottimi voti.
Aderente al Partito Repubblicano e dalle tendenze liberali e progressiste, nel 1910 iniziò ad esercitare la professione legale, mentre nel 1915 divenne Assistente Procuratore Generale di New York, e un anno dopo fu il primo italoamericano eletto al Congresso come rappresentante del Lower East Side di Manhattan per i repubblicani. Nel 1917, durante la Grande Guerra, si arruolò volontariamente nell’ American Expeditionary Force con il grado di tenente, divenendo poi il comandante dei piloti statunitensi addestrati e di stanza in Italia, arrivando al grado di maggiore: il 14 settembre 1918 volò con la 5ª Squadriglia bombardando l’ aeroporto di Pergine Valsugana, e insieme a Pietro Negrotto attraversò le linee nemiche devastando il reame asburgico. Il successo dell’ impresa fu ripreso ampiamente dai giornali, e La Guardia ricevette da parte di Vittorio Emanuele III un invito a un ricevimento, occasione in cui incontrò Gabriele D’ Annunzio. Suo importante compagno d’ armi fu il vecchio e caro amico Philip Bongiorno, giovane italoamericano di discendenza siciliana che come lui aveva intrapreso la professione di avvocato.
La Guardia al fronte durante la Grande Guerra;

Al termine del conflitto, Little Flower decise di tornare al Congresso, ove fu rieletto per cinque mandati consecutivi come rappresentante del collegio italiano ed ebraico di East Harlem, e nel corso della sua attività si distinse per l’ altissimo senso di giustizia e per la forza con cui sostenne la causa dei poveri. Criticò apertamente il Presidente Hoover per l’ incapacità di affrontare il crollo di Wall Street del 1929, per poi opporsi fermamente alla politica del Volstead Act, promosso dal deputato Andrew Volstead e che avviò l’ era del Proibizionismo con cui si introdusse il divieto di fabbricazione, importazione, vendita e consumo di bevande alcoliche sul suolo statunitense, allo scopo di moralizzare la società, finendo invece per favorire ampiamente la crescita di numerosi e vasti imperi mafiosi, fondati proprio sul contrabbando di bevande alcoliche.
L’ 8 marzo 1919 sposò Thea Almerigotti, nata in una famiglia di migranti istriani, da cui nel giugno 1920 ebbe una figlia, Fioretta Thea, che però nel maggio 1921 morì di meningite spinale. A tale tragedia si aggiunse la morte della stessa Thea, che nel novembre dello stesso anno venne a mancare a causa della tubercolosi. Rimasto solo, La Guardia passò un lungo e doloroso tormento emotivo, dal quale tuttavia seppe riprendersi trovando la consueta forza e determinazione che amici e colleghi politici da sempre apprezzavano in lui, tanto che la sera della vigilia di Natale del 1928, rimasto in ufficio fino a tarda sera, mentre dettava il testo di alcune lettere alla solerte segretaria Mary Fisher, che le batteva a macchina, ad un tratto si interruppe per domandarle se avesse cenato, e lei, senza neppure alzare la testa, rispose di essersi portata un panino. Lui allora la invitò a mangiare qualcosa fuori, e giunti sulla porta le annunciò di volerla licenziare. Addolorata e stupita, Mary ne domandò il motivo, e lui prontamente rispose: «Non vorrei mai che si dicesse in giro che ho sposato la mia segretaria.». Per lo stupore Mary non riuscì a rispondere nulla, ma pochi mesi dopo i due si sposarono e negli anni adottarono due bambini, Eric Henry, nato nel 1930, e Jean Marie, nata nel 1928 e figlia naturale della sorella di Thea.
La Guardia alla Casa Bianca, ricevuto da Roosevelt;

All’ inizio degli Anni Trenta, La Guardia scese in campo per la candidatura a sindaco di New York, confrontandosi con altri due influenti italoamericani: Generoso Pope, magnate dell’ imprenditoria e proprietario del quotidiano in lingua italiana Il Progresso Italo-Americano, e il vecchio amico Philip Bongiorno, che negli anni, oltre ad essersi imposto come valente avvocato, era divenuto presidente della potente associazione Sons of Italy in America, e il cui figlio, Mike, nato nel 1924, era suo figlioccio di battesimo. Battuti facilmente i due concorrenti in seno alla stessa corrente e appoggiato da una salda coalizione tra le forze repubblicane e quelle del Partito Americano del Lavoro, il 7 novembre 1933 ottenne un’ imponente maggioranza di voti vincendo le elezioni contro Tammany Hall, l’ organizzazione newyorkese collegata al Partito Democratico, che da decenni controllava la vita politica della città, venendo spesso accusata di corruzione. Primo sindaco italoamericano della grande metropoli, abitata da una miriade di popolazioni assai diverse tra loro, l’ elezione di La Guardia accese prontamente l’ orgoglio di tutta la comunità italoamericana sparsa in terra statunitense, e la stessa cittadinanza newyorkese, ormai stanca di corruzione, miseria, ingiustizia e pregiudizi e tensioni razziali, salutò la sua ascesa con profondo ottimismo.
Durante il suo primo giorno come sindaco, nel momento in cui varcava la soglia del palazzo municipale, si fermò sulla scala di ingresso e voltandosi verso i giornalisti esclamò in italiano: «E’ finita la Cuccagna!». Tale affermazione era rivolta neanche troppo velatamente alla coalizione dei democratici che lui aveva battuto: la loro amministrazione aveva infatti condotto una certa opera di corruzione e ampiamente sottratto fondi municipali guastando progressivamente le finanze cittadine, ma i giornalisti presenti non compresero e domandarono cosa fosse la Cuccagna, quindi Little Flower fece un energico cenno di assenso con la testa senza rispondere, volgendo le spalle ai cronisti e proseguendo. Tuttavia, un fotografo di discendenza italiana che stava di fianco al nuovo sindaco, pur rinunciando a tradurre letteralmente si volse esclamando: «Vuol dire basta pranzi a sbafo.».
Sindaco di New York;

Pur avendo aderito alle liste del Partito Repubblicano, il nuovo primo cittadino non fece mistero di averlo fatto soprattutto per opporsi ai democratici, particolarmente corrotti a New York: «Non ho mai aderito a un partito per più di quindici minuti di seguito.». In termini sostanziali, la sua totale autonomia di pensiero e azione lo portò a non ricevere alcun appoggio da parte repubblicana durante la campagna elettorale. Si mise al lavoro fin dal primo momento: licenziò in massa e ad ogni livello dirigenti e impiegati municipali corrotti e raccomandati, smantellando l’ avida e inadeguata struttura che aveva condotto la municipalità allo sfascio, procedendo a tappeto in una vera e propria caccia spietata alle mele marce di entrambi i partiti. Analisti politici e giornalisti evidenziarono che seppe colpire duramente ogni schieramento, e nessuno poté mai accusarlo di favoritismi. Si infiltrò silenziosamente tra la gente comune per valutare il funzionamento o meno di certi uffici, si ridusse lo stipendio a conferma dei suoi discorsi incentrati sulla necessità di stringere la cinghia, istituì l’ assistenza a beneficio di poveri e inabili al lavoro, facendosi promotore della nuova era del New Deal, controllò sempre di persona l’ andamento della grande macchina amministrativa comunale: divenne rapidamente nota la vicenda in cui alle 4:00 del mattino telefonò all’ assessore alle strade chiedendo se avesse disposto uomini, materiali e mezzi nel caso di una nevicata, e questi, ancora assonnato, rispose affermativamente, venendo tuttavia interrotto perentoriamente dal superiore: «E allora tira su il culo, e guarda alla finestra!». Fuori, infatti, stavano già cadendo i primi fiocchi. Durante una riunione di giunta, un consigliere di opposizione, che aveva portato un gruppo di giornalisti con sé, insinuò con tono allusivo e falso moralismo che i vitalizi a beneficio dei poveri, pagati dai contribuenti, andavano anche alle donne che si prostituivano, quindi La Guardia si alzò in piedi urlando: «Pensavo che questo problema fosse stato risolto duemila anni fa, chi è senza peccato lanci la prima pietra!». Nella baraonda generale che non tardò a scoppiare, il sindaco ricevette abbracci e ovazioni, mentre l’ oppositore venne sommerso da motti buffoneschi, insulti e fischi.
Pur volendo apparire forte e autorevole, Little Flower non si calò mai nella parte del funzionario rigido e compassato, ma seppe brillare ampiamente anche per il carattere bonario e gioioso, spesso calato in un’ atmosfera circense: si fece fotografare spesso nell’ atto di mangiare pizza e spaghetti in mezzo ai fratelli italiani, e dai microfoni delle radio, con la sua vocetta gradevole, spesso e volentieri leggeva e commentava i fumetti ai bambini in ascolto, esibendosi come il più discolo tra tutti loro.
La Guardia demolisce alcune slot machine;

Una delle sue battaglie più note e apprezzate fu quella contro la piaga del gioco d’ azzardo, in particolare scagliandosi contro le slot machine, che chiamava «macchinette del diavolo». In quel tempo, infatti, esse invadevano l’ intera città di New York e tramite opportuni canali di comprovata efficacia finanziavano copiosamente i forzieri della malavita: durante una cerimonia su di un battello al largo di Long Island, egli arrivò persino a distruggere a colpi di mazza decine e decine di macchine mangiasoldi, che poi furono gettate in acqua. Si accanì come un lupo affamato anche contro i flipper, che vennero dichiarati illegali da una corte del Bronx. Primo politico a denunciare e promuovere una campagna contro il fumo della marijuana, nel 1938 approntò uno studio particolareggiato sugli effetti del fumo di tale droga, dal momento che in quegli anni il Federal Bureau of Narcotics diretto da Harry Salinger, per mezzo di un’ aspra campagna giornalistica contro la canapa indiana aveva portato alla proibizione della stessa con il Marijuana Tax Act. Nel 1944 venne pubblicato il Rapporto La Guardia, basato su di un’ analisi condotta dalla New York Academy of Medicine e che rimane tuttora una delle poche ricerche mediche ufficiali condotte sull’ uso di questa sostanza.
La Guardia e Roosevelt;

La Guardia manifestò costantemente un atteggiamento piuttosto ostile a Benito Mussolini e Adolf Hitler, sempre più potenti sulla scena internazionale. Gli Stati Uniti, non volendo compromettere i loro notevoli interessi finanziari e commerciali in Europa e in terra germanica, che neppure il Terzo Reich aveva compromesso, e mossi da un certo fondamentalismo cristiano e antisemita, puntavano all’ isolazionismo e al non intervento in caso di una nuova guerra in Europa, mentre gli italoamericani erano largamente di simpatie fasciste: trattati dapprima come gli afroamericani, poi perseguitati come anarchici e mafiosi, essi videro in Mussolini un riscatto, giustificarono l’ invasione della Cecoslovacchia, che definirono «un Paese senz’ anima», mentre Il Progresso Italo-Americano ritenne che l’ occupazione della Francia era «dovuta ad una giusta causa». Lo stesso Presidente Roosevelt era cosciente del suo bisogno di sostegno da parte della comunità italoamericana, e non solo per motivi elettorali, in quanto i suoi consiglieri evidenziavano costantemente la grande importanza strategica del Belpaese, localizzato nel mezzo del Mediterraneo. Espresse interesse e simpatia per «l’ esperimento» del Fascismo e intrecciò con Mussolini rapporti di stima, sperando di riuscire a tenere fuori la nazione dall’ eventuale conflitto.
A New York, invece, il sindaco non guardava in faccia nessuno. Fin dal 1933 definiva il Führer: «Quel maniaco pervertito, quel fanatico tedesco che minaccia la pace di tutto il mondo.». Sul conto del Duce era altrettanto impietoso: «Non saprei che farmene.». Più in generale si augurava che i servizi segreti spazzassero via dalla faccia della terra tutti i fascisti e i nazisti. La risposta delle Potenze dell’ Asse non si fece ovviamente attendere: la propaganda nazista condotta da Joseph Goebbels definì il sindaco italoamericano «un supergangster che insulta Hitler», facendo una sprezzante ironia sulle sue origini giudaiche e pubblicando una foto di La Guardia con uno scimpanzé. I fascisti, invece, lo definirono «un bastardino». Il Segretario di Stato statunitense, Cordell Hull, montò su tutte le furie e presentò scuse formali ai tedeschi, chiedendo a viva voce l’ intervento del Presidente, che convocò Little Flower alla Casa Bianca facendogli il saluto nazista, sorridendogli: «Heil, Fiorello.». L’ italoamericano rispose: «Heil, Mister President.». Quello stesso giorno, via radio, il sindaco newyorkese si scatenò contro il dittatore italiano definendolo «il cagnolino Mussolini»: le trasmissioni in italiano venivano trasmesse anche in territorio italiano, ove la sua popolarità andava di pari passo con quella in terra statunitense.
Nell’ agosto 1940, quando ormai la guerra si profilava all’ orizzonte, Roosevelt pensò di nominare La Guardia come Ministro della Guerra, ma poi lo scelse come Presidente della sezione statunitense del Defense Board statunitense-canadese, incarico che assunse senza tuttavia tralasciare i suoi doveri municipali, e nel 1941, quando infine la nazione entrò in guerra contro il Giappone e quindi contro i suoi alleati nazifascisti, lo mise a capo dello United States Office of Civilian Defense. L’ aiuto dato da Little Flower ai servizi segreti per reclutare agenti da mandare in Italia fu decisivo, e grazie a lui, subito dopo la resa della Germania e la cessazione di tutte le ostilità arrivarono in Italia molte navi cariche di grano. Nel maggio 1945, al termine della guerra, annunciò che non si sarebbe candidato per un quarto mandato come sindaco, e un anno dopo, per volere del nuovo Presidente, Harry Truman, divenne direttore dello United Nations Relief and Rehabilitation Administration, organo competente per la gestione dei fondi per la ricostruzione in Europa.
Assai applaudito per i suoi numerosi e vasti successi e altrettanto criticato dai suoi avversari per i metodi spesso duri e da accentratore, negli anni il sindaco italoamericano era divenuto un uomo particolarmente potente e un suggestivo personaggio mediatico, tanto che in suo onore il 1° giugno 1947 venne reso operativo l’ Aeroporto LaGuardia, il secondo di New York, come tributo al suo vasto e intenso operato a beneficio della sua città. Malato di cancro al pancreas, morì il 20 settembre 1947, a quasi sessantacinque anni, e venne sepolto al Woodlawn Cemetery, nel Bronx, nel corso di una cerimonia che lo omaggiò come personaggio di altissimo livello, fonte di orgoglio e vanto sia per la storia statunitense che per gli italoamericani.
La tomba di La Guardia;

Ancora oggi, il nome di Fiorello La Guardia viene indicato come sinonimo di onestà, lealtà e tenacia, ed è descritto come un degno figlio di un popolo che ha scritto svariate pagine di storia memorabili. Molti importanti uomini politici e di legge dichiararono apertamente di ispirarsi al suo esempio, primo tra tutti Rudolph Giuliani, altro italoamericano giunto alle cariche di Procuratore generale del South District di New York e di sindaco della Grande Mela, ergendosi a paladino della politica di repressione della criminalità passata alla storia come tolleranza zero, e che gli valse il soprannome di «Procuratore di ferro».
Figlio di immigrati italiani, irascibile, energico e carismatico, desideroso di pubblicità, Little Flower fu meritatamente il simbolo della rinascita dalla Grande Depressione di New York, grande città in cui i nostri connazionali facevano fatica a discostarsi dall’ etichetta di criminale o, quando andava bene, di manovale. Spesso indicato come una guida tanto vigorosa da rasentare l’ autoritarismo, seppe governare e riformare con cura una città vasta e variegata, rendendosi portavoce effettivo e saldo della guerra alla corruzione dilagante e alla criminalità organizzata, e riuscì in quella particolare impresa in cui gli statunitensi avevano fallito: arrestare Lucky Luciano, uno dei mafiosi più potenti e dannosi del suo tempo. Non scelse mai di intraprendere la strada del silenzio e dell’ accettazione a proposito della disonestà in politica e nell’ imprenditoria, piuttosto che della criminalità organizzata, anche italiana, ponendole piuttosto al centro della sua azione e dei suoi dibattiti sapendo bene che accettarle, non parlarne, sottovalutarle oppure delegarle alle forze dell’ ordine non avrebbe fatto altro che alimentare e peggiorare i pregiudizi di cui gli italiani soffrivano, nonché la diffusa convinzione che questo mondo è quello che è, e che bisogna prendere le cose così come vengono. Se New York è la metropoli che conosciamo oggi, è anche grazie a questo insolito personaggio e agli italoamericani, che hanno letteralmente costruito New York.
E’ quindi molto importante ricordare e riflettere sulla sua figura e su quello che fece, così da comprendere quanto è importante vivere e gestire positivamente e seriamente la politica per mezzo di delegati onesti e armati di forza e coraggio nell’ affrontare i problemi e gli argomenti meno gradevoli eppure importanti: il mondo può effettivamente migliorare immensamente se si lavora sui singoli individui, e in un simile contesto la politica, quella vera, promossa da uomini come La Guardia, purtroppo rari oggigiorno, giocherebbe un ruolo privilegiato. Eppure non è impossibile trovare gente di questo genere: l’ elettorato dovrebbe semplicemente cessare di votare a casaccio oppure vendere il proprio voto a delegati disonesti, avidi e litigiosi, in contatto con ambienti malsani e coinvolti in faccende poco limpide.

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