venerdì 13 ottobre 2017

La personalità squilibrata di Adolf Hitler

Adolf Hitler;

Da ormai più di ottant’ anni, il nome Adolf Hitler rievoca il periodo più oscuro di tutto il XX secolo: Führer del Terzo Reich dal 1933 al 1945, fu uno dei governanti più potenti del suo tempo, quel particolare dittatore che scatenò la Seconda Guerra Mondiale, nonché grande genocida a danni di semiti, slavi, oppositori politici, portatori di handicap, omosessuali e seguaci di «religioni corrotte». Abile e convinto ispiratore di un regime totalitario impietoso eppure suggestivo nato in un’ epoca di profonda crisi nazionale e sociale, fu il principale responsabile di eventi che causarono enormi lutti e devastazioni e l’ architetto di un Terzo Reich che, a guerra finita, avrebbe ostentato metropoli moderne e meravigliose, ispirate all’ architettura classica germanica quanto ad elementi più moderni. Sia prima che durante la guerra iniziata nel 1939, in Germania fu spesso descritto come un uomo quasi divino, amato e rispettato dai tedeschi, mentre oltre i confini era spesso oggetto di derisione. Dopo la sconfitta tedesca e la morte, ancora oggi avvolta in un certo alone di mistero, quando ormai cessò di essere una minaccia, la derisione nei suoi confronti cedette il passo alle voci sulla sua estrema follia, facendolo passare alla storia come un individuo sinistro e diabolico.
Su di lui vennero pubblicati libri e articoli, e girati film e documentari, ma ancora oggi si tende più che altro a considerare il soldato e il politico, nonché il furioso oratore, tralasciando invece l’ uomo, la sua personalità e la sua vita dietro le quinte. Alcuni valenti storici e medici negli anni hanno indagato gli aspetti personali del Führer, analizzando il suo passato nel desiderio di comprendere l’ origine del suo pensiero e dei suoi atteggiamenti in modo da ricavarne un quadro il più possibile esauriente: militare di truppa, pittore di trascurabili qualità, proveniente da una famiglia di modeste condizioni, con il peso di un padre nato illegittimo e dalla possibile discendenza ebraica, Hitler aveva ben poco di cui rallegrarsi e nella sua vita maturò una profonda frustrazione, sempre pronta a esplodere. Il suo desiderio di riscatto era tale da portarlo a bramare una posizione di assoluta preminenza con cui manifestare l’ indubitabile grandezza che sentiva assolutamente di possedere.
Hitler a undici annni;

Durante la Seconda Guerra Mondiale, i servizi segreti statunitensi affidarono lo studio del suo profilo psicologico allo psicologo Henry Murray e allo psicoanalista Walter Langer, che basandosi sugli elementi a loro disposizione lo definirono uno psicopatico, affetto verosimilmente da schizofrenia paranoide, probabilmente impotente, omosessuale represso e con tendenze suicide. Pare che fosse affetto da disturbi psicosomatici: nell’ ottobre 1918, quando combatteva nell’ esercito bavarese, a seguito di un’ intossicazione da gas iprite, fu ricoverato in stato di cecità all’ ospedale militare di Pasewalk, dove fu seguito dal noto psichiatra Edmund Forster, che lo curò attraverso l’ ipnosi. I registri sanitari e la cartella clinica del caporale, successivamente distrutti dalla Gestapo nell’ estate 1933, riportavano la presenza di una lieve congiuntivite che però non giustificava la derivante cecità temporanea, diagnosticata come isterica: la mente avrebbe convertito un trauma psichico in un sintomo fisico per proteggersi dallo stress. Svariati racconti sottolineavano le qualità magnetiche dei suoi occhi, caratteristica ricorrente nelle persone più narcisiste, spesso dotati di particolare luce negli occhi, che conferisce loro un’ apparenza di grande intensità, devozione e trascendenza: gli occhi di Hitler erano freddi, come l’ espressione della sua faccia, in lui non c’ era mai traccia di calore o compassione. Peraltro, si dice fosse refrattario all’ umorismo: secondo quanto riferito da Albert Speer, il suo unico vero amico, il Führer non rideva mai.
Alois Hitler, padre di Adolf;

Della prima infanzia di Hitler si conosce poco. Nato a Braunau am Inn, in Alta Austria, era figlio di Alois Hitler, un ufficiale della dogana, e Klara Pölzl. Tra gli storici vi è tuttora una controversia circa la possibilità che il nonno di Klara, Johann Nepomuk Hiedler oppure il fratello di lui, Johann Georg, fosse il padre biologico del suo futuro marito: in ogni caso Johann divenne lo zio acquisito di Alois, e Klara, anche dopo il matrimonio, continuò a chiamare il marito «zio».
A causa del lavoro di Alois, gli Hitler erano soggetti a continui traslochi, che impedirono ad Adolf di instaurare solide e vere amicizie. Sebbene la famiglia conducesse una vita comoda, la situazione affettiva tra le mura domestiche non era affatto rosea, anzi: accanito bevitore e impenitente donnaiolo, Alois era assolutamente dispotico con la moglie e severo con i figli, e alla compagnia della famiglia preferiva l’ osteria e le belle amanti. Se il padre di Adolf era sempre assente, la madre fu invece una figura assai presente, solita a riversare sui figli l’ amore che lei stessa non riceveva dal marito, tanto da rivelarsi il più delle volte soffocante. Alois offendeva spesso i figli se non capivano subito un suo ordine, e Adolf ne sfidava ogni volta l’ autorità, ragion per cui veniva costantemente picchiato. Klara, invece, lo viziava e ne istigava il senso di superiorità. Il padre derideva le sue velleità di pittore, lei ne era entusiasta.
Devotissimo alla madre, Adolf maturò una profonda avversione per il padre, del quale criticava il dispotismo, le libertà amorose e la passione sfrenata per gli alcolici, tanto che alla sua morte non dedicò molte parole, se non che per lui non era stata una gran perdita, mentre in occasione di quella della madre dichiarò quanto il mondo intero gli fosse crollato addosso, essendo costretto da quel momento a prendere le decisioni in prima persona. Una volta divenuto Cancelliere della Germania, Hitler istituì proprio in occasione del compleanno materno, il 12 agosto, la Giornata della Madre, con tanto del conferimento dell’ onorificenza della Croce d’ Onore, paragonabile per importanza alla Croce di Ferro. Inoltre, teneva un suo ritratto sulla scrivania della Cancelleria, e un altro sul comodino delle sue camere da letto, inclusa quella del Führerbunker, ove secondo la versione ufficiale si sarebbe suicidato il 30 aprile 1945.
Klara, madre di Hitler;

Secondo Alice Miller, nota psicanalista e saggista polacca, i maltrattamenti subiti dal padre furono la causa più probabile del suo odio nei confronti del genere umano e della mancanza di un adeguato sviluppo di empatia e compassione per il prossimo durante la crescita, quindi di esitazioni a infierire sulla vita umana: ciò che mancò nella sua infanzia fu la presenza di una figura buona e consolatrice, di una persona affettuosa verso di lui. Nondimeno, le cure e le attenzioni esagerate della madre altro non erano che una conseguenza dovuta all’ estrema carenza di attenzioni di cui la stessa Klara soffriva da parte di Alois. All’ età di sei anni, Hitler aveva incubi ricorrenti e piuttosto vividi in cui vedeva sé stesso cadere in abissi profondi o in cui veniva perseguitato e picchiato fino a desiderare la morte: tali episodi, insieme a molti altri, convinsero il dottor Eduard Bloch, medico ebreo che tra il 1903 e il 1907 seguì gli Hitler, della necessità di uno specialista, e per questo si rivolse al celebre Sigmund Freud, al tempo già impegnato nelle famose visite psicoanalitiche, a cui si sottoponevano sia membri della classe più alta della società che della borghesia. Bloch chiese ripetutamente consiglio a Freud sul caso del giovane Adolf, e gli venne fatto sapere che la soluzione migliore consisteva in un ricovero: Klara si mostrò favorevole, a differenza di Alois a cui importava soltanto che suo figlio continuasse a studiare per lavorare come impiegato alle dogane.
Negli anni successivi il ragazzo crebbe introverso, narcisista, solitario, indisciplinato, sadomasochista e necrofilo. La più grande delle sue capacità era quella di influenzare, impressionare e convincere la gente. Era dotato di una grande disposizione al comando che, come lui stesso raccontava, aveva sviluppato da bambino nel suo ruolo di capo delle bande nei giochi di guerra.
Hitler durante un comizio;

Hermann Rauschning, membro del partito nazionalsocialista e capo del governo della Città libera di Danzica dal 1933 al 1934, che ebbe l’ opportunità di colloquiare spesso con Hitler annotando le loro conversazioni, che dopo aver rotto con il Nazismo ed essere andato in esilio pubblicò in un libro, raccontò che il Cancelliere soffriva di condizioni psicologiche che rasentavano la mania di persecuzione e lo sdoppiamento della personalità: la sua insonnia era più che il semplice risultato di un eccessivo sforzo nervoso, dal momento che spesso si svegliava nel cuore della notte e camminava irrequieto avanti e indietro, pretendendo che si accendessero tutte le luci e che si chiamassero alcuni giovani per tenergli compagnia. Talvolta queste crisi diventavano terribili, e uno di quei giovani riferì che gridava convulsamente chiedendo aiuto, pronunciando frasi incomprensibili e respirando affannosamente, guardandosi intorno con sguardo folle e indicando da qualche parte incolpando chissà chi di quanto accaduto: evidentemente i sentimenti di angoscia repressi nell’ infanzia gli si ripresentavano sotto forma di incubi e allucinazioni in cui riviveva i ricordi delle percosse ricevute dal padre, e l’ avere il mondo intero ai propri piedi evidentemente non bastava a scrollarsi di dosso i brutti ricordi, perché l’ inconscio personale non si annulla con l’ annientamento del mondo.
Alcuni studiosi sostengono che la struttura del regime nazista traesse la propria ispirazione proprio da quella della famiglia Hitler, al cui vertice troneggiava la figura paterna, mentre la popolazione rappresentava la prole completamente sottomessa al suo volere, in ottemperanza a una ferrea regola di obbedienza: dopo anni trascorsi come vittima innocente dapprima tra le mura domestiche e poi per le strade di Linz e Vienna, ove aveva tentato inutilmente di esprimere le sue doti artistiche di disegnatore e pittore, finendo tra i vagabondi e i senzatetto, ora Hitler poteva calarsi nei panni dell’ aggressore, recitando senza forse rendersene conto il dramma della sua infanzia con un’ indiscutibile autorità paterna su tutto un popolo a cui ispirava paura e amore, prostrandolo ai suoi piedi, come un tempo la devota Klara era stata prostrata ai piedi del marito. L’ energico e bizzarro dittatore in uniforme, lo stesso che Charlie Chaplin nel 1940 esibì in «Il grande dittatore», era proprio Alois, visto attraverso gli occhi critici del figlio, mentre il nobile e coraggioso Führer del popolo tedesco, amato e ammirato dal popolo, era l’ altro Alois, ammirato e amato dalla moglie a lui sottomessa, della quale il figlioletto condivideva ancora l’ ammirazione.
Persino le leggi razziali naziste furono una ripetizione dei drammi infantili di Hitler: se il piccolo Adolf non aveva potuto sottrarsi alle percosse del padre, neanche gli ebrei, i grandi nemici del popolo tedesco e promotori del marxismo internazionale, avrebbero avuto scampo. Nelle profondità della sua mente tale persecuzione gli consentì di vendicarsi del padre, dai possibili natali ebraici, liberando la madre Klara e la madre Germania, quindi sé stesso, da un mostruoso persecutore.
Hitler ed Eva Braun;

Ostile all’ omosessualità e all’ impotenza, e spesso sospettato di essere lui stesso un omosessuale represso, un bisessuale e un impotente, Hitler esercitava sulle donne un immenso fascino, per le quali incarnava il capofamiglia esemplare che sapeva sempre con precisione tutto ciò che era giusto o sbagliato, e che peraltro poteva offrire loro una via di fuga al tradizionale ruolo di subordine a cui erano soggette in quanto parte di una società patriarcale. Tale qualità gli consentì di avere un folto stuolo di seguaci tanto tra gli uomini quanto tra le donne. I resoconti sulla sua vita privata e in particolare sui suoi rapporti intimi con le donne derivano prevalentemente dalle persone a lui più vicine, come i suoi aiutanti di campo, i suoi segretari, l’ architetto Albert Speer e la famiglia di Richard Wagner.
Il Führer amava la compagnia femminile: era deliziato dalle donne, in particolar modo dalle giovani di aspetto sano e grazioso, e in genere si dimostrava tenero e premuroso con tutte le signore, purché non denotassero ambizioni intellettuali e politiche. Non manifestò mai il desiderio di sposarsi e neppure di avere figli propri, pur essendo stato più volte follemente innamorato, anche se solo per brevi periodi, e il più delle volte intrattenne storie superficiali. Forse pensava che il matrimonio potesse precludergli il ruolo di salvatore della grande Germania e del nobile popolo tedesco. Secondo quanto emerso dagli ambienti a lui più vicini e da varie indiscrezioni fu un vero pervertito, un sadomasochista dalla vita sessuale disastrosa. Anche nei rapporti delle spie statunitensi si accenna a sue variegate esperienze erotiche, sebbene vivesse nel timore di contrarre infezioni veneree, nonché alla soddisfazione che traeva da ragazzi e ragazze esteticamente piacenti. Si disse che amasse fare da spettatore e allo stesso tempo da dominatore nei giochi erotici, anche di gruppo: tutti fatti che, secondo gli analisti dello spionaggio, indicavano seri intralci psichici che gli impedivano un appagamento sessuale reale e completo. Pare che amasse molto i frustini, ai suoi occhi un sostituto o un simbolo della sua potenza sessuale mancante, mentre per le spie statunitensi rappresentava il suo complesso messianico. In almeno una circostanza, riferita nei rapporti, Hitler avrebbe conquistato una donna e sfogato le sue fantasie sessuali inscenando un comizio con il frustino in mano, arrivando a paragonarsi a Gesù mentre scacciava a colpi di frusta i mercanti dal Tempio.

Gli vennero attribuite sei amanti, con cui ebbe sempre un rapporto piuttosto tormentato: tre si suicidarono, e due sopravvissero al tentativo.
Nel 1927, durante un periodo trascorso a Berchtesgaden, in Baviera, ove affittava una villetta, conobbe una giovane e bella serva, Maria Reiter, di sedici anni, con la quale ebbe una relazione: lei desiderava tanto sposarlo ma lui rifiutò proponendole di essere un’ amante segreta, analogamente ad altre donne, per non ostacolare la sua missione di prescelto dal destino: lei lo lasciò e tentò il suicidio. Altra amante chiacchierata fu la famosa Renate Müller, una delle attrici di maggior successo del cinema tedesco dei primi Anni Trenta. Dopo il 1933, Joseph Goebbels, il Ministro della Propaganda, cercò una degna sostituta di Marlene Dietrich, grande attrice diventata da un giorno all’ altro una diva e che aveva lasciato la Germania preferendo gli studi hollywoodiani. Si adoperò per avvicinarla a Hitler, e presto si parlò di una storia tra i due, ma quasi certamente tra i due avvenne un solo incontro erotico. Di certo lei rifiutò sempre di prendere parte a film apertamente nazisti, tanto che il suo atteggiamento insospettì Goebbels al punto che la mise sotto sorveglianza, scoprendo che aveva una relazione con un attore ebreo emigrato a Londra, che lei raggiungeva non appena riusciva a trovare qualche momento libero: la sua improvvisa morte nel 1937, a soli trentun anni e in circostanze tuttora sospette, fu inizialmente attribuita all’ epilessia ma, dopo il 1945 si ipotizzò che si fosse suicidata o che fosse stata uccisa dalla Gestapo. Dopo il suo incontro con Hitler mormorò che prediligeva le pratiche masochiste, che soleva chiamare le attrici a casa per prestazioni private, durante le quali si inginocchiava e si faceva prendere sonoramente a calci. Si disse certa che fu proprio la frustrazione sessuale a trasformarlo in un maniaco genocida.
Un caso molto particolare, molto più ampiamente discusso, fu quello di Angelika Raubal, detta Geli, figlia molto giovane di Angela Hitler, sorellastra maggiore di Adolf. I due si incontrarono per la prima volta nel 1924 a Landsberg am Lech, e in breve tempo strinsero un rapporto molto stretto, viaggiando spesso insieme, recandosi in gita e persino alle riunioni di partito. Con l’ andare del tempo Hitler si innamorò follemente di lei, dimostrando nei suoi riguardi attenzioni morbose e un’ estrema gelosia. Inizialmente l’ avvenente nipote era lusingata dalle attenzioni che lo zio le rivolgeva, ma con in seguito si sentì schiavizzata e persino disgustata dalle sue inclinazioni sessuali masochistiche. Hitler la rinchiuse in una grande e bella casa, privandola di qualsivoglia svago e ambizione, così da tenerla lontana da eventuali rivali e abbandonarsi con lei a piaceri sessuali sempre più innaturali e degradanti, ai quali la giovane non avrebbe saputo opporsi. Si disse persino che la obbligasse a posare nuda per i suoi disegni, e quando scoprì che nonostante le misure da lui adottate lei aveva una relazione con Emil Maurice, suo autista e domestico, divenne una furia: il 18 settembre 1931 i due ebbero una lite particolarmente scatenata, e lei venne trovata morta in casa, uccisa da un colpo della pistola dello zio in pieno torace. Il suo decesso venne archiviato come suicidio, ma tale ipotesi non fu mai pienamente assodata, sebbene non emersero mai prove concrete per sostenere l’ idea di un’ uccisione: già all’ epoca dei fatti alcuni quotidiani riportarono determinati sospetti a proposito di un omicidio in piena regola, pur non indicando se Hitler fosse il mandante o piuttosto l’ esecutore materiale di tale delitto. Di sicuro, per la guida dell’ emergente Nazionalsocialismo la perdita della ragazza fu un colpo durissimo da affrontare: sconvolto, per lunghe settimane fu insensibile praticamente a tutto ciò che lo circondava, anche alle importanti occasioni politiche a cui doveva rispondere. Si sentiva personalmente responsabile per quanto avvenuto, e pensò addirittura di suicidarsi, come già avvenuto ai tempi del disastroso Putsch di Monaco.
Una volta al potere ricordò sempre con commozione l’ amatissima Geli, commissionando vari dipinti a sua immagine ad Adolf Ziegler, il suo pittore favorito, che sistemò nella casa di Monaco, ove fino al 1945 si recò per porre fiori sotto ognuno di essi ininterrottamente in occasione del giorno della sua nascita e di quello della morte. Secondo alcuni storici Hitler, divenne vegetariano proprio a seguito della morte di Geli, in quanto la carne gli ricordava il suo cadavere, e, in rispetto del suo amore perduto, nel Terzo Reich aleggiò sempre un alone di sacralità e mistero intorno alla sua figura.
Soprattutto in seguito alla tragedia, si diffusero sempre più le impressionanti dichiarazioni della giovane vittima, secondo cui lui la obbligava ad assumere posizioni oscene per lui, e la induceva spesso a mettersi carponi per poterla sculacciare con l’ affezionato frustino, tutta una serie di manie che, secondo gli studiosi, sarebbero da attribuire alla celebre passione del Führer per l’ occultismo e i riti magici, nel cui contesto rientravano con un certo rilievo determinati rituali sadomasochisti.

Dopo la morte della nipote non amò mai più una donna. Ne frequentò molte altre, tutte giovani, slanciate e attraenti, ma nessuna sostituì mai l’ amore perduto. Negli Anni Trenta ebbe relazioni con molte giovani donne, ivi comprese diverse segretarie e persino alcune consorti dei gerarchi del Reich. Voci dell’ epoca, per quanto mai confermate, sostennero anche che Hitler ebbe un figlio dall’ aristocratica britannica Unity Mitford, una delle sei figlie di Lord Redesdale, incontrata nel 1934 e che riteneva «un magnifico esemplare di femminilità ariana». La stessa che, a seguito della dichiarazione di guerra alla Germania da parte della Gran Bretagna, si sparò un colpo alla testa con una pistola dal manico in madreperla: riuscì a sopravvivere, ma il suo cervello rimase gravemente danneggiato, e visse invalida fino al 1948.
L’ ultima donna della sua vita, la più famosa, fu Eva Braun, una ragazza molto più giovane di lui, a detta di tutti estremamente semplice, che aveva conosciuto nel 1929. Figura per molti versi drammatica, coronò il suo sogno d’ amore sposando il Führer appena un giorno prima della loro morte ufficiale, e fu uno dei pochi personaggi del periodo hitleriano a non suscitare sentimenti negativi. Durante gli anni del regime fu un’ amante segreta, tenuta rigorosamente nascosta dal mondo, segregata da tutto e da tutti: nel 1945, dopo dodici anni, solo pochi eletti sapevano della sua esistenza. Icona per tutte le donne del Reich, Hitler teneva a dare l’ immagine di uomo libero che pensava solo all’ enorme peso che portava sulle spalle, ed Eva, colpita da un’ estrema gelosia, per ben due volte tentò il suicidio, Finch lui ordinò di portarla sempre in segreto, al Berghof, la sua residenza personale nell’ Obersalzberg delle Alpi Salisburghesi, in Baviera, ove poté comportarsi da padrona di casa e intrattenere numerose feste per ospiti illustri, pur rimanendo sotto stretta sorveglianza: il suo peso nelle decisioni, anche quelle quotidiane, era assolutamente nullo, e doveva sottostare in silenzio, ma in fondo la cosa non le importava. Era descritta come la donna più infelice del Terzo Reich, e trascorreva le sue giornate tra letture scadenti, film noiosi, sport, cura del corpo, ballo, che lui disprezzava, e aria aperta in costante attesa del suo ritorno. Secondo quanto trapelato da confidenze e indiscrezioni, Hitler ed Eva facevano sesso letteralmente senza toccarsi e nemmeno togliersi i vestiti di dosso: a lui, ossessionato dall’ igiene, per raggiungere l’ orgasmo bastava guardarla mentre si sollevava la gonna, e le si avvicinava solo dopo avere inserito dei tovaglioli puliti nelle mutande, per proteggersi. Di fatto, la vedeva solo come una giovane attraente e per nulla intelligente, su cui sfogare i suoi istinti sessuali, ma negli anni finì per affezionarvisi, per quanto il 3 giugno del 1944 non ebbe alcuna remora a predisporre la fucilazione di Hermann Fegelein, marito di sua sorella Margarete, per via delle trattative che lui e Heinrich Himmler avevano aperto con gli Alleati tramite il conte Bernadotte.


Insomma, l’ analisi psicologica di Adolf Hitler mostra un profilo assai inquietante di un uomo che più di tutti sfiorò il dominio sull’ Occidente, di una persona complessata e furiosa che non era riuscita a liberarsi del bambino intimorito dal padre, incapace di avere rapporti sani con gli altri, lasciando dietro di sé solo sofferenza, morte e rovine. Di un individuo capace di conquistare le folle, di giocare sulle paure e le ambizioni di un intero popolo, di illudere sia gli altri che sé stesso, fino alla discesa inesorabile verso l’ oblio.

2 commenti:

  1. non c'è la parte dove dice il culto del dittatore ovvero il suo carattere come era

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    1. Caro amico, in effetti non mi sono concentrato sul culto della personalità, ma per il carattere direi di aver dato determinate indicazioni importanti, e soprattutto la causa che portò al suo sviluppo. Grazie infinite.

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